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Mi torna difficile ricordare i titoli dei libri letti, ancora di più il nome degli autori o autrici se magari sono stranieri. Anche le trame, a distanza di tempo, evaporano e i personaggi a volte si confondono. Ma allora cosa resta di un libro a distanza di anni? Amo pensare che quello che mangiamo contribuisca a cambiare e mantenere il nostro corpo, così immagino anche che la lettura stimoli ed aiuti la mente a crescere e a rinnovarsi continuamente. E’ quindi un vero peccato non ricordare i libri letti, così su di un quaderno annoto: Autore, titolo del romanzo, data di lettura e poi poche parole che mi riportino alla trama oppure un solo aggettivo. E’ estremamente riduttivo ma quegli aggettivi, quelle poche parole sono chiavi che fanno scattare la serratura di scrigni al cui interno ritrovo tesori che non ricordavo di avere ma che mi apparterranno per sempre. Il romanzo l’amico immaginario di Matthew Dicks è commuovente, coinvolgente, e la voce narrante di Budo, che è l’amico immaginario di Max rivela fino in fondo quali siano i pensieri dei bambini e il perché dei loro comportamenti. Rivela come la fantasia li possa aiutare, come gli adulti possano essere crudeli e in fine come un amico immaginario possa essere realmente un amico disinteressato. Si legge nella prima pagina Ecco quello che so: Mi chiamo Budo. Esisto da cinque anni. Cinque anni è una vita lunghissima, per uno come me. E’ stato Max a darmi questo nome. Max è l’unico essere umano che riesce a vedermi. I genitori di Max mi chiamano l’amico immaginario. Voglio molto bene alla signora Gosk, la maestra di Max. Invece l’altra maestra, la signora Patterson, non mi piace per niente. Non sono immaginario. Questa prima pagina è un capolavoro e nemmeno le altre scherzano! Altri amici immaginari aiuteranno Budo e Max, che è un bambino autistico, a districarsi in questo giallo avvincente. Uno però mi è rimasto impresso più degli altri: Oswald, che nella storia ha sicuramente il suo peso, in tutti i sensi perché viene descritto grande, grosso e picchiatore. E’ a Lui che l’autore affida una disquisizione sul coraggio di Max. Ne sono rimasta colpita. Sul quaderno affianco all’autore Matthew Dicks, al titolo L’amico immaginario e alla data , ho scritto: Commuovente. Formidabile il coraggio di Max.

La mia gatta centra poco in questo bellissimo romanzo, ma… in fondo… La terra selvaggia del Primorje, situata nell’Estremo Oriente russo è il teatro dove il terribile predatore compie la sua vendetta. Ma perchè lo fa? Il giallo che avvolge l’intero romanzo LA TIGRE è scritto magistralmente dallo scrittore e giornalista John Vaillant e suscita molte emozioni e riflessioni. Nel romanzo Vaillant ci parla di economia, di storia, geografia. Di uomini e animali in continua lotta per la sopravvivenza, ci racconta di incontri tra uomini e tigri. Ma anche di tragedie causate dal predatore più intelligente e letale del pianeta. In seconda di copertina, tra l’altro è scritto:”Ti uccide prima ancora di toccarti. Il suo ruggito è come un terremoto che sembra provenire da ogni direzione, un suono forgiato dall’evoluzione per stroncare il sistema nervoso delle vittime. Ma quando vuole può essere silenziosa come la neve che cade: un proverbio della taiga dice che “quando tu riesci a vederla, lei ti ha già visto cento volte”. Questa avventura siberiana è una storia vera, e alcune foto ci mostrano i volti dei protagonisti. Altrettanto autentica è l’ammirazione per la competenza e dedizione che ho provato per il guardiacaccia Jurij Trush. Come è stato vero lo sconcerto nell’apprendere la durezza della vita dei tagliaboschi, prima e dopo della Perestroika. Quando ho finito di leggere il libro intitolato La tigre di John Vaillant mi sono sentita euforica per il finale lungimirante e anche emozionata per essermi trovata nella natura selvaggia della Taiga. Ho potuto conoscere più a fondo la tigre e il filo che ci lega ad essa. La coesistenza con lei, dipende da noi. Lo dice chiaramente, nelle ultime pagine del romanzo, John Goodrich, coordinatore del Siberian Project:” Perché le tigri esistano, dobbiamo volerlo”. Oggi come non mai. Ho sempre pensato alla mia gatta come ad una piccola tigre: indipendente, fiera e un po’ misteriosa. Forse è vero quello che ho letto su di un bigliettino: il gatto è stato creato perché l’uomo potesse accarezzare una piccola tigre.