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Una storia per mia nipote

Probabilmente è una storia conosciuta da molti, anche se si è svolta fuori dall’ Italia ed è collocata nel passato. I suoi protagonisti sono molteplici e i fatti abbracciano l’arte e purtroppo anche la tragedia dell’olocausto. Insomma una trama complicata ma tanto affascinante da farmi venire voglia di raccontartela. Ma… potrei sbagliare un nome o dimenticare una data oppure omettere un fatto cruciale, e… siccome la storia è vera, la responsabilità è tanta. Quindi, questa storia, di cui ho appena visto il film “Donna in oro”, cercherò di riassumerla qui per iscritto e… pazienza se altri la conoscono già.

Non avere discendenti maschi è stato un problema che non ha riguardato solo le famiglie reali. Nel nostro caso, per accontentare il banchiere Moriz Bauer che non aveva avuto figli maschi, la famiglia della figlia, Maria Teresa Bauer, sposando Gustav Bloch amplil cognome in Bloch-Bauer. La ricca famiglia ebraica dei Bloch-Bauer viveva in pace e d’accordo nella stessa palazzina al centro di Vienna con il fratello Ferdinand sposato ad Adele Bauer; questi ultimi si occupavano dell’industria dello zucchero, ereditata dal padre di Ferdinand, e non ebbero figli, mentre Gustav Bloch era avvocato e con la moglie Maria Teresa aveva avuto 3 figli: Leopold, Luis, e Maria; Maria in particolare era molto affezionata alla zia Adele, che dal canto suo non mancava di affetto ed attenzioni per lei. Tutti in famiglia erano appassionati di arte e musica: a casa loro si riunivano, oltre che a politici influenti, anche artisti del calibro di Johannes Brahms, Richard Strauss, Wagner, Gustav Klimt e molti altri. Siamo all’incirca nei primi del ‘900.

Ti ricordi la stampa del quadro Il Bacio di Gustav Klimt appesa in camera? Questo pittore è importante per questa storia. E… le altre due stampe con i mosaici di Ravenna? Anche quelli c’entrano, perchè Klimt, dopo essere andato a Ravenna per due volte nel 1903, rimane affascinato dai suoi maestosi mosaici bizantini e dall’oro musivo che gli ricordano i lavori del padre e del fratello, che erano orafi. Questa esperienza cambierà il suo modo di dipingere: verrà chiamato il suo periodo d’oro. A Vienna è il 1907 quando la signora Adele BlochBauer commissiona al pittore Gustav Klimt un suo ritratto che diventerà famosissimo, forse più del Bacio che conosci tu, perchè fu al centro di una storia rocambolesca, che si concluse solo nel 2006… quando tu compivi 2 anni!

Chi? Dove? Come? Quando? Perchè? Queste erano le nostre regole per inventare storie quando eri piccola, una io e una tu. Se la storia non rispondeva a tutte le domande, non era valida.

Ma chi è il soggetto di questa storia? Gustav Klimt che dipinse il quadro? Adele Bloch-Bauer che ne fu modella e committente? Il quadro stesso? O chi altri, visti i personaggi già citati e altri ancora che verranno?

Per capire, bisogna tornare in casa Bloch-Bauer, e osservare la timida e piccola Maria, che viene invitata dalla zia Adele ad allacciarle al collo una sontuosa e particolarissima collana tempestata di pietre preziose, la stessa collana indossata nel ritratto eseguito da Klimt, che troneggia sulla parete del salone. La zia non ha figli e Maria è la sua prediletta: le parla, l’ ascolta e la sprona a non aver paura. Quando la zia Adele morirà prematuramente di meningite nel 1925, Maria ha 9 anni e la sua perdita le peserà tantissimo. Gli anni passano, siamo nel 1937, il clima politico è ostile agli ebrei e lo zio paterno di Maria, Ferdinand, fugge prima in Cecoslovacchia e, all’incalzare dei nazisti ripiega in Svizzera dove presso una banca, tramite un fondo fiduciario, trasferisce tutti i suoi interessi pensandoli al sicuro. Non sarà così perchè la banca svizzera, anziché proteggere i suoi beni, li cederà sotto pressione del governo austriaco a persone di fidata razza ariana. Ferdinand prima di fuggire sprona il fratello Gustav a fare altrettanto, ma questi, incredulo di quello che sta già succedendo, rimane in balia della barbarie nazista. Maria, il giorno prima che lo zio parta, si sposa con Frederick Altmann, un cantante lirico. Il matrimonio è celebrato con grande sfarzo in casa Bloch-Bauer. Terminata la cerimonia Maria Altmann riceve dallo zio Ferdinand come regalo di nozze la famosa collana della zia Adele. Gli sposi partono in viaggio di nozze per Parigi, ma quando tornano la situazione è precipitata; anche il fratello di Frederick, Bernhard Altmann, è fuggito in Inghilterra lasciandogli la gestione della sua fiorente industria tessile. Sono momenti tremendi: i nazisti terrorizzano, uccidono, torturano, deportano, fanno prigionieri; ricattano Maria, deportando a Dachau suo marito, al fine di accaparrarsi tutti i beni di famiglia. Anche Palais Elisabethen dei Block-Bauer nel 1939 viene derubato di tutto. I quadri finiranno in collezioni private e ne beneficiarono anche il dittatore Hitler e il generale Göring. Il resto fu venduto. Alcuni quadri di Klimt, compreso il ritratto di Adele Blok-Bauer, finirono alla Galleria Belvedere di Vienna dopo vari passaggi.

Non c’è più tempo… se vogliono sopravvivere i giovani sposi devono fuggire subito. Solo nel 1941, dopo diversi trasferimenti, riescono finalmente a stabilirsi negli Stati Uniti, dove, nel 1945, otterranno la cittadinanza statunitense. Due anni prima il cognato Bernhard Altmann, anche lui negli Stati Uniti dal 1939, avvia un’attività tessile nella quale coinvolge, per la vendita dei capi in cashmere, anche Maria e il fratello. Gli affari vanno benissimo per tutta la famiglia, ma quando nel 1955 Bernhard si ritira, a Maria non resta che il suo negozio di abbigliamento. Con suo marito cresce i tre figli e la sua vita si avvia alla normalità. Le tragedie delle persecuzioni antisemite sono finite, e nonostante tutto lei si ritiene fortunata perchè ne è uscita viva.

Alla luce di quello che ti ho raccontato fino adesso, alla domanda: “Chi?” Posso risponderti: “Per il momento è Maria la protagonista”. Ma la storia continua. Alla domanda: “Dove?” E’ più facile risponderti: “Siamo partiti da Vienna, un viaggio di nozze a Parigi, deportazioni a Dachau e per fuggire dai nazisti altri spostamenti in Svizzera, in Inghilterra, negli Stati Uniti, e come vedremo più avanti anche il Canada e nei dintorni di Praga. Ma sarà Vienna il luogo prescelto e per più di un motivo. Anche se la nostra protagonista Maria Altmann aveva giurato che non ci sarebbe mai più tornata”.

La guerra è finita e Leopold, fratello di Maria, che si era rifugiato con la mamma a Vancouver in Canada, tenta di recuperare i beni di famiglia, ma a Vienna non vogliono sentire ragioni e i suoi tentativi andranno falliti. Bisognerà arrivare al 1998, quando il giornalista austriaco Hubertus Czernin, potendo consultare gli archivi del Ministro della Cultura, viene a capo di un mistero che fino a quel momento aveva impedito ai Bloch-Bauer di tornare in possesso del dipinto di Gustav Klimt intitolato: “Ritratto di Adele Bloch-Bauer”. Hubertus scrive un libro nel quale si scopre che il proprietario del quadro è ancora lo zio di Maria Altmann, Ferdinand, anche se sua moglie Ada avrebbe voluto lasciarlo in eredità alla Galleria del Belvedere di Vienna; ma Ada era morta nel 1925 quando il quadro ancora apparteneva alla ricchissima dinastia degli industriali Bloch di origine ebraica. Mai Ada avrebbe immaginato gli orrori della guerra e che i nazisti, dopo il furto, avrebbero cambiato il titolo al suo ritratto, perchè lei era ebrea, chiamandolo “La donna in oro”. Mai avrebbe immaginato che la sua collana, ritratta nel quadro, finisse sul collo della moglie del generale tedesco Göring.

Non tutto è perduto, pensò Maria Altmann quando venne a conoscenza di questi fatti, tanto più che lo zio Ferdinand, spogliato di tutto dai nazisti, aveva comunque, prima di morire, fatto testamento: aveva lasciato tutto ai 3 nipoti, compreso un castello fuori Praga che gli era stato confiscato dal generale tedesco Reinhard. Non tutto è perduto, continuò a pensare Maria, quando venne a conoscenza del fatto che il governo austriaco, per cercare di rimediare ai furti perpetrati dai nazisti ai danni degli ebrei, permetteva la restituzione delle opere d’arte. E qui di seguito il “Come” Maria si impegnò a rientrare in possesso del ritratto della zia Ada. La pubblicazione del libro di Hubertus Czernin la fece illudere che presto avrebbe ottenuto quello che voleva, anche perchè ormai aveva 83 anni. Per risolvere la questione si affidò al giovane avvocato Randol Schonberg, persona fidata, perchè figlio di amici e nipote di un famoso compositore ebreo, anche lui fuggito da Vienna. Maria pensava di cavarsela inviando l’avvocato a Vienna e, quando capì che la sua presenza sarebbe stata indispensabile, tutti i fantasmi del passato si ripresentarono e dovette fare appello a tutte le sue forze per ritornare di nuovo a Vienna. In quell’aula, quel giorno, erano in molti gli ebrei che rivendicavano il possesso dei loro averi: tutti raccontarono con molta fatica cosa fosse successo e in che modo fossero stati derubati di tutto: per primo ci tolsero la dignità, poi l’identità culturale, la libertà e i beni terreni. Altri raccontarono delle vite dei loro parenti rubate per sempre, altri ancora viaggiando nei ricordi del passato non poterono fare a meno di piangere. Quando a parlare toccò a Maria Altmann, fece un discorso lucido e concreto; disse fra l’altro che avrebbe donato volentieri alla Galleria del Belvedere di Vienna il quadro della zia Adele, essendo questo un simbolo per Vienna, ma che voleva le fossero restituiti tutti gli altri. Il comitato per la restituizione rifiutò la sua offerta e le propose in cambio dei bozzetti di Klimt e delle ceramiche. Maria rimase esterefatta e chiese al suo giovane avvocato di intraprendere un’azione legale contro il governo austriaco. Ma il governo pretendeva una tassa di deposito esorbitante, visto il valore dei quadri contesi. Non disponendo di quella cifra, Maria rinunciò all’azione legale e tornò negli Stati Uniti con il suo giovane avvocato.

La storia non è ancora finita e vorrei soffermarmi su di un preciso momento di questa complicata avventura, rispondendo così alla domanda “Quando?” E’ chiaro che le date sono tante e anche molto importanti se pensiamo all’avvento del nazismo, o alla fine della guerra e a molti altri eventi; c’è infine un momento in cui il giovane avvocato Randol Schonberg rimarrà sconvolto tanto da sentirsi male fisicamente. Rientrato negli Stati Uniti dirà alla moglie: “E’ successo qualcosa a Vienna, ho vissuto attraverso i ricordi dei sopravvisuti dell’olocausto delle emozioni fortissime, solo adesso ho capito, anche se già sapevo tutto.” E’ in quel preciso momento, cara nipote, che attraverso la memoria diretta dei sopravvissuti lui prende coscienza, si sente partecipe, soffre, e finalmente capisce. Non sempre sapere vuol dire capire, e se attraverso la memoria possiamo capire, puoi immaginare quanto sia stato importante quel momento e quanto sia importante la memoria: Per primo ci tolsero la libertà, la dignità, l’identità culturale e i beni terreni. Altri raccontarono delle vite dei loro rubate per sempre, altri ancora viaggiando nel ricordo del passato non poterono fare a meno di piangere. Per Randol Schonberg, giovane e inesperto avvocato, non sarà più una questione di vincere o perdere, non importano i soldi, non importa il suo prestigio, vuole giustizia. Quando finalmente trova un modo per far svolgere il processo negli Stati Uniti la signora Maria Altman ha 88 anni e lui si rende conto che non c’è tempo da perdere e propone perciò un arbitrato da tenersi a Vienna. In pratica, tre persone si riuniscono, leggono le ragioni delle due parti e poi decidono, naturalmente una persona a favore della Altman, una a favore del governo austriaco e una terza neutrale. Il giovane avvocato non scrive, fa un discorso, talmente toccante da far decidere che Maria Altmann ha ragione e le saranno restituiti tutti i suoi quadri. La storia è finita, ma in realtà è molto più complicata di come l’ho raccontata, perchè forse avevo paura di annoiarti, ma se ti piacesse saperne di più, fai come me che dopo aver visto il film “Donna in oro” ho trovato in rete il Blog: “Da Vinci Experience”, che racconta dettagliatamente questa storia. E meno male, altrimenti come avrei fatto a ricordarmi tutti i passaggi, i nomi e le date!

Chi? Come? Dove? Quando? Questa storia non è ancora valida, devo ancora rispondere alla domanda più difficile, perchè la guerra?

Sono talmente tante le risposte che non saprei da che parte incominciare, eppure sappi, che alcune guerre sono state scatenate inventandone il motivo, solo perchè le si voleva combattere. Nessuna ragione può essere valida per muovere guerra contro altre nazioni, nessuna, e, fra l’altro, quelli che decidono le guerre mandano gli altri a combatterle.

Sulle guerre posso dirti solo una cosa: è solo prima che si possono evitare. Ti assicuro che ci vuole molto coraggio anche per questo. Non è un caso che i primi morti voluti da Hitler, nella seconda guerra mondiale, fossero proprio i suoi connazionali che gli si opponevano. Loro avevano capito e sapevano quanto sarebbe stato pericoloso. E oggi? Come nonna mi sento in dovere di avvisarti: E’ la difesa della nostra democrazia che non ci farà ricadere nella dittatura. E’ la cultura, la libertà di informazione, è il sapere che ci permette di capire e valutare per il meglio; ma questo non basta. Bisogna impegnarsi affinchè l’ignoranza non trionfi, bisogna non sottovalutare cori razzisti indegni, episodi esecrabili: chi li commette ignora, non sa, non ha memoria. Non può l’ignoranza crescere, unirsi in gruppo e per questo sentirsi forte ed orgogliosa. L’ignoranza è solo una fabbrica di pecoroni pericolosissimi. Perchè tanta ferocia nei confronti degli ebrei? Questa è una domanda che mi facevo anch’io da ragazzina. Nel frattempo ho visto un sacco di documentari e letto molti libri in proposito. In Germania gli ebrei, prima della guerra, occupavano posti importanti, erano industriali, banchieri, professori universitari, erano ricchi e questo non andava bene ad Hitler che con la scusa della razza ariana li ha derubati di tutto. E’ brutto dirlo, ma i treni che partivano per i campi di concentramento stipati di ebrei ritornavano pieni di merce che gli era stata sottratta. Ed è solo una briciola di quello che i nazisti gli hanno rubato. Questo è solo un particolare, ma la ferocia agghiacciante, quella, è stata disumana e non c’è un perchè che lo giustifichi. Oggi, non dimenticarlo, tenere viva la memoria, potrà forse evitare altre catastrofi come quella dell’olocausto.

Questa storia mi ha dato l’opportunità di parlarti non tanto della guerra, ma di come sia importante darsi da fare per evitarla. Ma la parte più leggera del racconto riguarda Gustav Klimt. E siccome ultimamente mi hai raccontato con entusiasmo come a scuola ti abbiano insegnato a leggere e riconoscere un quadro impressionista, sono certa che troverai interessanti alcune notizie su di un gruppo di giovani artisti che a Vienna nel 1897 fondarono “La secessione Viennese”. Devi sapere che il pittore Gustav Klimt, nel 1888 era già considerato un bravissimo pittore tanto da ricevere dal suo imperatore Francesco Giuseppe una benemerenza ufficiale. Ma lui, cercò sempre di migliorarsi, di trovare nuovi modi per esprimersi e con un gruppo di amici nel 1897 fondò “Il secessionismo viennese”, Un’arte fuori dalla classicità contemporanea, controcorrente ed innovativa. Naturalmente furono criticati per questo, ma loro perseverarono in quello in cui credevano, tanto che il palazzo della secessione Viennese progettato dal giovane architetto Joseph Maria Olbrich fu deriso, sbeffeggiato e paragonato ad “un gabinetto”. Oggi è il museo più visitato a Vienna!

Se vuoi, adesso tocca a te, le regole sono le stesse: Chi? Come? Dove? Quando ? Perchè? Sarò felice di ospitarti sul blog.

Bacioni nonna Lella

28 pensieri su “Una storia per mia nipote

  1. Paola Mascia

    Meraviglioso, zia, il tuo…racconto?? Non lo so, ma grazie al “Chi? Dove? Come? Quando? Perchè?” ho superato una porta che mi ha fatto entrare nella Storia e vedere la storia e la Storia passare davanti agli occhi della protagonista; poi ho rivisto tutto attraverso gli occhi dell’avvocato. Infine sono scivolata fuori, in modo fluido, e mi è rimasta impressa l’immagine di un quadro. Davvero davvero davvero bella

  2. Lella

    Ciao Paola, hai vinto tutto il mio affetto! Sei la prima a commentare!
    La storia del quadro di Adele Bloch-Bauer è una storia vera. Io l’ho solo riassunta per avere l’opportunità di esprimere i miei pensieri sulle guerre ma soptattutto per mettere in guardia mia nipote sui pericoli di oggi.
    Sono contenta di averti fatto viaggiare!
    un abbraccio

  3. Anna Bassani

    Ciao lella,il tuo racconto mi è piaciuto molto ed è una storia molto interessante che affascina e crea la voglia di scoprire come andrà a finire.
    È sincuramente un brano molto istruttivo per tua nipote ma anche per chiunque altro, bisognerebbe farlo leggere a molte persone per fargli prendere coscienza di ciò che è accaduto e non dovrà più succedere.
    Presto lo farò leggere anche alla mamma.
    Non vedo l’ora di rivedervi domenica
    Buona serata
    E ci vediamo prestissimo ❤
    Anna

  4. simona

    Ciao Lella, che brava nonna che sei! Hai fatto bene a prendere in disparte la Giulia adolescente e a raccontarle di persona una storia fra le innumerevoli aberranti storie che hanno modificato per sempre le nostre coscienze. Frastornati da un’informazione incessante e troppo spesso superficiale, dove tutto si può confondere con il suo contrario, la memoria rischia di appannarsi o di diventare un esercizio sterile. Per questo diventa necessario ricostituire un rapporto personale fra chi racconta e chi ascolta, per dare concretezza a un messaggio importante e perché questo arrivi a segno. Come hai fatto tu.

  5. Lella

    Ciao Anna, anche il tuo commento è bello che sia reso pubblico. Sei giovanissima e bene informata, la tua consapevolezza ci da speranza. Un abbraccio

  6. Lella

    Ciao Simona, non lo so se sono una brava nonna, so che sono preoccupata. Raccontare la verità è sempre giusto. Per mia nipote ho scelto una storia che potesse avere anche dei risvolti positivi e quel pizzico di leggerezza e bellezza che sempre l’arte ci regala.
    Grazie e…alla prossima

  7. Elettra

    Bellissimo Lella, i nostri nipoti hanno bisogno di sapere per capire e per cercare, nel loro piccolo, di fare qualche piccola cosa per evitare altri olocausti. Dirò a Matteo, quando avrà un po’ di tempo, di leggerlo per capire !!! Un bacio. Elettra

  8. Lella

    Ciao nonna Elettra, ben tornata, sono contenta che farai leggere il racconto a tuo nipote Matteo. Un nipote alla volta… L’importante è cominciare, e se anche la mia generazione non ha vissuto la guerra è giusto che l’informazione resti viva e passi di generazione in generazione.

  9. Sandra

    Carissima Lella è stato un piacere leggere il tuo “racconto”. Lo metto tra le virgole perchè non è un semplice racconto. E’ storia, è vita, è realtà ma soprattutto riflessione. Troppo spesso ci si dimentica del passato. Sembra che il passato sia una cosa ormai sparita, che non ritorna. Ed invece ritorna a volte in modo prepotente e non siamo in grado di affrontarlo come si deve, perchè abbiamo dimenticato. Tutti dovrebbero una volta nella vita entrare in un campo di concentramento e sentire le voci delle migliaia, milioni di persone che di li sono passate e magari non tornate.
    Il silenzio è assordante. A Treblinka di entra in testa, ti fa sanguinare il cuore.
    Eppure ancora oggi gli eccidi non si contano e passano come delle meteore inascoltate fra le righe dei giornali e fra le notizie dei tg….
    Grazie per questo racconto e soprattutto perchè ti ricordi di un’impiegata comunale di un piccolo comune biellese che ti ha dato i natali.
    Un abbraccio.
    Sandra

  10. Ruben

    Ricordare anche le cose piu brutte e il modo migliore per non ripeterle. Lei lo fa attraverso un uso colorito delle immagini che attraversano questo racconto bello, duro e reale.
    Complimenti

  11. lella autore articolo

    Carissimia Sandra, grazie per l’accorato commento, Il “racconto”, come scrivi tu, aveva proprio l’intento di non fare dimenticare il passato e di mettere in guardia sul futuro. Non sono una storica, e fortunatamente non ho memoria diretta dell’ultima guerra. Ma ho potuto constatare di persona quanto sia breve la memoria storica. Penso anche alle conquiste ottenute non molti anni fa nel campo del lavoro. Il passato sembra avere importanza solo per chi ne ha memoria. Sta a noi tenerla viva e rinnovarla. Le nonne raccontano… e speriamo che serva. Un forte abbraccio

  12. lella autrice articolo

    Benvenuto Ruben, grazie per i complimenti.
    La sua capacità di sintesi mi ha commossa.

  13. Teresa Conegliani

    Ciao Lella. Mi è piaciuto il tuo racconto, interessante nel contenuto e scorrevole nella scrittura. Condivido la tua preoccupazione per le nuove generazioni. Noi cerchiamo nel nostro piccolo di seminare buoni sentimenti con le parole ma soprattutto con l’esempio. Bacioni.

  14. Lella Mascia Leoni

    Ciao Teresa, ben venuta sul blog.
    Mi fa piacere che ti sia piaciuto il racconto e il suo contenuto. E…per l’esempio hai fatto bene a ricordarlo, è fondamentale. Grazie per il tuo contributo. Un abbraccio

  15. Adelaide ziccardi

    Dopo avere letto la storia mi sono sentita una nonna piccola ,piccola.
    La tua è una nipote molto fortunata ad averti come nonna.

  16. olimpia rite

    ciao LELLA….certamente il tuo giocare con le parole rende questo racconto molto scorrevole.Ti ho immaginata seduta vicino al camino a raccontare questa storia a tua nipote.Sono d’accordo con te quando scrivi che noi adulti e nonni ,anche se non abbiamo vissuto gli orrori della guerra,abbiamo il dovere di trasmettere ai nostri nipoti La Memoria e i Valori ,in modo che queste brutture non possano più accadere . Il mondo è nelle loro mani.

  17. Lella Mascia Leoni

    Ciao Olimpia, ben venuta sul blog.
    Dici: “Il mondo è nelle loro mani”. Lo credo anch’io, è proprio perché ho fiducia in loro che ho ritenuto opportuno far sapere… informare… e…l’ho fatto a modo mio: giocando con le parole. Valori, Memoria, buoni esempi… ci sono mille modi per diffonderli, a ognuno il suo.
    Un forte abbraccio e grazie per il commento

  18. Anna testa

    “Una storia per mia nipote”Sempre interessante il Lella/pensiero, condivido la condanna della violenza e della sopraffazione. Ci si domanda come sia stato possibile che un intero popolo avesse condiviso una tale follia. Chi,come,dove,quando e perché ? Queste domande dovremmo porcele sempre penso dovremmo avere tutti un bagaglio culturale a cui attingere per avere un senso critico. Ma se non c’ è nessun bagaglio?Poveri noi ! Siamo più facilmente manipolabili. Importante avere una mente pensante e autonoma come la tua ! Si può sempre scegliere da che parte stare! Mi sono fatta prendere da l’Anna /pensiero ciao Anna

  19. Lella Mascia Leoni

    Ciao Anna, che impeto, che pensieri, continua così.
    Fatti sempre prende…altrimenti non ti riconoscerei.
    Un forte abbraccio

  20. Patrizia

    Cara Lella, come sempre i tuoi racconti si leggono tutto d’un fiato … Hai saputo raccontare la storia, con un pizzico di magia delle favole ..
    Le favole non tutte sono a lieto fine, ma contengono sempre insegnamenti che anche anime pure come i bambini sanno comprendere.
    Tu hai fatto di più perchè lo hai fatto per tua nipote, mettendoci impegno, ricerca, e la tua creatività, nel far comprendere una storia terribile come quella dell’olocausto, e di tante ingiustizie che l’uomo deve subire o sopportare, quando uno o più pazzi decidono in nome di chissà quale ragione, di dichiarare una guerra …
    Alla fine ognuno avrà la sua triste storia da raccontare, e se si può fare un “paragone” tra i livelli sociali, chi ha dovuto barattare quadri, altri la vita … Ma la giustizia alla fine fa quel che può, e ci saranno sicuramente tantissime storie nascoste e meno romantiche che non verranno mai alla luce.
    Tu a questa hai dato la tua luce, ricordando anche grandi artisti come Klimt che hanno dipinto la loro e la nostra storia, attraverso la loro creatività … e che dobbiamo saper giustamente tramandare e rendere magica, come le tue parole hanno saputo fare.

  21. Lella Mascia Leoni

    Grazie Patrizia. È vero che ho cercato tanto. Ho letto un sacco di link. Ma ho scritto poco perché non volevo appesantire il pezzo. Però lascio il lettore libero di approfondire. Spero sia un buon sistema, del resto quel poco che so l’ho imparato anch’io leggendo.
    Un forte abbraccio

  22. Marisa

    Sai quanto mi piace Klimt, quindi il tuo racconto mi ha catturato sin dall’ inizio. L’Ho letto facendo la coda per votare, quindi mi ha fatto compagnia in un momento noioso. È bello che tu l’abbia scritto per tua nipote e che tra voi ci sia questa corrispondenza! Il fatto della collana lo conoscevo perché Klimt non me lo perdo mai! Carlotta me l’aveva raccontato, anche se in modo più sintetico . Ti rinnovo i miei complimenti per questo bel “vizio “ di scrivere che ti sei presa!
    .

  23. Lella Mascia Leoni

    Ben tornata Marisa, mi fa piacere averti fatto buona compagnia prima del voto. So che l’articolo è risultato interessante anche per mia nipote di 14 anni. Ci contavo e abbiamo avuto modo in seguito di approfondire. Questo bel “vizio di scrivere” ha dato i suoi frutti!
    Grazie per i complimenti e…alla prossima

  24. Valentina

    Zietta è bellissimo!! Ho dovuto leggerlo due volte perché mi perdevo con i nomi e le parentele, ma alla seconda volta ho tenuto il filo di tutto!
    Brava…… e adesso andrò a cercarmi questo famoso quadro di Adele con la collana al collo.
    Un bacione e continua a scrivere!!!

  25. Lella Mascia Leoni

    Ciao Vale, si…è un po’ complicato, proprio una sfida, ma era troppo invitante e molti gli spunti che mi hanno stimolata.
    Il ritratto di Adele Bloch Bauer è all’interno del racconto, nel link di Gustav klint. Grazie per il complimento e per l’incoraggiamento a continuare. I vostri commenti sono di sicuro una grande spinta.
    Un bacione

  26. Giulia

    Ciao nonna! Tra qualche giorno sarà la giornata della memoria e devo dire che sei riuscita a spiegare il vero significato di questa giornata con un racconto avvincente. Mi fa riflettere il fatto che anche l’arte abbia fatto parte della guerra, e purtroppo non ne sia sempre uscita indenne.
    Gli artisti, i proprietari di opere d’arte o anche solo gli appassionati si sono visti portare via la casa, la famiglia, la libertà e hanno pure perso i loro capolavori. Quando si parla di “guerra totale” s’intende la prima guerra mondiale, ma tu mi hai fatto capire che tutte le guerre sono totali, e di totale inutilità, scatenate per un capriccio dei potenti. Spesso si scatenano guerre per ragioni economiche, ma come si può essere più ricchi avendo sulla coscienza milioni di morti? Sono contenta che questa storia abbia trovato un lieto fine, perché spesso le storie di guerra il lieto fine non ce l’hanno; e sono felice questa sia riuscita ad averne uno grazie a persone che lottavano per una giusta causa.

  27. lella

    Carissima Giulia, ben tornata sul blog, hai avuto un vero tempismo nel commentare questo racconto in questi giorni dedicati alla memoria, sono contenta che il messaggio sia arrivato forte e chiaro. I concetti di democrazia e libertà non sono mai scontati e quando prende piede l’ignoranza e il populismo, il campanello d’allarme suona lugubre come le campane che suonano a morte. Con le dittature il disastro è totale, e come hai appurato non si salva niente: nemmeno l’arte. Un forte abbraccio
    nonna Lella

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