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Stranezze

Maggio 2023 Grecia.

Anche quest’anno Grecia. É strano questo paese europeo, così vicino a noi sulla cartina geografica e così lontano nel tempo. I suoi territori costieri: vergini, selvaggi, a volte aridi e brulli altre volte lussureggianti e zeppi di fiori che da noi non si vedono più: papaveri di un rosso acceso, esagerato, quasi artificiale, e grandi campanule gialle che sembrano uscite dal nostro più sofisticato fiorista. Fiorellini rosa e grappoli di blu che sbucano dove meno te li aspetti. In questa stagione gli arbusti verdi contrastano con una distesa di erbe secche che scricchiolano al solo sfiorarle. Se gli occhi cercano, in questi luoghi strani, anche alle orecchie giungono ragli di asini o belati di pecore. La terra vicina è quasi sempre poco abitata e profumata, non mancano mai, lontane, preghiere diffuse dal pope attraverso gli altoparlanti: è una nenia strana, ipnotica, rassicurante, come sono rassicuranti gli innumerevoli approdi, baie, golfi, fiordi e insenature varie che ci permettono di ormeggiare e dormire tranquillamente. Ci si sente ben accolti sia dalla popolazione che dalla natura. É forse diventata per noi una stranezza l’accoglienza? Certo, come turisti queste stranezze sono più che gradite e sentiamo la loro cordiale naturalezza. L’ostacolo maggiore per noi è la lingua greca, molto difficile, ci sentiamo un po’ spaesati in un paese dove l’acqua, per sua natura, pura e cristallina, si chiama “nerò”, oppure dire si è quasi contraddittorio oltre che strano visto che si dice “né”.
La Grecia è un paese dove i gatti sono numerosi e magri, ma pochissime volte li ho sentiti litigare fra di loro e ancora più strano non li ho mai visti litigare con i cani che vicino ai tavoli dei ristoranti aspettano pazienti un boccone anche per loro. La calma che si respira in Grecia fa bene allo spirito e anche al corpo. La calma è la cifra che si respira in giro dove nessuno litiga o alza la voce, dove nessuno strombazza in macchina per chiedere strada. Stranezze a cui non siamo più abituati. Certo, la Grecia è certamente anche altro, oltre alla sua Storia, i templi, la sua cucina, gli artigiani, i balli e le canzoni, ma non è di questo che volevo parlare. E forse non è poi tanto strano che dopo aver imparato le prime parole in greco qualche anno fa, quelle che più ora ricordo facilmente siano

“sigà sigà” piano piano e un’altra appena imparata da un’amica: “ipomoni” pazienza.

 IL TACCUINO

Di pazienza in barca ne occorre molta, a partire dagli spazi che sono veramente esigui e coinvolgono tutte le attività quotidiane, pochi abiti, poche scarpe, pochi tegami, forse qualche asciugamano in più, ma in linea di massima, a parte l’essenziale, in barca è tutto molto misurato, comprese le dimensioni del diario di bordo: un taccuino a quadretti di 10 cm x 15, sul quale non è necessario scrivere un romanzo, anzi, le notizie trascritte devono essere poche, precise, e ordinate, riguardanti le varie rotte prescelte, la meteorologia in corso e quella prevista e pochi altri dettagli che si vogliano registrare sempre riguardanti la navigazione, l’imbarcazione e gli approdi nei porti o il nome delle baie dove si cala l’ancora. Di fronte a quei 10 cm x 15, quest’anno mi sono ritrovata spiazzata e perplessa. Non eravamo ancora salpati e le stranezze osservate a terra le vedevo sfumare nella quotidianità delle giornate fermi in porto prima di salpare. Perché limitarmi? Perché comprimere, ridurre, o addirittura trascurare tutto il vissuto prima della navigazione? Perché, poi, di porto in porto, sorvolare su nuovi incontri, su panorami, musei, natura, profumi che ci riservano sempre nuove sorprese, come l’avvistamento di delfini al largo, o di tartarughe e foche addirittura nei porti. Ho lasciato il taccuino, e sull’ampia pagina bianca del PC ho cominciato a scrivere: puntualmente, con cadenza giornaliera, poi rileggevo, correggevo, controllavo l’esattezza dei nomi in greco e a quel punto anche la scelta di pubblicare gli articoli sul mio blog è venuta naturale. Molti mi seguivano già, altri si sono aggiunti, un appuntamento quotidiano che è terminato alla fine delle vacanze, con qualche strascico, con qualche aggiunta, quasi un desiderio di non interrompere quello che per molti mesi è stato per me un lavoro piacevole. Tutta questa premessa per giustificare questo libro perché di sicuro, non c’era bisogno di un ennesimo diario di bordo, o forse si, se racchiude un punto di vista particolare della navigazione fra le isole Cicladi della Grecia. Forse si, se molti, come me, preferiscono, per leggere, tenere in mano un libro anziché un mouse.

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