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Mercoledì, prima di riconsegnare le auto siamo passati tutti dal supermercato a fare la spesa, fra giovedì e venerdì, a seconda delle previsioni del mare,  sia Andrea e Roberta che Mauro e Mari salperanno per altre isole. Noi e Katy Wu con Oliviero resteremo su Limnos. La nostra spesa è poca e ci avviamo a piedi verso il faro. Impossibile non vederlo subito, tre piani di Yacht lungo 40 metri, per metà fuori dal molo, e quando ci avviciniamo è a 30 centimetri dalla nostra poppa! Troppo vicino, terribilmente vicino. A bordo, oltre al  capitano 3 uomini e due donne di equipaggio. Ci accordiamo per spostarci tutti un po’ avanti per permettergli di arretrare. La distanza di sicurezza viene rispettata da tutti meno che dallo Yacht che ci si appiccica di nuovo a poppa. È troppo vicino ma pazienza. Hanno naturalmente il loro generatore di corrente che per il momento ronza e gli scarichi si perdono al largo. Verso sera il mega yacht si illumina a giorno, diventando l’attrazione del molo, in molti arrivano per ammirarlo, ha luci ovunque: dentro, fuori, e sott’acqua. Entrando in camera da noi sullo specchio si riflettono le sue  luci, anche la mia camera è illuminata a giorno, il capitano sembra leggermi nel pensiero e mi chiede se è meglio che spenga le luci a poppa, certo, molto meglio se spegne. Ma la cosa che mi preoccupava non è successa subito, è cominciata ieri, quando è girato il vento, i fumi di scarico del loro generatore saturano la nostra poppa infilandosi poi in gabina. “Sorry” è la risposta. Che ho già sentito altre volte, Sorry un accidente, grandi, grossi, e prepotenti, non che inquinatori. I nostri 10 metri di barca hanno i pannelli solari, certo, non abbiamo l’aria condizionata e la Jacuzzi…noi. Non c’è scampo ci dobbiamo togliere di qui il più presto possibile, lui non se ne andrà di certo, il loro armatore arriverà fra 10 giorni. Il vento anche questa mattina gira  a nostro sfavore, nausea e mal di testa assicurati, ma dobbiamo aspettare che Mauro lasci libero il suo ormeggio in porto. Siamo già d’accordo, ci muoveremo ad un suo segnale, in baia ci sono altre barche ormeggiate all’ancora, temiamo un assalto al posto in porto. Invece va tutto liscio, mentre Mauro salpa la sua ancora noi siamo già in posizione. Ora siamo ormeggiati in banchina a fianco di Katy Wu e Oliviero. Meglio di così non si poteva.

Con due macchine a noleggio, il gruppo completo di 8 amici italiani parte alla scoperta delle meraviglie di questa isola. Dopo la programmazione del viaggio, che ha richiesto due serate, dopo la prima  prenotazione saltata a causa del forte vento, dopo aver rimandato la partenza dall’isola di Limnos per due dei nostri, finalmente mercoledì 24 luglio con due piccole auto ci dirigiamo al sito archeologico di Poliochni, sarà la prima tappa perché nel pomeriggio è chiusa e Mauro e  Meri avevano già sperimentato la chiusura in un giro precedente. È ancora un colpo d’occhio di una città integra che dal promontorio si affaccia sul mare, naturalmente solo una ragnatela di mura basse che delimitano i vari locali, molto piccoli e zone più ampie  per granaio o riunioni pubbliche. Fa impressione pensare che sia una città preistorica del quarto millennio a.C. Notevolmente impressionati lasciamo la città con i suoi sassi  che hanno visto scorrere davanti a loro generazioni e generazioni di umani. La seconda tappa: Modruos, non ha  niente di archeologico ma ci interessava vederne il porto. Nonostante il vento fa caldo e ci sediamo ad un bar per bere qualcosa di fresco. Forse ci siamo attardati troppo perché quando arriviamo nella piccola e vecchia città di Kontias è già mezzogiorno, ed è difficile apprezzare casette in pietra che si susseguono su stradine di cemento, in macchina, poco fuori il paesino ammiriamo i cinque  mulini in pietra, ora trasformati in hotel. Per niente pimpanti, accaldati, nervosi ed affamati  ci dirigiamo in macchina verso la zona montagnosa all’interno dell’isola, lì a Sardes abbiamo prenotato il pranzo in un un ristorante al quale preferirei non fare pubblicità perché ha deluso tutti noi. Il pezzo forte della gita viene ora, naturalmente scendendo dal paesino ci perdiamo come altre volte in questa giornata così piena di posti nuovi, senza cartelli che, se ci sono sono, sono scritti in greco e nascosti dalla vegetazione. Ci siamo anche persi di vista con l’altra macchina, ma Google Maps ci riunisce. Ci dirigiamo al Parco Geologico di Faraklou. Lungo la strada per raggiungerlo il panorama è brullo e i pochi campi di grano sono stati tagliati lasciando sul terreno solo giallo secco. Procediamo, la strada non è più asfaltata, un sali scendi fra buche e sassi appuntiti, strettoie e curve che costringono il guidatore a vere acrobazie quando incrocia altre macchine. Solo ora capisco perché noleggino solo vetture piccole. Quando dopo aver parcheggiato al sole scendiamo dalla macchina siamo frullati. Allo stordimento del viaggio seguirà un altro stordimento, ben più piacevole, un panorama davvero difficile da descrivere: rocce sedimentarie vulcaniche levigate, spettacolari, tondeggianti, o pieghettate come tessuto che scende morbido  verso il mare, o ampi spazi in discesa lisci come piste da sci, funghi di roccia più scuri, sabbia color oro e una particolare vegetazione che copre fittamente il terreno. Niente di quello che vediamo può essere paragonato a qualcosa di già visto, dà l’impressione di essere su di  un altro pianeta. In questa giornata molto movimentata e faticosa non abbiamo visto molte altre cose tipo le dune o i fenicotteri nei laghi, o altri parchi geologici. Ma se ripenso alle rocce di Faraklou mi ritengo molto soddisfatta, anche perché le ho vissute in buona compagnia. Meno soddisfatto, penso, il noleggiatore di auto al quale abbiamo riconsegnato delle macchine super impolverate.

In questi giorni ho fatto poco o niente, ma non ho ancora finito. Unica eccezione la gita al castello. Una bella salita su di una comoda scalinata in cemento bordata di pietre, ampi panorami si aprivano a secondo della posizione e dell’altezza. Era una settimana che pensavamo di salirci ma il caldo ci ha sempre fermati, poi è arrivato un vento veramente forte e già dal mattino ci siamo accordati con gli amici per affrontare la salita alle 19,30, in modo da poter vedere il tramonto. Per i cenni storici vi rimando al sito Grecia Mia, che meglio di me vi spiegherà tutto, io ne farei un riassunto. Le persone in passeggiata sono molte: famiglie, coppie, gruppi di giovani e meno giovani come noi. Il vento lassù è veramente forte ma non impedisce di arrampicarsi in tutti i vari sentieri che conducono al perimetro delle mura, fino al punto più alto dove svetta la grande bandiera greca, lì sotto c’è più gente che in altri punti ma noi non ci siamo arrivati. Le mura sono ben conservate e gli spazi sono ampi, solo due strettoie alla fine della scalinata per accedere alla cima, per impedire l’intrusione dei nemici, con tanto di archi molto coreografici. Un sali scendi continuo di turisti, tutti in posa per le foto o incantati e fermi per guardare i vari panorami. È arrivato dall’alto anche un caprone bianco, di corsa, verso i turisti che se la sono date a gambe schiamazzando e dirigendosi da tutte le parti per la paura e la sorpresa. Il forte vento spinge sulle gambe, ogni tanto ci afferriamo alle rocce o ci sediamo su qualche gradino di pietra. Aspettiamo il tramonto che sembra compromesso da nuvole che mutano forma e posizione in continuazione, il vento le ammassa o le stiracchia allungandole, infatti fotograferemo un tramonto diverso dal solito. La discesa risulterà più faticosa della salita, il vento cala e il caldo avanza assieme agli odori dei ristoranti, gli altri  turisti sono già  tutti giù, ad occupare tutti i posto attorno ai tavolini dei ristoranti. Roberta che non è potuta venire  con noi ci chiede come sia andata. Le rispondo che le mura viste da terra, nel loro insieme, la sera, quando sono illuminate sono molto meglio che viste da vicino frammentate, quello che affascina da lassù sono i vari panorami: promontori, isolette, lingue di terra bassa fra una collina ed un’altra, la diga del porto, e il piccolo porto dei pescatori. Dopo la descrizione Roberta ci racconta che proprio quella mattina, alle 5, dal pozzetto di Sisila vedendo delle ombre strane, ha guardato sul molo ed è rimasta immobile nel vedere 4 cerbiatti che giravano indisturbati, poi è arrivata in strada una macchina e sono scappati. Vince Roberta: 4 cerbiatti contro 1 caprone.

È sempre ventilato qui in porto, pare che da queste parti il meltemi non abbia finestre, più o meno forte, per il momento non è mai stato un problema, anzi non oso pensare a cosa sarebbe la strada in cemento che percorriamo dalla barca alla spiaggia, senza vento. A volte però è già tardi, o siamo già usciti per la spesa, per cui per rinfrescarci, ed evitare molta strada,  prima di mezzogiorno ci tuffiamo dalla barca e raggiungiamo, passando rasente la testa del molo degli scogli super popolati di pescetti. Ieri due guardiacoste che passeggiavano dalle nostre parti ci hanno visto in acqua e ci hanno detto che è proibito nuotare in porto, gli ho spiegato che andavamo lì dietro… ma avevano ragione loro, è pericoloso nuotare nei porti anche quando l’acqua è cristallina e più che nuotare sguazziamo in acqua, sempre attenti. Peccato, era particolarmente comodo, non lo faremo più. Ieri mercoledì 17 arrivano in rada con il il loro Amel Roberta ed Andrea, ci siamo sentiti per telefono fin da ieri ma la connessione non era il massimo, oggi invece a poche miglia dall’ingresso del porto ci informano: “Arriviamo!” In rada poche barche, il primo tentativo di buttare l’àncora fallisce, girano in giro un po’ e poi vedono un posto libero in porto, gli altri amici dormono e non sanno del loro arrivo, Enrico inforca la bicicletta e va a prendergli le cime. Un posto libero è stata proprio una fortuna, dopo di ché anche la rada si è riempita di altre barche in arrivo. Ora sono sfiniti, li lasciamo stare, ma più tardi ci racconteranno delle onde al traverso che li hanno fatti ballare e delle belle cascate che hanno visto sull’isola di Samothraki. Per festeggiare il loro arrivo, Mari ha pensato di acquistare una anguria, dividerla in due per farne entrare una metà nel frigo di Katy e poi, dopo cena piazzarci sulle panchine davanti alle loro imbarcazioni e mangiarla in compagnia. Noi porteremo il tavolo pieghevole e una sedia, per il resto ci penseranno Mauro e Mari. Il nostro occupare due panchine è stato un po’ forzato, mangiare l’anguria lì sul passeggio del porto non è passato inosservato, poi, si sa, gli italiani sono un po’ casinisti. Sul tardi Enrico, sempre con la bici, è andato al supermercato, che qui è aperto fino a tardi e ne è tornato con un grande sacchetto di ghiaccio in cubetti e una bottiglia di Ouzo. Le chiacchiere sono continuate, i cubetti di ghiaccio hanno rotto i bicchieri di plastica, causando gocciolamenti inaspettati anche sui piedi,  altri cubetti sono serviti a rinfrescarci, e uno è finito nella schiena di Andrea!  L’aria è fresca il passeggio ancora intenso ma, dopo aver diviso il ghiaccio restante un po’ per uno ci ritiriamo ognuno nella propria barca. Noi, torneremo all’estremità del porto dopo aver chiuso il tavolino, la sedia e ritirato quello che è rimasto dell’Ouzo. Oggi, giovedì 18 Luglio, al rientro dalla spiaggia dove alle 12 abbiamo fatto il bagno  mentre ci prepariamo per mangiare sentiamo delle grida sul pontile, sono due Guardacoste che vogliono attirare l’attenzione di un surfista che con la sua tavola scorrazza sull’ingresso del porto. È proibito! E il surfista rientra con la tavola  sul suo catamarano ormeggiato in rada. Per cui, ieri, i Guardacosta non passavano per caso sul molo, quando noi facevamo il bagno. Come oggi non sono arrivati per combinazione quando il surfista si divertiva. I Guardacosta lavorano. Anche per la nostra incolumità. Nello specchio d’acqua ora libero da intrusi, sta arrivando un traghetto

Lunedì 15 ho sbrigato presto le mie faccende, così alle 11 ero già in spiaggia a camminare con un grosso cappello alla texana dalle tonalità sul  giallo a disegno scozzese, un vecchio cappello che mai mi sarei sognata di mettere in luoghi dove mi conoscono. Mi calza e mi protegge bene dal sole, sapevo che prima o poi avrei avuto il coraggio di metterlo, non che passi inosservato, ma lo porto con tanta naturalezza che solo gli altri, se ne hanno voglia lo notano. Questa cosa fa parte della libertà  che respiro in Grecia. Per il primo tratto, finché non trovo il  posto giusto per lasciare borsa e ciabatte, indosso anche un abito in cotone leggero con maniche lunghe, il sole è già alto è non è certo l’orario più adatto per passeggiare al sole. I piedi a mollo nel bagno asciuga e il vento fanno dimenticare che sia quasi mezzogiorno. Lascio tutta la mia roba addossata ad un muretto nelle vicinanze di una cabina con vicino una doccia, metto un paio di occhialini e faccio una bella nuotata. Enrico non c’è, tutta la mattina è andato avanti e indietro con la bici per ritirare la biancheria in lavanderia, cercare di pagare il porto, acquistate la tessera per prendere l’acqua dalla colonnina e acquistare un poco di frutta, solo per oggi, domani faremo la spesa. Quando rientro in barca trovo Katy e Oliviero che ci sono venuti a trovare, dopo un po’ di chiacchiere propongo di mangiare insieme, katy va ha prendere la sua insalata Greca, io tiro fuori dal frigo gamberi e alici sott’olio e una bottiglia fresca di prosecco. È ventilato qui dove siamo ormeggiati noi, più che nel centro del porto. Katy mi elenca gli altri disagi: le macchine che passano, la polvere che entra in barca, il casino dei passanti. Sono sempre più contenta del nostro ormeggio all’inglese vicino al faro rosso, all’imboccatura del porto, molto bello, di nuova costruzione in pietra grigia, di base esagonale, per i primi 4mt. e turrita per la sua circonferenza, gli altri 4mt,  sono divisi in due, di diametro diversi, il primo più  ampio colorato di un rosso acceso, l’ultima parte bianca con in cima la luce rossa. La sua mole riesce sempre a proiettare nell’arco della giornata in uno dei suoi lati uno spazio di ombra, sempre frequentato grazie ad una seduta, sempre in pietra che la circonda alla base, certe volte ci vado anch’io a leggere il libro, è  molto ventilato lì.  Della partita di calcio di  ieri sera: Inghilterra Spagna ne abbiamo sentito l’ultimo gol quando eravamo già a letto, un boato che ci ha fatto sorridere, chissà chi a segnato? E il primo messaggio, la mattina seguente c’è lo ha mandato Katy: Vinto Spagna, con tanto di disegnini di festeggiamenti. Già dal pomeriggio di domenica si prenotavano tavoli al bar vicino ai televisori, tutti gasati. Ci ha raccontato Oliviero che al bar, alle ore 23 avevano finito le birre, meno male che non sono andati ai rigori!  Finito il campionato ci saranno le Olimpiadi, spettacolo garantito ancora per un po’ e consumi spropositati di birra anche! Noi quella sera, molto prima della partita, siamo andati sul lato ovest del promontorio a vedere il sole tramontate sul mare, ma, con tutto il mare che c’era, lui è tramontato dietro il Monte Athos che si è visto solo quando il sole gli è stato sopra. Sempre uno spettacolo, ed eravamo in molti ad ammirarlo.

C’è un bel vento questa mattina, il solito meltemi che ci tiene freschi e non ci preoccupa perché siamo ben ormeggiati in porto. Lo stesso vento che sta riportando da queste parti Andrea e Roberto che sono stati prima sull’isola di Thasos e poi sull’isola di Samothraki, ora scenderanno a Limnos in favore di vento, ogni tanto li sentiamo e va tutto bene. Ieri mattina Sabato 13 la spedizione quasi al completo del nostro gruppo di italiani ha affrontato di nuovo i 5mila passi circa per andare in pescheria, mancava Oliviero, assente ingiustificato, il viaggio è stato più agevole della volta precedente, sacchetti più leggeri che hanno portato gli uomini. Nonostante il pescivendolo abbia pulito il pesce c’è stato da lavorare molto lo stesso:  gamberi, branzino e 800gr di alici da mettere sotto sale e aceto, per poi condirle con olio, prezzemolo e aglio. Niente ristorante per un po’. Ci ritroviamo comunque  sotto un’ampia tettoia del bar affacciato in spiaggia. Noi aspetteremo qui a Limnos Andrea e Roberto, ma Katy ed Oliviero si muoveranno presto, e mi sa anche Mauro e Mari, loro conoscono meglio di noi queste zone per cui siamo tutto orecchi per ascoltare le loro nuove rotte. Per sabato sera ci propongono di tornare a sentire musica dal vivo e bere insieme qualcosa seduti in uno dei tanti locali, passiamo la mano, dopo aver cenato in barca con il branzino ci godiamo il tramonto di fronte a noi che incendia di rosso celo e mare. Il passeggio per arrivare in fondo al molo, qui al faro, è più intenso del solito oggi, famiglie, ragazzini in gruppo, anziani col cagnolino, qualche moto ma nel complesso non è chiassoso, e già alle 23 sprofonderemo in lungo sonno. Il forte vento di questa mattina, ha coperto lo scampanio delle varie chiese ortodosse che ci circondano. Nessun programma per oggi, tranquillità assoluta. Gli amici sono andati al solito Super, ma hanno dovuto aspettare l’apertura prevista per le ore 11, oggi è domenica, il 14 luglio e a me sembra di essere qui già da una vita.

Ieri, dopo cena con gli amici abbiamo passeggiato sul lungo mare sul lato ovest del castello, ancora una sorpresa, da questa parte le mura sono più integre e arrivano,  degradando e  seguendo la linea della collina quasi fino al mare, sono molto illuminate e la suggestione che creano è di imponenza ed eleganza. Siamo quasi a metà luglio e il lungo mare trabocca di persone in passeggiata e altre comodamente sedute ai tavolini, c’è musica brasiliana dal vivo con tanto di cantante, luci colorate, molti giovani  e tanta, tanta confusione, ci facciamo trascinare dal flusso turistico cercando di parlare fra di noi, un’impresa quasi impossibile. Più ci allontaniamo dalla musica più guadagnamo spazio, silenzio e anche un piacevole venticello. Sotto le mura, a sporgere sul mare, due ampi spazi a  gradinate accolgono tavolini ed ombrelloni, la luce è  soffusa e quel poco di luna si riflette in acqua, un angolo molto romantico. Ci racconta Mari, che l’anno scorso, a causa dell’alluvione, proprio in questo punto  c’era un enorme buco. È strabiliata per la velocità del recupero del territorio e per la piacevolezza del progetto di questo angolo ora così romantico. Seguiamo Oliviero nel percorso di rientro in vicoli bui e zone abbandonate, siamo perplessi ma fiduciosi , infatti ci ritroviamo dove avremmo voluto, vicino al porto, sul lato est della collina. Venerdì 12 luglio, 5.242 passi per raggiungere un grande Supermercato super fornito. Ci muoviamo dal porto io e Katy Wu alle 10,30, per rientrare alle 12, il sole morde e di aria non c’è né molta, partiamo armate di zaino anche se non dobbiamo comprare molte cose, solo quelle che non troviamo nei negozi qui vicino, figuriamoci: zaini pieni e sacchetti in mano, arriviamo con la lingua fuori e assetate, ma abbiamo acquistato un sacco di cose buone. Nel tardo pomeriggio, dopo esserci riposati tutti, meno Enrico che ha lavorato parecchio per  abbassare la seduta davanti al timone, così sarà più riparato dal parabrezza in navigazione,  riprendiamo a camminare verso la spiaggia, non so quanto passi siano, è Katy Wu che  conteggia con l’orologio. Mauro oggi non è con noi, ha un appuntamento con una fisioterapista per un forte dolore alla schiena, ci vorranno tre sedute per rimetterlo in pista. Noi invece sguazzeremo  in acqua che ci rinfresca sempre.

Poi però.. si libera un posto all’inglese sul limite del porto. “Cosa dici Lella, andiamo?” Per sfinimento ho detto si, non avevo voglia di dare altre spiegazioni di stanchezza, e scoramento, non avevo voglia di fare altri ormeggi e non avevo voglia di un ormeggio all’inglese, non mi piace, perché non si dorme per il rumore dei parabordi che sfregano in banchina quando c’è vento. Salpiamo l’àncora e andiamo, avvisiamo Mauro che ci viene a prendere le cime, non c’è più vento, Enrico manovra perfettamente, accostiamo dolcemente, io passo la cima di prua, la riprendo, la fisso alla bitta, Enrico passa la cima di poppa ecc… ecc… Tutto normale, non ci posso credere, oggi è sempre andato tutto storto! L’ormeggio ci dà il grosso vantaggio di essere a terra ma soprattutto abbiamo l’accesso all’acqua. Nel tardo pomeriggio con gli amici (ora siamo in 6) andiamo a fare il bagno e al rientro passiamo prima al supermercato per della verdura. Cena a bordo questa sera: un piattone strapieno di verdure cotte con poco riso. Lo abbiamo gustato come se fosse una prelibatezza, forse lo era. Chissà se riusciremo a dormire? Oramai mi aspetto di tutto. Alle 10 già a nanna. E oggi giovedì 11 ci  siamo svegliati alle 8,30. Era una vita che non succedeva, comincio a ricredermi sull’ ormeggio all’inglese. È nuvolo fuori e l’aria freschina è un piacere, in questi giorni abbiamo avuto temperature torride, ci siamo salvati solo per il vento, le nuvole girano intorno alla baia e stare in barca è piacevole, ne approfitto per pulire un po’ tutto, con libertà di acqua che fino ad ora di baia in baia ho consumato con molta accortezza. Enrico monta la bicicletta, e dopo aver trovato un negozio nautico compra dei pezzi nuovi e aggiusta lo stacca batteria dell’elica di prua che ci aveva abbandonati sul più bello. Più tardi uscirò anch’io, con una borsa strapiena di panni sporchi: ho trovato finalmente una lavanderia, oggi il colorato, domani porterò il bianco. Quest’isola di Limnos mi piace sempre di più. E pensare che vederla dal mare diceva poco o niente: territorio molto brullo, poco verde solo intorno a poche case, sulla cima di un piccolo monte delle vecchie mura. Viverlo da dentro è diverso: ben servito di tutto. La sera quelle vecchie mura viste da lontano, sono ben illuminate per valorizzare al meglio un castello. Penso proprio che ci fermeremo un bel po’ su Limnos e avrò modo di conoscerla meglio.

Alle 7 di martedì Enrico, dal molo dei traghetti raggiunge a piedi una zona dove pensa sia possibile ormeggiare a fianco al peschereccio, mi avvisa che scende e che ci vorrà un po’ di tempo a piedi perché è lontano, lasciando in barca il suo telefono, quando me ne accorgo vado in panico” e se nel frattempo arriva il traghetto?” Controllo in continuazione che rientri. Le notizie che porta sono doppiamente buone, la prima che potremo ormeggiare, la seconda che camminando sul porto ha visto la barca Lady blues di Katy Vu ed Oliviero, nostri amici. Dopo l’ormeggio che va liscio come l’olio anche con l’aiuto del pescatore che scende dal peschereccio per prenderci le cime telefoniamo ad Oliviero ” Ciao, siamo qui a Limnos  nello stesso porto dove siete voi”. Katy ci vuole subito in barca per abbracciarci. Stiamo sulla loro barca a chiacchierare con un bel venticello e sorseggiamo un ottimo tè cinese, come Katy Vu, Oliviero è di Bergamo e ci siamo conosciuti nel golfo di Corinto al porto di Galaxidi, in piena pandemia. Nel frattempo si è fatto mezzo giorno e penso a Mauro e Meri che saranno arrivati al capo di Monte Athos, oggi le onde previste sono di 80 cm. Da adesso in poi la navigazione sarà difficile, li aspettiamo per le 18 circa. Ma arrivano molto prima, belli pimpanti e contenti,  hanno fatto una bella veleggiata solcando le onde senza fatica. Siamo contenti e finalmente non sarò più preoccupata per loro. Ceneremo assieme in un ristorante che loro conoscono. La serata si concluderà con una passeggiata nella piccola via interna dove fra le case di destra e di sinistra un arco continuo fa da supporto a piante rampicanti che anche a mezzogiorno ombreggiano la piccola via. Ore sette di mercoledì 10, Oliviero ci chiama “si stanno liberando due posti in banchina” siamo addormentati, di casini ne abbiamo fatti abbastanza, non è il caso di correre, per cui decidiamo di non muoverci ma avvisiamo Mauro e Mari che sono in baia, loro hanno già visto il movimento in porto e stanno togliendo l’àncora. Con comodo alle dieci, visto che un posto è ancora libero ci portiamo in porto per l’ormeggio, c’è vento, ci vogliono un po’ di manovre ma poi buttiamo l’àncora e in retromarcia a pochi metri dalla banchina non c’è più catena, abbiamo mollati tutti i 75mt. Rifacciamo, ancora una volta non arriviamo in banchina, rifacciamo, la catena non scende, c’è un nodo che non riesco a sciogliere, Enrico viene a prua e sdraiato sopra il pozzetto della catena ci riesce, procediamo in retromarcia, ma quasi arrivati,  l’elica di prua che ci guida fra  le due barche non funziona più. Basta, andiamo in rada, molliamo l’ancora e restiamo lì. Gli amici a terra che ci aspettavano non si capacitano. Col telefono spieghiamo tutto, e comunque per oggi basta ormeggi. Poi però…

Non è stato necessario che suonasse la sveglia alle 5 lunedì per partire presto, alle 4,30 eravamo già svegli, con già una notte alle spalle  dormita male. Il trasferimento è stato bello movimentato, per cui quando siamo entrati in porto a Limnos eravamo frullati e stanchissimi. Ormeggio in banchina neanche parlarne anche se  avevamo già preparato l’àncora e giù i parabordi, tutto pieno anche lo specchio d’acqua dell’avanporto, brulica di barche a vela ormeggiate all’àncora, quasi difficile ormeggiarci anche Felicità, neanche a farlo apposta è tornato il vento forte. Facciamo un paio di giri prima di trovare una buona posizione, poi buttiamo l’àncora, il conta catena che non è ancora tarato segna 20 metri, io a prua non distinguo il colore in cui è stata colorata la catena, forse bianca, Enrico controlla e conferma, si bianca, ne cala altri 10 oltre ai 30, fa un po’ di retromarcia, la catena si tende, vuol dire che ha preso. Finalmente tutti tranquilli. A cena fuori? Assolutamente no, sono distrutta, imbroglio una cena e alle 9 di sera stiamo già dormendo. Alle due di notte un battere violento sulla barca ci sveglia all’improvviso.  In pigiama schizziamo fuori, una macchina del guardia coste ci punta i fari negli occhi, siamo sbalorditi, come è che siamo sul molo dei traghetti, gli agenti ci dicono che non possiamo ormeggiare qui dove siamo. Spieghiamo che l’ancora non deve aver tenuto e l’imbarcazione, spinta dal vento si è fermata qui, Felicità non ha cime di ormeggio legate a terra, il vento ci tiene addossati al molo. Ci consigliano di andare sul molo di fronte dei pescatori che è libero e lì possiamo andarci. Adesso? Con questo vento? Al buio? Parliamo  con  l’agente donna in francese. Ma? Quando arriva il traghetto domani mattina? Alle 9. Possiamo rimanere qui  per la notte? Alla fine dicono di sì ma alle 8 dobbiamo lasciare libera la banchina. Sempre in pigiama fissiamo le cime di ormeggio alle bitte e aggiungiamo dei parabordi che già c’erano, perché la sera precedente ci siamo dimenticati di toglierli. Troppo stanchi. Sono le tre del mattino, siamo sveglissimi e ancora non ci capacitiamo di come sia potuto succedere. Puntiamo la sveglia alle 6 ma quando ci alziamo dopo aver dormito pochissimo a causa di tutto i rumori dei parabordi  che si stritolavano fra il molo e la barca, costatiamo col binocolo che il posto barca è occupato da un peschereccio. Vedremo cosa fare, forse torneremo all’àncora.