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Non assunta in cielo, come la Vergine Maria, ma assunta a tempo indeterminato, che di questi tempi è comunque quasi un miracolo. Si dice che i concorsi o si vincono o si perdono, come se fossero una lotteria che il più delle volte risulta truccata perché il vincitore o la vincitrice sarà il raccomandato di turno. Ma le cose sembrano stiano cambiando. Non importa sapere di che concorso si stia parlando, non importa sapere che oltre al solito raccomandato ci sono altri ragazzi o ragazze che dall’ estero vorrebbero rientrare in Italia.Concorrenza sleale e leale, dunque.Per assurdo non servirebbe nemmeno sapere il nome del vincitore o della vincitrice. La competizione è feroce e proprio perché non è una lotteria sarebbe interessante sapere con che criterio è stato scelto il migliore o la migliore. Non lo sapremo mai. Ma conosciamo Claudia che è risultata la più preparata e competente in assoluto, tanto da meritarsi l’assunzione a tempo indeterminato per l’unico posto disponibile in Italia per la sua specializzazione. Laureata con 110 e lode, 9 mesi di borsa di studio, 2 anni di dottorato di ricerca, altri 8 con assegno di ricerca e innumerevoli pubblicazioni. Purtroppo, nonostante tutto, non sono mancati 3 anni di disoccupazione. Ma oggi, finalmente, a 40 anni, Claudia raccoglie il frutto del suo lavoro ottenuto con: perseveranza, impegno, fatica, dedizione, pazienza e fiducia nel futuro. Una breve storia per sottolineare la frase che i colleghi e amici di Claudia le hanno comunicato appena raggiunti dalla bella notizia: “ Sei la nostra speranza per il futuro “. Si, siamo sulla buona strada, l’impegno paga, i nostri giovani hanno una nuova speranza. Complimenti a Claudia e auguri a tutti i giovani per un mondo migliore.

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Le stelle di Monica Tosetto non sono delle stelle qualsiasi, come non è qualsiasi il suo romanzo. La casa editrice L’Erudita lo ha capito, pubblicandolo con un titolo altrettanto intrigante: “Stelle binarie”. Le due stelle: Selvaggia e Barbara sono le protagoniste, le loro vite corrono parallele come le stelle binarie. Il bello di questo romanzo, che non vi racconterò, è appunto il modo in cui sono congeniate le due storie. L’autrice dopo una visita all’Osservatorio Astronomico “G. V. Schiapparelli “ di Varese ha avuto un’ intuizione geniale : far procedere le protagoniste come se fossero due stelle della stessa galassia: Nana bianca e Gigante rossa, a volte lontane fra di loro a volte vicinissime, stelle binare appunto, che in un orbita comune arriveranno a toccarsi e… A prima vista, potrebbe sembrare uno stratagemma tirato per i capelli ma bisogna leggere il libro per capirne la profondità, per apprezzarne i paragoni, per coglierne le adeguatezze. Nel capitolo: Orbite comuni, le protagoniste che ancora non si conoscono frequentano lo stesso centro medico. Per raccontarlo la Tosetto inizia con un preambolo evidenziato: “Nel complesso sistema orbitale, due stelle binarie strette o interagenti sono coppie di stelle legate intorno ad un comune centro di massa e la loro distanza è di poco superiore alla somma dei loro raggi. Interagiscono anche fisicamente con uno scambio di materia tanto da stravolgere la loro evoluzione nel tempo. E poi scrive il suo capitolo. La trama in un romanzo è fondamentale ma saperla raccontare lo è ancora di più. Quello che ho apprezzato in queste pagine è la chiarezza dell’atmosfera che si respira, mano a mano che le situazioni si intrecciano e si districano, Monica Tosetto usando una scrittura scorrevole riesce a farci sentire le paure, le ambizioni, la volontà, la rassegnazione, i desideri, l’inadeguatezza. Usa metafore, paragoni, parallelismi e per descrivere una gioia strabordante non esita a paragonarla ad una donna di Bottero. Un’attenzione particolare va alla frase scritta sul segnalibro del suo romanzo: “ Sei una Nana Bianca o Gigante Rossa? La vita decide per chi non sa decidere”. Penso che qusta frase sia da attribuire a quello che l’autrice ha detto a proposito del suo libro: “Il vero messaggio che voglio trasmettere con il mio romanzo è proprio quello di non aspettare che qualcuno ci conceda una seconda opportunità, dobbiamo essere noi a crearcela, diventando così artefici e tenendo tra le mani il nostro destino.” La dedica di questo libro è: “Alla mia vera Selvaggia, la supernova più brillante. Solo per questa frase aggiungerei: ” Un libro sulla Speranza”. Un romanzo, due storie, un finale stellare. Complimenti a Monica Tosetto, aspettiamo il suo secondo romanzo.    

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Leggendo questo libro di Corrado Alvaro non ho potuto fare a meno di ricordare Ignazio Silone che nel suo romanzo Fontamara parla di ”cafoni” della Valle Abruzzese e di Piero Chiara che così bene descrive nei suoi libri le storie dei valligiani del luinese, in cui i passeri, congelati dal freddo, cadono al mattino dai platani. Un mosaico regionale di povera gente sopraffatta dalla fame e dalle ingiustizie, assalita dalle avversità della natura, ma anche operosa e piena di risorse. Come una fotografia o immagine fissa che descriva i tempi passati. Corrado Alvaro, in questa raccolta di racconti sembra voler invece traghettare quei tempi passati in quelli che stanno per arrivare. I suoi personaggi non sono solo immersi nel passato ma cominciano ad emergere, a cambiare, a sperare, vedono nei propri figli il loro riscatto agli occhi della gente che… si sa… nei piccoli paesi vedono e sanno tutto di tutti. Come nel primo racconto in cui il pastore Argirò desidera per il proprio figlio un futuro diverso dal suo. Lo farà studiare in seminario e anche il fratello maggiore sarà coinvolto in questo riscatto che lo porterà allo sfinimento. Non mancheranno le delusioni e le bugie, ma… il seme del cambiamento è già gettato. Lo si legge anche in La pigiatrice d’uva, dove la protagonista disperata si ribella, e la sua decisione potrebbe avere delle gravi conseguenze. In Coronata, sarà lo stesso: se il racconto è in linea coi tempi, nel finale il futuro è già scritto. Per il racconto Teresita invece, l’amor filiale e l’egoismo paterno avranno la meglio. Ma a che prezzo. Crisolina, in La zingara, vuole scappare, scappare, scappare. Ma Corrado Alvaro racconta anche di uomini buoni, come Biasi che in viaggio per andare a trovare la madre trova rifugio presso Vènera, e lei, che di uomini se ne intende, vedendolo così innocente e gentile gli dirà: ”Siete buono”. E rinuncerà momentaneamente agli altri uomini che bussano insistentemente alla sua porta. In tutti questi racconti l’Aspromonte è espresso fino in fondo con i suoi torbidi torrenti, con il fragore delle piogge torrenziali, le orecchie sono assordate dal rotolare di sassi e dallo schiantarsi di alberi colpiti dal fulmine. I pastori fuggono rifugiandosi in casupole di foglie e fango, in grotte, prigionieri di quella natura Matrigna di leopardiana memoria in cui anche il destino di una giovane giumenta è segnato, trovando la morte in un burrone. La scrittura di Corrado Alvaro è minuziosa e precisa, senza essere pedante. I personaggi e il loro carattere ci appaiono chiari, e già alcuni ci piacciono più di altri, li osserviamo mentre intagliano legni di ulivo, o imprecano per la mala sorte. La natura, quando non è matrigna viene descritta poeticamente, con un garbo speciale . Persino le sue ombre mi hanno emozionata quando scrive: ”La sera era chiara, c’era la luna. Erano intinti di luna gli alberi e la montagna, il mare lontano. Dopo i grandi calori era come se una lieve rugiada fosse passata sul mondo a inumidirne la sete. Pareva di sentire la voce delle fonti ai piedi dei monti o dei fiumi rinsecchiti che si ricordavano del loro boato. Le ombre delle case per le strade strette erano dense e nere, e tagliavano a spicchi e a triangoli le strade, come se vi fosse disteso qua e là un panno scuro. L’ ultima storia ”Ventiquattr’ore” viene da lontano, i tre protagonisti sono emigrati all’estero e in terra straniera rimpiangono la loro Calabria, il suo profumo e perfino il sapore delle erbe che mangiavano da bambini. La storia in cui si troveranno coinvolti Borriello, Ferro e Mandorla esula da ogni recinto personale, è una storia universale che loro, pur nascondendoselo, vivranno intensamente. Non importa più che siano Calabresi, che siano poveri, che non abbiano fatto fortuna. Adesso per loro la priorità è un’ altra. Scrive fra l’altro, Mario Pomilio, nella sua bella presentazione al libro: ”Eppure, sotto la crosta, il mondo della sua infanzia sopravviveva: nella memoria e negli affetti. E doveva essere proprio esso a ispirargli la prima opera della sua maturità, questa compatta raccolta di racconti di Gente in Aspromonte dove non c’è una sola riga che non riguardi la sua Calabria e dove con tanto amore e penosa partecipazione se ne descrivono la condizione, i problemi umani e sociali, i modi di vita, i paesaggi. Dopo aver letto questo bel libro mi viene spontaneo ringraziare pubblicamente la mia amica Simona, che me ne ha suggerita la lettura, e la Biblioteca Comunale ”A. Lucifero” di Crotone che concretamente me lo ha lasciato in prestito per quindici giorni. Penso comunque che questo sarà uno di quei libro che comprerò, così da poterlo riprendere in mano per rileggerne alcune pagine. Come si fa con i libri che più ti sono cari.

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E’ passato un anno e la bisnonna è sempre più avvolta nei suoi ricordi a volte nebulosi, a volte  lucidissimi, i non mi ricordo sono aumentati esponenzialmente, ed ogni tanto chiede di chi sia figlio uno dei suoi bisnipoti che gli saltano in torno. Non riconosce il golf che indossa e… per l’ennesima volta le spieghiamo che è il nostro regalo di Natale per lei.

Speriamo che serbi il ricordo di questa giornata e che le sia di conforto in giornate più dure.

E’ passato un anno e la più grande delle nipoti festeggia oggi con noi il suo ventitreesimo compleanno, perché altrimenti dice: ” Va a finire che domani, data ufficiale, non lo festeggio più “. E’ cambiata Paola, l’ho sentita più sicura e disinvolta, la scelta di vivere da sola sta già dando i suoi frutti. E’ la prima ad andarsene, vuole riposarsi per essere in forma nei giorni successivi, quando riprenderà a lavorare.

Speriamo che il suo contratto a tempo determinato si trasformi al più presto  in un contratto a tempo indeterminato. Soprattutto alla gioventù non dovrebbe mai essere tolta la speranza.

E’ passato un anno e i nonni che girano per casa, hanno fatta esperienza: conoscono meglio i nipoti e con loro cantano, giocano e leggono storie. Conoscono meglio generi e nuore. Cercano di accontentarli, barcamenandosi con le esigenze di entrambi.

Speriamo che conservino la forza che gli occorre.

E’ passato un anno e la squadra di nipotini è sempre da ” mangiare!“, hanno imparato a parlare, a giocare insieme, si scrutano, si copiano, corrono pericolosamente tra il tavolo e il divano. Quando la piccola canta una canzone spontaneamente tutti tacciono e quella vocina incanta tutti.

Speriamo che il loro entusiasmo non si esaurisca mai.

E come l’hanno scorso suona più volte il campanello:Altri zii, altri cugini, altre nonne, tutti desiderosi di incontrarsi, salutarsi, abbracciarsi.

Speriamo che durante l’anno che verrà possano trovare il tempo di: incontrarsi, salutarsi, abbracciarsi.

E’ passato un anno e ancora manca una mamma che è di turno in ospedale. Speriamo che l’hanno prossimo si possa festeggiare insieme.

E’ passato un anno e i padroni di casa ci ospitano ancora. Speriamo per l’hanno prossimo di poterli ospitare tutti da noi.

Speriamo… speriamo in bene per tutti.








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Marina Terragni è stata brava, nel suo libro: La scomparsa delle donne, c’ è tutta la sua professionalità e competenza, tutta l’esperienza di una vita vissuta intensamente. Si sente, leggendo il suo libro che ci ha ragionato sopra, facendo partecipe il lettore e le lettrici dei suoi pensieri, delle intuizioni, delle realtà e delle possibilità. E’ una lettura accorata e sincera nella quale mi sono rivista diciottenne, travolta dal 68, ventitreenne, mamma e terribilmente sola. Ho letto pensieri che credevo fossero solo miei e trovarli stampati a distanza di tanti anni mi ha fatto bene. Ho ritrovato i libri della filosofa Luisa Muraro e… mi sono ricordata quanto fosse stato difficile per me  leggere : Il Dio delle donne, avevo dovuto leggerlo due volte e sentivo rileggendolo che era giuso che mi sforzassi per capire, era giusto seguire quei pensieri. Si legge di Virginia Woolf che in: Una stanza tutta per se, parla dell’emancipazione femminile.

E’ come se per tutta la sua vita la Terragni avesse pensato a questo libro, come se avesse osservato passo passo il cambiamento della donna: in casa, sul lavoro, nella società, e in particolare  nei rapporti con l’uomo. Ne ha  preso nota, discusso al Circolo della Rosa, si è confrontata con altre donne, ha ascoltato, ragionato, ha vissuto  esperienze personali che le hanno fatto toccare con mano i possibili cambiamenti. Perché si può cambiare, bisogna cambiare altrimenti la vede brutta la Terragni, magari solo provocatoriamente ma la scomparsa della donna, della sua differenza femminile è al capolinea.

Scrive molto anche degli uomini: delle violenze perpetrate sulle donne, delle sue nuove paure, della voglia di cambiamento che sentono anche loro.

Non vi parlerò di tutti gli argomenti che sono trattati e approfonditi in questo libro, perché è meglio che lo scopriate da sole, o da soli.  Il risultato è  un’ analisi imparziale, e soprattutto Marina Terragni ha lasciata aperta la via alla speranza di una proficua collaborazione fra uomo e donna. Per un mondo migliore.

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Il Natale è passato e per casa girano ancora gli avanzi. I contenitori sono ormai ridotti e ricoperti di pellicola trasparente, le decorazioni di gamberetti sono impiastricciati di maionese, i ravioli che già erano buoni, oggi sembrano ancora meglio e scaldandoli il profumo della noce moscata aleggia in cucina, l’arrosto lo immagino un po’ secco, invece il microonde fa miracoli. Apparecchiando aggiungo in tavola un vassoietto con torroncini e due fette di panettone, non vorremmo farci mancare nulla! Tutte le leccornie del Natale sono presenti in tavola in una versione ridotta e dimessa. Sulla qualità invece niente da dire, ognuno di noi ha dato il massimo.

E mangiando gli avanzi di Natale ripenso a cosa hanno portato le giovani coppie per tutti noi, il meglio della loro produzione: i bambini, buoni che ti veniva voglia di mangiarli, anche quando strillavano, anche quando erano seduti nel loro tavolino basso e mangiavano di gusto i ravioli, anche quando si portavano via di mano i nuovi giocattoli. Una vera gioia le loro vocine, una vera gioia la loro spontaneità il loro ridere e piangere, il loro lanciarsi o saltare dal divano al tappeto, la loro energia, la vita, la speranza.

Mangiando gli avanzi di Natale il ricordo dei bambini è stato come una magia che ancora ti rallegrava.