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Domani è la Befana, e oggi Paola mi ha inviato una bella foto: un parcheggio per molte scope, tutte in fila nella loro rastrelliera, pronte a prendere il volo con la propria befana. All’invito di Paola di prendere il volo con Lei ho risposto subito con entusiasmo: “Mi copro e arrivo subitooo”. Poi non ho resistito e ho inviato la stessa foto a tutte le altre mie amiche che non fanno parte del gruppo di Paola. Con la foto, anche la scritta era uguale per tutte: “Sto per partire, venite anche voi?”. Cinque invii per volta, ma subito dopo, ad ognuna aggiungevo un messaggio personale. Poi altri cinque invii selezionandoli dai miei contatti. Le più svelte non mi hanno lasciato il tempo di aggiungere nulla, e hanno subito risposto. Altre, hanno risposto mentre inviavo altri cinque messaggi. “Pin pin”, gli avvisi di notifiche arrivavano in continuazione, quasi a raffica. “Pin pin, pin pin”. Selezionavo indirizzi, scrivevo, inviavo e… “Pin pin”. La cosa è andata avanti per parecchio tempo ed è stato molto bello leggere le loro risposte: mai uguali fra loro. Alcune hanno continuato la battuta e risposta, con molto piacere da parte mia che così ho potuto informarmi delle loro novità. Una ha declinato l’invito preferendo la sua moto alla scopa. Un paio avevano già impegni nella loro zona! Ad altre, vista la distanza di cui si lamentavano, proponevo un bel giro di fantasia, e ancora chi pretendeva un itinerario di evasione totale. “Pin pin, pin pin”, è un continuo, leggere le loro risposte mi ha fatto sorridere piacevolmente, le mie amiche sono fantastiche, piene di fantasia e autoironia. Anche propositive, al posto della befana, consigliavano ( con tanto di foto) un bel maschione, nipote della Befana naturalmente. “Pin pin”, mi sono arrivate in risposta un interessante corollario di strane befane, un’ altra amica ha prenotato la prima scopa a destra, e apprezzato il parcheggio “ Fico”. Poi chi mi ha informata di essere prontissima… Sono appena andata dal parrucchiere. “Pin pin”: Ok ok, domani arrivo. “Pin pin”: Ti stavo pensando proprio adesso. “Pin pin”: Vengo volentieri, che simpatico invito. “Pin pin”: Declino l’invito, ma se hai tante streghe attorno sei molto ben accompagnata, sono le migliori. La più prudente si raccomandava la puntualità, non voleva rimanere intrappolata nel gran traffico che ci sarà domani. La più positiva: Certamente, verso l’infinito ed oltre. La più sfortunata: arrivo ma… con le stampelle. “Pin pin, pin pin, pin pin”. Sono andata avanti un bel po’ con gli auguri della Befana quest’anno, a tutte ho risposto che sarò felice di rivederle, appuntamento al parcheggio e le ho rassicurate che saremo in tante. Non avevo altro da fare di più interessante? Forse, però a me è piaciuta molto la vivacità delle mie amiche. Per più di un’ora ho sorriso, riso con loro… ed è stato bello. P.s. “Pin pin”, l’ultimo sul tardi: Non esco più alla sera, sai, la vecchiaia, ma domani mattina presto farò il giro.

Quando nel 1968 Dario Fo scrisse il testo della canzone cantata da Jannacci: Ho visto un re, tutti i protagonisti piangono per le disgrazie che gli capitano, solo il villano non piange, anzi ridacchia perché sempre allegri bisogna stare. Naturalmente Dario Fo da sottile autore ci spiegherà tutte le implicazioni per cui, il più povero, il più modesto, il più colpito dalle disgrazie debba ridere. L’ingiustizia è il nocciolo di questo testo e l’esilarante ironia ne fa un capolavoro. Ed è a questa canzone che ho pensato quando il C.V. ci ha colpiti tutti, anche se in questo caso c’è poco da ridere. Ma il coinvolgimento totale: dai re ai cardinali, dai politici ai calciatori, dai medici agli infermieri, dai cittadini comuni ai più diseredati ci ha resi uguali davanti al C.V. È cosa facciamo noi? Noi che non abbiamo affossato la ricerca. Noi che non siamo e non eravamo i responsabili della sanità quando era il momento di adeguare gli ospedali alla preannunciata pandemia. Noi che non abbiamo tagliato i fondi alla sanità negli anni precedenti. Noi che non abbiamo sminuito il lavoro del nostro medico di famiglia. Noi che non abbiamo deciso di non assumere più i medici e infermieri quando andavano in pensione. Noi che non abbiamo rubato, che non siamo in politica e nemmeno imprenditori compromessi con loro. Noi cosa facciamo oltre a constatare la tragedia della situazione. Noi facciamo come il villano di Dario Fo: noi ridiamo, anche se c’è poco da ridere. Perché ridere ci aiuta, sdrammatizza, e fa bene anche al sistema immunitario. Facciamo quello che possiamo, ci aiutiamo da soli ridendo di una vignetta sul C.V. arrivata sul telefonino. La cosa è assurda, irreale, irriverente, persino oscena se solo pensiamo alle vittime. Invece noi pensiamo di fare ridere un amico inviandogliela subito. Quegli attimi immobili davanti a un video e alla fine quella risata liberatoria, quell’allentare la tensione, quel pensare ad altro per pochi secondi. È passato di tutto sotto i nostri occhi: frasi, video, fotomontaggio, non si è salvato nessuno: dall’arte, con Monnalisa ingrassata, ai soliti carabinieri, ai vecchietti, ai bimbi, al sesso, ai politici. Abbiamo sentito i dialetti di mezza Italia declamare filastrocche o barzellette, la fantasia degli italiani si è scatenata a chi la sparava più bella. C’è poco da ridere è vero, non me ne voglia nessuno, ma, ridere è una prerogativa umana, ne hanno scritto e parlato filosofi, sia nell’antichità che in tempi moderni. Pasquino, la statua parlante, a Roma per denunciare le malefatte papali e non solo, con la sua satira in versi colpiva i potenti e faceva ridere il popolo. Ridere è una terapia, una sonora risata può diventare contagiosa, e certe volte si ride fino alle lacrime, il solletico è la passione di molti e la disperazione di altri. Cominciamo presto, il sorriso del neonato ci fa letteralmente sciogliere Ma… c’è poco da ridere. Questa pandemia ci costringe, ci isola, ci limita, ci condiziona nel nostro privato e ci angoscia collettivamente. Non è solo la televisione con le notizie da tutto il mondo, no, lo percepiamo vicino a noi: in condominio, in fondo alla nostra via, nel nostro rione e comune, persone che conosciamo, i nostri cari in famiglia e quelli lontani per cui non possiamo fare niente. Purtroppo è toccato a quasi tutti. Per sentirci più vicini ci telefoniamo, ci messaggiamo, ci inviamo vignette e ridiamo, anche se… c’è poco da ridere. Così i giorni passano, la clausura avvilisce, il risultato del tampone che non arriva logora e ci aiutiamo da soli, attaccandoci a tutto, anche ai ricordi dell’infanzia quando a farci ridere era il signor Bonaventura, così mio fratello Luciano, in isolamento da una vita, si mette nei panni del Signor Bonaventura e racconta la sua disavventura con sagacia ed ironia. A me è piaciuta molto perciò la prendo in prestito è la pubblico qui col suo permesso a beneficio dei lettori, perché se è vero, come è vero, che non ci sia molto da ridere è anche vero che una sana risata non può che far bene. Qui comincia la sventura del signor Bonaventura: l’ospedal che l’ha operato, l’ha col Covid contagiato! Di controllo fa il tampone ma cocente delusione, non gli danno il risultato, ..va su internet cercato! .. e continua la sventura del signor Bonaventura che non trova, con sconcerto traccia alcuna del referto! Sembra proprio sia sparito! Di sicuro, è garantito, Il nemico dichiarato, BARBARICCIA l’ha involato! Il malvagio, è questo il fatto, si diverte come un matto, e il referto renderà solo quando gli parrà. Ma che ha fatto quel malnato?! Il responso gli ha cambiato! Lo sperato negativo ha mutato in positivo! Il signor Bonaventura giallo per la gran paura, per uscire di prigione ..PAGHEREBBE LUI IL MILIONE!! Epilogo (26/11/2020) Si conclude l’avventura del signor Bonaventura: Or che un mese è già passato, lui guarito e’ giudicato: pur se l’ultimo tampone non da ancor notizie buone, tosse e febbre non ci sono! Vale cio’ un MILIONE buono! Luciano (a imitazione di Sergio Tofano)

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Non assunta in cielo, come la Vergine Maria, ma assunta a tempo indeterminato, che di questi tempi è comunque quasi un miracolo. Si dice che i concorsi o si vincono o si perdono, come se fossero una lotteria che il più delle volte risulta truccata perché il vincitore o la vincitrice sarà il raccomandato di turno. Ma le cose sembrano stiano cambiando. Non importa sapere di che concorso si stia parlando, non importa sapere che oltre al solito raccomandato ci sono altri ragazzi o ragazze che dall’ estero vorrebbero rientrare in Italia.Concorrenza sleale e leale, dunque.Per assurdo non servirebbe nemmeno sapere il nome del vincitore o della vincitrice. La competizione è feroce e proprio perché non è una lotteria sarebbe interessante sapere con che criterio è stato scelto il migliore o la migliore. Non lo sapremo mai. Ma conosciamo Claudia che è risultata la più preparata e competente in assoluto, tanto da meritarsi l’assunzione a tempo indeterminato per l’unico posto disponibile in Italia per la sua specializzazione. Laureata con 110 e lode, 9 mesi di borsa di studio, 2 anni di dottorato di ricerca, altri 8 con assegno di ricerca e innumerevoli pubblicazioni. Purtroppo, nonostante tutto, non sono mancati 3 anni di disoccupazione. Ma oggi, finalmente, a 40 anni, Claudia raccoglie il frutto del suo lavoro ottenuto con: perseveranza, impegno, fatica, dedizione, pazienza e fiducia nel futuro. Una breve storia per sottolineare la frase che i colleghi e amici di Claudia le hanno comunicato appena raggiunti dalla bella notizia: “ Sei la nostra speranza per il futuro “. Si, siamo sulla buona strada, l’impegno paga, i nostri giovani hanno una nuova speranza. Complimenti a Claudia e auguri a tutti i giovani per un mondo migliore.