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Giovedì 28 Settembre 2023.

Sono gli ultimi giorni qui in Grecia, il tempo non è speciale ma riusciamo con Roberta a fare il bagno qui vicino a Lourdes, specifico con Roberta, altrimenti da sola non lo avrei fatto, ma lei, senza insistere domanda: “facciamo il bagno oggi?” con il suo accento romagnolo, al quale mi sono adeguata anch’io e mi sorprendo a volte nel dire come lei: “Ahhh… però”. Methana non è grande, ci sono due vie parallele oltre al lungo mare e… non so come, ci incontriamo spessissimo, come se ci dessimo appuntamento. In questo ultimo mese ci siamo fatte compagnia, scambiati libri e ricette, io con lei ho arricchito il mio vocabolario di greco e Lei… non so, forse qualche detto milanese e la ricetta della cassoeula. Sarà dura lasciare lei, il marito e tutti gli altri amici italiani, e greci,  francesi, spagnoli. Sarà dura lasciare la Grecia. Oggi sono andata a passeggiare attorno alla piccola penisola, consapevole che fosse l’ultima volta per quest’anno, ma domani ci ritorno perché con la pioggia di questi giorni sono spuntati dappertutto tappetini di ciclamini, niente foglie, solo ciclamini su steli lunghi, belli dritti o obliqui quando sbucano dalle fessure delle rocce o dai gradini di pietra, un vero piacere scoprirli ovunque, ci sono anche molte Drimie marine, che non sono altro che i fiori di cipolle selvatiche, molto coreografiche, spuntano a gruppi con una moltitudine di fiorellini bianchi che sbocciano gradualmente su di una specie di pannocchia che si innalza elegante.

Lavori da fare non ce ne sono più, già svuotato e asciugato il serbatoio dell’acqua, ammainate le vele, piegate e messe nel sacco. Ammainate le bandiere: quella europea e quella di rispetto greca. Per ammainare quella italiana bisogna aspettare che il capitano non sia più a bordo, come vuole la regola. Preparata la borsa da portare in cabina in nave e, farmacia e creme saranno le ultime cose assieme alla borsa dei viveri “importantissima”. Importantissimo anche consegnare alla Capitaneria di Porto la licenza di navigazione, che ci restituiranno l’anno prossimo dopo aver pagato il Tepai che è la tassa da pagare per poter navigare in acque greche. Siamo in quella fase in cui sei pronto ma devi aspettare, vorresti chiudere, ma non puoi, perché per i pochi giorni che restano ti serve ancora tutto, siamo sospesi, e la testa è già agli appuntamenti di ottobre in Italia, al rinnovo della patente di Enrico, ai controlli medici per me, ai parenti che ci aspettano, agli amici che verranno a trovarci, alla nipote, che abbiamo una gran voglia di riabbracciare. Primo maggio la partenza, primo ottobre il rientro, cinque mesi intensi che mi ha fatto piacere documentare giornalmente, e che ritroverò sempre, anche quando la memoria sarà sempre più labile.

Kalimera.

 

Lunedi 18 Settembre 2023.

Fra una nuvola e molto sole, oggi continuano i lavori in barca, ieri che era domenica, invece, abbiamo fatto i turisti e in macchina abbiamo raggiunto la localitá Metamorfosi, attrezzati con borsa da mare e seggioline, ci siamo piazzati sotto ad un bell’albero frondoso con delle bacche rosse. La spiaggia abbraccia tutto un ampio golfo ed é profonda, a tratti attrezzata con ombrelloni e sdraio, uno scivolo a mare per permettere alle persone disabili di fare il bagno, lì vicino anche uno spogliatoio e un wc per loro. La giornata non è delle migliori, il mare è mosso e la spiaggia soprattutto a riva è piena di detriti, plastica e schifezze varie, in più, sotto questo bellissimo albero una moltitudine di pappataci ci sta mangiando vivi. Decidiamo per una passeggiata alla ricerca degli ulivi tagliati, quelli che secondo Aurora sembrano delle sculture. Li vediamo vicini ad un canneto, sono sei, perfettamente in fila a bordo strada, anche tagliati sembrano ancora vivi, proprio come certe sculture e proprio come descriveva Aurora. Un tronco sembra che cammini senza testa, un altro che si allunghi ampio sul terreno con vari tentacoli, uno massiccio sembra una capanna mimetizzata e altri due, secchi secchi gli fanno da sentinelle sui lati, l’ultimo è sradicato e posato sul fianco e a me è parso che volesse riposarsi, alle loro spalle una collina coltivata ad olivi: i loro discendenti. Rientriamo e il bagno lo faremo a Lourdes dove in pochissimo spazio c’è comunque una cabina per cambiarsi e due ombrelloni. Lunedì, Enrico vernicia la sentina della cabina, io prima la vuoto e la pulisco, la vernice è ad acqua, asciuga velocemente, non puzza e non inquina, anche il mio detersivo per i piatti non inquina, c’è sul flacone la fotografia di una tartaruga che nuota tranquilla ( non conoscendo il greco) spero sia una garanzia. Oggi abbiamo anche ammainato la bandiera italiana per sostituirla, c’è un po’ dispiaciuto, é qualche anno che naviga con noi, ma ormai la parte rossa era inesistente, il colpo di grazia è stato il meltemi furioso di questi ultimi mesi, ne abbiamo issata una nuova della marina mercantile, quella che nello spazio bianco espone gli stemmi delle repubbliche marinare italiana: Venezia, Genova, Amalfi e Pisa. Guardandola mi sembrava diversa della solita, più bella, forse solo perché nuova, e quando Nicola è passato davanti a Felicità mi ha fatto capire il perché: la nuova bandiera ha sopra gli stemmi delle repubbliche marinate anche una corona, quella della Marina Miliare: corona navale, turrita e rostrata. Indubbiamente più bella di quella mercantile ma sarà meglio non navigate in acqua italiane perché con questa bandiera non saremmo in regola.

Kalimera.

 

Sabato 16 Settembre 2023.

Trentadue gradi in cabina, siamo di nuovo in piena estate, il meltemi fresco è un ricordo lontano, i cumuli di detriti sulle strade e sui marciapiedi che fino ad ieri ci ricordavano l’alluvione, oggi finalmente sono stati rimossi. Resta una strada interrotta, ma per ripristinarla ci vorrà molto tempo. Di tempo a noi non ne resta molto e gli ultimi lavori da fare in barca sembrano i più pesanti, per l’esattezza quello di questi ultimi due giorni era di 110 kg, spostati metro per metro da prua a poppa e da poppa sul molo. La catena dell’ àncora, lunga 75 mt è quella del’ 8 mm e un solo metro pesa circa kg 1,50. Non si può semplicemente trascinarla a terra perché rovinerebbe la barca per cui, io ed Enrico, metro per metro, in quattro tappe l’abbiamo portata a terra per poterla colorare. Dopo 10 mt dall’àncora di blu per mezzo metro, poi bianco a 20 mt, poi azzurro a 30 mt, e via di seguito fino ai 60 mt. Tutto questo lavoro per sapere quanta àncora è stata calata negli ormeggi. Enrico ha fatto proprio un buon lavoro, ha steso la catena in modo che il mezzo metro da colorare cadesse di volta in volta sullo stesso cartone: prima il blu, poi sotto il bianco, la terza riga ancora mezzo metro di azzurro, poi giallo, poi verde e a 60 mt rosso. Una volta seccato il colore e tolta la catena il risultato è stato un cartone che sembrava un quarto astratto, tanto bello che lo abbiamo fotografato. Per riportare la catena a prua ci siamo avvalsi di amici con i quali abbiamo formato una catena di persone che metro per metro se la sono passata fino all’imboccatura del suo gavone. Qualcuno potrebbe obbiettare che esistono i contacatena e penso che per la prossima volta, quando i colori non si distingueranno più, lo compreremo anche perché Enrico era molto stanco e il dorso delle mie mani, quella sera erano blu. Per terminare i lavori ci manca solo togliere le vele. Altre novità non ce ne sono, lavori permettendo ci stiamo godendo questo ultimo scampolo di estate.

Kalimera.

 

Domenica 10 Settembre 2023 sempre Methana.

Il rumore ritmato del frangere delle onde in riva al mare è sempre presente in barca, perché la spiaggia, è davanti al porto, al di là della strada che porta alla piccola penisola, è un sottofondo consueto, come le oche selvatiche che nelle prime ore del pomeriggio passeggiano in fila indiana, dalla penisola ai giardinetti, sono sei, con portamento elegante anche se dondolano un po’, si muovono in piena libertà senza essere disturbate da nessuno, anzi… a volte sono loro che ci attaccano, per cui a terra ne stiamo alla larga, altro discorso se sono in acqua, basta chiamarle “ela ela ela” vieni vieni vieni, che arrivano velocissime per mangiare il pane che buttiamo dalla barca e, se non siamo veloci a lanciarlo fanno un baccano terribile. Ogni tanto invece, perlustrano spontaneamente il porto, di barca in barca, non si sa mai. Anche il vento sta diventando una costante fissa, non è forte come nelle Cicladi ma è insistente, logorante come il rumore di un trapano. Molti non se ne curano affatto e fanno lo stesso il bagno, quello termale, quello che per raggiungere l’accesso al mare devono passare obbligatoriamente sulla strada che divide, il porto dalla piscina con relativa struttura (fuori uso). Il loro peregrinare è costante: col sole o senza, se piove si tirano in testa l’asciugamano, se il sole è forte ho visto spuntare un ombrello. Uomini, donne, ragazzi, tutti speranzosi. Chi cammina col tripode accompagnato dal nipote, chi arriva solo, adagio adagio. C’è una coppia di anziani, mano nella mano dove lui sembra sorreggere lei, ma in realtà anche lui è traballante, le sistema la spallina del costume, l’avvisa del pericolo dei cumuli sul marciapiede, si fermano ad osservare quanto sia cresciuto il basilico, e tutti i giorni salutano, passano al mattino e anche al pomeriggio, sono molto teneri e molto innamorati. Vedo anche altri che in gruppo schiamazzano e sembra non abbiano bisogno di nulla, passano gli stranieri in villeggiatura, i locali, quelli di passaggio che vogliono provare. Che poi non è facile raggiungere il mare dove sfociano le acque sulfurea, prima bisogna salire, poi scendere su una strada sconnessa di terra battuta, poi, per entrare in acqua hanno messo due corrimani in acciaio, ma i gradini vecchi, in cemento grezzo che ti permettono di accedere in mare sono: sconnessi, scivolosi, di diverse altezze e pieni sempre di animaletti che sciamano via ad ogni passaggio. Insomma, se uno riesce ad arrivare in mare… è già un miracolo. Ma nonostante ciò c’ è un flusso continuo di gente dalla mattina alla sera. Li ha fermati solo l’ allagamento dei giorni scorsi, quando la piscina, la strada è il porto formavano un’ unico specchio d’acqua, è stato lo stesso giorno in cui noi siamo rimasti bloccati in barca.

Di solito, invece, lo specchio di mare inondato da acque sulfurea bianche dà il suo meglio visto dall’alto della strada, su di una curva, c’è sullo slargo un gazebo fatto apposta per ammirare questo angolo benedetto ed è sempre qui che l’odore dello zolfo comincia a farsi sentire. Si vede il mare azzurro con lunghe striature di bianco latte nella zona a largo, tutto bianco invece adiacente alla scaletta, con disseminati roccioni tondeggianti che sporgono raggruppati, più a destra una piccola isola verdeggiante (dimora delle oche) che fronteggia sull’altro lato il faro d’ingresso al porto e la piccola penisola impreziosita dalla chiesa bizantina. Questo è solo il punto di vista dalla strada. Se sei lì in acqua, invece, e guardi su, vedi alberi diversi: cipressi, pini marittimi, tamerici, eucalipti, che si contendono il bordo strada in un continuo alternarsi di forme e tonalità di verdi diversi. Mentre, sulla scarpata sono avvinghiati i fichi d’india carichi di frutti già violacei. Insomma chi va a Lourdes spera in un miracolo, ma a ben guardare, da ogni punto di vista, il miracolo è già lì.

Kalimera.

 

Sabato 9 Settembre 2023
La percentuale di umidità indicata dalla lancetta sull’igrometro é 80, molto meglio dell’altro ieri che diluviava e mancavano due tacche a toccare il 100. Oggi per fortuna c’è il sole e anche la temperatura è tornata ai 30 gradi, nonostante il forte vento. Strade in parte allagate e grosse pozzanghere permangono ancora in giro ma visto il caldo e il vento, prevedo spariranno presto. Per i cumuli di sporcizia varia che sono già stati ammucchiati in ogni dove, prevedo invece che ci vorrà più tempo. Riprendiamo i lavori in barca, Enrico col motore di Felicità io con i mobiletti interni, non vi tedio con i particolari. Alle 12 penso di riuscire a fare un bagno, qui vicino al porto, nella zona chiamata Lourdes, ma il mare è ancora troppo sporco di residui, così passiamo direttamente alla fase successiva, la doccia prima di pranzo. Camminando verso nord, si raggiunge una baia con una bella spiaggia chiamata Playa. Ci avevo già provato ieri ad andarci, ma arrivata all’altezza del molo, in fondo al paese, aveva cominciato a piovere, piano, una goccia, poi due, cosa faccio? Torno indietro? Pensando agli scroscioni dei giorni precedenti decido di rientrare e… quasi all’altezza della piccola penisola esce il sole, ok, vada per la passeggiata intorno alla penisola. Oggi ci ho riprovato, 5 km andata e ritorno, sempre spostandomi in cerca di ombra sul lungo mare del paese sotto palme e tettoie di ristoranti, fuori paese al riparo dei tamerici e tantissimi Eucalipti, il mare sempre alla mia destra. La schiuma bianca delle onde si rovescia a riva, trascinando nella sua ritirata, sassi che rotolano rumorosamente di nuovo in mare. A largo, altre onde montate dal vento si rincorrono, colorando di pennellate bianche un mare blu tutto increspato. La spiaggia finisce ed enormi rocce nere ne prendono il posto, il frastuono aumenta, davanti a me l’asfalto è bagnato, alcune onde dopo lo schianto contro gli scogli rimbalzano in alto e ricadono sulla strada schiaffeggiandola. Aspetto il mio turno per poter passare, ma comunque gli occhiali risentono dell’acqua salata che si nebulizza nell’aria. Per raggiungere la Playa da terra è stata realizzata la strada spaccando a metà una collinetta. Passarci, e guardare a destra e a sinistra, fa una bella impressione: due muri di roccia rossa, alti 10 metri circa a picco sulla strada, io, lì, non tengo mai la mia destra, cammino sempre al centro, ho una gran paura che crollino dei massi. In effetti, in questo punto, l’asfalto oggi è rosso e sono evidenti i segni lasciati dalla ruspa, che ha da poco spostato sui lati i detriti caduti. Affretto il passo e davanti a me già vedo delle auto parcheggiate, c’è gente alla Playa. Prima di vederli li sento, anche se il fragore del mare e il vento confondono. Parlano, ridono e i colpi secchi della palla da tennis sulle racchette di legno è abbastanza continuo, sono bravi i giocatori, non li vedo ancora, una lunga fila di tamerici fa da schermo e dovrò scendere molti gradini per osservarli palleggiare. Ci sono finalmente: una spiaggia semi circolare di sabbia scura, sdraio ed ombrellono ben chiusi, alle loro spalle terreno scosceso misto a rocce, con tamerici ed eucalipti. E’ la roccia tutt’attorno a farla da padrona in queso panorama, in mare ancora scogli a pennacchio a chiuderne una estremità. Il ritorno al porto sembra più lungo e anche i tratti soleggiati sono più fastidiosi nonostante il vento. E poi eccola la panchina, è vuota, è mia, mi ci siedo lentamente, con attenzione per fare aderire bene la schiena, è una vecchia panchina con le assi di legno e il telaio nero in ferro, è minuta e sembra fatta apposta per me che sono piccola. Sento l’impeto del mare, ma i soliti tamerici me ne impediscono la vista. Chiudo gli occhi e mi riposo. Il sole alle mie spalle si sta finalmente abbassando, un invito al riposo, così mi sdraio e riaprendo gli occhi da questa posizione, l’azzurro del cielo lo vedo a piccoli scampoli irregolari, un enorme Eucalipto apre sopra di me i suoi molteplici rami carichi di foglie che giocano col vento, coprendo la luce del sole o lasciando passare uno ritaglio di cielo. La Playa è una bella spiaggia, a me, però, è piaciuta di più la passeggiata per raggiungerla e il rientro, che come una meritata ricompensa mi ha regalato un punto di vista piacevolmente inaspettato.
Kalimera.

 

 

Martedì 5 Settembre 2023.

La Grecia aveva appena finito di spegnere i suoi molteplici incendi, che già sulla Tessaglia, la parte nord ovest della Grecia, si è abbattuto il ciclone Damel. Inondazioni a Volos e Zagara, un morto, un disperso, l’inondazione ha colpito anche un ospedale e una casa di riposo è stata evacuata. Qui nel Peloponneso, dove siamo ora sulla penisola di Mehana, è da ieri che piove, in mattinata ha cominciato piano ma già verso le 12 la pioggia è diventata violenta. Eravamo andati a piedi a salutare gli amici Margherita e Claudio, che prendevano il traghetto per Atene per poi rientrare a Roma in aereo. Improvvisamente la poca pioggia è diventata battente e in un attimo si è allagato tutto, un fuggi fuggi generale ha svuotato il lungomare gremito di turisti, anche le zone coperte erano allagate tanto che Claudio ha dovuto sollevare da terra la valigia e ricoverarla all’interno del bar. Si camminava sotto alla tettoia in 4 centimetri d’acqua che non riuscivano ad essere assorbiti dalle griglie di scolo. Il rumore sempre più forte del vento, della pioggia, delle tende aggredite da vento e acqua, del vociare delle persone perché non ci si riusciva più a sentire. L’acqua nelle vie adiacenti ai bar si sono ingrossate come fiumi, dai tubi delle grondaie i getti erano enormi, dal cielo un diluvio torrenziale. Davanti a noi un mare come attraverso una tenda bianca e barche a vela in cerca di ormeggio si muovevano convulse, un rumore assordante fino a quando, piano piano, l’intensità e la violenza della pioggia sono andate calando, e con ancora fiumi di acqua in giro, Margherita e Claudio, con moltissime altre persone si sono avviate verso il molo dove a minuti sarebbe arrivato il traghetto. Si sono fatte le 14, dobbiamo ancora mangiare. Tornando in porto esce il sole, ma molte strade sono ancora allagate, un enorme albero di Benjamin a lasciato sotto di lui un ampio tappeto verde di foglie, i tombini ribollono di rametti secchie e mulinelli di sporcizia circolano ovunque. Poi per il resto del pomeriggio non ha più piovuto tanto che abbiamo fatto una lunga camminata. Ma già verso sera ha ricominciato a piovere a scrosci, e fra uno scroscio e l’ altro, abbiamo cenato fuori e ci siamo ritrovati poi con amici al Paleocatastasi, vecchio locale di Methana. Le previsioni per oggi erano pessime e sono state mantenute in pieno. Già da questa notte: vento forte e pioggia battente, alle sette quando ci siamo alzati, la piscina di acqua termale era color  marrone anziché del solito color latte, e tramite un collegamento sotterraneo diretto col porto, anche Felicità galleggiava in un porto color marrone, poi sono arrivati i vigili del fuoco a sgombrare dal fango la strada che divide il porto dalle terme. Ha piovuto ininterrottamente e violentemente da questa notte fino alle dieci del mattino. Domani è previsto sole e speriamo che la Grecia si possa riprendere, dai disastri di questa estate tremenda.

Kalimera.

 

Narra la leggenda che Athena, Dea della sapienza e di tutte le arti, offrì in dono ai greci l’albero dell’olivo, e per questo la elessero protettrice della loro città. Poseidone, Dio del mare non la prese molto bene, quando si vide rifiutare i suoi doni: una sorgente di acqua salata o forse… un cavallo. Quando ho letto del mito di Athena e Poseidone, non ho potuto fare a meno di essere pienamente d’accordo con la scelta dei greci. Questo il mito, in realtà l’olivo ha origine in Asia minore 6.000 a.C., ed è ai Fenici e ai Babilonesi che va il merito di diffondere questa coltivazione sulle coste del Mediterraneo, che in seguito ha raggiunto il massimo prestigio con Greci e Romani che lo chiamarono nettare degli Dei i primi e oro verde i secondi. Gli antichi greci capirono tanto bene l’ importanza di questa pianta: bella, forte e generosa che promulgarono delle leggi per proteggerle: Se tagliate, abbattute o estirpate, sia di proprietà che pubbliche, le pene erano severissime, si poteva anche essere condannati a morte. La storia dell’ uomo e dell’ olivo si intreccia fra mito e realtà, con alti e bassi, a volte nel massimo dello splendore altre a rischio di estinzione. Con la caduta dell’impero romano, per esempio e l’avvento dei barbari, anche gli uliveti se la passarono male, fu grazie ad alcuni religiosi che queste piante continuarono ad essere coltivate e sono ora una risorsa indispensabile per l’uomo. Qui in Grecia l’albero di olivo è onnipresente: in ampie coltivazioni, in colline scoscese trattenute da muretti a secco in pietra, fra alberi di arance e limoni, nei giardini, lungo le strade, nelle aiuole pubbliche, ovunque. A volte la loro coltivazione è protetta con file di cipressi compatti fra loro, che si ergono alti come muri per attutire l’impatto del forte vento. Poi ci sono le sapienti potature, le irrigazioni. Ma è proprio il guardarli che affascina, e non solo le coltivazioni che riempiono la vista di un tondeggiare di chiome verdi, non solo i loro tronchi così particolari. É proprio che molti di loro hanno una spiccata personalità, difficile dimenticarli. Ne ricordo due, enormi, abbastanza vicini fra loro, tanto da formare un’ unica chioma, sotto la loro ombra stazionava un gregge di pecore, eravamo sull’isola di Cefalonia, e da Sami eravamo saliti a piedi, su in alto fino a raggiungere i resti della sua seconda acropoli di origine Micenea, massi ciclopici squadrati a formare muri molto impressionanti, ma le due grandi piante di olivo le rivedo sempre nei miei ricordi, come fossero una parte di un giardino speciale, le rivedo da un punto più alto, in una ampia piana, circondate dal belare delle pecore, affacciate sullo Ionio con vista su Itaca e l’aria calda stemperava l’odore di erba secca. I resti dell’acropoli sono passati in second’ordine. Le due piante di olivo sono andate ad arricchire i mie paesaggi preferiti. Ho letto che ci sono olivi secolari anche ad Ermione, e sull’ isola di Creta, nel villaggio Voves c’è il più antico, la cui età si aggira fra i 2.000 e i 4.000 anni. Io non me ne intendo molto di piante di olivo, ma se durano così a lungo ci sarà un motivo, sono davvero delle piante di tutto rispetto.

“A Metamorfosi, ci devi andare Lella” mi ha detto la mia amica Aurora “Li devi proprio vedere quei quattro tronchi di alberi di olivo, purtroppo tagliati, ma che con la loro eleganza e armonia, sembrano delle sculture. Appena la smette di piovere ci andremo.

Kalimera.

 

Sabato 2 Settembre 2023.

Alle 11,30 siamo finalmente pronti per andare in spiaggia. Prima però dobbiamo fare una telefonata importante. Oggi è il diciannovesimo compleanno di nostra nipote. “Eccomi” risponde lei allegra, e noi intoniamo la canzoncina degli auguri, poi scambi di notizie e baci. É sempre un piacere parlare con lei, ti mette la carica solo a sentirla. E non so perché ma ad ogni suo compleanno ho vivida davanti agli occhi la prima immagine di lei, attraverso l’incubatrice: piccola piccola, con una testa fitta fitta di capelli nerissimi. Qui in Grecia, per i compleanni, parenti e amici recitano una filastrocca per il festeggiato/a sia piccolo/a che per gli adulti. Lo abbiamo scoperto tempo fa grazie a Filomena. Il significato ci è parso tanto bello che dopo la telefonata con gli auguri classici cantati, ne abbiamo inviato un altro scritto a nostra nipote, in greco, con di seguito la traduzione che recita così: Auguri di buon compleanno, e cresci fino ad avere i capelli bianchi, spargi ovunque la luce della conoscenza e lascia che tutti dicano che sei una vera saggia. (Non me ne vogliano i Greci se la traduzione non è perfetta). L’anno scorso, con molto impegno, per festeggiare un compleanno, Andrea ci aveva inviato sul telefonino come si pronunciasse questo augurio. E… quando al bar dove eravamo riuniti, è arrivata la torta con il numero 75, ci siamo alzati tutti e col telefonino in mano alcuni, e atri a memoria abbiamo festeggiato Enrico con questo augurio. Non se lo aspettava e si è anche commosso. Nelle Cicladi invece, proprio quest’anno é successa una cosa simile in un ristorante, e non so come o perché, la filastrocca è stata recitata non solo al tavolo del festeggiato, ma ha coinvolto tutti i presenti compresi noi che ormai la conosciamo a memoria, quasi!

Capelli neri, capelli bianchi, nel mezzo tutta una vita. “Chrónia Pollá Giulia” Buon compleanno Giulia.

Kalimera.