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Methana. Sabato 23-9-2023. Non ho  notato se  avessero un giorno  o  un orario preciso, li  vedevo, li sentivo,  e mi  fermavo  a  guardarli: sempre  giovani e anche piccoli, impegnati a vogare con le pagaie, seduti  nei loro kayak colorati. Il  Porto di Methana il loro specchio di  mare  per gli allenamenti. La  prua di Felicità,  il  punto di osservazione  migliore, andata  e  ritorno,  a volte solitari  a volte due  kayak affiancati, poche chiacchiere e tante remate  poderose,  eppure,  una voce acuta  era sempre presente,  quella  dell’allenatrice: attenta, incalzante e continua. Da  terra li seguiva in bicicletta, sulla strata che conduce  alla piccola penisola, senza  perderli  mai  d’occhio, non le scappava mai niente, per ognuno dei  ragazzi o ragazze un suggerimento,  una correzione,  un incitamento, una costanza quasi  ossessiva che  però  ha dato buoni frutti: le sue ragazze/i hanno  partecipato alle  ultime olimpiadi. Cosí mi  ha detto Filomena. Gli stessi  ragazzi/e li vedo camminando sulla strada, alla  fine degli  allenamenti che lavano i kayak e si prendono cura  di rimettere tutto a posto,  l’allenatrice é  presente,  ma il rimessaggio si svolge con una  routine ben collaudata. Uno sport che come  gli altri  richiedono impegno,  fatica, dedizione, volontà e piacere, una miscela vincente. Oggi, qui  a Methana si é  svolta la Competizione Internazionale di Kayak, la città gremita  di gente , bar  super  affollati, parcheggi pieni e un mondo provvisorio ha invaso  lungomare e spiaggia. Alle 11 avranno  inizio le 40 gare con più  di 100 partecipatanti. Le 10 società  hanno  furgoni sponsorizzatI e carrelli di traino  per i Kayak. Ma quello che fa  impressione é il gran numero di giovani vocianti. Fanno esercizi, controllano  pagaie, sono a crocchi e confabulano  fra di  loro, gruppetti in magliette gialle, arancioni,  rosse,  azzurre e  blù, gli adulti  gli sono intorno per  aiutarli e rassicurarli,  l’ombra dei Tamerici ancora li protegge. Manca  poco  alle 11, dalla  spiaggia  si muovono i  primi 7 kayak,  si dirigono al campo di  regata e alla loro  partenza esplode un boato di incitamenti, tutto il loro  entourage li  segue, sciamano  compatti sul lungomare con  le magliette colorate  della loro squadra: gridano bravo ( in  greco é  come  in  italiano ) il  loro allenatore  non  ha  bisogno  di  megafono,  la voce possente arriva  e  oltrepassa  il campo di gara. É  Cosí per ognuna delle 40 gare che si succedono. Fa molto caldo,  non tira  un filo di vento, la confusione é totale come l’eccitazione, le urla e il tifo saturano  l’aria che è già   piena di energia e il lungomare  é  pista per i tifosi  super  colorati. Difficile distinguere le persone, nella  folla cerco Filomena, mi aiuterebbe a capire, non  la trovo, ci rinuncio. Le geometrie di ombre scure  sono  occupate,  me  ne ritaglio un angolo  e da lì  guardo  ragazzi e ragazze super impegnati a vogare in mare, a terra i genitori,  gli amici,  gli allenatori i tifosi anche loro in  perpetuo  movimento. Poi la sento,  é  lei,  é vicino all’ ombrellone  della giuria,  non l’ho  mai vista,  se  non da lontano, ma la sua voce  é  inconfondibile: l’allenatrice della squadra di kayak di Methana incita le sue ragazze/i, e corre con loro,  questa  volta  senza bicicletta. Sembra poco più  grande di loro, capello corto,  portamento veloce,  voce chiara. Oggi la vedo da vicino,  mi piace, é  una tipina molto decisa. Faccio il tifo per la sua squadra. Però per conoscere i risultati  della  competizione Internazionale di  Kayak, bisognerà  attendere.

Ecco i risultati molto parziali che riguardano solo la squadra Nireas  di Methana. Otto primi posti di cui due vinti da Pantelí Evanghelia, uno da Pantelí Maria, uno da Menie Apollonas, uno da Dritsa Gheorghia, uno da Attanasiou Marousa, uno da Papanikolaou Cristina. E altri molti secondi e terzi posti. Sarà contenta la loro allenatrice Caterina Lambru.

Grazie a Filomena per avermi aiutata con la classifica

Methana. Lunedi18-9-2023. Fra  una nuvola e molto sole, oggi  continuano i lavori in barca, ieri che era domenica, invece, abbiamo fatto i  turisti e in macchina  abbiamo raggiunto la localitá Metamorfosi, attrezzati con borsa da  mare e seggioline,  ci  siamo piazzati sotto ad un bell’albero frondoso con delle bacche rosse. La spiaggia abbraccia tutto un ampio golfo ed é profonta, a tratti attrezzata con ombrelloni e sdraiette, c’é  poi uno scivolo a mare per permettere alle persone disabili di fare il bagno,  lì vicino anche uno spogliatoio e un wc per loro. La giornata non é delle migliori, il  mare  é  mosso e la riva  é  piena di detriti, plastica e schifezze varie,  in piú, sotto questo bellissimo albero una moltitudine  di moscerini  ci stà  mangiando vivi. Decidiamo per una passeggiata alla ricerca degli  ulivi tagliati,  quelli che secondo Aurora sembrano delle  sculture. Li  vediamo vicini ad un canneto, sono sei, perfettamente in fila  che fiancheggiano la strata, anche tagliati sembrano ancora vivi,  proprio come certe sculture e proprio come diceva  Aurora. Un tronco sembra che cammini senza testa, un altro che si allunghi ampio sul terreno con vari tentacoli, uno massiccio sembra una capanna mimetizzata e altri due, secchi secchi gli fanno da  sentinelle, l’ultimo é  sradicato e posato sul fianco e a me é  parso che volesse riposarsi, alle loro spalle una collina  coltivata ad  olivi: i loro discendenti. Rientriamo e il  bagno lo faremo a Lourdes dove in pochissimo  spazio c’é  comunque una cabina per cambiarsi e due ombrelloni. Lunedi, Enrico vernicia la sentina della cabina, io  prima la vuoto e la pulisco, la vernice é  ad acqua, asciuga velocemente, non puzza e non inquina,  anche il  mio detersivo per i  piatti non  inquina,  c’é sul  flacone la  fotografia  di  una tartaruga che nuota tranquilla ( non conoscendo il greco) spero sia  una garanzia. Oggi abbiamo anche ammainato  la bandiera italiana per sostituirla, c’è un pó dispiaciuto,  é  qualche anno  che viaggia con noi, ma  ormai la  parte  rossa era inesistente, il colpo  di  grazia  é  stato il  Meltemi furioso di  questi mesi, ne abbiamo issata una  nuova della marina mercantile, quella  che nello  spazio bianca ha gli stemmi  delle repubbliche  marinare italiana: Venezia, Geneva, Amalfi e Pisa. Guardandola mi sembrava più bella e quando Nicola é  passato davanti  alla nostra barca  mi  ha fatto capire il perché: la  nuova bandiera ha  sopra gli stemmi delle  repubbliche marinate anche  una corona, quella della  Marina Miliare: corona navale,  turrita e rostrata. Indubbiamente  una bella bandiera,  ma  sará meglio non navigate in acqua italiane perché non siamo  in regola.

 

Methana. Sabato 16-9-2023. Trentadue gradi in cabina,  siamo di nuovo in piena  estate, il Meltemi fresco é un  ricordo  lontano, I cumuli di detriti sulle strade e sui marciapiedi che fino ad ieri ci ricordavano l’ alluvione, oggi finalmente sono stati rimossi. Resta una  strada interrotta,  ma per ripristinarla ci vorrà molto tempo. Di tempo a noi non ne resta molto e gli ultimi lavori da fare in barca sembrano i  più  pesanti,  per l’esattezza quello di questi ultimi due giorni era di 110 kg, spostati metro per metro da prua a poppa e da poppa sul molo. La catena dell’ancora, lunga 75 mt é  quella dell’8 mm e un solo metro pesa circa kg 1,50. Non si può  semplicemente tirarla a terra perché  rovinerebbe la barca per cui,  io ed Enrico, metro per metro,  in tre tappe l’abbiamo portata a terra per poterla colorare. Dopo 10 mt  dall’ancora di blú per mezzo metro, poi bianco a 20 mt,  poi azzurro a 30 mt, e via di seguito fino ai 60 mt. Tutto questo lavoro per sapere quanta ancora é stata calata negli ormeggi. Enrico ha fatto proprio un buon lavoro, ha steso la catena in modo che il mezzo metro da colorare cadesse di volta in volta sullo stesso cartone: prima il blù, poi sotto il bianco, la terza riga ancora mezzo metro di azzurro, poi giallo, poi verde e a 60 mt rosso. Una volta  seccato il colore e tolta la catena il risultato è  stato un cartone che sembrava un quarto astratto, tanto bello che lo abbiamo fotografato.  Per riportare la catena a prua ci siamo avvalsi di amici con i quali abbiamo formato una catena di persone che metro per metro se la sono passata fino all’imboccatura del suo gavone. Qualcuno potrebbe obbiettare che esistono i contacatena e penso che per la prossima volta,  quando i colori non si distingueranno piú, lo compreremo  anche perché Enrico era molto  stanco e il dorso delle mie mani, quella sera erano blú. Per terminare i lavori ci manca solo togliere le vele. Altre novità  non c’è ne sono, lavori permettendo ci stiamo godendo questo ultimo scampolo di estate.

Methana. Domenica 10-9-2023. Il frangere delle onde in riva al mare é  sempre presente qui in barca, perché la spiaggia é davanti al porto, al di là  della strada che porta alla piccola penisola, é  un sottofondo che in questi giorni fa parte del quotidiano, come le oche selvatiche che nelle prime ore del pomeriggio passeggiano in fila indiana, dalla penisola ai giardinetti, sono sei,  con portamento elegante e si muovono in piena libertà  senza essere disturbate da nessuno,  anzi… a volte sono loro che ci attaccano,  per cui a terra ne stiamo alla larga,  altro discorso se sono in acqua,  basta chiamarle “ela ela ela” vieni vieni vieni, che arrivano velocissime  per mangiare il pane che buttiamo dalla barca e,  se non siamo veloci a darglielo fanno un baccano terribile. Ogni tanto invece, perlustrano spontaneamente il porto, di barca in barca, non si sa mai. Anche il vento sta diventando una costante fissa,  non è  forte come nelle Cicladi ma é  insistente, logorante come il rumore di un trapano. Molti non se ne curano affatto e fanno lo stesso il bagno,  quello termale,  quello che per raggiungere l’accesso al mare devono passare obbligatoriamente sulla strada che divide, il porto dalla piscina termale con relativa struttura (fuori uso). Il loro peregrinaggio é  costante: col sole o senza,  se piove si tirano in testa l’asciugamano, se il sole è  forte ho visto spuntare un ombrello.  Uomini,  donne e anche giovani,  tutti speranzosi di tornare nuovi. Chi cammina col tripode accompagnato dal nipote, chi arriva solo, adagio adagio. C’è una coppia di anziani, mano nella mano dove lui sembra sorreggere lei, ma in realtà anche lui è traballante, le sistema la spallina del costume, l’avvisa del pericolo dei cumuli sul marciapiede, si fermano ad osservare quanto sia cresciuto il basilico, e tutti i giorni salutano, passano al mattino e anche al pomeriggio, sono molto teneri e molto innamorati. Vedo anche altri che in gruppo schiamazzano e sembra non abbiano bisogno di nulla, passano gli stranieri in villeggiatura, i locali, quelli di passaggio che vogliono provare. Che poi non é facile raggiungere il mare dove sfociano le acque sulfurea, prima bisogna salire,  poi scendere su una strada sconnessa di terra battuta, poi… per entrare in acqua hanno messo due corrimani in  acciaio, ma i gradini vecchi, in cemento grezzo che ti permettono di arrivare in mare sono: sconnessi, scivolosi, di diverse altezze e pieni sempre di animaletti che sciamano via ad ogni passaggio. Insomma,  se uno riesce ad arrivare in mare… é già  un miracolo. Ma nonostante ciò  c’é un flusso continuo di gente dalla mattina alla sera. Li ha fermati solo l’ allagamento dei giorni passati,  quando la piscina,  la strada è il porto formavano un’unico specchio d’acqua, é  stato lo stesso giorno in cui noi siamo rimasti bloccati in barca. Lo specchio di mare inondato da acque sulfurea bianche dà il suo meglio visto dall’alto della  strada,  su di una curva,  c’è sullo slargo un gazebo che sembra fatto apposta per ammirare questo angolo benedetto ed è sempre qui che l’odore dello zolfo comincia a farsi sentire. Si vede il  mare azzurro con lunghe striature di bianco latte nella zona a largo,  adiacente alla scaletta,  invece tutto bianco con disseminati roccioni tondeggianti che sporgono raggruppati,  più  a destra una piccola isola verdeggiante (dimora delle oche) che fronteggia sull’altro lato il faro d’ingresso al porto e la piccola penisola impreziosita dalla chiesa bizantina. Questo è  solo il punto di vista dalla strada. Se sei lì  in acqua e guardi sú vedi alberi diversi: cipressi,  pini marittimi tamerici, eucalipti, che si contendono il bordo strada in un continuo alternarsi di forme e tonalità  di verdi diversi. Mentre sulla scarpata si alternano rocce a fichi d’india carichi di frutti già violacei. Insomma chi va a Lourdes spera in un miracolo,  ma a ben gurdare,  da ogni punto di vista,  il miracolo é  già  li.

Methana . Sabato 9-9-2023. La percentuale di umidità indicata dalla lancetta sull’igrometro é 80, molto meglio dell’altro ieri che diluviava e mancavano due tacche a toccare il 100. Oggi per fortuna c’è  il sole e anche la temperatura è  tornata ai 30 gradi, nonostante il forte vento. Le grosse pozzanghere permangono ancora in giro ma visto il caldo e il vento,  prevedo spariranno presto. Per i cumuli di sporcizia varia che sono già stati ammucchiati in ogni dove, prevedo invece che ci vorrà  più  tempo. Riprendiamo i lavori in barca,  Enrico col motore di Felicità io con i mobiletti interni,  non vi tedio con i particolari. Alle 12 penso di riuscire  a fare un bagno,  qui vicino al porto,  nella zona chiamata da molti Lourdes,  ma il mare è  ancora troppo sporco di residui, così passiamo direttamente alla fase successiva, la doccia prima di pranzo. Camminando  sul lungo mare si raggiunge una baia con una bella spiaggia chiamata Playa.  Ci avevo già  provato ieri ad andarci,  ma arrivata all’altezza del molo,  in fondo al paese,  aveva cominciato a piovere, piano,  una goccia, poi due, cosa faccio? Torno indietro? Pensando agli scroscioni  dei giorni precedenti decido di rientrare e…  quasi all’altezza della piccola penisola esce il sole, ok, vada per la passeggiata intorno alla penisola.  Oggi ci ho riprovato, 5 km andata e ritorno, sempre spostandomi in cerca di ombra, sul lungo mare del paese: palme e tettoie di ristoranti, fuori paese Tamerici e tantissimi Eucalipti, il mare sempre alla mia destra. La schiuma bianca delle onde si rovescia a riva, trascinando nella sua ritirata, sassi che rotolano di nuovo in mare rumorosamente. A largo,  altre onde montate dal vento si rincorrono, colorando di pennellate bianche un mare blù tutto increspato. La spiaggia finisce ed  enormi scogli neri  di origine vulcanica ne  prendono il posto, davanti a me l’asfalto é bagnato, alcune onde dopo lo schianto contro  gli scogli rimbalzano  in alto e ricadono sulla strada schiaffeggiando l’asfalto. Aspetto il  mio turno per  poter passare, ma  comunque gli  occhiali risentono dell’acqua salata che si nebulizza nell’aria. Per  raggiungere  la Playa  da terra è stata realizzata la strada tagliando una roccia. Passarci,  e guardare a destra e a sinistra,  fa una bella impressione: due muri di roccia rossa, alti 10 metri circa a picco sulla strada, io, lì, non tengo mai la mia destra,  cammino sempre al centro,  ho una gran paura che crollino dei massi. In effetti, in questo punto,  l’asfalto oggi è rosso e sono evidenti i segni lasciati della ruspa,  che ha da poco spostato sui lati i detriti caduti. Affretto il passo e già  si vedono delle auto parcheggiate, c’è gente alla Playa. Prima di vederli li sento,  parlano,  ridono e i colpi secchi della palla da tennis sulle racchette di legno è  abbastanza continuo, sono bravi i giocatori, non li vedo ancora, una lunga fila di Tamerici fá da schermo,  dovrò  scendere in spiaggia per vederli palleggiare. Seduta sui gradini mi riposo e con lo sguardo passo in rassegna questa bella baia a strapiombo sul mare, con scogli a pennacchio a chiuderne una estremità. Il riorno sembra piú lungo  e anche I tratti soleggiati sono piú fastidiosi nonostante il  vento. E poi eccola la  panchina all’ombra, è vuota, è mia, mi  ci  siedo  piano,  con attenzione per fare aderire bene la schiena, è una  vecchia  panchina con  le  assi  di  legno e il  telaio in  ferro, è  minuta e sembra  fatta apposta per me che  sono  piccola. Sento l’impeto del  mare, ma i soliti Tamerici me  ne impediscono la  vista. Chiudo gli  occhi e mi  riposo. Il  sole  alle  mie  spalle  si  sta  abbassando, un invito al  riposo, cosi mi  sdraio e da  questa posizione, l’azzurro del  cielo lo  vedo  a  piccoli  scampoli irregolari, un  enorme Eucalipto apre sopra  di me i  suoi  moteplici  rami  carichi  di  foglie lanciformi  rivolte tutte  in  giú come  sempre. La   Playa è  una bella spiaggia, a  me, pero, è piaciuta  di  piú  la passeggiata per arrivarci.

 

La Grecia aveva appena finito di spegnere i suoi molteplici incendi, che già in Tessaglia, la parte centrale della Grecia, si è  abbattuto il ciclone Damel. Inondazioni a Volos e Zagara,  un morto,  un disperso, l’inondazione ha colpito anche un ospedale e una casa di riposo é  stata evacuata.  Qui nel Peloponneso, dove siamo ora sulla penisola di Mehana, é da ieri che piove, in mattinata ha cominciato piano ma già  verso le 12 la pioggia é diventata violenta. Eravamo andati a piedi a salutare gli amici Margherita e Claudio,  che prendevano il traghetto per Atene per poi rientrare a Roma in aereo. Improvvisamente la poca pioggia é  diventata battente e in un attimo si é allagato tutto,  un fuggi fuggi generale ha svuotato il lungomare gremito di turisti,  anche le zone coperte erano allagate tanto che Claudio ha dovuto sollevare da terra la valigia e ricoverarla all’interno del bar. Si camminava sotto alla tettoia in 4 centimetri d’acqua che non riuscivano ad essere assorbiti dalle griglie di scolo. Il rumore sempre più  forte: del vento,  della pioggia delle tende, del vociare delle persone perché  non ci si riusciva più  a sentire. Le vie adiacenti il bar si sono ingrossate come fiumi,  dai tubi delle grondaie getti enormi di acqua,  dal cielo un diluvio torrenziale. Davanti a noi un mare come sotto una tenda bianca e barche a vela in cerca di ormeggio si muovevano convulse, il rumore sempre in crescendo fino a quando, piano piano, l’intensità  e la violenza della pioggia sono andate calando, e con ancora fiumi di acqua in giro,  Margherita e Claudio,  con moltissime altre persone si sono avviate verso il pontile dove a minuti sarebbe arrivato il traghetto. Si sono fatte le 14, dobbiamo ancora mangiare. Tornando in porto esce il sole,  ma molte strade sono ancora allagate, un enorme albero Benjamin a lasciato sotto di lui un tappeto verde di foglie, i tombini ribollono di rametti secchie e mulinelli di sporcizia circolano ovunque. Poi per il resto del pomeriggio non ha più piovuto tanto che abbiamo fatto una lunga camminata.  Ma già  verso sera ha ricominciato a piovere a scrosci,  e fra uno scroscio e l’ altro,  abbiamo cenato fuori e ci siamo ritrovati poi con amici al Paleocatastasi,  vecchio locale di Methana. Le previsioni per oggi erano pessime e sono state mantenute in pieno. Già da questa notte: vento forte e pioggia battente, alle sette quando ci siamo alzati, la piscina di acqua termale era color  marrone anziché del solito color latte, e tramite un collegamento sotteranio diretto col porto,  anche Felicità galleggiava in un porto color marrone. Sono poi arrivati i vigili del fuoco a sgombrare dal fango la strada che divide il porto dalle terme. Ha piovuto ininterrottamente e violentemente da questa notte fino alle dieci del mattino. Domani è  previsto sole e speriamo che la Grecia si possa riprendere,  dai disastri di questa estate tremenda.

Narra la leggenda che  Athena, Dea della sapienza e di tutte le arti, offrì  in dono ai greci l’albero dell’olivo, e per questo la elessero protettrice della loro città. Poseidone, Dio del mare non la prese molto bene,  quando si vide rifiutare I suoi doni: una sorgente di acqua salata o forse… un cavallo. Quando ho letto il mito di Athena e Poseidone,  non ho potuto fare a meno di essere pienamente d’accordo con la scelta dei greci. Questo il mito,  in realtà l’olivo ha origine in Asia minore 6.000 a.C. Ed é ai Fenici e ai Babilonesi che va il merito di diffondere questa coltivazione sulle coste del Mediterraneo, che in seguito ha raggiunto il massimo prestigio con Greci e Romani che lo chiamarono nettare degli Dei i primi e oro verde i secondi. Gli antichi greci capirono tanto bene l’ importanza di questa pianta: bella,  forte e generosa che promulgarono  delle leggi per proteggerle: Se tagliate, abbattute o estirpate,  sia di proprietà  che pubbliche, le pene erano severissime,  si poteva anche essere condannati a morte. La storia dell’ uomo e dell’ olivo si intreccia fra mito e realtà, con alti e bassi,  a volte nel massimo dello splendore altre a rischio di estinzione. Con la caduta dell’impero romano, per esempio e l’avvento dei barbari,  anche gli uliveti se la passarono male,  fu solo grazie ad alcuni religiosi che queste piante continuarono ad essere coltivate e sono ora una risorsa indispensabile per l’uomo. Qui in Grecia l’albero di olivo è onnipresente: in ampie coltivazioni, in colline scoscese trattenute da muretti a secco in pietra, fra alberi di arance e limoni, nei giardini, lungo le strade, nelle aiuole pubbliche, ovunque. A volte la loro coltivazione é  protetta  con file di cipressi compatti fra loro,  che si ergono  alti come muri per attutire l’impatto del forte vento. Poi ci sono le sapienti potature,  le irrigazioni. Ma è  proprio il guardarli che affascina,  e non solo le coltivazioni che riempiono la vista di un tondeggiare di chiome verdi, non solo i loro tronchi così  particolari. É  proprio che molti di loro hanno una spiccata personalità, difficile dimenticarli. Ne ricordo due,  enormi,  abbastanza vicini fra loro,  tanto da  formare un’ unica chioma, sotto la loro ombra stazionava un gruppo di pecore,  eravamo sull’isola di Cefalonia,  e da Sami eravamo saliti su in alto fino a raggiungere i resti della sua seconda acropoli  di origine Micene,  nel circondario massi ciclopici molto impressionanti, ma… le due grandi piante di olivo… le rivedo sempre nei miei ricordi,  come fossero una parte di un giardino fatato, le rivedo da un punto più  alto, in una ampia piana, circondate dal belare delle pecore, affacciate sullo Ionio con vista su Itaca e l’aria tersa stemperava l’odore di erba secca. I resti dell’ acropoli sono passati in secod’ordine. Le due piante di olivo sono andate ad arricchire i mie paesaggi preferiti.  Ho letto che ci sono olivi secolari anche ad Ermione,  e sull’ isola di Creta,  nel villaggio Voves c’è  il più  antico, la cui età  si aggira fra i 2.000 e i 4.000 anni. Io non me ne intendo molto di piante di olivo,  ma se durano così  a lungo ci sarà  un motivo, sono davvero delle piante di tutto rispetto. “A Metamorfosi, ci devi dandare Lella” mi ha detto la mia amica Aurora “Li devi proprio vedere quei quattro tronchi di alberi di olivo,  purtroppo tagliati, ma che con la loro eleganza e armonia,  sembrano delle sculture. Appena la smette di piovere ci andremo

Methana. Sabato 2-9-2023. Alle 11,30 siamo finalmente pronti per andare in spiaggia.Prima però dobbiamo fare una telefonata importante. Oggi è  il diciannovesimo compleanno di nostra nipote. “Eccomi” risponde lei allegra,  e noi Intoniamo la canzoncina degli auguri, poi scambi di notizie e baci. É  sempre un piacere parlare con lei, ti mette la carica solo a sentirla. E non so perché  ma ad ogni suo compleanno ho vivida davanti agli occhi la prima immagine di lei, attraverso l’incubatrice: piccola piccola, con una testa fitta fitta di capelli nerissimi. Qui in Grecia,  per i compleanni, parenti e amici recitano una filastrocca per il festeggiato/a sia piccolo/a che per gli adulti. Lo abbiamo scoperto tempo fa grazie a Filomena. Il significato ci è  parso tanto bello che dopo la telefonata con gli auguri classici cantati,  ne abbiamo inviato un altro scritto a nostra nipote,  in greco, con di seguito la traduzione che recita così: Auguri di buon compleanno, e cresci fino ad avere i capelli bianchi,  spargi ovunque la luce della conoscenza e lascia che tutti dicano che sei una vera saggia. (Non me ne vogliano i Greci se la traduzione non è  perfetta). L’anno scorso, con molto impegno,  per festeggiare un compleanno,  Andrea ci aveva inviato sul telefonino come si pronunciasse questo augurio. E… quando al bar dove eravamo riuniti,  é  arrivata la torta con il numero 75, ci siamo alzati tutti e col telefonino in mano alcuni,  e atri a memoria abbiamo festeggiato Enrico con questo augurio. Non se lo aspettava e si è  anche commosso. Nelle Cicladi invece,  proprio quest’anno é  successa una cosa simile in un ristorante, e non so come o perché,  la filastrocca é  stata recitata non solo al tavolo del festeggiato,  ma ha coinvolto tutti i presenti compresi noi che ormai la conosciamo a memoria, quasi! Capelli neri,  capelli bianchi,  nel mezzo tutta una vita. “Chróna Pollá” Buon compleanno.

 

Methana. Venerdì 1-9-2023. Tutti I giorni un lavoretto in barca,  non di più,  ci siamo adeguati alle abitudini greche: “Sigà sigà” piano piano. Anche perché le temperature sono state notevoli fino a pochi giorni fa. La bici pieghevole é  stata revisionata, ingrassata e già  messa via nella sua custodia. Alcuni dei gavoni interni  svuotati e puliti. Pompa di sentina finalmente funzionante,  motore del tender fatto girare in acqua dolce, svuotato dal carburante e sostituito l’olio del piede. I nostri piatti hanno avuto bisogno di un bel lavaggio con candeggina e anche le tazze del tè erano macchiate. Il canotto anche lui già stivato. I lavori da fare sono ancora molti ma abbiamo 30 giorni a nostra disposizione, altri nostri amici invece sono quasi di partenza. E avendo noi l’autovettura  ne approfittiamo per portarli a visitare altri piccoli luoghi di questa penisola. Anche qui,  naturalmente c’è  un posto che si chiama Vathy, ci siamo stati oggi con Luciano e Iole. La giornata non è  stata particolarmente soleggiata,  e forse è  stata la nostra fortuna perché, una volta arrivati,  abbiamo potuto camminare fino a raggiungere una chiesetta del trecento, mezza sotterrata e visitabile scendendo quattro alti gradini. La porta blù non é  chiusa a chiave, entriamo,  le pareti bianche espongono icone di varie fogge: in legno,  in argento e dorate,  grandi e piccole, molte immagini di S. Giorgio che uccide il drago,  molte Madonne col Bambinello. Il luogo é minuto e fresco, la poca luce filtra da due piccolissime finestrelle e un drappo rosso separa un piccolo angolo dal resto della chiesetta ortodossa, molto suggestiva. Quando usciamo il cielo è  ancora coperto,  ma il rosso di alcuni fichi d’india spicca nel verde delle grandi piante che lungo la strada crescono rigogliose. Sulle piante di fichi, pochi sono i frutti che si possono raccogliere,  tutti gli altri sono bruciati e secchi per il gran caldo. I Melograni invece,  non sono ancora maturi. Camminando scorgiamo una piccola torre e degli antichi muretti di origine Micene. Una passeggiata interessante. Arriviamo alla spiaggia e visto il tempo nuvolo ci sproniamo  a vicenda per fare un bagno che sarà  comunque ristoratore oltre che piacevole, c’è in spiaggia  la doccia,  e una cabina per cambiarci. In macchina raggiungiamo il porto di Vathy, le barche lo occupano tutto ma l’ampio specchio d’acqua é  un bel semicerchio affacciato sul mare. Giriamo un po’ e poi… finiamo con le gambe sotto uno dei tantissimi tavolini dei ristoranti. Insomma, la solita storia con il lieto fine.

Methana. Mercoledì 30-8-2023. C’era una luna bellissima ieri, in molti la fotografavano, altri la indicavano avendola scoperta poco prima, altri ancora gli davano le spalle, indifferenti, seduti ai tavolini dei ristoranti.  Ieri sera,  come molte altre volte, in queste serate estive, la luna piena ha catturato l’attenzione  di molti. Un fascio della sua luce si riflette sul mare, come un ricamo che danza elegantemente sull’ incresparsi delle sue acque. Se per un po’ non la si guarda, la luce eterea intorno a lei, si modifica,  si intensifica, si estende. Come un cambio di scena durante uno spettacolo. La natura ce ne offre molti altri: tramonti,  albe,  panorami montani,  cascate spettacolari,  ghiacciai, flora e fauna. Spettacoli che a volte diamo per scontati, ma purtroppo così  non è. É  da molto che notiamo i cambiamenti, le trasformazioni dei territori, il diminuire del verde, cose alla portata di tutti,  non è necessario essere esperti. Subiamo uragani nel Mediterraneo che prima non c’erano, piogge torrenziali,  smottamenti di terreni. Cambia,  cambia tutto, zone che prima erano fresche ora sono torride. Nel nostro piccolo abbiamo toccato con mano anche la diversa meteorologia di Methana,  un tempo molto calda,  oggi più ventilata e le serate sono ora decisamente più fresche. Ci si ritrova dopo cena, ai tavolini dei bar sul lungo mare,  come ieri sera,  con il naso all’insù per guardare la luna e raccontarsi cose. Si arriva alla spicciola,  chi prima,  chi dopo, si spostano sedie e poltroncine per fare spazio ai nuovi arrivati,  si aggiunge un tavolino e nuove ordinazioni,  ma non solo, si racconta e si ascolta. Storie di mare, di strani personaggi incontrati, di luoghi e aneddoti che a volte hanno coinvolto molti di noi che bazzichiamo la Grecia da qualche anno,  oppure semplicemente,  voli in acqua dal canotto,  quando si era incremati o vestiti per scendere a terra. A volte però  le serate si fanno interessanti. Ci raccontava Andrea, ieri sera, che nella isola Eubea ha incontrato degli indigeni che comunicavano fra di loro fischiando. Un’usanza antica,  tramandata da generazione in generazione. Nata  durante la dominazione turca,  allo scopo di non farsi capire dagli invasori quando parlavano fra di loro. Oggi purtroppo questa tradizione si sta perdendo perché  ai giovani greci dell’Eubea non interessa. Andrea ha filmato queste persone che parlano fra di loro fischiando e ha poi avuto la traduzione. Il filmato è  girato fra di noi che siamo rimasti stupefatti. Qualcuno ha aggiunto che anche in Sardegna i pastori comunicavano così. Altri ancora che sempre nella Eubea hanno visto in un museo dei costumi simili a quelli sardi, e anche le maschere uguali ai Mamuthones, anche queste maschere di carnevale sarde. Sardegna e Grecia, ipotetici scambi in questo nostro Mediterraneo. Con I fischi nelle orecchie e le maschere dei Mamuthones negli occhi,  ci siamo salutati. Qual’cosa abbiamo scoperto anche questa sera.