Methana. Giovedì 28-9-2023. Sono gli ultimi giorni qui in Grecia, il tempo non é speciale ma riusciamo con Roberta a fare il bagno qui vicino a Lourdes, specifico con Roberta, altrimenti da sola non lo avrei fatto, ma lei, senza insistere, domanda: “ facciamo il bagno oggi? “, con il suo accento romagnolo, al quale mi sono adeguata anch’io. Mi sorprendo a volte nel dire come lei: “a… però”. Methana non è grande, ci sono due vie parallele oltre al lungo mare e… non so come, ci incontriamo spessissimo, come se ci dessimo un appuntamento. In questo ultimo mese ci siamo fatte compagnia, scambiati libri e ricette, io con lei ho arricchito il mio vocabolario di greco e Lei… non so, forse qualche detto milanese e la ricetta della cazzeula. Sarà dura lasciare lei, il marito e tutti gli altri amici italiani, e greci, francesi, spagnoli. Sarà dura lasciare la Grecia. Oggi sono andata a passeggiare attorno alla piccola penisola, consapevole che fosse l’ultima volta per quest’anno, ma domani ci ritorno perché con la pioggia di questi giorni sono spuntati dappertutto tappetini di ciclamini, niente foglie, solo ciclamini su steli belli dritti o obliqui quando sbucano dalle fessure delle rocce o dei gradini, un vero piacere scoprirli ovunque, ci sono anche molte Drimie marine, che non sono altro che i fiori di cipolle selvatiche, molto coreografiche, spuntano a gruppi con una moltitudine di fiorellini bianchi che sbocciano gradualmente su di una specie di pannocchia che si innalza elegante. Lavori da fare non ce ne sono più, già svuotato e asciugato il serbatoio dell’aqua, ammainate le vele, piegate e messe nel sacco. Ammainate le bandiere: quella europea e quella di rispetto greca. Per Ammainate quella italiana bisogna aspettare che il capitano non sia più a bordo. Preparata la borsa da portare in cabina in nave e, farmacia e creme saranno le ultime cose assieme alla borsa dei viveri “importantissima”. Importantissimo anche consegnare alla Capitaneria di Porto la licenza di navigazione, che ci restituiranno l’anno prossimo dopo aver pagato il Tepai che é la tassa da pagare per poter navigare in acque greche. Siamo in quella fase in cui sei pronto ma devi aspettare, vorresti chiudere, ma non puoi, perché per i pochi giorni che restano ti serve ancora tutto, siamo sospesi, e la testa é già agli appuntamenti di ottobre, al rinnovo della patente, ai controlli medici, ai parenti che ci aspettano, agli amici che verrano a trovarci, alla nipote, che abbiamo una gran voglia di riabbracciare. Primo maggio la partenza, primo ottobre il rientro, cinque mesi intensi che mi ha fatto piacere documentare giornalmente, e che ritroverò sempre, anche se la memoria é sempre più labile.
Mese: Settembre 2023
Competizione Internazionale di kayak
Methana. Sabato 23-9-2023. Non ho notato se avessero un giorno o un orario preciso, li vedevo, li sentivo, e mi fermavo a guardarli: sempre giovani e anche piccoli, impegnati a vogare con le pagaie, seduti nei loro kayak colorati. Il Porto di Methana il loro specchio di mare per gli allenamenti. La prua di Felicità, il punto di osservazione migliore, andata e ritorno, a volte solitari a volte due kayak affiancati, poche chiacchiere e tante remate poderose, eppure, una voce acuta era sempre presente, quella dell’allenatrice: attenta, incalzante e continua. Da terra li seguiva in bicicletta, sulla strata che conduce alla piccola penisola, senza perderli mai d’occhio, non le scappava mai niente, per ognuno dei ragazzi o ragazze un suggerimento, una correzione, un incitamento, una costanza quasi ossessiva che però ha dato buoni frutti: le sue ragazze/i hanno partecipato alle ultime olimpiadi. Cosí mi ha detto Filomena. Gli stessi ragazzi/e li vedo camminando sulla strada, alla fine degli allenamenti che lavano i kayak e si prendono cura di rimettere tutto a posto, l’allenatrice é presente, ma il rimessaggio si svolge con una routine ben collaudata. Uno sport che come gli altri richiedono impegno, fatica, dedizione, volontà e piacere, una miscela vincente. Oggi, qui a Methana si é svolta la Competizione Internazionale di Kayak, la città gremita di gente , bar super affollati, parcheggi pieni e un mondo provvisorio ha invaso lungomare e spiaggia. Alle 11 avranno inizio le 40 gare con più di 100 partecipatanti. Le 10 società hanno furgoni sponsorizzatI e carrelli di traino per i Kayak. Ma quello che fa impressione é il gran numero di giovani vocianti. Fanno esercizi, controllano pagaie, sono a crocchi e confabulano fra di loro, gruppetti in magliette gialle, arancioni, rosse, azzurre e blù, gli adulti gli sono intorno per aiutarli e rassicurarli, l’ombra dei Tamerici ancora li protegge. Manca poco alle 11, dalla spiaggia si muovono i primi 7 kayak, si dirigono al campo di regata e alla loro partenza esplode un boato di incitamenti, tutto il loro entourage li segue, sciamano compatti sul lungomare con le magliette colorate della loro squadra: gridano bravo ( in greco é come in italiano ) il loro allenatore non ha bisogno di megafono, la voce possente arriva e oltrepassa il campo di gara. É Cosí per ognuna delle 40 gare che si succedono. Fa molto caldo, non tira un filo di vento, la confusione é totale come l’eccitazione, le urla e il tifo saturano l’aria che è già piena di energia e il lungomare é pista per i tifosi super colorati. Difficile distinguere le persone, nella folla cerco Filomena, mi aiuterebbe a capire, non la trovo, ci rinuncio. Le geometrie di ombre scure sono occupate, me ne ritaglio un angolo e da lì guardo ragazzi e ragazze super impegnati a vogare in mare, a terra i genitori, gli amici, gli allenatori i tifosi anche loro in perpetuo movimento. Poi la sento, é lei, é vicino all’ ombrellone della giuria, non l’ho mai vista, se non da lontano, ma la sua voce é inconfondibile: l’allenatrice della squadra di kayak di Methana incita le sue ragazze/i, e corre con loro, questa volta senza bicicletta. Sembra poco più grande di loro, capello corto, portamento veloce, voce chiara. Oggi la vedo da vicino, mi piace, é una tipina molto decisa. Faccio il tifo per la sua squadra. Però per conoscere i risultati della competizione Internazionale di Kayak, bisognerà attendere.
Ecco i risultati molto parziali che riguardano solo la squadra Nireas di Methana. Otto primi posti di cui due vinti da Pantelí Evanghelia, uno da Pantelí Maria, uno da Menie Apollonas, uno da Dritsa Gheorghia, uno da Attanasiou Marousa, uno da Papanikolaou Cristina. E altri molti secondi e terzi posti. Sarà contenta la loro allenatrice Caterina Lambru.
Grazie a Filomena per avermi aiutata con la classifica
Le bandiere italiane
Methana. Lunedi18-9-2023. Fra una nuvola e molto sole, oggi continuano i lavori in barca, ieri che era domenica, invece, abbiamo fatto i turisti e in macchina abbiamo raggiunto la localitá Metamorfosi, attrezzati con borsa da mare e seggioline, ci siamo piazzati sotto ad un bell’albero frondoso con delle bacche rosse. La spiaggia abbraccia tutto un ampio golfo ed é profonda, a tratti attrezzata con ombrelloni e sdraiette, c’é poi uno scivolo a mare per permettere alle persone disabili di fare il bagno, lì vicino anche uno spogliatoio e un wc per loro. La giornata non é delle migliori, il mare é mosso e la riva é piena di detriti, plastica e schifezze varie, in piú, sotto questo bellissimo albero una moltitudine di moscerini ci stà mangiando vivi. Decidiamo per una passeggiata alla ricerca degli ulivi tagliati, quelli che secondo Aurora sembrano delle sculture. Li vediamo vicini ad un canneto, sono sei, perfettamente in fila che fiancheggiano la strata, anche tagliati sembrano ancora vivi, proprio come certe sculture e proprio come diceva Aurora. Un tronco sembra che cammini senza testa, un altro che si allunghi ampio sul terreno con vari tentacoli, uno massiccio sembra una capanna mimetizzata e altri due, secchi secchi gli fanno da sentinelle, l’ultimo é sradicato e posato sul fianco e a me é parso che volesse riposarsi, alle loro spalle una collina coltivata ad olivi: i loro discendenti. Rientriamo e il bagno lo faremo a Lourdes dove in pochissimo spazio c’é comunque una cabina per cambiarsi e due ombrelloni. Lunedi, Enrico vernicia la sentina della cabina, io prima la vuoto e la pulisco, la vernice é ad acqua, asciuga velocemente, non puzza e non inquina, anche il mio detersivo per i piatti non inquina, c’é sul flacone la fotografia di una tartaruga che nuota tranquilla ( non conoscendo il greco) spero sia una garanzia. Oggi abbiamo anche ammainato la bandiera italiana per sostituirla, c’è un pó dispiaciuto, é qualche anno che viaggia con noi, ma ormai la parte rossa era inesistente, il colpo di grazia é stato il Meltemi furioso di questi mesi, ne abbiamo issata una nuova della marina mercantile, quella che nello spazio bianca ha gli stemmi delle repubbliche marinare italiana: Venezia, Geneva, Amalfi e Pisa. Guardandola mi sembrava più bella e quando Nicola é passato davanti alla nostra barca mi ha fatto capire il perché: la nuova bandiera ha sopra gli stemmi delle repubbliche marinate anche una corona, quella della Marina Miliare: corona navale, turrita e rostrata. Indubbiamente una bella bandiera, ma sará meglio non navigate in acqua italiane perché non siamo in regola.
La catena
Methana. Sabato 16-9-2023. Trentadue gradi in cabina, siamo di nuovo in piena estate, il Meltemi fresco é un ricordo lontano, I cumuli di detriti sulle strade e sui marciapiedi che fino ad ieri ci ricordavano l’ alluvione, oggi finalmente sono stati rimossi. Resta una strada interrotta, ma per ripristinarla ci vorrà molto tempo. Di tempo a noi non ne resta molto e gli ultimi lavori da fare in barca sembrano i più pesanti, per l’esattezza quello di questi ultimi due giorni era di 110 kg, spostati metro per metro da prua a poppa e da poppa sul molo. La catena dell’ancora, lunga 75 mt é quella dell’8 mm e un solo metro pesa circa kg 1,50. Non si può semplicemente tirarla a terra perché rovinerebbe la barca per cui, io ed Enrico, metro per metro, in tre tappe l’abbiamo portata a terra per poterla colorare. Dopo 10 mt dall’ancora di blú per mezzo metro, poi bianco a 20 mt, poi azzurro a 30 mt, e via di seguito fino ai 60 mt. Tutto questo lavoro per sapere quanta ancora é stata calata negli ormeggi. Enrico ha fatto proprio un buon lavoro, ha steso la catena in modo che il mezzo metro da colorare cadesse di volta in volta sullo stesso cartone: prima il blù, poi sotto il bianco, la terza riga ancora mezzo metro di azzurro, poi giallo, poi verde e a 60 mt rosso. Una volta seccato il colore e tolta la catena il risultato è stato un cartone che sembrava un quarto astratto, tanto bello che lo abbiamo fotografato. Per riportare la catena a prua ci siamo avvalsi di amici con i quali abbiamo formato una catena di persone che metro per metro se la sono passata fino all’imboccatura del suo gavone. Qualcuno potrebbe obbiettare che esistono i contacatena e penso che per la prossima volta, quando i colori non si distingueranno piú, lo compreremo anche perché Enrico era molto stanco e il dorso delle mie mani, quella sera erano blú. Per terminare i lavori ci manca solo togliere le vele. Altre novità non c’è ne sono, lavori permettendo ci stiamo godendo questo ultimo scampolo di estate.
Il punto di vista
Methana. Domenica 10-9-2023. Il frangere delle onde in riva al mare é sempre presente qui in barca, perché la spiaggia é davanti al porto, al di là della strada che porta alla piccola penisola, é un sottofondo che in questi giorni fa parte del quotidiano, come le oche selvatiche che nelle prime ore del pomeriggio passeggiano in fila indiana, dalla penisola ai giardinetti, sono sei, con portamento elegante e si muovono in piena libertà senza essere disturbate da nessuno, anzi… a volte sono loro che ci attaccano, per cui a terra ne stiamo alla larga, altro discorso se sono in acqua, basta chiamarle “ela ela ela” vieni vieni vieni, che arrivano velocissime per mangiare il pane che buttiamo dalla barca e, se non siamo veloci a darglielo fanno un baccano terribile. Ogni tanto invece, perlustrano spontaneamente il porto, di barca in barca, non si sa mai. Anche il vento sta diventando una costante fissa, non è forte come nelle Cicladi ma é insistente, logorante come il rumore di un trapano. Molti non se ne curano affatto e fanno lo stesso il bagno, quello termale, quello che per raggiungere l’accesso al mare devono passare obbligatoriamente sulla strada che divide, il porto dalla piscina termale con relativa struttura (fuori uso). Il loro peregrinaggio é costante: col sole o senza, se piove si tirano in testa l’asciugamano, se il sole è forte ho visto spuntare un ombrello. Uomini, donne e anche giovani, tutti speranzosi di tornare nuovi. Chi cammina col tripode accompagnato dal nipote, chi arriva solo, adagio adagio. C’è una coppia di anziani, mano nella mano dove lui sembra sorreggere lei, ma in realtà anche lui è traballante, le sistema la spallina del costume, l’avvisa del pericolo dei cumuli sul marciapiede, si fermano ad osservare quanto sia cresciuto il basilico, e tutti i giorni salutano, passano al mattino e anche al pomeriggio, sono molto teneri e molto innamorati. Vedo anche altri che in gruppo schiamazzano e sembra non abbiano bisogno di nulla, passano gli stranieri in villeggiatura, i locali, quelli di passaggio che vogliono provare. Che poi non é facile raggiungere il mare dove sfociano le acque sulfurea, prima bisogna salire, poi scendere su una strada sconnessa di terra battuta, poi… per entrare in acqua hanno messo due corrimani in acciaio, ma i gradini vecchi, in cemento grezzo che ti permettono di arrivare in mare sono: sconnessi, scivolosi, di diverse altezze e pieni sempre di animaletti che sciamano via ad ogni passaggio. Insomma, se uno riesce ad arrivare in mare… é già un miracolo. Ma nonostante ciò c’é un flusso continuo di gente dalla mattina alla sera. Li ha fermati solo l’ allagamento dei giorni passati, quando la piscina, la strada è il porto formavano un’unico specchio d’acqua, é stato lo stesso giorno in cui noi siamo rimasti bloccati in barca. Lo specchio di mare inondato da acque sulfurea bianche dà il suo meglio visto dall’alto della strada, su di una curva, c’è sullo slargo un gazebo che sembra fatto apposta per ammirare questo angolo benedetto ed è sempre qui che l’odore dello zolfo comincia a farsi sentire. Si vede il mare azzurro con lunghe striature di bianco latte nella zona a largo, adiacente alla scaletta, invece tutto bianco con disseminati roccioni tondeggianti che sporgono raggruppati, più a destra una piccola isola verdeggiante (dimora delle oche) che fronteggia sull’altro lato il faro d’ingresso al porto e la piccola penisola impreziosita dalla chiesa bizantina. Questo è solo il punto di vista dalla strada. Se sei lì in acqua e guardi sú vedi alberi diversi: cipressi, pini marittimi tamerici, eucalipti, che si contendono il bordo strada in un continuo alternarsi di forme e tonalità di verdi diversi. Mentre sulla scarpata si alternano rocce a fichi d’india carichi di frutti già violacei. Insomma chi va a Lourdes spera in un miracolo, ma a ben gurdare, da ogni punto di vista, il miracolo é già li.
La Playa
Methana . Sabato 9-9-2023. La percentuale di umidità indicata dalla lancetta sull’igrometro é 80, molto meglio dell’altro ieri che diluviava e mancavano due tacche a toccare il 100. Oggi per fortuna c’è il sole e anche la temperatura è tornata ai 30 gradi, nonostante il forte vento. Le grosse pozzanghere permangono ancora in giro ma visto il caldo e il vento, prevedo spariranno presto. Per i cumuli di sporcizia varia che sono già stati ammucchiati in ogni dove, prevedo invece che ci vorrà più tempo. Riprendiamo i lavori in barca, Enrico col motore di Felicità io con i mobiletti interni, non vi tedio con i particolari. Alle 12 penso di riuscire a fare un bagno, qui vicino al porto, nella zona chiamata da molti Lourdes, ma il mare è ancora troppo sporco di residui, così passiamo direttamente alla fase successiva, la doccia prima di pranzo. Camminando sul lungo mare si raggiunge una baia con una bella spiaggia chiamata Playa. Ci avevo già provato ieri ad andarci, ma arrivata all’altezza del molo, in fondo al paese, aveva cominciato a piovere, piano, una goccia, poi due, cosa faccio? Torno indietro? Pensando agli scroscioni dei giorni precedenti decido di rientrare e… quasi all’altezza della piccola penisola esce il sole, ok, vada per la passeggiata intorno alla penisola. Oggi ci ho riprovato, 5 km andata e ritorno, sempre spostandomi in cerca di ombra, sul lungo mare del paese: palme e tettoie di ristoranti, fuori paese Tamerici e tantissimi Eucalipti, il mare sempre alla mia destra. La schiuma bianca delle onde si rovescia a riva, trascinando nella sua ritirata, sassi che rotolano di nuovo in mare rumorosamente. A largo, altre onde montate dal vento si rincorrono, colorando di pennellate bianche un mare blù tutto increspato. La spiaggia finisce ed enormi scogli neri di origine vulcanica ne prendono il posto, davanti a me l’asfalto é bagnato, alcune onde dopo lo schianto contro gli scogli rimbalzano in alto e ricadono sulla strada schiaffeggiando l’asfalto. Aspetto il mio turno per poter passare, ma comunque gli occhiali risentono dell’acqua salata che si nebulizza nell’aria. Per raggiungere la Playa da terra è stata realizzata la strada tagliando una roccia. Passarci, e guardare a destra e a sinistra, fa una bella impressione: due muri di roccia rossa, alti 10 metri circa a picco sulla strada, io, lì, non tengo mai la mia destra, cammino sempre al centro, ho una gran paura che crollino dei massi. In effetti, in questo punto, l’asfalto oggi è rosso e sono evidenti i segni lasciati della ruspa, che ha da poco spostato sui lati i detriti caduti. Affretto il passo e già si vedono delle auto parcheggiate, c’è gente alla Playa. Prima di vederli li sento, parlano, ridono e i colpi secchi della palla da tennis sulle racchette di legno è abbastanza continuo, sono bravi i giocatori, non li vedo ancora, una lunga fila di Tamerici fá da schermo, dovrò scendere in spiaggia per vederli palleggiare. Seduta sui gradini mi riposo e con lo sguardo passo in rassegna questa bella baia a strapiombo sul mare, con scogli a pennacchio a chiuderne una estremità. Il ritorno sembra piú lungo e anche i tratti soleggiati sono piú fastidiosi nonostante il vento. E poi eccola la panchina all’ombra, è vuota, è mia, mi ci siedo piano, con attenzione per fare aderire bene la schiena, è una vecchia panchina con le assi di legno e il telaio in ferro, è minuta e sembra fatta apposta per me che sono piccola. Sento l’impeto del mare, ma i soliti Tamerici me ne impediscono la vista. Chiudo gli occhi e mi riposo. Il sole alle mie spalle si sta abbassando, un invito al riposo, cosi’ mi sdraio e da questa posizione, l’azzurro del cielo lo vedo a piccoli scampoli irregolari, un enorme Eucalipto apre sopra di me i suoi moteplici rami carichi di foglie lanciformi rivolte tutte in giú come sempre. La Playa è una bella spiaggia, a me, pero, è piaciuta di piú la passeggiata per raggiungerla.
Piove ancora
La Grecia aveva appena finito di spegnere i suoi molteplici incendi, che già in Tessaglia, la parte centrale della Grecia, si è abbattuto il ciclone Damel. Inondazioni a Volos e Zagara, un morto, un disperso, l’inondazione ha colpito anche un ospedale e una casa di riposo é stata evacuata. Qui nel Peloponneso, dove siamo ora sulla penisola di Mehana, é da ieri che piove, in mattinata ha cominciato piano ma già verso le 12 la pioggia é diventata violenta. Eravamo andati a piedi a salutare gli amici Margherita e Claudio, che prendevano il traghetto per Atene per poi rientrare a Roma in aereo. Improvvisamente la poca pioggia é diventata battente e in un attimo si é allagato tutto, un fuggi fuggi generale ha svuotato il lungomare gremito di turisti, anche le zone coperte erano allagate tanto che Claudio ha dovuto sollevare da terra la valigia e ricoverarla all’interno del bar. Si camminava sotto alla tettoia in 4 centimetri d’acqua che non riuscivano ad essere assorbiti dalle griglie di scolo. Il rumore sempre più forte: del vento, della pioggia delle tende, del vociare delle persone perché non ci si riusciva più a sentire. Le vie adiacenti il bar si sono ingrossate come fiumi, dai tubi delle grondaie getti enormi di acqua, dal cielo un diluvio torrenziale. Davanti a noi un mare come sotto una tenda bianca e barche a vela in cerca di ormeggio si muovevano convulse, il rumore sempre in crescendo fino a quando, piano piano, l’intensità e la violenza della pioggia sono andate calando, e con ancora fiumi di acqua in giro, Margherita e Claudio, con moltissime altre persone si sono avviate verso il pontile dove a minuti sarebbe arrivato il traghetto. Si sono fatte le 14, dobbiamo ancora mangiare. Tornando in porto esce il sole, ma molte strade sono ancora allagate, un enorme albero Benjamin a lasciato sotto di lui un tappeto verde di foglie, i tombini ribollono di rametti secchie e mulinelli di sporcizia circolano ovunque. Poi per il resto del pomeriggio non ha più piovuto tanto che abbiamo fatto una lunga camminata. Ma già verso sera ha ricominciato a piovere a scrosci, e fra uno scroscio e l’ altro, abbiamo cenato fuori e ci siamo ritrovati poi con amici al Paleocatastasi, vecchio locale di Methana. Le previsioni per oggi erano pessime e sono state mantenute in pieno. Già da questa notte: vento forte e pioggia battente, alle sette quando ci siamo alzati, la piscina di acqua termale era color marrone anziché del solito color latte, e tramite un collegamento sotteranio diretto col porto, anche Felicità galleggiava in un porto color marrone. Sono poi arrivati i vigili del fuoco a sgombrare dal fango la strada che divide il porto dalle terme. Ha piovuto ininterrottamente e violentemente da questa notte fino alle dieci del mattino. Domani è previsto sole e speriamo che la Grecia si possa riprendere, dai disastri di questa estate tremenda.
Il dono vincente
Narra la leggenda che Athena, Dea della sapienza e di tutte le arti, offrì in dono ai greci l’albero dell’olivo, e per questo la elessero protettrice della loro città. Poseidone, Dio del mare non la prese molto bene, quando si vide rifiutare I suoi doni: una sorgente di acqua salata o forse… un cavallo. Quando ho letto il mito di Athena e Poseidone, non ho potuto fare a meno di essere pienamente d’accordo con la scelta dei greci. Questo il mito, in realtà l’olivo ha origine in Asia minore 6.000 a.C. Ed é ai Fenici e ai Babilonesi che va il merito di diffondere questa coltivazione sulle coste del Mediterraneo, che in seguito ha raggiunto il massimo prestigio con Greci e Romani che lo chiamarono nettare degli Dei i primi e oro verde i secondi. Gli antichi greci capirono tanto bene l’ importanza di questa pianta: bella, forte e generosa che promulgarono delle leggi per proteggerle: Se tagliate, abbattute o estirpate, sia di proprietà che pubbliche, le pene erano severissime, si poteva anche essere condannati a morte. La storia dell’ uomo e dell’ olivo si intreccia fra mito e realtà, con alti e bassi, a volte nel massimo dello splendore altre a rischio di estinzione. Con la caduta dell’impero romano, per esempio e l’avvento dei barbari, anche gli uliveti se la passarono male, fu solo grazie ad alcuni religiosi che queste piante continuarono ad essere coltivate e sono ora una risorsa indispensabile per l’uomo. Qui in Grecia l’albero di olivo è onnipresente: in ampie coltivazioni, in colline scoscese trattenute da muretti a secco in pietra, fra alberi di arance e limoni, nei giardini, lungo le strade, nelle aiuole pubbliche, ovunque. A volte la loro coltivazione é protetta con file di cipressi compatti fra loro, che si ergono alti come muri per attutire l’impatto del forte vento. Poi ci sono le sapienti potature, le irrigazioni. Ma è proprio il guardarli che affascina, e non solo le coltivazioni che riempiono la vista di un tondeggiare di chiome verdi, non solo i loro tronchi così particolari. É proprio che molti di loro hanno una spiccata personalità, difficile dimenticarli. Ne ricordo due, enormi, abbastanza vicini fra loro, tanto da formare un’ unica chioma, sotto la loro ombra stazionava un gruppo di pecore, eravamo sull’isola di Cefalonia, e da Sami eravamo saliti su in alto fino a raggiungere i resti della sua seconda acropoli di origine Micene, nel circondario massi ciclopici molto impressionanti, ma… le due grandi piante di olivo… le rivedo sempre nei miei ricordi, come fossero una parte di un giardino fatato, le rivedo da un punto più alto, in una ampia piana, circondate dal belare delle pecore, affacciate sullo Ionio con vista su Itaca e l’aria tersa stemperava l’odore di erba secca. I resti dell’ acropoli sono passati in secod’ordine. Le due piante di olivo sono andate ad arricchire i mie paesaggi preferiti. Ho letto che ci sono olivi secolari anche ad Ermione, e sull’ isola di Creta, nel villaggio Voves c’è il più antico, la cui età si aggira fra i 2.000 e i 4.000 anni. Io non me ne intendo molto di piante di olivo, ma se durano così a lungo ci sarà un motivo, sono davvero delle piante di tutto rispetto. “A Metamorfosi, ci devi dandare Lella” mi ha detto la mia amica Aurora “Li devi proprio vedere quei quattro tronchi di alberi di olivo, purtroppo tagliati, ma che con la loro eleganza e armonia, sembrano delle sculture. Appena la smette di piovere ci andremo
Chrónia Pollá
Methana. Sabato 2-9-2023. Alle 11,30 siamo finalmente pronti per andare in spiaggia.Prima però dobbiamo fare una telefonata importante. Oggi è il diciannovesimo compleanno di nostra nipote. “Eccomi” risponde lei allegra, e noi intoniamo la canzoncina degli auguri, poi scambi di notizie e baci. É sempre un piacere parlare con lei, ti mette la carica solo a sentirla. E non so perché ma ad ogni suo compleanno ho vivida davanti agli occhi la prima immagine di lei, attraverso l’incubatrice: piccola piccola, con una testa fitta fitta di capelli nerissimi. Qui in Grecia, per i compleanni, parenti e amici recitano una filastrocca per il festeggiato/a sia piccolo/a che per gli adulti. Lo abbiamo scoperto tempo fa grazie a Filomena. Il significato ci è parso tanto bello che dopo la telefonata con gli auguri classici cantati, ne abbiamo inviato un altro scritto a nostra nipote, in greco, con di seguito la traduzione che recita così: Auguri di buon compleanno, e cresci fino ad avere i capelli bianchi, spargi ovunque la luce della conoscenza e lascia che tutti dicano che sei una vera saggia. (Non me ne vogliano i Greci se la traduzione non è perfetta). L’anno scorso, con molto impegno, per festeggiare un compleanno, Andrea ci aveva inviato sul telefonino come si pronunciasse questo augurio. E… quando al bar dove eravamo riuniti, é arrivata la torta con il numero 75, ci siamo alzati tutti e col telefonino in mano alcuni, e atri a memoria abbiamo festeggiato Enrico con questo augurio. Non se lo aspettava e si è anche commosso. Nelle Cicladi invece, proprio quest’anno é successa una cosa simile in un ristorante, e non so come o perché, la filastrocca é stata recitata non solo al tavolo del festeggiato, ma ha coinvolto tutti i presenti compresi noi che ormai la conosciamo a memoria, quasi! Capelli neri, capelli bianchi, nel mezzo tutta una vita. “Chróna Pollá” Buon compleanno.
Il lieto fine
Methana. Venerdì 1-9-2023. Tutti I giorni un lavoretto in barca, non di più, ci siamo adeguati alle abitudini greche: “Sigà sigà” piano piano. Anche perché le temperature sono state notevoli fino a pochi giorni fa. La bici pieghevole é stata revisionata, ingrassata e già messa via nella sua custodia. Alcuni dei gavoni interni svuotati e puliti. Pompa di sentina finalmente funzionante, motore del tender fatto girare in acqua dolce, svuotato dal carburante e sostituito l’olio del piede. I nostri piatti hanno avuto bisogno di un bel lavaggio con candeggina e anche le tazze del tè erano macchiate. Il canotto anche lui già stivato. I lavori da fare sono ancora molti ma abbiamo 30 giorni a nostra disposizione, altri nostri amici invece sono quasi di partenza. E avendo noi l’autovettura ne approfittiamo per portarli a visitare altri piccoli luoghi di questa penisola. Anche qui, naturalmente c’è un posto che si chiama Vathy, ci siamo stati oggi con Luciano e Iole. La giornata non è stata particolarmente soleggiata, e forse è stata la nostra fortuna perché, una volta arrivati, abbiamo potuto camminare fino a raggiungere una chiesetta del trecento, mezza sotterrata e visitabile scendendo quattro alti gradini. La porta blù non é chiusa a chiave, entriamo, le pareti bianche espongono icone di varie fogge: in legno, in argento e dorate, grandi e piccole, molte immagini di S. Giorgio che uccide il drago, molte Madonne col Bambinello. Il luogo é minuto e fresco, la poca luce filtra da due piccolissime finestrelle e un drappo rosso separa un piccolo angolo dal resto della chiesetta ortodossa, molto suggestiva. Quando usciamo il cielo è ancora coperto, ma il rosso di alcuni fichi d’india spicca nel verde delle grandi piante che lungo la strada crescono rigogliose. Sulle piante di fichi, pochi sono i frutti che si possono raccogliere, tutti gli altri sono bruciati e secchi per il gran caldo. I Melograni invece, non sono ancora maturi. Camminando scorgiamo una piccola torre e degli antichi muretti di origine Micene. Una passeggiata interessante. Arriviamo alla spiaggia e visto il tempo nuvolo ci sproniamo a vicenda per fare un bagno che sarà comunque ristoratore oltre che piacevole, c’è in spiaggia la doccia, e una cabina per cambiarci. In macchina raggiungiamo il porto di Vathy, le barche lo occupano tutto ma l’ampio specchio d’acqua é un bel semicerchio affacciato sul mare. Giriamo un po’ e poi… finiamo con le gambe sotto uno dei tantissimi tavolini dei ristoranti. Insomma, la solita storia con il lieto fine.