Che bello, siamo arrivati preso, come previsto, facciamo in tempo anche a fare il bagno prima di mangiare, sì, tiro fuori dal frigorifero la frittata e lo tzatziki, così quando mangeremo non saranno troppo freddi. “Lella sei pronta? Siamo in porto!” “Arrivo”, bevo un po’ d’acqua e vengo”. Sul lato migliore dove ormeggiare c’è un solo posto libero, perfetto per noi. La manovra è un po’ complicata con il vento che ci fa scarrocciare, dalla barca a fianco, dove dovremmo ormeggiarci ci fanno gesti molto eloquenti: le braccia alzate e incrociate vogliono dire: stai incrociando la tua ancora con la mia. Non è possibile, Enrico è sicuro, arriviamo sul molo e un signore anziano che io ho salutato in greco kalimera mi risponde in un italiano un po’ stentato: “ben venuti”. Il bulgaro continua a lamentarsi e a insistere, noi proseguiamo il nostro attracco, compresa la verifica della tenuta dell’ancora, dei 60 metri di catena che abbiamo mollato ne tiriamo su prima 10, 20, 30… fino ad arrivare…”L’àncora non tiene, molla gli ormeggi Lella, rifacciamo”. Il bulgaro è sempre di vedetta sulla prua della sua barca e ci indica dove buttare l’ancora, come se noi non lo sapessimo e come se fosse facile con il vento che è aumentato. Stiamo di nuovo lentamente arrivando all’ormeggio, il bulgaro si lamenta. Enrico gli fa vedere dove ha buttato l’ancora e lo informa che ha lasciato 70 metri di catena. Già al primo ormeggio è stato chiaro che non gli avessimo incrociato l’àncora. Enrico non ha voglia di discutere, per la seconda volta togliamo gli ormeggi e rifacciamo la manovra. La terza volta, sempre col vento a trascinarci, in retromarcia, ci infiliamo dritto fra le due barche manovrando con l’elica di prua e avendo mollato la catena a una giusta distanza e nella giusta posizione. Attracchiamo in banchina, di nuovo lancio di cime. Il bulgaro soddisfatto dice in continuazione ok ok. Ok un cavolo, devo controllare che la nostra ancora tenga e a furia di spostarmi mi sa che sono sull’ancora della barca alla nostra dritta, il proprietario non c’è. In tutto questo tempo il signore greco, quello anziano è sempre stato sul molo ad aspettarci e a prenderci le cime, è sconcertato e anche lui scrolla la testa per dire: non c’è mai stato un incrocio di àncore. La maglietta che indosso sopra al costume è madida di sudore, la gola e la bocca sono secche, Enrico è nervoso e scocciato. Non litigare costa molta fatica. Se l’ancora avesse tenuto al primo ormeggio sarebbe stata buona la prima, così invece dopo un’ora di su e giù dell’ancora è stata buona la terza. È l’una e mezza, dietro il molo c’è la spiaggia, non vedo l’ora di buttarmi in mare. Enrico con un secchio di acqua di mare sta pulendo in zona àncora, che è un accrocchio di fango e rigoli di acqua nera, l’ombrinale nel pozzetto che contiene la catena si è tappato col fango, questo ormeggio non finisce mai, non possiamo lasciare che il fango si secchi, bisogna levarlo subito. A lavoro terminato cerchiamo di cancellare tutto con una bella nuotata, e in parte ci riusciamo. Il bulgaro ci sorride ogni volta che incontra i nostri sguardi, noi facciamo altrettanto. Quando finalmente, dopo il bagno, la doccia ecc… ecc… mangiamo, la frittata è quasi calda e lo tzatziki un po’ troppo molle.
Mese: Agosto 2024
Rotta sud-ovest
Non è giusto però, stavamo dormendo così bene, e la sveglia, alle 6 mi ha fatto saltare. Alle 22 già dormivamo, ma poi alle due abbiamo dato la caccia a un paio di zanzare, che abbiamo fatte secche dopo averle scovate con la pila. “Buona notte” “buona notte” e siamo tornati a dormire di botto. “Sono le sei” dico ad Enrico “No, non ci posso credere!” “Dai, dai, andiamo che devo fare un paio di foto con la luce giusta”. Giovedì 29-8-2024, Sporadi, isola di Skopelos, porto di Neo Klima, ore 7,15, molliamo gli ormeggi, salpiamo l’àncora, e ci dirigiamo a sud ovest. Sulla nostra dritta l’isola di Skiathos è già illuminata e il suo verde è nitido, i due isolotti davanti a lei nella parte bassa sono scoscesi, brulli e tendenti al marrone, le sommità invece di un bel verde. Fuori dal porto scatto qualche foto e dopo un ora di navigazione il cielo si intristisce, le nuvole grigie coprono l’azzurro che rimane a piccoli sprazzi, comincia a piovigginare, non era prevista acqua per oggi, solo da domani, l’umidità in cabina è alta e la temperatura si è abbassata a 27 gradi, come quella dell’acqua del mare. Fuori a prua, davanti a noi, confusa e avvolta nella nebbia si vede l’isola Eubea. Orario d’arrivo previsto dopo 30 miglia: h 12,30. Il motore rumoreggia a duemila giri e la vela lo aiuta con il poco vento che c’è, procediamo tra i 5 e i 6 nodi, il mare di un grigio opaco è come una gelatina tremolante, nessuno in giro, la barca a vela uscita dal porto dopo di noi ha preso un’altra direzione, lontani in cielo, alla nostra sinistra, degli scrosci di acqua velano l’orizzonte come una tendina. Qui non pioviggina più. Mentre io scruto davanti a noi che nessuna cima galleggiante ci procuri gli stessi problemi capitati a Giovanni, Enrico si riposata per ben 10 minuti per poi riprende il controllo della situazione spostando di due gradi il pilota automatico per metterlo perfettamente in rotta. Lasciamo alle nostre spalle le Sporadi e verso le 11 quando siamo già entrati nel canale delimitato dalla costa greca con l’isola Eubea, quel rimasuglio di mare s’ infila di poppa sotto Felicità, vento non c’è né più, e ammainando la vela si vedono buchi di azzurro che si fanno largo fra il grigiastro del cielo. In giro non vediamo ancora anima viva Questa non è una zona ambita per i turisti o per i charter, come le Sporadi, è però una zona protetta, perfetta per aspettare che qualche giorno di pioggia rinfreschi l’aria. Eccole le barche: un catamarano e due monoscafi, sono usciti dal porto, tra un poco ci siamo. Sul tavolo da carteggio il portolano è aperto sulla pagina di Orei. I parabordi sono giù, le cime di poppa al loro posto, pronte per il lancio, l’ancora è sganciata e l’elica di prua è accesa. Entriamo in porto, alle h 12,30, c’è il sole e si è alzato il vento.
Si parte
Dopo la chiacchierata per telefono con Katy e Oliviero abbiamo deciso che domani partiremo per il porto di Orei sull’isola Eubea, trenta miglia con poco vento favorevole, in assenza di onde. Per cui sto già cucinando una frittata con le zucchina da mangiare domani in navigazione. Loro, Katy e Oliviero, si fermano a riposarsi dopo aver avuto a bordo figlio e futura nuora, per una settimana, in più non hanno dormito per i motorini che hanno scorrazzato sul loro molo per tutta la notte. Speriamo di rincontrarci. Enrico sta facendo il pieno d’acqua nel serbatoio, io andrò a comprare un po’ di pomodori e frutta. E siamo pronti. Non lo sapevo questa mattina che sarebbe stato l’ultimo bagno qui, avevo guardato la grossa boa gialla molto a largo pensando forse domani nuoterò di nuovo fino lì come avevo fatto qualche giorno prima, forse è meglio che non possa più rifarlo, ci ero arrivata, ma era stata una bella fatica, nuotavo e nuotavo ma non arrivavo mai, quando finalmente avevo agguantato la boa ci sono rimasta appesa per un bel po’ a riprendere fiato. Era una boa molto grande ma dalla spiaggia sembrava piccola, come tutte le altre che delimitano la zona per nuotare. Questa, affiancata ad un’altra poco distante invece, segnava l’ingresso riservato alle motorette d’acqua. Me ne sono accorta solo il giorno dopo. Ieri, martedì 27, procedendo in salita per raggiungere la panetteria, sul lato ombreggiato della strada, sul marciapiede si apre una porta di legno dalla quale esce il fresco dell’aria condizionata, una signora è seduta alla scrivania e sta leggendo. Penso ad un uffiio, e quando in discesa ripasso di lì il punto di vista è diverso: c’è sempre la signora seduta alla scrivania ma si apre un’altra prospettiva su di un tavolo di legno con appoggiati sopra diversi tipi di coltelli, dietro una porta in acciaio di una cella frigorifera. È una macelleria! Sarò passata di qui una quindicina di volte e non me ne ero mai accorta. Ci accordiamo per l’acquisto di due fette di carne da cucinare sulla piastra, sono secoli che non mangiamo manzo, qui in Grecia la carne di manzo e di vitello sono considerati generi di lusso e hanno di conseguenza una tassazione più alta, non è un caso che nei ristoranti si trovi in prevalenza carne di maiale e di pollo. Non riesco a capire perché non mi serva, bisogna aspettare… avrio (domani alle 8,30) mi scrive sulla carta. E vada per domani! Infatti oggi, bistecche alla piastra con insalata di pomodori, la carne e un po’ dura ma buona, i pomodori sempre buonissimi, anche senza sale hanno un gusto intenso.
Idee poche ma confuse
Si è fatto il vuoto in porto, la decina di barche a vela della flottiglia di charter che ieri si è infilata a forza tra una barca e l’altra, oggi se n’è andata. Sul tempo non dico niente perché è di nuovo prevista pioggia ma per venerdì. Noi facciamo vita di porto: Enrico controlla che chi arriva e chi va, non ci spedi l’ancora, io faccio le mie cose e poi, dopo il bagno e le altre faccende, vado sotto un tamericio a leggere. Per i nostri vicini di barca non faccio in tempo a capire chi si è affiancato che già se ne sono andati, fanno il pieno di acqua, fanno la spesa, il bagno, vanno al ristorante, dormono una notte e poi se ne vanno Davanti all’isolotto qui di fronte al porto ieri si è fermata una barca a vela, posto non sicuro per passare la notte, infatti, questa mattina lo vediamo entrare in porto al traino del peschereccio, è in avaria, qualche problema all’elica o al timone, neanche 10 minuti e arriva il Guardia Coste, difficile capire cosa stia succedendo anche se una mezza idea noi ce l’abbiamo. Infatti nel tardo pomeriggio arriva un sub ad ispezionare lo scafo Speriamo non lo tengano bloccato per molto, vedremo. Sistemati i loro problemi e accertato che l’imbarcazione non abbia falle o perdita di carburante, per il momento la barca è ormeggiata in porto, è un charter con a bordo tre coppie e un capitano, fermarsi qui a Neo Klima non è poi così disdicevole. Enrico tra un ormeggio alla nostra dritta e uno a sinistra è preoccupato perché dice: “Le batterie non si caricano bene”, forse sono un po’ vecchie, poi a furia di controllare scopre che uno stacca batteria, che ne esclude due su quattro, non è collegato. Sistema tutto ed è più tranquillo. Oggi dovremmo decidere quando partire e per dove, A Skiathos Enrico proprio non ci vuole andare, l’abbiamo saltata in andata e mi sa che la salteremo al ritorno, dice che c’è troppo casino. Potremmo fare una tirata di 30 miglia e raggiungere Orei sull’Ubea. Però… stiamo aspettando che arrivi Katy e Oliviero. Ma anche loro dovranno tenere conto delle pioggie che dureranno da venerdì fino a domenica. Insomma idee poche ma confuse. Rimanderemo le decisioni nel pomeriggio dopo una telefonata chiarificatrice con Katy e Oliviero, fino ad ora solo una raffica di messaggi. Anche dal gruppo che è rimasto a Methana arrivano messaggi: “Ma dove siete tutti quanti? Attenti che se tardate ancora la Marina chiude per voi.” Rispondiamo tutti lasciando il punto barca e un arrivederci a presto. Arriva un battello in porto, scarica turisti, non sono i soliti turisti giornalieri, questi oltre al cappello e la borsa hanno anche valige e trolley, scendono dal battello e salgono sul pullman che li aspetta sul molo, saranno una quarantina: accaldati, stralunati e stanchi. Il pullman li porterà finalmente a destinazione. È dura fare le ferie in Grecia, specialmente raggiungere le isole.
Comunicazioni e fotografie
Il forte vento di ieri ha portato via la minaccia di temporali. Oggi, le previsioni non parlano più di pioggia e nel cielo non si vedono nuvole, la temperatura è sempre sui trenta gradi e l’acqua del mare è calda: 27 gradi. È martedì mattina e col pensiero sono collegata alla mia amica Clo, già prima di fare colazione penso a lei perché una volta alla settimana, il martedì, assumiamo lo stesso farmaco con le stesse modalità, non c’è bisogno di messaggini sul telefono: buon giorno, buon martedì, ecc… ecc… noi ci pensiamo reciprocamente e basta, poi quando ci sentiamo per telefono, magari, ridiamo del fatto che… martedì ti ho pensata. Con gli amici barcaioli i contatti scattano tramite whatsapp per inviarci la posizione della barca quando siamo a destinazione, dopo essere salpati da qualche isola o baia. Chi è a sud, chi a nord, chi si ritrova nella stessa isola, in baie diverse o come ieri: “Tutti a Leros”. Tutti: Mari e Mauro, Andrea e Roberta, Katia e Tommaso, c’è anche Helen e Cyril. Invece Katy Wu e Oliviero arriveranno qui da noi giovedì. Con Patrizia e Giovanni che si è rimesso ci ritroveremo in giro più tardi. Gli amici di casa li sentiamo per telefono e poi ci sono altri gruppi, le nipoti, i fratelli, insomma tenersi in contatto con tutti è un bell’ impegno. Le foto le invio con parsimonia per non suscitare invidie e Monica mi ha chiesto espressamente: “Mi raccomando le foto mandamele con moderazione”. Mia nipote invece mi esorta “Manda manda”. Le foto non sempre rendono l’idea, la luce non corrisponde, i colori non sono altrettanto brillanti, l’ immagine è più lontana di quanto non sembri nella realtà, il momento migliore ti scappa perché non hai a portata di mano il telefono e quando sei pronta per scattare il delfino si allontana e la tartaruga immerge la testa in acqua. Nelle immagini preferisco trovarmici in mezzo, raccontarle, desciverle, mi piace poi rileggendo, chiudere gli occhi e verificare di aver le stesse sensazioni, a volte sempre ad occhi chiusi mi ritrovo a sorridere, e spero che attraverso le parole, anche chi leggerà il blog si senta lì con noi. Comunico così, non solo per chi conosco ma per tutti. Per quanto riguarda alcune foto, certo, scattate da professionisti sono molto più eloquenti, anche a me è capitato di suggerire di guardare il sito “Grecia mia”. Diciamo che il mio contatto principe resta sempre il blog, nel quale, in piena libertà racconto di tutto: dalla recensione di libri che leggo a impressioni lasciatami dopo uno spettacolo o una visita ad un museo. In questi mesi è il diario di bordo a farla da padrone anche se i lunghi periodi attaccati ai vari moli ne stanno cambiando i connotati.
Caduta del romanticismo!
Cambiano in fretta le cose in Grecia, tra il 22 giugno e il 24 agosto, data in cui siamo ritornati a Neo Klima, in uno slargo ricavato scavando la collinetta è sorta una costruzione in sasso che stanno ultimando, è in tono con i muri di sostegno che ne delimitano l’area, anch’essi in sasso, nell’insieme è gradevole ma la collinetta risulta mutilata. Il vento forte questa mattina entra di prepotenza in barca, portando con sé pezzetti di alghe secche che atterrano comodamente nell’angolo della dinette, altri continuando a turbinare fino ad entrare in camera, chi non c’è arrivato si sistema sul pavimento cambiando spesso posizione, lo scottex fissato sopra al lavandino si è srotolato da solo e anche i tovaglioli della colazione svolazzano, chiudiamo l’ingresso con la portina di legno, l’interno della dinette è più buia, e il vento entra filtrato dalle zanzariere degli oblò e dal passo d’uomo in camera da letto. Sabato al nostro arrivo, nemmeno il tempo di abbassare la passerella sul molo che già si fermava davanti a noi il camioncino rosso della frutta e verdura: “Nettarine, vittamine” sorrido e gli faccio cenno: “avrio” che vuol dire domani, ma lui insiste e mi prepara un sacchetto di pesche noci, al momento di pagare mi chiede €10, mi stupisco e vorrei vedere almeno quanto pesa il sacchetto: 1 kg abbondante, 10 euro sono troppi, mi lamento, lui ne aggiunge altre due, pago ma il romanticismo del fruttivendolo: “nettarine, vittamine” precipita rovinosamente in mare, va bene che è il mese di agosto, va bene che ti porta la frutta, ma questa volta ha esagerato, peccato, non comprerò più niente dal camioncino rosso che gira tutta l’isola di Skopelos. Ne parlo solo perché le pesche in questione, nonostante le conservi in frigo, dopo due giorni stanno già andando a male. Per cui oggi spesa al supermercato del paese, piccolissimo e ben fornito, dove trovi anche il prezzo al kg della frutta che acquisti, massimo € 4 al kg, decisamente più ragionevole del camioncino. Allunghiamo il passo e nella panetteria acquistiamo pane e biscottini sfusi, semplici e molto buoni. Al rientro in porto il vento è più furioso e nonostante tutto molte barche sono partite, sul fianco destro e sinistro di Felicità c’è il vuoto, e sulla superficie del mare galleggiano una moltitudine di foglie di platano già rinsecchite, nell’aria invece un misto di sabbia e alghe secche risultano molto fastidiose. È urgente una nuotata, sarò sola oggi. Enrico oggi rinuncia, troppi starnuti.
Lolita
Vista dal mare è verdissima l’isola di Skopelos, interamente coperta da alberi, ci siamo già fermati qui in andata, e rivederla ora, di un verde così uniforme e compatto, dopo le aride Limnos e Efstratios, fa un certo effetto. Il panorama che si osserva dal porto di Neo klima ne da una visuale più dettagliata con numerose varietà di piante: cipressi raggruppati sul fondo della baia a nascondere delle ville, dietro la strada pini marittimi sulla collinetta e davanti a loro, sul fondo della spiaggia, tamerici sempre allineati come ombrelloni naturali, a concludere, vicino al porto, ci sono 6 vecchi platani, sempre in linea uno con altro, intrecciando le loro chiome compongono un’ampia zona ombreggiata e fresca sotto la quale sono posizionate 5 comode panchine. Ma la Chicca del posto, è sempre il grande Ligustrum di cui ho già parlato, quello in paese, sul sagrato della chiesa ortodossa, un albero molto vecchio e molto profumato. Arriviamo in porto verso mezzogiorno, ormeggiamo e cinque minuti dopo siamo già in mare a nuotare, in spiaggia ci sono nuovi ombrelloni e in fondo al golfo, in acqua, scorgiamo una specie di parco giochi di quelli gonfiabili e coloratissimi che prima non c’era. Molti più turisti, in prevalenza greci, sia in mare che in spiaggia, è sabato 24 agosto, ma l’acqua è sempre cristallina. Uscendo dalla baia, questa mattina incontriamo poco vento ma sufficiente ad issare il genoa, lo stesso vento lo ritroviamo anche qui in porto, ma comunque fa molto caldo, per la prima volta ci sono 33 gradi in cabina, sul letto, dove sono sdraiata entra dal passo d’uomo un po’ d’aria, vedo il cielo azzurro e addensarsi le prime nuvole. La sera siamo già piazzati al ristorante con la terrazza affacciata sul mare. Forse la cena è un po’ pesante perché la notte… Non mi risponde, forse il numero è sbagliato, forse non può rispondere, sono preoccupata, chiedo aiuto ad Enrico ma le sue dita grosse non riescono a digitare i numeri sulla tastiera. Vado da Lei a piedi, di corsa salgo i tre piani di scale delle case popolari delle di via Diaz, le case Fanfani. Lei mi apre distratta, e pulendosi le mani nel grembiule mi dice di accomodarmi, un bambino piccolo è seduto sul seggiolone e una signora anziana è davanti alla porta finestra, sul fuoco un pentolone di acqua e sul tavolo sono distesi in bell’ordine dei pomodori secchi. Ma come, io sono preoccupata, tu non rispondi e sei qui a conservare le verdure, dobbiamo andare se no ti prendono, è tardi, possibile che tu non capisca. Enrico mi raggiunge e di fronte all’evidenza commenta ” È la solita storia, tu ti preoccupi, ti angoscia e gli altri se ne fregano e continuano a fare il cavolo che vogliono”. Lolita è una casalinga con un figlio e un’anziana donna in casa. Lolita non è consapevole del pericolo in cui si è cacciata e io non so come aiutarla. Mi sveglio sudata, Lolita è entrata nei miei incubi, non quella di Nabokov, che ho letto molti anni fa, di cui non ricordo nemmeno bene la trama, solo il disgusto per il fatto che un adulto si approfittasse di una ragazzina, solo questo ricordavo. Poi però in questi giorni sto leggendo un libro di Azar Nafisi: “Leggere Lolita a Teheran”. Molto interessante, scritto bene, pieno di spunti di letture e riflessioni, di storia del suo paese e della politica e rivoluzioni che in Iran li ha coinvolti tutti, in particolare l’accanimento sulla libertà delle donne da parte del regime di Khomeyni. Sono solo arrivata nel punto in cui gli studenti universitari, su suggerimento della loro docente, processano il libro dal titolo: “Il grande Gatsby”, non il suo autore Fitzgerald, solo il romanzo. Questo libro mi sta’ prendendo molto, spero di ritrovarlo ancora nei mie sogni, ma non sottoforma di incubo.
Pugno di scimmia
Niente sveglia questa mattina, nessunissimo rumore, il mare è una lastra di vetro trasparente, non un alito di vento, solo il belare di due capre che arrivano quasi a riva. La luce è ancora tenue, sono le sette e noi abbiamo dormito 9 ore filate. Siamo pronti per ripartire, qui però è talmente bello: siamo in una piccolissima baia, davanti a noi Alonisos, la vista spazia fra terre, mare e cielo, se il cielo e il mare sembrano parenti per similitudini le terre assumono sembianze sempre diverse: terre rossicce o rocce grige, sulle coste spaccature a formare grotte e strapiombi a picco sul mare, il loro colore può assumere toni diversi a seconda delle ombre che le colgono solo per metà, lo strapiombo è inerte davanti a noi come una ferita, ha fermarne l’ulteriore caduta in mare sulla sua estremità, una compatta macchia di verde la trattiene con le sue radici. C’è molto verde su queste isole. Mano a mano che ci allontaniamo, dietro di noi le colline perdono i loro colori brillanti. Lasciano il posto a quella a cui stiamo andando incontro: Skopelos. Ci vorranno 25 miglia per raggiungerla, nel frattempo, vista la giornata di ieri ho un sacco di cose da sistemare in barca, in più anche l’esterno ha i suoi problemi che ieri abbiamo tralasciato, Felicità è punteggiata da granulini neri e grassi, sono dapertutto, anche sui cuscini che alla fine andranno buttati perché nel tentativo di pulirli abbiamo peggiorato la situazione, meno male che erano già conciati ed era in programma di cambiarli. Sulla coperta è stato più facile eliminarli con acqua e poco sgrassatore, anche noi muovendoci e sedendoci ci siamo conciati. Alla fine è stata necessaria una doccia seria con acqua calda e sapone. La causa? Di sicuro il piccolo traghetto giornaliero che sostava vicino a noi al di là del molo, quando arrivava e quando ripartiva i suoi gas di scarico erano famelici e ci siamo accorti tardi di quanto inquinamento producesse anche con il generatore acceso tutto il giorno. Il giorno prima di partire, quando è arrivato, alle 5 del pomeriggio Enrico lo aspetta sul pontile, se non possiamo fare niente per l’inquinamento (se non andarcene) possiamo evitare che il marinaio, durante le manovre di attacco ci tiri di nuovo addosso (come successo il giorno prima), il pugno di scimmia, dopo il lancio dal traghetto aveva preso in pieno il nostro boma, l’impatto ha prodotto come una fucilata, io ero lì sotto che leggevo, mi sono presa uno spavento e se il lancio fosse stato più basso mi avrebbe colpita. Il pugno di scimmia è una palla di corda pesante situata all’estremità di una cima leggera che a sua volta è legata alla vera e propria cima di ormeggio, che in questi traghetti sono decisamente grosse e pesanti, per questo viene lanciata la cima leggera che però alla sua estremità deve avere appunto qualcosa di pesante (pugno di scimmia) per essere ben indirizzata. Enrico è lì che aspetta di vedere il marinaio che lancia il pugno di scimmia, lo inquadra, si fa sentire e capire, le poche parole che sappiamo in greco sono eloquenti: “Sigà Sigà” il marinaio capisce e si giustifica dicendo che il giorno prima c’era vento forte, “Ok” risponde Enrico ma ribadisce: ” Sigà Sigà” . Pulendo la barca questa mattina penso come al solito che c’è sempre il rovescio della medaglia, l’isola di Efstratios è stata una bellissima esperienza , ma come sempre non può essere un paradiso, anche lì magari ci saremo fermati di più restando per la finestra del brutto tempo. E anche qui in baia oramai siamo a ridosso del temporale e non possiamo cincischiare, ci sarebbe piaciuto rimanere in baia all’ancora, soli soletti, per almeno un paio di giorni, ma purtroppo il meteo comanda e noi vorremmo essere già ormeggiati sicuri in porto. Magari ci torneremo, come dico sempre: “Queste isole sono qui da un po’ di tempo, micha se ne vanno l’anno prossimo!”
In diretta
Oggi il sole è sorto alle nostre spalle, è spuntato con comodo verso le 7 da dietro le colline dell’isola di Efstratios. Ora che è poco più alto, la sua scia di luce allungata si riflette in mare e sembra inseguirci fino a scontrarsi con la nostra poppa per poi perdersi. Più tardi la ritroverò alla sinistra di Felicità più ambia e scintillante. La luna invece, è molto pallida, ancora alta davanti a noi. Siamo in navigazione solo da mezz’ora e tutta l’isola si presenta all’orizzonte per intera, lunga e ondulata. Dirigiamo a sud ovest con vento al traverso, alle 7,30 issiamo la randa e poco dopo anche il fiocco. La data della partenza è stata decisa l’altro ieri, quando dalle previsioni del vento e del mare era abbastanza chiaro che avremmo raggiunto le Sporadi in favore di vento. Per cui ieri abbiamo avuto una giornata intensa cominciata con la visita al Museo della Democrazia, una spesa di frutta, verdura e pane, un piccolo bucato visto l’abbondanza di acqua e per lo stesso motivo rabbocco del serbatoi di Felicità, ho cucinato, e non volendo rinunciare alla nuotata ci siamo messi a tavola molto tardi e di conseguenza il pomeriggio è stato brevissimo avendo ancora da ritirare, piegate, e mettere via il bucato che non era poi tanto piccolo. Questa mattina un attimo dopo essere partita la nostra sveglia alle 5,30, il suono lungo e possente del grande traghetto ci ha fatto saltare giù dal letto. Mentre noi ci preparavamo son partiti in sequenza: il peschereccio ormeggiato alla nostra poppa, la solita motonave che dorme nel bacino riservato e il grande traghetto. Quando alle 6,30 molliamo gli ormeggi in porto non c’è nessun altra barca a parte i piccoli pescherecci dei locali. La baia di Peristera è la nostra destinazione per oggi, una piccola isola disabitata di fronte a all’isola di Alonisos dove una baia protetta ci permetterà di ormeggiarci all’ancora per questa notte. Davanti a noi per il momento si staglia l’isola di Piteri un’unica e lunga parete bianca a picco sul mare, solo sulle sommità, una spolverata di verde. Dopo di lei incontreremo Panagia, entrambe parchi marini nei quali puoi fermarti solo pagando anticipatamente con prenotazione via internet. Si è fatta l’una, mangiamo nelle tazze: pomodori, feta, olive, olio e pane. Da un po’ abbiamo tolto la randa e il vento è girato al giardinetto. Felicità va alla grande, con vela e motore arriviamo a punte di 7,5 nodi. Enrico è gasato, io meno, sono addormentata, ho dormito solo dalle tre e mezza fino alle 5,30. Dopo che Enrico ha dissipato i miei dubbi sulla partenza. Non dormendo ho consultato il bollettino del mare e mi sembrava cambiato da come lo avevamo controllato insieme 5 ore prima. Non sono pimpante come lui, ma i panorami nei quali ci infiliamo, fra un’ isola e l’altra, gli anfratti, le baie, le insenature che ci circondano è proprio un bel vedere. Alle 16 buttiamo l’àncora, e fissiamo Felicità anche con una cima a terra. Bagno assicurato per raggiungere a nuoto una grossa roccia che è già circondata da un robusto anello di cima. L’acqua è calda e trasparente, in questa piccola ansa ci siamo solo noi. La cena è pronta. Dobbiamo solo goderci la serata e dormire un po’, domani mi sa che ripartiamo, per non perdere le buone condizioni metereologiche.
Testimonianze
Efstratios, Museo della Democrazia.
In un’isola così piccola, una grande storia raccontata da piccoli oggetti e fotografie, dove l’operosità e la coralità degli abitanti ha fatto la differenza. Uomini e donne, nel dopo guerra, dopo il terremoto del 1968, nei momenti del riscatto con l’anniversario dell’ indipendenza, negli anni 50, fino alla recente costruzione del porto. Negli espositori: testate di giornali e vecchie cartoline di privati cittadini. La vita scorre in queste stanze: vediamo donne che confezionano scarpe, e le stesse scarpe le vediamo sia dal vero che fotografate in modo grottesco durante una sfilata di un carnevale. C’è la banda del paese, il teatro comico e l’opera. I cittadini sempre coinvolti, sempre partecipi, una collettività che mi ha fatto tenerezza. Uomini duri col piccone in mano a spostare sassi, donne sempre in nero che la fatica fa sembrare sempre più vecchie. Non mancano oggetti di artigianato molto ricercato come una radio con la parte in legno intarsiata, o semplici rasoi a mano. C’è un baule di vecchia foggia ben protetto dal plexiglass e una vecchia valigia in terra, sembra casualmente appoggiata lì, pronta per partire. Quanta energia abbiamo trovato in questo museo, quanta voglia di vivere e condividere, in armonia e in democrazia. Un piccolo museo una grande testimonianza. Domani lasceremo questa piccolissima isola di Efstratios, un punto in mezzo al mare Egeo che ricorderemo con affetto, come se fosse la sorella più piccola di Limnos.