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Nel porto di Patitiri ci siamo stati due notti, la prima per fermarci e riposare, e la seconda dopo aver sbrigato le pratiche per poter ormeggiare una notte sull’isola Kyra Panagia che è un parco marino protetto e necessita quindi di prenotazione a pagamento: per la barca e per  i passeggeri. Prima di raggiungerla, domenica, ci fermeremo una notte in baia sull’isola di Peristeria. Il meltemi, che per due giorni ha rovinato le ferie a molti, ha anche anticipato la sua ultima sfuriata a ieri sera. Così questa mattina si parte. Il vicino di barca greco vuole sapere dove andremo e ci consiglia una baia migliore. Cambio repentino di programma, avvisiamo Andrea che resta in porto per aspettare di fare rifornimento di carburante. Il mare mosso si vede già dal porto prima di uscire, il vento fischia subito dopo. Mare e vento contro. Sono solo cinque miglia ma sono toste, in prossimità dell’isola il mare si calma, la baia in cui ci infiliamo è piccola, come una bella bomboniera ma è già occupata, forse potremmo starci con le cime a terra, ma solo noi. Decidiamo di raggiungere un’altra baia vicinissima a questa dove ci sono già gli amici romani. Gli telefoniamo per capire se c’è posto, e subito dopo chiamiamo Andrea per avvisarlo che la prima baia non va bene, ci troviamo a quella subito dopo dove c’è Patrizia e Giovanni, lui chiede conferma: “quella che avevamo deciso ieri sera?” “Si” rispondo io,  ma gli dico anche di nuovo quella dove ci sono i romani. Conclusione non ci siamo capiti e loro ormeggeranno nella  baia stabilita dalla sera precedente,  con nostro grande dispiacere che li stavamo aspettando con Patrizia e Giovanni in un’ altra baia. Ci assicuriamo che tutto sia andato bene e che siano ben ormeggiati  dopo di ché ci diamo appuntamento per domani, domenica, sull’isola di Kyra Panagia. Dove sappiamo già non ci sarà campo per le previsioni e tutto il resto. Il fiordo in cui siamo ormeggiati all’ancora è ben protetto, ma il vento si sente eccome. L’acqua è chiarissima vicino alla riva, da fare vedere le rocce sottostanti, in contrasto  alcune macchie scure ondeggianti di alghe, il resto è sabbia, quando ci avviciniamo di più a riva col gommone vediamo ancora rocce e sparpagliate in ogni dove  un’infinità di ricci neri. Cambio immediato di direzione, scendiamo col gommone in una zona più  avanti, su del ghiaione, e poi in acqua neanche tanto fredda a riva, come c’è la aspettavamo, più avanti ci sono dei pesci con una striscia nera prima della coda che nuotano intorno a noi, scappano, ma ne arrivano altri. Cerchiamo in questa acqua limpidissima   la catena della nostra ancora, la troviamo, la seguiamo fino all’ancora che è  ben piantata nella sabbia. Siamo tranquilli. Torniamo in barca, Enrico col gommone io a nuoto. Ci voleva proprio una bella nuotata, ho fatto pace col mare mosso di questa mattina.

Ieri, giovedì, non abbiamo ballato poi tanto in porto con la risacca e il  traghetto ha un suo angolo di ormeggio circoscritto, per cui le onde provocate dal suo transito sono passabili. Però  è sempre uno shock quando il capitano da l’ordine di buttare l’ancora:   il rumore tremendo di ferraglia in corsa che precipita in acqua sembra infinito, è proprio all’inizio che ti colpisce, inaspettato e violento, ti si blocca il respiro, dovrei esserci abituata e invece mi coglie sempre di sorpresa come la sua mole. Passa subito però, lo guardo poi, il più delle volte, con interesse e ammirazione: le sue diverse balconate a poppa, la massa  immensa del blu dello scafo, le  grafiche delle varie compagnie marittime, le piccole e molteplici finestrelle, il comignolo alto nel cielo,  la sua voce tonante e i suoi passeggieri piccoli piccoli. Dopo che l’ho guardato non mi fa più paura, ma la puzza dei suoi scarichi neri mi angoscia, riempiono il porto e il paese circostante, riempiono i polmoni di tutti, siamo fortunati solo quando il vento viene da terra e disperde in alto mare nuvole e striscioni neri, densi e tossici.Nel pomeriggio sono andata in perlustrazione alla ricerca di un accesso al mare al di là del porto, l’ho trovato, dopo aver camminato lungo la scogliera, verso la fine della piccola baia, una scaletta metallica bianca si immergeva in un punto senza scogli nelle vicinanze, perfetta, ma il mare è mosso e non vorrei essere trascinata chissà dove. Senza ripercorrere tutta scogliera vedo una stretta scalinata in pietra che sembra portare più in alto ad una villa. Il fresco dell’ombra mitiga la fatica della salita, la scalinata gira a sinistra e dopo qualche altro gradino, mi ritrovo in una piccola strada, un cartello indica con il disegno di un turista con bastone e zaino, la  direzione da  prendere per arrivare  al porto. Proseguo, memorizzo il percorso, e mi trovo su di una balconata affacciata al mare, chiamo Enrico e Roberta e li coinvolgo nel percorso a ritroso per raggiungere la scogliera. La camminata ci voleva, mi stavo addormentando in barca a causa del dondolio, del libro non interessante e del pranzo arricchito dalla torta. La serata sarà tipica del turista: taverna con cibo greco, suonatori e cantanti. Roberta che è andata a scuola di ballo greca, si esibisce timidamente fra una fila di tavoli e un’altra. Il targhet di età dei commensali è sopra ai 70, tutti felici, noi compresi.

È arrivato ieri sera alle 7 il camioncino della frutta e verdura, dopo che io e Roberta avevamo già fatto la spesa. “Nettarine, vittamine, nettarine”, ci ha fatto piacere risentirlo e da Lui abbiamo comperato le ciliege. Nonostante sia stato necessario arretrare l’ancora di qualche metro, dopo l’ultimo incrocio, questa mattina alle 8,30 quando la salpiamo siamo vicinissimi alle rocce, vorrei mettere la retromarcia e allontanarmi o azionare l’elica di prua e scappate a destra, ma prima devo attendere l’avviso dal capitano: “Libera!” E una volta liberata sono più tranquilla e dirigo verso l’uscita. Navighiamo sotto costa, il motore a 2000 giri, la vela,  di bolina ci è di poco aiuto ma serve a stabilizzare l’andatura, ma presto la riavvolgeremo. Il mare è calmo e di un blu intenso, la costa  dell’isola che stiamo lasciando sempre verdissima, nella parte rocciosa, l’ambita dal mare sta passando dal grigio  al rossiccio. Alle 10,30 ci allontaniamo definitivamente da Skopelos per raggiungere l’isola di Alonnisos che è qui davanti a noi, ci vorrà circa un’ora e mezza  per raggiungerla. Fra un’ isola e l’altra due enormi roccioni, il vento da nord est non è molto ma  sulla superfice del mare la schiuma bianca segnale le ochette che cominciano a farci ballare un po’ di più. Le barche che incrociamo in senso  inverso  invece, procedono con poco  vento a favore. Prima che la situazioni peggiori (o forse è solo una scusa) scendo in cabina a prendere il thermos del caffè con i biscottini che Enrico ha comprato questa mattina in panetteria. La torta di mele la lasciamo per il dopo pranzo. Proseguendo lasciamo dietro di noi il porto di Patitiri, scartato a priori perché attracca il traghetto, perché c’è la città, perché c’è risacca. Procediamo più su ma la piccola baia è strapiena e comunque oltre l’ancora bisognerebbe mettere le cime a terra, troppo complicato, torniamo in dietro e ormeggiamo nel porto di Patitiri. Si sono fatte le 13 tra tira e molla, nel vero senso della parola, la poppa di Felicità non sta allineata all’ancora fino a che non avremo tirato e mollato gli ormeggi un  sacco di volte, poi arriva Sisila e aiutiamo loro. Dopo 14 miglia che ci hanno impegnati per 5 ore  di navigazione, siamo finalmente ben ormeggiati. È l’ora del pranzo, le uova sono già sodate e affetto solo i pomodori con origano olio e olive, non vedo l’ora, dopo, di assaggiare la torta di mele. 

Teniamo sott’occhio il meteo, guardiamo il portolano per capire che porti troveremo, leggiamo i commenti di chi ci è già stato, ne parliamo fra di noi, sentiamo Andrea e Roberta e si decide insieme: bisogna fare la spesa! Domani si parte. Per cui oggi è  l’ultimo giorno qui  sull’isola di Skopelos nella baia di Neo Klima. Vorrei fotografare un trenino con i vagoni di legno che fungono fa fioriere e spero di farlo nel pomeriggio, quando tornerò  al negozio per comprare i pomodori che questa mattina non c’erano, al nostro rientro in porto c’era confusione, un uomo è in acqua. No, ancora uomo a mare! Si. Però con pinne e maschera per liberare l’elica di un motore da una cima. Ci racconta Andrea: stavano uscendo, la cima del canotto si è slegata e caduta in mare, affondando si è avvolta sull’elica  trascinando sotto la barca anche il canotto, un casino! Anche questo risolto con la collaborazione dei presenti, sempre più pochini a dire il vero, il porto si sta svuotando. Ma non all’ora dei pasti, vedendo barche entrare Roberta non butta la pasta e io non tolgo i coperchi alle cibarie pronte. È un classico, basta mettersi a tavola e arriva qualcuno che ti speda l’ancora, che ti viene addosso o semplicemente serve il tuo aiuto per il suo ormeggi. Lo si fa volentieri, ma… sempre all’ora del pasto! La risacca qui in porto è stata costante per tutti i cinque giorni che ci siamo rimasti, uno sciaccquettio continuo accompagnato dal dondolio della barca e dal cigolio delle cime di  ormeggio, Il vento invece ha girato in continuazione in  tutte le direzioni, è  stato dunque inutile lasciare la retina sul passo d’uomo, nella camera, ed è stato inutile lasciare la zanzariera  all’ingresso per impedire ai frammenti di alghe secche di volare dentro la barca, un macello, pezzettini da tutte le parti. Ogni posto ha le sue caratteristiche, ricorderò questa bella isola soprattutto per le sue acque cristalline, che spero di continuare a trovare altrove, ricorderò la paura nel vedere l’enorme prua del traghetto puntare verso di noi in porto a Skopelos. Ricorderò il cantilenare del venditore di frutta e verdura, nel porto, e poi nella baia di Limnonari, e poi a Loutraki, sempre la stessa: Nettarine, vittamine, con due t, Melloni, con due elle, frutta, e ancora vittamine, nettarine. In realtà aveva anche le ciliegie ed altro. A Neo Klima non l’abbiamo sentito, ci siamo rimaste male io e Roberta, domani partiamo e non lo sentirò più ma farà parte delle nostre vacanze su questa isola che ci ha ospitato per 11 giorni.

Ieri sul tardi, uno dei  sei omaccioni serbi che compongono l’equipaggio della barca che ci affianca, per l’esattezza il capitano, guarda con insistenza i nostri parabordi nuovi, li guarda per un po’, ben allineati alla stessa altezza, fissati alla battagliola con un nodo parlato. Poi chiede ad Enrico, indicandogli il nodo, di insegnargli come si fa’. Lui è ben contento e io penso che quando lo faccio io, quel nodo, non è sempre perfetto per cui più che un parlato io lo chiamo un nodo  chiacchierato. I  serbi cenavano a bordo ieri sera e  i tegami che hanno portato in pozzetto erano  grandi e grossi come loro. C’è parecchio vento  questa mattina, ma io e Roberta non rinunciamo a due belle camminate in spiaggia, lungo il golfo, una a destra e l’altra a sinistra del porto posizionato al centro. Dalla spiaggia vediamo, sulla nostra destra sia  l’isola di Skiathos vicina è più lontana a circa 15 miglia l’Eubea. Di fronte a noi un isolotto verdissimo che è di proprietà privata, e uno più piccolo anche questo verdissimo, il tutto in acque azzurre trasparenti. In fondo al golfo c’è una chicca che da  lontano non si notava: alcuni ombrelloni che sembrano fatti ad uncinetto col cordame, lettini matrimoniali coperti da un baldacchino in parte intrecciato  con cordame in parte con cordame  svolazzante, altri lettini singoli sotto una tenda indiana i cui lati sono sempre di corda e raccolti su di un lato, il tutto sotto enormi alberi frondosi, un bar con sottofondo di musica calma e persino una piccolissima cappella in pietra con tendine azzurre nelle due piccole arcate interne e tovaglia bianca ricamata sul tavolino, appese sulle pareti varie icone. Rientriamo, per camminare al fresco ci siamo mosse presto e ora ci attendono i lavori in barca: letti, bagno, dinette, tazze e moka della colazione, e…dovrei anche cucinate delle verdure per oggi che mangeremo con del riso, anche quello da cuocere. Il vento è sempre forte ma una nuotata ci sta lo stesso. In porto alcune barche se ne vanno mentre mangiamo, i serbi alla nostra sinistra e più  in là anche a fianco a Sisila si libera un posto, i nostri vicini sulla dritta, i tedeschi (quelli casinisti)  invece sono sempre li, incasinati con un sacco di avarie alla barca presa a noleggio. Siamo al caffè e succede il finimondo, nel buco creatosi affianco a Sisila si sta infilando a tutta manetta una barca, Andrea sta per scendere per aiutarlo ma la forte botta che riceve sul fianco della sua barca lo fa cadere in acqua. Il porto si rivolta contro questo capitano incapace, Roberta insulta a ripetizione e senza ritenzione, è  preoccupata e arrabbiatissima, ma anche dalle altre barche scendono e glie ne dicono di tutti i colori. Si cerca comunque di aiutarli ad ormeggiare. Andrea è  sul pontile,  con l’aiuto di Roberta che gli ha  slegato la scaletta per farlo risalire,  si è scorticato in più punti ma non è grave. Enrico, quando tutto sembra più calmo gli chiede: “avevi il telefono in tasca?” Nemmeno il tempo di sentire la risposta che un grosso barcone con turisti vuole buttate l’ancora sopra la nostra, di ancora. Adesso è Enrico a dire parolacce, ma il capitano nicchia e alla fine dell’ormeggio, la nostra barca è storta e la poppa si  avvicina al molo, abbiamo perso quattro metri di catena. Dobbiamo aspettare che se ne vadano per capire come andrà a finire. E se ne andranno presto, quando i passeggieri avranno finito di fare il bagno in questa… bellissima baia con un porto super movimentato.

La prima scampanata è stata alle 7 del mattino, poi un’altra alle 8, e alle 9 anche la voce del Pope che celebrava la S. Messa riempiva l’etere. Lo stesso Pope che qualche giorno prima mi aveva confermato che il bellissimo albero davanti alla sua chiesa fosse un Ligustrum, in piena fioritura e profumatissimo. Do un’occhiata verso la spiaggia, mi stropicciò gli occhi per essere sicura: vedo due file di ombrelloni con sdraiette lungo tutta la spiaggia,  spuntati come funghi durante la notte, o al mattino presto, non so. Poi all’improvviso il molo si riempie di persone che camminano compatte verso la spiaggia, con borse, cappelli, zaini, sono arrivati con un barcone che dopo averli scaricati in porto verrà a riprenderli alle 13, 30 per portarli su di un’altra isola. Poi… ne arriva un altro, con altri turisti, ora la spiaggia  brulica di persone, e la prima striscia di mare è occupata. È domenica! È normale, arrivano da ogni dove per rinfrescarsi e godere di questa bella spiaggia. Ad Atene hanno registrato 45 gradi e l’acropoli e altri siti archeologici sono stati chiusi per eccessivo calore. A Salonico ci informa una Signora:  l’acqua del mare è brutta e sporca. Ma anche a Methana gli amici ci riferiscono di afa terrificante. Noi, a quanto pare, per il momento, qui nelle Sporadi  siamo fortunati: vento fresco, sole e mare relativamente calmo. Prima che gli atri turisti prendano d’assalto la panetteria vado a comprare una bugassa per la colazione e una spanacopita per il pranzo. La cena la salterò, troppe specialità greche nella stessa giornata non vanno bene. La giornata è particolarmente movimentata: barche che salpano, barche che ormeggiano, i nostri vicine tedeschi sono  casinisti ed irrequieti, ad un certo punto il loro capitano cade dalla passerella in mare, un tonfo, rumore improvviso di ferraglia, urla, la passerella  è richiusa su se stessa, il braccio del capitano in acqua sanguina ma lui fa il duro e raggiunge una scala di cemento a nuoto. Non è la prima volta che assistiamo a scene del genere e… poteva andare molto peggio. Fra un ormeggio e l’altro arrivano amici di Roma conosciuti due anni fa assieme a Margherita e Claudio. Ci accomodiamo su di una panchina all’ombra del molo e parliamo la stessa lingua di tutti i velisti: posti, barche,  attracchi, mare e vento. A sera una lieve foschia avvolge il panorama. Domani si vedrà.

Dopo cinque giorni fermi in porto, la navigazione di sabato ci ha impegnati per le prime tre miglia, il mare fuori dal porto non sembrava granché ma si ballava lo stesso, lo sapevamo e in barca tutto era sistemato per bene. Parliamo poco, cambio spesso postazione mentre Enrico, fisso  al timone cerca di prendere al meglio le onde, un’ora di sballottamenti che si sono tradotti in mal di mare, sparito immediatamente quando doppiamo la punta dell’isola. Il mare è  ora calmo e il vento  non ci porta più gli scarichi del motore in barca. La costa dell’isola è  di un verde compatto, salvo alcune frane precipitate in mare che le lasciano  un’ampia  ferita rocciosa e grigiastra, in contrasto con tutto il resto: il verde, l’azzurro e il blu del mare. Le successive tredici miglia saranno molto piacevoli e già pregustavamo il bagno che avremmo fatto  in spiaggia vicino al porto. Siamo salpati alle 9,30 e arrivati alle 13,30. All’ormeggio in porto ci prendono le cime degli italiani di Roma, ci chiedono da dove arriviamo ” Da qua dietro rispondo” riferendomi al lato nord dell’isola”  ma non intendevano sapere l’ultimo tratto, per cui specifico dal porto di Methana, siamo in mare da 12 giorni. ” Ne avete fatta di strada, da  Methana! Abbiamo un amico lì, un medico di Napoli””Chi? Enzo? Lo conosciamo!  È anche amico nostro”. Il mondo è proprio piccolo, fra velisti che girano ancora di più. Ad Enzo porteremo i saluti di Roberto specificando oltre il nome anche e soprattutto il suo tipo di barca: un carter 33. I velisti si riconoscono così per mare. Roberta incalza “Facciamo il bagno Lella?” “Arrivooo”. Abbandono Enrico al suo destino di capitano che deve finire l’ormeggio e con Roberta ci buttiamo in acqua, poco dopo ci raggiungeranno i relativi capitani. In spiaggia non c’è quasi nessuno, altrettanto in acqua che è inutile descrivere tanto è trasparente come le altre, forse in più  c’è il fondo completamente sabbioso. Ma… non possiamo fermarci qui a finire le ferie, dove lo troviamo un’altro posto così  bello e comodo per noi. Domani, domenica, non sarà più così.

Non c’è fretta questa mattina per salpare verso il porto di Neo Klima a 16 miglia da qui, dobbiamo aspettare che calino le onde provocate dal vento forte di questi ultimi due giorni. Alle 9,30 accendiamo il motore, molliamo gli ormeggi di poppa e salpiamo l’ancora, il vento favorevole agevola   le manovre, mentre io timono per uscire dal porto e poi  seguire la rotta, Enrico sistema le cime, ritira i parabordi, e pulisce con una spugna la zona dove la catena ha sporcato. Sono impaziente di mollargli il timone perché voglio immortalare la città con la luce giusta. Le foto che ho già scattato ieri sera sono particolari, ma non rendono l’insieme del paese. Ripenso a  ieri sera,  prima dello spettacolo, mentre  i musicisti provavano, i bulgari  hanno  improvvisano un ballo greco sul molo vicino alla nostra barca, sono in tre, sono bravi, e una di loro deve essere la maestra, per un po’ li accompagna nella danza, poi la coppia prosegue da sola, sempre al ritmo della musica in sottofondo,  sono ben sincronizzati e visibilmente felici, lui balla a piedi scalzi, lei con ciabatte, e non so come non inciampi sul molo pieno di asperità. Dalle barche siamo in tanti ad osservarli, al termine della musica riceveranno un sacco di applausi, dagli italiani, dai bulgari, dai turchi, dai tedeschi, c’è mezzo mondo su questo molo. Capita anche  che durante la manifestazione folcloristica di canto e balli,  dal pubblico si presenti di fronte al palco chi ha voglia di ballare, sono sempre bravi ed ispirati: si muovono con ritmo ed eleganza, la signora di ieri sera in particolare, mentre ballava sembrava rapita nel suo mondo fatto di passi e figure, volteggiando e inclinandosi accompagnata dai movimenti delle  braccia, come in trans. Sul palco, per suonare,  si sono alternati gruppi di persone anziane e gruppi di giovanissimi, anche i balli sono molto seguiti dai giovanissimi che allacciati gli uni agli altri con le mani sulle spalle si muovono in tondo. Lasciamo la manifestazione e proseguiamo sul lungo mare. Ad un angolo un tipo un po’ originale con capelli lunghi bianchi, codino e cuffie sulle orecchie gestisce una consolle e spara musica a tutto volume, ieri sera, per strada, davanti a lui una coppia ballava, difficile non fermarsi a guardare, non sono più giovani ma agili e bravi. È tutto musica, qui in Grecia, tutto balli, tutto ristoranti e bar, tutto artigianato e moda. Ma non crediate che sia il paradiso, c’è sempre il rovescio della medaglia: per un lungo tratto sul lungomare dove si alternano bar e ristoranti c’è un notevole tanfo di fogna, che ci affrettiamo sempre a superare velocemente. Il gelato da passeggio che stava poco in equilibrio sul conto viene spinto  con il pollice, ora tocca a me ordinare:  ochi efkaristo’  pagoto’ ” no grazie, non voglio più il gelato! In porto quando arrivano i traghetti riempiono la baia di fumo nero puzzolente, al mattino presto, sul molo un camion viene a ritirare la spazzatura con gran fragore, c’è un solo enorme contenitore che raccoglie tutto: vetro, plastica, umido, lattine, indifferenziata, mi viene male quando anch’io butto tutto lì dentro, ma non ho alternativa. Fortunatamente non è così in tutti porti. La Grecia è bella, ma non so quanto ancora potrà durare. Il rovescio della medaglia è già in agguato.

Sempre scusa per il mio greco impossibile

Sull’altro lato dell’ isola, abbiamo lasciato perdere una deviazione per Agios Ioannis in Kastri, le descrizioni e le foto di questa chiesetta su di un roccione a picco sul mare sono a dir poco invitanti, la pubblicità data dal film “Mamma mia” ne fa un luogo di pellegrinaggio, ma i 200 gradini necessari per raggiungerla ci hanno fatto proseguire tranquillamente fino al porto Neo Klima. Un luogo minimo, non affollato,  con tutto il necessario: spiaggia libera con doccia e sul fondo:  panchine in ombra sotto enormi liquidambare, il tutto vicino al porto, oltre la strada: taverna e supermercato. È perfetto per noi, proseguiamo per il secondo porto, Loutraki, ci arriviamo verso le 11,30 anche questo fa al caso nostro, mentre ci informiamo il sole picchia, lo stomaco reclama e abbiamo sete, qualcuno finisce in bagno un’ altro ritorna con una bottiglietta, io propongo una bella bugassa ma subito mi contraddico perché prima voglio fare il bagno. Dove lo facciamo? Qui? Torniamo a Klima? Ma no, ci sono più giù altre spiagge belle! Dove vogliamo andare? Fate voi, io mi accodo. Insomma poche idee e confuse, menomale che siamo solo in 4. Decidiamo per Limnonari e prima di raggiungerla dalla macchina vedremo altre belle spiagge: Panormis, Mila. C’è anche Hovolo ma è raggiungibile in discesa a piedi e… non c’è taverna. Ce ne sarebbe un’altra con degli scavi romani, ma, dai commenti sembra che non valga la pena. La spiaggia di Limnonari  è perfetta.  Ci siamo arrivati da una deviazione e fino a che non l’abbiamo vista eravamo tutti preoccupati: ma non vedo spiaggia, e poi, non c’è la doccia, c’è solo una taverna! La cosa migliore da fare, siamo d’accordissimo tutti è buttarsi  in acqua che è a dire poco trasparente, con riflessi color smeraldo e verso il mare aperto di un blu intenso, l’acqua è  un cristallo con vista pesci e rocce, e sulla superficie la gibigiana, un balenio di luce disegna un’intricata trama sempre in movimento. La baia è ampia, circondata dal verde, la sabbia è  dorata e sottile. Solo ora, dopo esserci rinfrescati, siamo pronti per la taverna con pranzo a base di pesce, poi riposino, lungooo riposino e si riparte, tutti in macchina che è un forno. Altre fermate, altra ricerca di panorami esclusivi, di inquadrature perfette che escludano cassoni dell’immondizia e pali della luce, sempre comunque in ombra, come se il sole mordesse. Accaldati ma soddisfatti rientriamo a  Skopelos dopo aver fatto il pieno dell’auto presa a noleggio. La transenna è ancora abbassata ma noi ormai a piedi abbiamo solo la borsa da spiaggia. Il palco e le sedie sono ancora lì, questa sera torneremo a sentire la musica greca e a vedere i loro balli classici: lenti e melodiosi, con picchi di virtuosismi e molti passi di danza diversi, che si ripetono ritmati.

È da ieri che lo stanno montando, qui in fondo al porto, sul lato più vicino alla città, e non promette niente di buono. È un palco, e temo che fra un po’ vedremo spuntare ai suoi lati  anche delle enormi casse acustiche. Vorrebbe dire molte cose: balli folcloristici con  musica greca e andrebbe bene, o peggio, taratazum – taratazum. Mercoledì, nel tardo pomeriggio, davanti al palco ci sono già allineate una quindicina di file di sedie bianche ben in ordine, una ventina per fila e sotto il palco una locandina. Leggo, o meglio, cerco di leggere ma mi sono chiari solo i numeri arabi:  19,30 sulla prima riga poi a seguire 21,30 e in fondo 1. Un po’ pochino, ma vedremo questa sera. Andiamo per il momento a ritirare la macchina a noleggio per girare l’isola domani: i porti a sud, due per l’esattezza e le spiagge tanto decantate nei siti vari. Con la macchina ci allontaniamo fino a trovare un supermercato serio dove facciamo una bella spesa pesante, compresi 8 pacchi di acqua. Si è fatto tardi, arriviamo in paese verso le 20 e li capiamo immediatamente cosa volessero   dire le parole dopo il numero 19,30 : L’accesso al porto è interdetto a tutti mezzi per manifestazione canora che inizierà alle 21,30 e terminerà all’1. Una sbarra abbassata ci impedisce di proseguire e noi abbiamo un bagagliaio stracarico. La prima reazione è stata di panico, nella seconda abbiamo cercato una soluzione: andiamo a piedi in porto, prendiamo il canotto, raggiungiamo la macchina e con due viaggi risolviamo. Diamo un’occhiata dove dovremmo arrivare col canotto e costatiamo che il molo è troppo alto, soluzione scartata. A piedi raggiungeremo il porto con le poche cose che richiedono il frigo, Enrico torna alla macchina con la bici e riporta in porto altre due borse. Domani mattina porteremo la macchina davanti alle barche e scaricheremo il resto. Non sapere il greco può diventare un problema. Giovedì mattina dopo aver stivato la spesa e l’acqua partiamo, senza aver trovato una cartina o un ente del turismo per organizzare l’itinerario. Faremo col telefonino.Prima tappa Nea Clima, un porto che ci interessa visitare perché potrebbe essere la nostra tappa successiva. La strada che imbocchiamo, seguendo la segnaletica è terribilmente stretta e sale a suon di curve in mezzo agli alberi, per tutto il tragitto abbiamo attraversato una fitta vegetazione lussureggiante, deve piovere moto da queste parti, vediamo  molti pini marittimi e dal profumo intenso di resina suppongo anche altre conifere. Fermi su di uno slargo respiriamo un’aria fresca e profumata, sotto di noi il lato est dell’isola di Skopelos, il mare è calmo, il cielo sereno, il panorama è incantevole:  punteggiato da isole e isolotti, incorniciato da rami di pino marittimo verde brillante su di un mare blu e barche a vela che giocano col poco vento. Manca poco per raggiungere la prima tappa che è proprio qua sotto.