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E’ passato un po’ di tempo da quando ho avuto il piacere di leggere  il primo romanzo di Gino Corcione dal titolo “Il Maestro Di Violino”. Aspettavo una sua presentazione ufficiale per poterne parlare, ma il CV ha bloccato tutto, ma non ha bloccato Gino che a distanza di poco tempo  ha pubblicato un secondo romanzo dal titolo: ” La Nonna”. Se Gino corre io fatico a stargli dietro! Per cui, ora parlerò ampliamente del primo giallo: ” Il Maestro di Violino”. Mai un momento in cui poter interrompere la lettura. Si entra subito nell’azione, poi si delinea la figura del protagonista Napoleone Esposito, la Napoli degli anni 70 e dintorni sono il teatro delle sue avventure accompagnate da un corollario di personaggi. Ecco, sì, i personaggi sono molteplici e diversi, a volte grotteschi, altri tremendi. L’autore dosa sapientemente: eccessi e quotidianità, esplora e traduce per noi quella moltitudine napoletana che via via si interseca nel giallo. È uno scorrere continuo di fatti, situazioni che mutano, personaggi che si aggiungono. In tutto questo mondo, Napoleone Esposito, cerca di barcamenarsi, di capire, di scoprire. Così da ragioniere si improvvisa investigatore. Fra le tante difficoltà  Napoleone, detto Popò, dovrà vedersela di continuo con il suo ego, proveniente anche lui da Casal di Principe!  che non lo molla mai, sempre lì a fargli da grillo parlante. Dovrà vedersela col suo primo incontro – scontro con una barca a vela, con problemi economici, e quando apparirà Nadia, gli tremeranno le gambe. Ma questo non sarà nulla in confronto ai morti, e agli scontri che avrà con la camorra. 
È in questi frangenti che viene fuori il meglio di Napoleone: persona onesta e profondamente corretta che pur capendo certe situazioni non viene mai a compromessi. Il suo comportamento sarà vincente e avrà dalla sua altri napoletani: coraggiosi ed onesti, suore che rubano ma capirete il perché e persone che indossano panni che non gli appartengono, e anche di questo capirete il perché.
 Popò si muoverà su due indagini, sempre destreggiandosi nella sua Napoli. Nel 30° capitolo ne farà un inno emozionante dal quale traspare tutto il suo amore per Napoli. Scrive l’autore: Il Parco della Rimenbranza, detto anche Parco Virgiliano. Di giorno era metà di turisti. Un promontorio boschivo che all’improvviso, si affacciava sull’impossibilità. Poeti, scrittori e viaggiatori di tutti i tempi avevano tentato inutilmente di descrivere ciò che provavano quando lo sguardo volgeva a sinistra sul Golfo di Napoli, Mergellina, il Castel dell’Ovo, Castel S. Elmo, Capri e la Penisola sorrentina e di fronte e sulla destra Capo Miseno, Procida ed Ischia…
 È sensibile il nostro Popò, ma nei momenti cruciali tira fuori una bella grinta, e noi facciamo il tifo per lui. 
Al di là della trama, top secret per ovvi motivi, il romanzo giallo: “ Il Maestro Di Violino” è scoppiettante di vivacità,  ironico e di piacevolissima lettura, ho trovato personalmente solo qualche difficoltà nel leggere e tradurre le frasi dialettali in napoletano, ma, se noi lettori abbiamo imparato il siciliano attraverso i romanzi di Camilleri, certamente impareremo il napoletano con i romanzi di Corcione.
Ma non è tutto perché il nostro Gino Corcione è uno scrittore prolifico, come già spiegato, e il suo Napoleone Esposito detto Popò è alla sua seconda avventura con il nuovo romanzo giallo dal titolo “La Nonna”. In questo secondo romanzo Popò vede avverarsi la sua più grande aspirazione: diventare un vero investigatore, ma la sua personalità la farà sempre da padrona.
Se avete già letto: ” Il Maestro Di Violino” sarà un vero piacere veder crescere l’investigatore Napoleone Esposito, se non lo avete ancora letto, Corcione vi accennerà nel secondo romanzo: ” La Nonna” appena pubblicato, le sue origini e le sue aspirazioni. Sulla trama… Sempre top secret.
Una nuova avventura tutta da scoprire. 

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E mi è piaciuto moltissimo! Il film di animazione di Hayao Miyazaki inizia lentamente e dolcemente per proseguire poi con un ritmo incalzante. I protagonisti della favola sono: Ponyo, una pesciolina rossa un po’ magica che rimane incastrata in un vasetto di vetro. Sosuke il bimbo che la libera e le promette di proteggerla. Altro protagonista di questo splendido cartone animato è l’ambiente: quello marino e quello terrestre. Il mondo marino è in continuo movimento: le alghe fluttuano, i pesci ondeggiano, le meduse danzano, le onde si accavallano; le tinte pastello sembrano stemperarsi in acqua fondendosi con l’ambiente. Ma non sono sempre rose e fiori! Quando nella nostra favola Ponyo si ribella al padre Fujimoto “stregone del mare” allora si che il mare si arrabbia: le onde si ingrossano, si uniscono, diventano enormi, scure ed hanno occhi spaventosi. Il furore del mare segue gli umori di Fujimoto che è determinato a riportare Ponyo in fondo al mare; ma lei vuole diventare una bambina e tornare sulla terra da Sosuke. Una terra che Hayao disegna con maestria: le coste, i boschi i prati sono lussureggianti ma anche pieni di immondizia. In questa favola i bambini sono: responsabili, determinati e generosi. La presenza femminile è preponderante: c’ è la mamma di Sosuke, che è un bel peperino. La mamma di Ponyo creatura marina particolarmente affascinante, le donne anziane, ospiti dell’istituto Girasole e le dipendenti, e naturalmente le maestre di scuola. I maschi sono più defilati se non quasi assenti, come il padre di Sosuke. Oppure sono cattivi come lo stregone Fjimoto. Siamo in Giappone e le mamme sono uguali alle nostre: Capaci di arrabbiarsi di brutto. Siamo in Giappone e i papi vanno per mare. I nostri sono intrappolati dal lavoro e dal traffico. Siamo in Giappone e le anziane sono uguali alle nostre. Alcune dolcissime, altre insopportabili. Siamo in Giappone e il mare e la terra sono inquinati come i nostri. Siamo in Giappone, Susuke chiude il rubinetto dell’acqua. Anche i nostri bambini stanno imparando. Ponyo sulla scogliera: Una favola per bambini, un incitamento per i grandi.

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E’ successo. E’ successo un’altra volta: “Abbiamo venduto la barca”. La quinta, quella “Magica”.

Quando Enrico ha lanciato  l‘annuncio su internet, ero convinta che sarebbe passato inosservato, ero convinta che avremmo veleggiato per un mese, ero convinta che un catamarano auto costruito avrebbe dovuto incontrare proprio un amatore. E’ stato così che abbiamo conosciuto Pippo; è arrivato subito per vedere la barca. Il catamarano ancora sporco, ancora a terra e disarmato ma a lui è piaciuto ugualmente, aprendo i gavoni è rimasto meravigliato di sentire il profumo del legno e di vedere ancora residui di segatura.

Ma come, non abbiamo ancora cominciato le ferie e già c’è un compratore: uno che ama il mare e la vela, navigatore oceanico, skipper freelance, e anche istruttore di vela, uno tosto che ha anche capito perfettamente come è stata costruita la barca.

Difficile non volergli subito bene, lui dirà in seguito che lo abbiamo adottato, è vero! Pippo ci è subito piaciuto: la parlantina spedita, ma mai parole a vanvera, ci racconta di lui, delle traversate atlantiche, dei progetti futuri e di quello di cui si occupa adesso. Un giovane quarantenne pieno d’entusiasmo, pensa già di dotare Magica di pannello solare per alimentare un impianto stereo.

E’ a questo punto che ho capito che era giusto che Magica passasse di mano: per rinnovarsi, per rimanere giovane e… Pippo è proprio quello che ci voleva per lei.

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La via Biringhello era di razza contadina, si allungava scavata nei campi, anonima, quieta, all’apparenza deserta. Ma come i contadini anche lei nascondeva un sacco di segreti. La rivedo ancora, un po’ sbilenca, e piena di sassi, se  c’era il sole  la polvere sbiadiva il verde ai suoi lati per riprendere brillantezza poco più in là. Se invece pioveva le buche si allagavano  formando un mare d’acqua che persisteva a lungo, per questo i Rhodensi l’ hanno soprannominata: ” Il Mar di Biringhello”. Ci sono ancora oggi degli anziani che per sottolineare il fatto che non andranno in ferie dicono: “Andremo al mar di Biringhello”.

La strada era una scusa, un mezzo, un punto di partenza dal quale ti potevi aspettare di tutto. Bastava costeggiare la cinta del campo sportivo, poco distante,  per scovare fra l’erba alta i ricci. Bastava che i contadini alzassero le chiuse dei canaletti per irrigare i campi che subito i tuoi piedi si tuffavano in quell’acqua gelida che ti trascinava e dovevi tenerti ben salda. Bastava che qualcuno scovasse l’erba che suona per sbizzarrirti in un concerto improvvisato, oppure tutti a buttarsi in quella macchia color violetto per succhiare l’attacco di quei  fiorellini dolcissimi. C’era l’erba che masticandola sapeva di limone, l’ortica che bruciava, altre che infilate nella schiena facevano il solletico. Raccoglievamo margherite, viole e gigliucci, passavamo ore e ore alla ricerca di un quadrifoglio. Più comuni invece i soffioni del tarassaco, che usavamo per soffiarceli l’un con l’altra. A volte l’erba era tanto alta da potercisi nascondere, oppure eravamo piccoli noi, non so!

In quell’intrico di erba, rametti e arbusti, a lato di strada, scorgevamo nidi e formicai, salvavamo gattini abbandonati, e portavamo a casa piccoli di merlo che nutrivamo con carne trita e pezzettini di frutta.

Oltre alle macchine agricole, in Via Biringhello  ci passava il carretto dei gelati che per annunciarsi  suonava il campanello, e noi, tutti a casa, per farci dare cinquanta lire, poi eravamo tutti attorno al carrettino ad aspettare il nostro turno, allungavamo il collo ogni volta che il gelataio alzava il coperchio per affondare la paletta nella panna o nel cioccolato, richiudeva per non farlo sciogliere  e dopo aver riempito un cono passava a prepararne  un altro, e noi sempre li ha sbavare, a controllare che il nostro cono fosse grande come quello degli altri. Pedalando  era arrivato il gelataio vestito di bianco e pedalando proseguiva verso la frazione di Biringhello.

Sulla via Biringhello c’erano poche villette ma quando altri uomini  passavano le donne spuntavano improvvise a farsi molare i coltelli e le forbici dall’arrotino che era vestito di nero. Anche noi accorrevamo e ci fermavamo incantati a guardare la mola che girava e affilando i coltelli spruzzava acqua.

Arrivava un furgoncino con stoffe, calze, fazzoletti e abiti; e di nuovo tutti in strada a mercanteggiare sul prezzo di una camicia,  a ridere del colore di un vestito, a saltare sul furgone!

La strada era la nostra pista per correre, i suoi bordi ci servivano da trampolino di lancio, le sue buche erano ostacoli da saltare, i sassi macigni da spostare, i rospi mostri da sconfiggere. Le ampie pozzanghere ancora scure per l’umidità ma già segnate dalle crepe ci fornivano del fango fantastico per farci di tutto. Eravamo sempre o  impolverati o  infangati, con le ginocchia sbucciate, gli abiti  sbrindellati e il moccico al naso. Eravamo felici e non lo sapevamo!

Poi… molto poi… hanno asfaltato la via Biringhello e quando piove  resta ancora allagata! Questione di pendenze? di scarichi? non si sa!

Ieri ho raccontato a mia nipotina la storia del Mar di Biringhello e comunque, il primo giorno di pioggia la porterò a conoscere questo specialissimo mare!I