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Quest’anno eravamo pronti: a Natale saremmo stati soli, per cui non valeva la pena di tirare in ballo tutte le scatole e scatolette per addobbare dentro e fuori casa con albero, luminare e presepe. Niente preparativi culinari pantagruelici, niente pacchettini con i regali, niente sfilze di bigliettini, niente caos totale di carte natalizie e nastrini rossi e dorati, niente sbuffamenti dei nonni, niente urla dei ragazzi, ma soprattutto niente esplosioni di abbracci e baci che nascono spontanei nel ritrovarsi tutti insieme La situazione si presentava talmente assurda, talmente triste da farmi reagire: va bene, saremo soli, ma la stella luminosa la possiamo mettere senza faticare tanto, e il pranzo sarà diverso, certo, le cosine che di solito preparo per Natale non le farò perché proprio non mi va di mangiarle noi due, soli soletti, ma comunque qualcosa di buono si può preparare. Avevo avuto anche una mezza idea di apparecchiare con i piatti della nonna, quelli belli col bordo d’oro e i bicchieri di cristallo, idea subito scartata al pensiero che avrei dovuto, dopo, lavarli a mano. Anche se era solo il 10 dicembre, l’atmosfera del Natale, per quanto ridotta, mortificata, svilita e resa claustrofobica dal virus e dai vari Dpcm, spingeva, spingeva di brutto. Non mi aspettavo certo delle sorprese, ma avrei fatto di tutto per fregare il virus. Ho cominciato col telefonare agli amici, lunghe chiacchierate che altre volte non mi concedevo, li ho sentiti tutti, ma proprio tutti e, a tutti, pochi giorni prima del Natale ho inviato il più bel messaggino musicale, selezionato fra quelli ricevuti, con immagini della natività eseguiti dai nostri migliori pittori. Nelle ultime giornate di libertà abbiamo concentrato: spesa, dentista, farmacia e una mezza giornata per rivedere nostra nipote: all’aperto, con mascherina, e distanziati, senza baciarci o abbracciarci, un vero supplizio di Tantalo per noi nonni. Nel rientrare a casa, prima del coprifuoco abbiamo scartato l’idea di addentrarci in centri commerciali per acquistare pensierini, ma in prossimità della nostra pasticceria Belli di Cunardo, la nostra preferita, non abbiamo resistito e dopo esserci disinfettate le mani col gel abbiamo acquistato un bel quantitativo di piccoli panettoni artigianali che nei giorni seguenti abbiamo regalato ai nostri vicini di casa con aggiunta di una buona bottiglia. Non potevamo fare altro. Pochi giorni prima di Natale hanno cominciato ad arrivare corrieri con pacchi dono, sono arrivati fiori, i vicini ci hanno portato cassettine di cachi e di kiwi, biscottini tanto belli che è stato un peccato mangiarli, cioccolatini artigianali, e tante altre leccornie. Enrico mi ha spiegato che la motosega nuova arrivata col corriere era il mio regalo per lui, e allora ho provveduto anch’io a farmi un regalo “da parte sua” arrivato via corriere, alla faccia del corona virus . Bene, ora siamo a posto, soli ma organizzati, soli ma sereni. Comunque soli. E’ Natale, “auguri amore” il primo bacio della giornata è partito, siamo vestiti bene, la tavola è apparecchiata, l’arrosto è cotto e l’insalata è pulita, il panettone siciliano è ancora impacchettato. Dal CD le musiche di Natale impazzano e Enrico ha recuperato due cappellini di Babbo Natale che indossiamo. Mancano le poche telefonate ai più intimi e poi, più tardi mangeremo. Ma… il telefono suonerà in continuazione: “ Auguri, auguri, come state? Noi stiamo mangiando L’oca!”. “Ciao, Auguri anche a Voi, noi siamo ancora ai ravioli di zucca”. Poi c’è stata la video chiamata. E poi un’altra. E’ arrivata la foto con la tavolata di katy e Oliviero con la loro fonduta taiwanese. Gli Auguri di Giulia e subito dopo la foto del suo polpettone al forno. Ha suonato il campanello e siamo usciti per ricambiare gli Auguri. Dall’Olanda le immagini del pezzo di cervo in pasta sfoglia di Ludolf e la sua foto in cucina mentre lo prepara. Poi altre chiamate... e anche noi arrivati a fine pranzo abbiamo contraccambiato inviando la foto del nostro panettone ricoperto di crema al pistacchio “Siamo al dolce!” Tutte queste chiamate sono state come un’esplosione di fuochi d’artificio: una dietro l’altra, a raffica, intense, calorose, spumeggianti, piacevolissime e inaspettate. Il botto finale, lo abbiamo provocato noi, stappando lo spumante e brindando alla loro salute. In questo tormentato Natale avremmo dovuto essere soli. Ed eravamo soli. Ma non ci siamo sentiti soli. Proprio un bel regalo di Natale