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Mi piacerebbe parlare di questo libro con una mia amica, senza rivelargliene la trama, senza insistere sui personaggi principali, senza calcare la mano sulle evidenze. Mi piacerebbe dirle: “ È bello, leggilo, poi ne parliamo”.

Mi piacerebbe che anche alla mia amica piacesse riflettere su quello che ha letto e le venisse voglia di commentare, discuterne, di approfondire, di raccontarmi in quali punti del romanzo si è sentita completamente estranea o al contrario coinvolta. Quando ha sentito quella scossa che le ha fatto fare un salto, un salto che l’ha portata più avanti, o quando si è vergognata di appartenere alla razza umana.

Sono questi tipi di romanzi che mi fanno venire voglia di scriverne, condividerne i contenuti e soprattutto di conoscere che effetto abbiano fatto a voi. Mi piacerebbe farvi venire voglia di leggerlo e se lo avete già letto mi piacerebbe leggere i vostri commenti.

Portare… Farsi portare… Essere dentro… Sentire… La Mazzantini ci accompagna nel suo romanzo che è una storia di guerra e di amore, un amore strano e imperfetto da sembrare vero, è un presentarci etnie diverse, farcele conoscere quando vivevano in pace fra di loro, e dopo, durante la guerra . Molte volte, leggendo questo bel romanzo: “venuto al mondo” l’emozione mi è salita da dentro e si è fermata in gola formando un nodo che mi impediva di deglutire. I pensieri invece correvano veloci e scuri: terribile, atroce, angosciante, disumano. La Mazzantini mi ha portato in guerra, mi sono sentita in guerra, una guerra di cui avevo già letto e seguito in tv, una guerra che se pur vicina mi aveva trovata distante. Solo qualche zingara con la sua nenia: “ Vengo da Bosnia… aiutatemi” mi aveva fatto vergognare di non fare nulla.

Gemma è la protagonista di questa storia che si intreccia più volte: il presente con il passato, Roma con Serajevo. I mariti con gli amici, i tempi di pace con i tempi di guerra. Si affanna, lavora, si innamora appassionatamente di Diego, fotografo scapestrato; lo troveremo vivo e attivo sotto il tiro degli snipe a Serajevo e depresso a Roma con una scatoletta di tonno che ha fotografato per tutto il giorno. Poi… per Gemma… quella maternità sofferta, cercata a tutti i costi. E si troverà di nuovo sola e disperata, ma un uomo dell’Arma la proteggerà. In questo romanzo le persone anziane sono pennellate lievemente, senza eccessi, senza protagonismi, pennellate che comunque lasciano il segno. Mi sono commossa pensando al senso di colpa di una donna anziana che era ancora viva, quando tanti bambini erano già morti. Quando un anziano signore, dopo essersi vestito di tutto punto si è incamminato verso la sua università; il rispetto della moglie nei confronti della sua decisione, la loro complicità, il loro amore. Il romanzo, nonostante la guerra e tantissimi morti è pieno di amore, quasi a pareggiare i conti. I pensieri di Gemma, le riflessioni, i segreti, quello che vorrebbe dire, fanno da cassa armonica a tutto il racconto che prende un respiro o un affanno diverso ad ogni nuova situazione. È questo e molto altro il romanzo della Mazzantini che fino alle ultime pagine ti sorprende.

Più che un riassunto ho voluto raccontare cosa suscita questo romanzo, cosa ti lascia, le frasi che non vorresti dimenticare, le situazioni che mai avresti pensato di vivere e quelle che invece pur non appartenendoti ti fanno riflettere. Possibilità nuove, fuori dai tuoi orizzonti. Mi si è aggiunto un pezzo di mondo.

Dalla quarta di copertina:

Una mattina Gemma lascia a terra la sua vita ordinaria e sale su un aereo, trascinandosi dietro un figlio, Pietro, un ragazzo di 16 anni………


Entrando nella grotta del monte Kronio, su a S. Calogero, il soffitto è inizialmente basso e inarcato, subito a scendere, tre gradini ne complicano l’ulteriore ingresso e se tutto ciò non bastasse, una massa di aria calda a 40 gradi ti aggredisce quasi a sfidarti dall’entrare. Superato il primo sgomento, e la paura di scivolare sui gradini, procedendo verso destra la grotta si amplia, il soffitto a botte si innalza irregolare e il colore ocre della roccia le conferisce un aspetto elegante. L’aria calda che satura la grotta esce soffiando da un ampio buco situato nel fondo della grotta, quasi a livello pavimento, il buio che lo avvolge è inquietante e il suo collegamento con l’interno del monte Kronio lo rende misterioso. Sul lato opposto, ma decisamente più in alto un altro buco permette il passaggio di aria calda in un’altra grotta più piccola e il ricambio d’aria per entrambi è garantito da una griglia collegata all’esterno. A Sciacca queste grotte le chiamano anche stufe, i suoi effetti benefici erano noti anche agli antichi romani, e nell’ Antiquarium adiacente sono conservati reperti archeologici che testimoniano come fossero già presenti insediamenti umani in tempi remoti. Ore 8 del mattino, è il turno delle donne, ha inizio l’antroterapia. Quando la grossa porta si richiude alle spalle delle donne, alcune di noi si sono già sistemate sulle sedute in pietra direttamente scavate nella roccia, altre indugiano non sapendo esattamente dove sia meglio mettersi per poter scappare al più presto;chi più chi meno stanno tutte inesorabilmente già sudando, anche quelle che entrando in grotta si erano quasi bloccate sui gradini per vincere l’onda d’aria calda e asciutta. Siamo una quindicina, non ci conosciamo, per alcune di noi è il primo giorno e anche la prima volta, per altre, l’antroterapia è una cura termale consolidata negli anni. Oggi le donne siciliane in grotta sono solo due e anziché recitare il rosario come usava in tempi passati, ci spiegano come preparare la pasta con le sarde, e la strana storia dell’isola Ferdinandea prima emersa in mezzo al mare e contesa dai vari regnanti dell’epoca e in seguito risprofondata e visibile a 8 metri sotto il livello del mare. Ascoltiamo, e continuando a sudare come pazze ci rendiamo conto che ognuna di noi proviene da ogni angolo possibile dell’Italia, ognuna di noi nutre speranze in questa terapia che ci costringe a stare rinchiuse 20 minuti in una grotta a 40 gradi: chi spera di dimagrire “ma in Sicilia è praticamente impossibile perché si mangia troppo bene”, chi spera di attenuare i dolori che durante l’inverno ti attanagliano e ti costringono ad assumere farmaci, c’è chi addirittura si illude che le possano ricrescere i capelli. Le confidenze delle donne si fanno largo colorite dalle cadenze dialettali più disparate, la spontanetà si coglie al volo, ad alcune di noi viene voglia di raccontarsi; se comincia una, le altre prendono coraggio e seguono, il calore è molto, in tutti i sensi! Dopo dieci minuti di terapia il nostro angelo custode entra in grotta e ci chiede se tutto va bene, si, tutto va bene ma non sarà sempre così, nei successivi giorni di terapia alcune di noi non ce la faranno e chiederanno, bussando sulla grossa porta, di uscire, perché le nostre chiacchiere non sono riuscite a distrarle tanto da sopportare il caldo e la claustrofobia. L’appuntamento delle 8 del mattino in grotta non è più solo cura termale, chi nei giorni precedenti stava discosta ora si è avvicinata, chi non parla di se racconta le meraviglie della Sicilia che va scoprendo, Chi è del luogo vuole conoscere la realtà delle nostre città. La grotta è diventato il nostro salotto privato, c’eravamo solo noi donne, senza trucco e senza inganno: libere, sincere, spontanee, siamo in costume, alcune indossano una cuffietta per proteggere i capelli, altre senza occhiali ci vedono poco, alcune di noi sono in forma smagliante, altre un po’ meno, la nostra età varia dai 25 anni ai 70. Chiudendo la porta è come se avessimo lasciato fuori, anche mentalmente, tutti gli altri: mariti, ex mariti, figli, nipoti, suocere, nuore, ecc. ecc. Ci siamo regalate una complicità al femminile, per un tempo breve ma intenso e carico di emotività. Eravamo finalmente solo donne, con i nostri desideri e delusioni, le nostre aspettative e i nostri sogni o semplicemente desiderose di progetti futuri che ci riguardassero. E’ stata un’esperienza fantastica, non so quanto farà bene l’antroterapia a me e alle altre donne, di sicuro mi viene da dire: Viva le donne in grotta! Ma fuori dalla grotta riuscirà la mia nuova amica Giacoma a riprendere in mano i vecchi appunti che aveva scritto ascoltando e assistendo anziane signore: vecchie filastrocche e canzoni in dialetto siciliano molto stretto che altrimenti andrebbero perse, lei cantava con loro e le incitava a proseguire quando la loro memoria riaffiorava. A Giacoma piacerebbe riordinare quelle carte, scrivere di questa sua esperienza, ma è una nonna molto occupata e non sa se ci riuscirà, in grotta però le brillavano gli occhi quando parlava di questa sua passione e cominciava a desiderare di poterci riuscire. E quell’altra Signora di Matera che avrebbe voluto conoscere la realtà di Pisa, al di fuori della bellezza turistica: voleva sapere, confrontare quello che aveva letto in proposito, la sua era una curiosità colta e vivace. Fuori dalla grotta riuscirà ad essere altrettanto entusiasta o si relegherà nel suo ruolo di donna anziana? Altre, dopo aver raccontato le loro emozioni nel godere delle bellezze della Sicilia, vorrebbero organizzare altri viaggi. E Olimpia, che si è scoperta pittrice, e non lo sapeva! Ora si è messa a studiare con un’energia e un’ entusiasmo che ci ha contagiate. Ma anche lei fuori dalla grotta dovrà lanciarsi in una miriade di sfumature per scegliere, equilibrare, dosare e posizionare quel movimento di colori, al fine di catturare il suo personalissimo modo di dipingere. A me sarebbe piaciuto scrivere subito di questa bella esperienza e sono dovuti passare due mesi prima che ci riuscissi. Insomma fuori dalla grotta è tutto molto più difficile, però se prima non ci fosse una grotta in cui poter sognare, diventerebbe impossibile sentirsi vive. Per cui ribadisco: viva le donne in grotta.

4

Fino a che non c’è nell’aria la frenesia del Natale, ad alcuni torna difficile pensare ai regali, così si riducono agli acquisti negli ultimi giorni intasando vie e negozi. I più previdenti invece, da un mese hanno i loro pacchetti già incartati e muniti di biglietto di auguri con tanto di destinatario.  Altri risolvono il problema riciclando quelli ricevuti gli anni precedenti ed altri ancora decidono che loro, di regali di Natale non ne faranno più …  salvo per i bambini e… per i nonni altrimenti ci restano male. C’è chi sceglie i regali con cura destinando ad ognuno un regalo consono e chi invece li compra in batteria: uno regalo  uguale per tutti quanti. C’è chi a casa ne ha alcuni di scorta dall’anno precedente e chi invece si ritrova spiazzato senza poter contraccambiare.

Un capitolo separato andrebbe dedicato all’involucro del regalo Natalizio. Il  modo di incartare un regalo  rivela moltissimo. I più ligi alla natura hanno preso l’abitudine di incartarli con una carta da salumeria dei vecchi tempi color cartone e legarli con lo spago, il loro motto è: non sprechiamo. I tradizionalisti affogano i loro pacchetti in carte dorate con nuvole di ricciolini rossi. Poi ci sono i ricicloni e i loro regali sono avvolti da carte già stropicciate e coccarde mosce, i biglietti che li accompagnano presentano tagli di forbice e paesaggi mozzati. Ci sono quelli che aborriscono il rosso e dal profumiere scelgono per i loro regali sobrie  carte color beige con nastro di stoffa in tinta. Per quelli che hanno scelto il regalo in batteria il pacchetto sarà rigorosamente uguale per tutti. In fine c’è il ritardatario,  il suo pacchetto è sempre un po’ sghimbescio con abbondanza di scotch.

Quello dei  regali di Natale, chi li dona, chi li riceve, è  un affascinante sguardo sulla natura umana. Un Natale di molti anni fa, ricordo di essermi soffermata sul pianerottolo di casa ad origliare i gridolini di gioia e di sorpresa di una bimba intenta a scartare i suoi regali. Ma anche i grandi cedono volentieri alla magia della sorpresa. Tolgono con  foga i nastri e strappano la carta. Alcuni mentre aprono il loro pacchetto restano sospesi guardando quello che sta uscendo dal pacchetto dei vicini, altri cercano di aiutare gli altri a togliere lo scotch . Chi non ha ancora in mano il suo pacchetto volge lo sguardo lontano come se dicesse: “Guardate, non dico niente sto aspettando buona buona”. Altri si affannano a cercare nel loro sacchetto il bigliettino che si è sganciato dal regalo che vogliono consegnare.

L’eccitazione è generale, la confusione regna sovrana,  e le carte variopinte, i nastri e i fiocchi si disseminano ovunque. Quando sembra che la calma sia tornata arriva una nuova ondata di regali per tutti da parte di chi, fino ad allora non ne aveva ancora consegnato nessuno. E… poi c’è sempre un pacchetto che non si sa a chi sia destinato  e un altro che viene perso.

Quando il regalo  è spontaneo, rappresenta chi li dona: il suo modo di essere, di presentarsi, di accontentare o essere sbrigativo. Quando è forzato non è detto che sia brutto, anzi, può anche essere bello ma… suona… inaspettato e un poco stonato. Comunque siano i doni  e lo spirito con cui vengono regalati, le  reazioni di chi li riceve sono molteplici; e se un extra terrestre dovesse assistere di nascosto all’apertura dei regali di Natale si farebbe un’opinione molto variegata degli esseri umani.

3

E’ successo. E’ successo un’altra volta: “Abbiamo venduto la barca”. La quinta, quella “Magica”.

Quando Enrico ha lanciato  l‘annuncio su internet, ero convinta che sarebbe passato inosservato, ero convinta che avremmo veleggiato per un mese, ero convinta che un catamarano auto costruito avrebbe dovuto incontrare proprio un amatore. E’ stato così che abbiamo conosciuto Pippo; è arrivato subito per vedere la barca. Il catamarano ancora sporco, ancora a terra e disarmato ma a lui è piaciuto ugualmente, aprendo i gavoni è rimasto meravigliato di sentire il profumo del legno e di vedere ancora residui di segatura.

Ma come, non abbiamo ancora cominciato le ferie e già c’è un compratore: uno che ama il mare e la vela, navigatore oceanico, skipper freelance, e anche istruttore di vela, uno tosto che ha anche capito perfettamente come è stata costruita la barca.

Difficile non volergli subito bene, lui dirà in seguito che lo abbiamo adottato, è vero! Pippo ci è subito piaciuto: la parlantina spedita, ma mai parole a vanvera, ci racconta di lui, delle traversate atlantiche, dei progetti futuri e di quello di cui si occupa adesso. Un giovane quarantenne pieno d’entusiasmo, pensa già di dotare Magica di pannello solare per alimentare un impianto stereo.

E’ a questo punto che ho capito che era giusto che Magica passasse di mano: per rinnovarsi, per rimanere giovane e… Pippo è proprio quello che ci voleva per lei.

4

E’ parecchio che non  leggo un libro, che non vado ad una mostra, che non frequento una sala cinematografica e non sono andata più a teatro. Ironia della sorte, per motivi tecnici, non sono più riuscita ad ascoltare musica. Cosa mi sia mancato di più in questo periodo è difficile dirlo.

Il senso di isolamento è stato totale.

La conseguenza è stata una specie di letargo mentale. Le mani, quelle no, quelle hanno continuato a lavorare, le gambe a correre; solo la neve e il gelo dei primi mesi di quest’anno sono  stati  capaci di rallentarmi quasi a sentirmi una… bradipa!

Come nel più classico degli incubi anche a me è toccata la fortuna di svegliarmi. Ora tutto sta andando nella direzione giusta, non senza problemi, naturalmente ma quelli pare che siano il condimento quotidiano. La nuova casa mi accoglie con i suoi muri imbiancati e i pavimenti levigati, il profumo di nuovo è commuovente, la voce ancora si perde per la mancanza di mobili e la caldaia, finalmente, funziona.

Tra gli scatoloni ho già adocchiato un libro da leggere, ho ritrovato i cd, letto le e-mail, e ora spero di riprendere a scrivere. Scusate il lungo silenzio ma…ero molto stanca!






2

E’ passato un anno e la bisnonna è sempre più avvolta nei suoi ricordi a volte nebulosi, a volte  lucidissimi, i non mi ricordo sono aumentati esponenzialmente, ed ogni tanto chiede di chi sia figlio uno dei suoi bisnipoti che gli saltano in torno. Non riconosce il golf che indossa e… per l’ennesima volta le spieghiamo che è il nostro regalo di Natale per lei.

Speriamo che serbi il ricordo di questa giornata e che le sia di conforto in giornate più dure.

E’ passato un anno e la più grande delle nipoti festeggia oggi con noi il suo ventitreesimo compleanno, perché altrimenti dice: ” Va a finire che domani, data ufficiale, non lo festeggio più “. E’ cambiata Paola, l’ho sentita più sicura e disinvolta, la scelta di vivere da sola sta già dando i suoi frutti. E’ la prima ad andarsene, vuole riposarsi per essere in forma nei giorni successivi, quando riprenderà a lavorare.

Speriamo che il suo contratto a tempo determinato si trasformi al più presto  in un contratto a tempo indeterminato. Soprattutto alla gioventù non dovrebbe mai essere tolta la speranza.

E’ passato un anno e i nonni che girano per casa, hanno fatta esperienza: conoscono meglio i nipoti e con loro cantano, giocano e leggono storie. Conoscono meglio generi e nuore. Cercano di accontentarli, barcamenandosi con le esigenze di entrambi.

Speriamo che conservino la forza che gli occorre.

E’ passato un anno e la squadra di nipotini è sempre da ” mangiare!“, hanno imparato a parlare, a giocare insieme, si scrutano, si copiano, corrono pericolosamente tra il tavolo e il divano. Quando la piccola canta una canzone spontaneamente tutti tacciono e quella vocina incanta tutti.

Speriamo che il loro entusiasmo non si esaurisca mai.

E come l’hanno scorso suona più volte il campanello:Altri zii, altri cugini, altre nonne, tutti desiderosi di incontrarsi, salutarsi, abbracciarsi.

Speriamo che durante l’anno che verrà possano trovare il tempo di: incontrarsi, salutarsi, abbracciarsi.

E’ passato un anno e ancora manca una mamma che è di turno in ospedale. Speriamo che l’hanno prossimo si possa festeggiare insieme.

E’ passato un anno e i padroni di casa ci ospitano ancora. Speriamo per l’hanno prossimo di poterli ospitare tutti da noi.

Speriamo… speriamo in bene per tutti.








Altezza un metro e…tanta voglia di crescere, peso…sorvoliamo, si aggiunga un occhio strabico e si capirà perché sin da ragazza non abbia mai puntato sulla bellezza. Ora poi che sono nonna non saranno certo delle rughe a spaventarmi. Nel pieno dei miei 58 anni, mi viene chiesto, da Buzz Paradise, di testare un nuovo prodotto della RoC: RETIN – OX RIDES FILLER- GIORNO & NOTTE Un antirughe in tubetto dalle dimensioni invitanti, meno invitante il mini libretto dove leggo, molto faticosamente (anche con gli occhiali) cosa andrò a mettermi sulla faccia. Associazioni di molecole sono alla base di questa nuova crema, tralascio i termini tecnici che troverete nel link della RoC Ok Lella, mi dico, diamoci da fare e pensiamo un po’ seriamente alla tua bella faccia. Per certe cose bisogna essere costanti per cui: mattina e sera cremina antirughe. Mai viste tante rughe come in questi giorni! Massaggio con gesti decisi, come da istruzioni. Sono passati 14 giorni, troppo presto, per ottenere risultati. La Roc prevede risultati dopo 8 settimane Eppure… mi piace prendermi cura di me, sentirmi la pelle più morbida, più elastica. Anche se le promesse non venissero mantenute, sono contenta di questa esperienza.

Quest’anno l’orto aveva tutte le carte in regola.

In pieno sole, come non mai, da quando sono stati abbattuti cinque pini che uno affianco all’altro creavano un muro d’ombra impenetrabile. Ma prima ancora che godesse del sole primaverile, le sue prose erano state vangate e ben concimate. Vangare e concimare, due verbi semplici semplici ma…quanta fatica, nonostante siano anni che butto i sassi che trovo nel terreno ne spuntano sempre, è come se d’inverno arrivasse un folletto e ne seminasse in ogni dove e di tutte le misure, certi sassi sbilenchi che a volte si sfogliano, altri che bloccano la pala e oppongono una fiera resistenza, devi girargli in giro, fare leva e dopo averlo estratto  ti resta un bucone! A quel punto, riprendere a vangare diventa una passeggiata, qua e là scappano lombrichi e riemergono vecchie radici. All’improvviso, girando una zolla di terra, colpisce il contrasto tra il marrone della terra e il bianco di una miriade di uova di formiche. Con la punta della pala cerchi di prenderne il più possibile e le fai volare il più lontano possibile, intanto il terreno brulica di formiche che scappano da tutte le parti. Lo capisco, loro abitano lì  da più tempo, l’orto è arrivato dopo, ma in definitiva, loro,  non se ne sono mai andate!

Per concimare il massimo sarebbe “Lo sporco delle galline” come racconta il nonno al nipotino nel bellissimo film di Ermanno Olmi: “L’albero degli zoccoli”. La versione moderna è la pollina che  acquisto al consorzio. Il terreno è a posto , una bella rastrellata e si passa alla prossima prosa. Poi la semina o il bucherellare del terreno per infilarci le piccole piantine e in fine una bella annaffiata.  Quando l’orto è  ben organizzato non ti resta che attendere, scrutare cosa combinano le lumache, scacciare le formiche, spostare le coccinelle dalle azalee ai fagiolini, nella speranza che si mangino le afidi delle formiche. “E’ inutile che tu soffi sopra le verdure per farle crescere!!” Commenta ironico mio marito ” Devi aspettare”. E… ho aspettato; è passato aprile, che come previsto è stato un mese  piovoso.

Maggio: piovoso.

Giugno, luglio, agosto: PIOVOSO.

I fagiolini erano alti alti e quei quattro fiori in croce che sono apparsi  si sono trasformati in una manciata di fagiolini giusto da accontentare la nipotina. l’insalata non è mai nata, salvo una sparuta macchia di cicorino che ho coccolato e coperto dalla pioggia. I pomodori neanche parlarne, all’inizio della maturazione, apparivano già marci nella parte inferiore, ho salvato solo qualche pomodoro ciliegina che raccoglievo al volo prima che cascasse in terra. Le foglie delle zucchine erano mostruosamente grandi e verdi, le zucchine invece… piccole, avvizzite, giallastre  e per metà marce. Non proseguo nella descrizione perché mi vien male!! Aggiungo solo che le prose assumevano quotidianamente, come quotidiani erano i temporali, l’aspetto di piccole risaie, il terreno non era più in grado di assorbire acqua! Che debba cambiare hobby? dovrò darmi all’allevamento delle trote!

Gli unici a darmi soddisfazione sono stati  i cetrioli, quando li scovavo sotto le foglie addossate alla roccia erano gonfi e stranamente lunghi, una qualità che non conoscevo, ne trovavo tre o quattro al giorno. Li ho usati per le insalate miste, come antipasto tagliati a rotelline con un poco di sale, ci ho preparato una crema greca con lo yogurt, ne ho  regalati, ne ho messi  in frigo in attesa di portarli a qualche amico, ci è mancato solo che li usassi per prepararmi maschere di bellezza!! Insomma, uno sfacelo di cetrioli che ormai ci uscivano dagli occhi.

Settembre: Sono già in ritardo per  piantare: verze, cavoletti di Bruxelles, cavolfiori bianchi e verdi, ma… continua a piovere.

Ottobre: le mattinate sono tiepide, nelle ore centrali  il sole è molto  caldo e verso sera la roccia rimanda il calore immagazzinato durante il giorno. L’orto (parola grossa) quel che rimane dell’orto sembra ringalluzzirsi e qualche pomodoro finalmente matura. Io ce la metto tutta e rivango, riconcimo e  risemino: cicorino, erbette, insalata ghiaccio e spinaci.

Per scovare il cicorino appena nato bisogna bagnare il terreno che, diventando più scuro, evidenzia quel verde tipico dell’esplosione della primavera. Anche gli spinaci sono spuntati e sui loro baffetti lunghi alcuni semi sono ancora attaccati.  L ‘insalatina ghiaccio sembra una moquette verde smeraldo! e le erbette che crescono affianco  sono di un verde più scuro.

E’ in atto la rivincita dell’orto, il sole continua a splendere. Durante il giorno annaffio con acqua riposata, e la sera copro.  Le prose sono una bellezza!

E già… bisogna insistere, darsi da fare, intervenire, credere che il tuo impegno possa  cambiare o modificare qualche cosa! o… no?

Spiegano i saggi che il primo passo sia l’accettazione. Non dico solo per l’orto, penso ad altre situazioni nelle quali ci diamo un sacco da fare e forse… sarebbe meglio lascia correre, adeguarsi, non insistere, insomma accettare serenamente  la situazione. Sono una nonna e ancora non ho capito come sia meglio comportarsi.

Questa mattina, sollevando i pannelli di policarbonato alveolari alcune macchiette di muffa punteggiavano il terreno e le foglie più grandi dell’insalata ghiaccio presentavano delle ombreggiature scure.

La rivincita dell’orto è durata poco, ma… domani, 27 ottobre mangeremo: uova sode con insalatina dell’orto!