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Nonna Tina scomparsa col suo mondo

Premessa Storie di un altro mondo. Lo scorrere del tempo ha interrotto le tradizioni. Adalgisa non era una donna bella e nemmeno affascinante in compenso era bassina ma… di sicuro aveva delle virtù nascoste perchè un bel giovanottone con bei mustacchi si innamorò di lei vedendola recitare sul palcoscenico. Si sposarono. Nacquero: Elettra,Tina, Cesarina, Yolanda, Oreste ed Eligio. Tina, che molto aveva preso dal padre (meno i mustacchi) fece perdere la testa, con la sua grazia e la sua bellezza a Nino, un tappezziere di Venezia che fra il pubblico era quello che più forte l’acclamava. Si sposarono. Nacquero: Luigi, Carla, Marinella. Marinella, a cui non piaceva recitare, tutte le sere in prima fila, per parecchi mesi, riceveva applausi, complimenti e baci volanti da Carlo. Si sposarono. Nacquero: Luciano e Antonia. Antonia, ignara di interrompere una tradizione che continuava da tre generazioni ha conosciuto il suo futuro marito a casa di amici e non ha mai recitato se non all’asilo! Per rimediare a queste mancanze e per rispetto alle sue ave era anda a teatro con Enrico moltissime volte, grazie anche agli ingressi gratuiti elargiti dal vario parentado e soprattutto grazie alla nonna Tina che le aveva trasmesso l’amore per il teatro. Il piacere dell’ascolto e la magia del farsi coinvolgere, piano piano e senza che se ne accorgesse, fino a trovarsi immersa in altri mondi. —————————————————————————————————————————- Oramai me lo aspettavo, succedeva quasi sempre, le differenti reazioni dipendevano dall’umore, dal carattere o dalla personalità dell’impiegato di turno che mi rivolgeva la classica domanda: ” Data e luogo di nascita”. Io rispondevo scandendo bene numeri e lettere: “5 del 5 del 50, a Portula”. Alcuni si soffermavano sulla data reputandola: facile da ricordare, uguale a quella di qualche parente o amico oppure declamando “Ei fu. Siccome immobile,” i più spicci, alzando lo sguardo verso di me si limitavano ad esclamare: ”Napoleone”. Altri, fortunatamente, trascrivevano la data senza commenti ma… nessuno, proprio nessuno capiva bene il nome della città che puntualmente storpiavano ripetendomela interrogativamente: ” Protula? Potula”?No, Portula”. E quasi a giustificare e rendere il più veritiero possibile il nome del comune in cui ero nata mi affrettavo ad aggiungere: ”In provincia di Vercelli, anzi, adesso in provincia di Biella. Meno male che nessuno voleva sapere “dove” proprio fossi nata. La cosa mi avrebbe imbarazzata non poco, anche se negli anni 50 non era così scontato nascere in ospedale, anzi era abbastanza comune partorire in casa, magari facendosi assistere da un’ostetrica o anche senza. Naturalmente nel giro dei familiari e per il resto della compagnia la cosa era risaputa. Mia cugina Elettra, per esempio, che era maggiore di me di 5 anni, quando fu più grande mi raccontò più volte che quel giorno era molto arrabbiata perché quando era arrivata lì per conoscere la nuova cuginetta la cicogna era appena andata via e lei non aveva fatto in tempo a vederla. Si era consolata osservandomi e decretando davanti a tutti:”Quasi quasi è più bella di me”. Non che fossero in tanti lì dentro, c’erano: mia mamma Marinella (nome d’arte Mannussi) che aveva in braccio me, Antonia appena nata, Carla,(nome d’arte Kyky) sua sorella e mamma di Elettra, l’ostetrica (confermato dall’atto di nascita che avrei letto 65 anni dopo) e naturalmente Tina, mamma di Marinella. Era stata lei a darsi un gran da fare quando suo genero Carlo le aveva scritto al fermo posta di Portula spiegandole che Marinella, in stato avanzato di gravidanza, sarebbe arrivata in Piemonte da lei per partorire. Inoltre l’aveva informata che quella decisione era per il bene del futuro nascituro affinché nascesse nell’Italia settentrionale e non in un’ isola del sud, dove lui lavorava e risiedeva con il resto della famiglia. Otto anni prima Carlo si era innamorato di Marinella vedendola recitare sul palcoscenico. Aveva poi seguito lei e tutta la compagnia teatrale “di piazza in piazza” facendole una corte serrata. Marinella vedeva in Carlo la possibilità di realizzare il suo sogno: allontanarsi definitivamente dal mondo del teatro che detestava e formare una famiglia con un uomo che non appartenesse al mondo dello spettacolo. Carlo invece ne era affascinato ma lei che dalla madre aveva ereditato la fermezza si rifiutò di accettarlo come marito finché non avesse trovato un posto di lavoro. Andò diversamente, l’amore prevalse sulla fermezza e si sposarono di li a poco, ancora in tempo di guerra e fecero il viaggio di nozze sul lago di Como. Il lavoro Carlo lo trovò in Sardegna un anno dopo e Marinella poté così coronare il suo sogno: una casa e il primogenito Luciano che nacque a Bergamo, sotto un bombardamento e sotto la protezione della nonna Tina che in quel periodo era lì con il resto della compagnia teatrale itinerante. Dopo sette anni Marinella prese per mano Luciano e rifece un lungo viaggio: prima in pullman, poi in traghetto e in treno. Arrivò dalla Sardegna a Portula in Piemonte, da sua madre, per partorire di nuovo. Per nonna Tina un problema in più, ma lei, nelle difficoltà aveva sempre trovato lo sprone per non mollare. Da lei dipendevano le sorti delle diverse famiglie che recitavano nella compagnia che lei dirigeva, era responsabile dei testi teatrali che venivano scelti ed era sempre lei che prendeva i contatti con le persone importanti dei nuovi paesi dove pensavano di recitare. Il loro repertorio spaziava dalla “Signora delle camelie“ alle “Due orfanelle”, Dalla “Fiaccola sotto il moggio”, alla storia di qualche santo. La scelta era dettata dalla piazza e dagli umori dei cittadini. Non sempre le città disponevano di un teatro e allora c’era da montare il loro, di teatro. Oppure, Tina contattava il Parroco per ottenere la sala dell’oratorio. C’ era da capire come la pensasse il sindaco o informarsi immediatamente su chi fosse il nuovo podestà. Da sempre Tina era supportata dal marito Antonio (nome d’arte Nino) e da tutta la compagnia. Gli attori e le attrici erano anche: elettricisti, addetti alla biglietteria, falegnami, pittori, trovarobe, rumoristi, sarte, suggeritrici, guardarobiere. La sera, dietro le quinte, chi non era di scena controllava il sonno dei bambini, i più piccoli dormivano nelle ceste e i più grandi su materassi improvvisati. I tempi di riposo andavano rispettati perché al mattino i bambini della compagnia teatrale frequentavano normalmente le scuole pubbliche. Ogni piazza un cambio di scuola, di maestre e di compagni di classe. Non erano mai indietro nel programma “i figli dei comici” come li chiamavano gli indigeni, conoscevano la matematica, le scienze, si cimentavano nella bella calligrafia, la geografia la conoscevano anche per averla vissuta sul campo, città dopo città, fiumi, pianure e appennini, avendo percorso in lungo e in largo tutta la penisola. Se si fermavano in una piazza per parecchio tempo riuscivano anche ad imparare il dialetto locale. Non di meno conoscevano la grammatica italiana, la sintassi e l’esatta dizione delle parole, perché Tina pretendeva da tutti indistintamente (bambini compresi) che pronunciassero la lingua Italiana correttamente, ed era particolarmente inflessibile sulle e chiuse e sulle e aperte. Vita difficile per tutti, visto che anche i bambini, alcune volte, calcavano la scena. La compagnia teatrale era una famiglia allargata e si divideva tutto: oneri e onori, fame e fatica, momenti di gloria e di disperazione. Tutti contribuivano a far conoscere le opere di Pirandello, Shakespeare, D’Annunzio e molti altri autori. La compagnia teatrale assorbiva usi e costumi dei paesi in cui si fermavano, modi diversi di cucinare e modi diversi di esprimersi. Era sempre in movimento la compagnia teatrale; viaggiavano in treno, e con loro sui vagoni portavano lo stretto necessario; invece nei camion che li seguivano c’era tutto il loro teatro viaggiante, il “Carro di Tespi” come veniva chiamato, c’erano le cantinelle, le scene arrotolate e tutto il resto dell’attrezzatura, ma soprattutto le pareti e il tetto del teatro. Questo veniva ogni volta montato utilizzando le “capriate” su un largo spiazzo o spesso sul prato che costituiva l’unico pavimento su cui venivano disposte le sedie. Sempre nei camion venivano caricati innumerevoli bauli che contenevano gli abiti di scena. Gli stessi abiti che ogni sera gli attori selezionavano per lo spettacolo, li riponevano con cura nelle ceste assieme all’occorrente per il trucco, i gioielli, le sciarpe e cappelli, armi o ombrellini, lunghi bocchini per le sigarette e bastoni, scarpe e fibbie. Tutte le sere gli attori portavano in teatro la loro cesta ma non tutti avevano un camerino, per cui a secondo di “ chi è di scena” veniva occupato. Il trovarobe era responsabile del materiale necessario per le scene oltre che alla sua manutenzione e al suo reperimento, naturalmente poteva occuparsi anche degli effetti sonori o delle luci. Tina era la prima donna di questo teatro, in tutti i sensi: in ogni piazza il suo fascino non passava inosservato, era spesso ospite con il marito a casa di principi o dal medico o dal sindaco, in quelle occasioni a chi li aveva invitati non sfuggivano la sua grazia e i suoi modi raffinati, era una donna eccezionale: bella, colta, energica, intraprendente. In quell’aprile del 50, quando Tina ritirò dall’ufficio postale la lettera di Carlo, non avendo fissa dimora, rispose subito al genero, informandolo sull’indirizzo dell’albergo dove alloggiava a Portula. La guerra era finita, ma lei, nonostante fosse avanti con gli anni manteneva la sua classe e ancora una volta avrebbe provveduto alle necessità della figlia Marinella che si affidava a lei. Tina avrebbe chiamato un’ ostetrica che avrebbe assistito la figlia e… speriamo bene. Lo sapeva, il parto non era una malattia , lei stessa aveva partorito col solo aiuto delle altre donne per tre volte: Carla era nata a Borgo Sesia, poi Luigi a Brescia e da ultima Marinella che era nata a Follonica in Toscana. La soluzione più semplice, che aveva pianificato Tina, non si poté attuare perché l’albergatrice non diede la disponibilità a far partorire in albergo Marinella. In ospedale in quei tempi andavano solo i poveracci, così Tina attingendo alle sue conoscenze sul campo, ebbe il permesso dal capo stazione di appropriarsi momentaneamente di… un carro merci abbandonato sui binari morti della stazione. Tina lo fece pulire e disinfettare passandolo tutto con la calce, predispose l’occorrente e, quando fu il momento venne chiamata l’ostetrica. Tutto andò per il meglio e il 5 maggio del 1950 sono nata in un carro merci rimesso a nuovo. Gli anni passavano, Tina, classe 1897, invecchiava. Suo marito era morto. Il suo Nino tanto amato che aveva conosciuto, quando ancora il suo cognome era kursanovic, perchè di origine slava, e il fascismo in seguito lo avrebbe italianizzato in Curussani. Tina, giovanissima lo amava quando ancora faceva il tappezziere a Venezia, e lui soffriva per non poter vedere la sua Tina che viaggiava sempre. Sono del 1917, prima che si sposassero, le numerose lettere che erano intercorse fra di loro, una fitta corrispondenza giornaliera, dalla quale emergono la sofferenza per il distacco e le lamentele da parti di Nino per ”non aver ricevuto nulla da due giorni!”. Tutto era cambiato dalla sua morte, Tina sembrò invecchiare improvvisamente: Il mondo in torno a lei cambiava troppo in fretta, si sentiva sempre più stanca. Il cinema e l’avvento della televisione contribuirono a decretare negli anni 60 la fine del mondo di Tina. La compagnia si sciolse e i suoi rivoli si sparsero in tutta l’Italia. Cordiviola rimase nell’ambito teatrale con una sua compagnia a Vicenza ed ebbe molto successo anche come regista. i Nistri e poi Sergio Orlando, sfruttando il suo talento artistico, aprì una galleria d’arte a Milano. La figlia di Tina, Kyky, trovò lavoro come suggeritrice nel primo teatro stabile di Milano: ” Il Piccolo”, nella compagnia di Strehler, suo marito Osvaldo al Teatro dialettale “Gerolamo” con la compagnia di Mazzarella. Il suo secondo figlio, Bibi, vagò di compagnia in compagnia:(Gazzolo, Fantoni, Dario Fo) pur avendo moglie e casa a Valstagna, intervallò con piccole parti nel cinema e in TV ha interpretato la parte di un frate nei Promessi Sposi; ma a costo di fare la fame la sua passione rimase il teatro. Recitò anche nei “Masnadieri” al teatro Nuovo di Milano. Era un bravo attore e una volta per poter recitare aveva imparato la sua parte in Inglese, solo quella, solo la sua parte! Morì in treno, andando da un teatro all’altro, un treno che lo aveva accompagnato tutta la vita e che non lo ha voluto lasciare da solo in una stanza d’albergo ma se l’è portato via per l’ ultimo viaggio. Gli altri attori: Verdirosi, Minari, De Biasi, Giasone si tennero in contatto come si fa in tutte le famiglie. Tina, senza teatro, senza casa, e senza marito, si adattò a casa della figlia Kyky, in Toscana, poi a casa di Marinella, che nel frattempo si era trasferita in Lombardia. Un po’ da una, un po’ dall’altra. La sua presenza per i generi era ingombrante, per le figlie faticosa, Tina non ha mai abbandonato il suo ruolo di prima donna, ma si sa, troppe prime donne in una sola casa non vanno bene, così se per gli adulti era un problema per i suoi nipoti era tutta un’altra storia, per loro era Nonna Tina. Quando arrivava lo capivo dall’odore di fumo che trovavo in casa al mio rientro dalla scuola, era stato suo fratello Eligio, tornanto dalla guerra d’Africa ad avviarla a quel vizio. Nonostante avesse anche le dita giallastre io ero affascinata dal suo profumo: “violetta di Parma”. Mi dava i soldi come ad una persona grande e mi mandava dal tabaccaio a comperarle 5 sigarette: Nazionali senza filtro, che mi venivano consegnate in una bustina di carta oleata trasparente e scricchiolante. Andavo con lei al posto pubblico quando voleva telefonare; insieme camminavamo lungo il Bozzente, riportando a casa sassi colorati, foglie secche e ogni sorta di cose che per me erano tesori. Ascoltavamo la radio e quando c’era l’estrazione dei numeri del lotto bisognava assolutamente stare in silenzio. Come bisognava assolutamente stare composti a tavola e assolutamente parlare correttamente l’Italiano. Ero solo una ragazzina quando mi portò per la prima volta a teatro, anche allora pretese che stessi assolutamente in silenzio durante lo spettacolo; ma, quando Romeo decise di morire perché aveva visto Giulietta già morta scoppiai a piangere e lei mi strinse amorevolmente la mano. Un’altra prima volta fu quando mi regalò il profumo “Ca’ D’oro”, meno dolce del suo perchè diceva che per una ragazzina era meglio un profumo fresco. Giocavamo a briscola e si arrabbiava quando perdeva. Seduta accanto a lei ascoltavo estasiata tutte quelle storie che mi raccontava di quando era giovane e recitava, le trame degli spettacoli, gli aneddoti della sua compagnia e di quando Elettra piccolissima recitando la parte del figlio della Butterfly aveva fatto la pipì in palcoscenico. Oppure di quella volta che non si sentì lo sparo della pistola che in scena avrebbe dovuto colpire il cattivo di turno, ”e allora…” raccontava lei: “Nonno Nino prontamente prese dal tavolo un coltello e recitando a soggetto esclamò ” Ah…non vuoi morire… “ebbene ora ti uccido io” e mentre fingeva di accoltellare il cattivo, da dietro le quinte partiva lo sparo. Questo aneddoto mi fece molto ridere e quando successe davvero rise molto anche il pubblico, ma dopo ci fu una scenata perché le guittate facevano arrabbiare la nonna che era molto seria quando si trattava di teatro. Tina era una calamita: quando arrivava lei a casa nostra, dopo un po’ di tempo arrivavano a trovarci gli ex attori; io ascoltavo, senza capire perché fra di loro si parlassero e si rispondessero con stralci di drammi, con incipit di opere e brani di commedie. Evocavano i bei tempi passati, ma la propensione al melodramma faceva si che a volte si inalberassero: il loro tono cambiava, e io non sapevo mai se recitassero o fossero arrabbiati davvero. Il repertorio era vasto anche perché gli attori che arrivavano erano sempre diversi. Gli anni passavano, attraverso la nonna conoscevo le trame delle commedie, le opere e le operette, avevo imparato a memoria anche le papere memorabili di Mannussi che proprio non riusciva a recitare un pezzo abbastanza ostico del dramma “La fiaccola sotto il moggio” di Gabriele D’Annunzio, lei avrebbe dovuto dire: “Figliuolo mio, ti faccio un voto, ad ogni agugliata che traggo dal pennecchio. E come incocco e come do la torta, sei sempre meco nel mio filo pieno!” Puntualmente “come traggo” diventava “ come troggo” e…incocco diventava “incacchio” e naturalmente a seguire “do la torta” diventava do la trota!! Immaginavo che nonna Tina invecchiando si ripetesse, diventasse noiosa, invece lei riusciva sempre a stupirmi, per il mio diciottesimo compleanno mi regalò un bambolotto di gomma bruttissimo, con disegnata sul volto una barba scura e incolta con un grosso sigaro in bocca, un orecchino nel lobo dell’orecchio e capelli stopposi e lunghi; era vestito in modo trasandato e i jeans erano stracciati. Era una chiara allusione alla gioventù bruciata del 68. Naturalmente io non ero d’accordo. L’odore della plastica di questo bambolotto, dopo 47 anni e 5 traslochi è ancora lo stesso, solo un braccio si è staccato dal corpo e per me rappresenta la ribellione del 68. Trovavo in nonna Tina, anche quando fui più grande, una persona disposta ad ascoltare e a rispondere a quesiti scottanti. Lei mi spiegò perché certe volte si rimaneva incinte e certe altre volte no. Non mancava di informarsi sulle mie nuove cotte, mi consolava e mi rassicurava, dicendomi che avrei trovato presto il vero amore. Parlavo con lei di tutto ciò di cui non potevo parlare con gli altri. Non mi ha mai tradita. Quando morì non piansi. Quando morì non era più la mia nonna Tina, era un’anima persa, senza speranza, senza decoro e senza memoria. Quando morì ero arrabbiata. Quando morì ero da poco mamma e pensai alla vita. Pensai che lasciamo solo i nostri ricordi. Anche il suo mondo teatrale non c’ è più, si è evoluto, adeguato, ora ci sono più compagnie stabili, ma sempre, gli attori, recitando vecchie e nuove commedie, promuovono cambiamenti, stimolano dubbi, affascinano e incuriosiscono, fanno ridere, piangere e i grandi ritrovano lo stupore dei bambini. La recitazione degli attori arriva e tocca corde che il pubblico non sapeva di avere, non è un effetto immediato, a teatro ci vuole silenzio, attenzione e poi la magia a poco a poco cattura il pubblico. Tutto contribuisce: La scenografia, le luci, i suoni, gli effetti speciali, la postura degli attori nei loro costumi, il trucco, il tono della voce, l’ incalzare del monologo o un silenzio intrigante. Tutta questa finzione per arrivare alla verità. Il pubblico ne viene coinvolto e vi si trova al centro. Verità fastidiose, dolorose o gratificanti, verità intoccabili, scomode o addirittura dimenticate. Tutto in questa finzione riporta a temi universali e sempre attuali, non importa che la commedia si svolga ai tempi di Carlo V o che si parli di Tristano e Isotta. I Temi sono immortali: L’amore, il bene e il male, l’invidia, il potere, la fame , il sogno, la morte, la speranza… Dal tempo degli antichi Greci le storie si ripetono sempre diverse e sempre attuali. La scomparsa della nonna Tina è come il suo teatro. Nella tragedia della realtà una verità emerge: ha lasciato talmente tanto di sè in chi l’ha conosciuta che Il suo spirito è rimasto vivo. Il dolore lasciato dal vuoto fisico si riempe di ricordi.

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Portula 14-12-2015

Siamo in macchina, io e mio marito, dalle parti di Biella, come un riflesso penso: Portula, in provincia di Biella. Non ho mai visto dove sono nata.Dai andiamo a cercare la stazione ferroviaria di Portula, magari trovo il carro merci!” Il navigatore comincia a chiacchierare, Enrico che solitamente non ubbidisce neanche a lui, questa volta segue diligentemente le indicazioni e dopo poco tempo cominciamo a salire. E saliamo ancora. Mi agito, ma non ci sono dubbi, la strada è giusta, abbiamo appena incrociato il cartello comunale che indica la città di Portula.Ma sei sicura di essere nata in treno? Non vedo binari in giro”. Saliamo ancora ed è chiaro che qua su non esiste nessuna ferrovia. Ma non è possibile che sia una frottola! Mio padre quando voleva zittirmi diceva bonariamente: “ Taci tu, che sei nata su un carro bestiame abbandonato sui binari morti”. E poi c’ è mia cugina Elettra con la storia della cicogna, che quando era arrivata in stazione lei era già volata via e l’ostetrica che dopo il parto aveva detto che il vagone era perfettamente pulito e disinfettato, meglio che in certe case. Sono angosciata, ma si può arrivare a 65 anni e non sapere dove sono nata? Arriviamo in piazza, non c’è ombra di stazione ferroviaria e tanto meno di treni.Allora… cosa vuoi fare? Torniamo indietro?” No, non ci posso credere, non può essere una storia inventata, mia nonna non mi avrebbe mai mentito. Fammi andare a chiedere in Comune”A quest’ ora è chiuso!” Ma devo sapere, devo provare. Devo. Certa che il comune fosse aperto solo perché io ne avevo un disperato bisogno, scendo dalla macchina e mi avvio verso la porta del Comune con il cuore che mi batteva a mille. Abbasso la maniglia e spingo, è aperto! Al di là di un’altra porta a vetri intravedo un’impiegata. Prima di arrivare davanti al banco, mentre lei scrive china sulla scrivania il terrore che mi possa prendere per pazza mi assale. Devo scegliere bene le parole giuste,Buona sera” esordisco, “ senta, io sono Antonia Mascia e 65 anni fa sono nata qui a Portula però… mia mamma mi ha sempre detto che sono nata su un treno, ma… non c’è nessuna stazione qui a Portula e io… non so cosa pensare… insomma non so dove sono nata, lei non mi potrebbe aiutare?” L’impiegata resta impassibile, mi chiede un documento e dopo averlo controllato si dirige verso un armadio e dopo aver fatto scorrere le grosse ante ne trae un librone, lo porta verso la sua scrivania e comincia a leggere in silenzio, poi mette al corrente anche me, che friggevo dall’impazienza.Dunque… qui c’è scritto nata nella casa posta in frazione Granero numero 51”. In una casa a Granero? Al numero 51? Oddio a Granero, mai sentito nominare Granero, mi sembrava di essere uno di quegli impiegati che non capivano mai Portula.” SI, Granero è una frazione di Portula e lì c’è la stazione , ma adesso non funziona più.” Oddio, meno male che c’è la stazione” al n. 51, la mia nascita è piena di 5. Dietro di me si materializza Enrico, che finalmente aveva trovato parcheggio, l’impiegata dopo aver dato un’ occhiata veloce al librone lo guarda e chiede: ”il Signor Leoni?”Ma c’è scritto anche il suo nome sul certificato?”Certo, aggiunge lei e, dopo avermi letto parte dell’atto di nascita, cerca altre notizie, ma non ne trova. Io sono elettrizzata e non vedo l’ora di cercare la stazione. Chiedo di poter fotografare il documento ed essendo la persona interessata ricevo dall’impiegata la fotocopia, un bel foglione di 42cm.x 29,5. Ringraziamo ed usciamo in fretta, io col mio certificato in mano, Enrico ancora incredulo del fatto che io abbia trovato il Comune aperto a quell’ora. Fuori è già buio, e io sono in ritardo di 65 anni, devo correre a Granero ma... sento dentro di me un’ immensa gratitudine per l’impiegata che, pur senza farsi coinvolgere era stata molto educata e professionale. Decido di rientrare in Comune per ringraziarla meglio e farle capire come la sua disponibilità sia stata importante per me. Lei per la prima volta accenna ad un sorriso e mi spiega:È una coincidenza che oggi io sia qui a quest’ora, il Comune dovrebbe essere chiuso, sto registrando l’atto di morte di mia nonna che è appena scomparsa. Finalmente capisco perché prima la sentivo lontana e perché avevo avuto la necessità di tornare da lei, per esprimerle meglio la mia riconoscenza. Mentre mi parlava delle strane combinazioni, della necessità di sopire il proprio dolore, della nostra provvidenziale interruzione, osservo tutti quei particolare che prima non avevo letto in lei. È vestita interamente di nero, in forte contrasto col pallore del viso; il tono della voce ora non è più neutro, ma gli occhi sono un po’ gonfi come prima: tutto in lei avrebbe dovuto farmi pensare ad una persona affranta. Solo ora colgo il suo stato d’animo, e non so comunque cosa dirle, anche se posso immaginare il suo dolore. Mi dispiace tantissimo, la capisco, anch’io ho avuto una nonna speciale”. Peccato non avere avuto la prontezza di aggiungere, in quel momento, che i ricordi della sua nonna l’avrebbero aiutata. Ci siamo salutate come se ci conoscessimo da tanti anni, entrambe, credo, più leggere, se fra di noi non ci fosse stato il bancone sono certa che ci saremmo abbracciate. Risalgo in macchina e, mentre Enrico si dà da fare per raggiungere Granero, che aveva notato prima di cominciare a salire, io leggo avidamente tutti i particolari scritti sul mio certificato di nascita.Senti, c’ era anche mio padre. La denuncia di nascita in Comune è stata fatta quattro giorni dopo. Nessuno me lo aveva mai detto, sapevo che lui aveva spedito la mamma e Luciano a Portula e basta. C’è la testimonianza dell’ostetrica che ha assistito al parto e ci sono i nomi dei testimoni dell’atto, due impiegati del comune… senti, senti, sono nata alle 15-30. Elettra era ancora a scuola a quell’ora, per quello non ha visto la cicogna! Sono euforica, contenta e impaziente. Parcheggiamo l’auto davanti al numero civico 51, a destra e a sinistra di questa villa intravediamo nel buio alcuni depositi ferroviari. Si, sono nata qui. Suono il campanello, pensando che mi avrebbero scambiata per una venditrice ambulante, invece sono stati disponibilissimi i due coniugi che ci sono venuti incontro. Gli abbiamo raccontato grosso modo la storia, erano interessati, abbiamo chiacchierato un po’, loro conoscevano un sacco di cose, compreso il nome del capostazione che c’era negli anni 50. Ci siamo salutati con la promessa che saremmo ritornati. Stavo salendo in macchina quando la signora mi ha chiesto: “In che mese è nata?”A maggio, il 5 Maggio del 50, perché me lo chiede?Maggio è un bel mese per nascere qui, c’è il sole tutto il giorno”. Allacciandomi la cintura di sicurezza ho pensato: “cosa voglio sapere di più, sono nata in una bella giornata soleggiata.” Epilogo I ricordi di nonna Tina li ho sempre avuti con me e solo ora ne scrivo, grazie a Sandra, solerte impiegata del comune di Portula, che attraverso il suo dispiacere mi ha fatto capire che anche lei, come me, ha avuto una nonna speciale.

64 pensieri su “Nonna Tina scomparsa col suo mondo

  1. Simona

    Ma che bella storia!!

    Può succedere che per caso, ma il caso non esiste , arrivi il momento in cui un episodio legato alla nostra esistenza e il cui ricordo ha galleggiato dentro di noi per lungo tempo, si imponga alla nostra attenzione e necessiti di essere indagato. Tanto più se la questione riguarda la propria nascita ed è annoverata come fatto rocambolesco nell’aneddotica familiare. Ne scaturisce un racconto gustoso e delicato che ripercorre i luoghi della vicenda che il tempo ha reso irriconoscibili ma le cui tracce custodiscono ancora la memoria di quell’evento e per un istante si ha la sensazione che tutti i personaggi ritornino in scena. Grazie Lella per averci regalato una storia dal sapore antico e per averci fatto conoscere la modernissima Tina.

  2. Lella

    Ma che bel commento!!
    Grazie Simona,hai proprio ragione quando dici che ho rimesso in scena i personaggi.Grazie anche per aver trovato l’aggettivo esatto per mia nonna Tina, è vero,è modernissima.

  3. Chiara Tizzoni

    Cara Lella,
    questa storia mi fa affiorare tre pensieri.
    Il primo: ora capisco la tua arte, la tua naturale propensione per la fantasia e la creatività. Non sarai stata attrice, ma nel tuo sangue ti scorre forte e viene espressa così.
    Il secondo: guarda un pò il caso. 05/05/50. 08/08/83. C’è chi ha un 5 di mezzo, c’è chi ha un 8. Chissà mai cosa vorrà dire. Ne hai un’idea?
    Il terzo: lo stato d’animo della commessa del Comune, all’inizio nascosto da una facciata distaccata, mi ha fatto ricordare di come tante volte abbiamo di fronte persone che stanno combattendo una battaglia personale e semplicemente ci appaiono scorbutiche o distaccate. Siamo noi, in realtà, a non cogliere, a non capire, a non sentire. Allora potremo trovare la chiave che, così come hai fatto tu, ci permette di vederle in modo umano, pieno e completo. E capire che non sono proprio così come ce le eravamo immaginate.

    Guarda un pò cosa ha sollevato il tuo racconto.
    Penso sia un bel successo, per chi scrive.

    Un abbraccio carico di bene.
    Chiara

  4. Lella

    Ciao Chiara,non pensavo di sucitare tanto interesse, e non avevo nemmeno pensato alle altre combinazioni 8-8- 83!! suppongo che queste date servano a non fare annoiare gli impiegati
    Per quanto riguarda il terzo punto, penso sia la cosa più difficile perchè siamo sempre tanto presi dai nostri pensieri. Ti ringrazio di tutto

  5. Anna Bourdil

    Cara Lella,

    Il racconto che parla della nonna Tina è molto gradevole. Lo stile è fluido e il lettore è trasportato immediatamente nell’atmosfera di un film neorealista. Il contenuto essendo autobiografico ed esprimendoti alla prima persona hai saputo dare particolari accenti di verità commoventi.
    Mi hai portata via con te, a Portula, in un vagone su un binario morto, in mezzo a una riunione di artisti che si esprimono con citazioni …. Ho visto l’amore per la nonna, i ricordi toccanti e i momenti irripetibili …
    Il personaggio dell’impiegata comunale è molto interessante anche lei e traduce una massima che diceva pressapoco così : “non giudicare gli altri, in quanto non abbiamo la minima idea delle battaglie che stanno affrontando”.
    Grazie di aver condiviso questo bel racconto!
    Un abbraccio
    Anna

  6. Lella

    Grazie a te Anna per aver letto con attenzione il racconto e per esserti lasciata trasportare. A me piace scrivere,ma molto dipende da chi legge.I vostri commenti sono unici e mi permettono di rivedere il racconto da altri punti vista.Anche per me è molto bello condividerlo con voi.

  7. Patrizia

    Cara Lella, mi hai veramente emozionato. Mi ero proposta di leggerlo questa sera, ma non sono riuscita a trattenermi, e una volta iniziato il pezzo, non riesci più a fermarti …
    Una storia veramente interessante la tua, per le tue origini, sarebbe da trascrivere nel libro della storia del Comune di Portula. Abbiamo tanto bisogno di sentire raccontare storie vere, di persone che conosciamo, che ci fanno conoscere pezzi della nostra Bella Italia, e di quanto più di altri siamo ” Artisti ” in tutti i sensi. E poi eccoti qui nata su quel vagone assolato in un bel 5 di Maggio del 1950. Il cinque è un numero che porta sempre cambiamenti, transazioni nella nostra vita.. E chi più di te, sempre in viaggio in movimento… Hai una bellissima e singolare storia da raccontare, romanzare, fantasticare un po’ come a teatro, un altro modo per ricordare la tua nonna Tina. Ti ringrazio per avermi fatto partecipe attraverso questo tuo bellissimo racconto, di un pezzetto di te!
    Continua a scrivere, perché anche questa è arte … E tu sei un’artista che recita i sui versi sulla carta delle pagine di un libro… quasi come essere a teatro! Un abbraccio!

  8. silvana puerari

    ciao Lella che bello ! io sono cresciuta con i nonni paterni ! Da mia nonna ho imparato ad apprezzare la musica operistica ma anche tante altre cose.
    Mi raccontò della sua vita e dell’amore della sua vita ( il nonno ,un sussieguoso ” ghisa ” che,essendo nativo di Cremona non suscitò l’entusiasmo della famiglia di nonna. E le costò caro perchè venne addirittura diseredata …………altri tempi davvero.
    Ti abbraccio con Luciano

  9. Valentina

    Zia é proprio bello, mi ha emozionato….. e ho scoperto un sacco di cose che non sapevo!!
    Un bacione

  10. lella

    Ciao Patrizia,non so perchè ma la mia risposta al tuo commento è andata chissà dove! Ci riprovo!
    Ciao Patrizia, grazie per tutti i complimenti. Ma sei sicura che sia io l’artista? E non tu?
    Baci

  11. Elettra

    Ciao Lella. L’ho letto. E’ bellissimo!!!!! Mi ha fatto ricordare
    un mondo per me bellissimo, che ho amato molto e nel quale avrei voluto essere più protagonista. Gli eventi della vita me lo hanno impedito. Pazienza ! Grazie cugina. Elettrica

  12. CLELIA

    Cara Lella,
    Mi hai regalato un tuffo nel tuo passato di cui non ricordavo alcuni passaggi.
    La tua storia è bella.Oltre a ricordarci i sacrifici che hanno fatto i nostri avi nel periodo di guerra e dopoguerra,racchiude delle verità che purtroppo la vita moderna e concitata sta cancellando.(e non ce ne rendiamo conto)
    Verità come: “……lo scorrere del tempo ha interrotto le tradizioni”. E ancora: “Tutta questa finzione per arrivare alla verità…………..I temi sono immortali: l’amore,………….. la speranza.”
    Così come scrivi,i ricordi, le tradizioni, gli affetti aiutano.
    Aggiungo: non dobbiamo sotterrarli.
    Un abbraccio.

  13. Lella

    Grazie Clelia, sono d’accordo. Anzi penso di averli ben nutriti questi ricordi, fino alla quarta generazione!!
    Un abbraccio

  14. Graziella

    Carissima,trovo che ,come in altri racconti ,sai rappresentare con molta sensibilità’ l’ambientazione nella quale si svolge la storia .In questo hai raccontato uno spaccato di di storia italiana che noi abbiamo solo sfiorato ma lo conosciamo ,oltre a ricordi lontani,attraverso i racconti delle persone che ci sono state più vicine.Tutti abbiamo avuto un nonno che più di altri ci ha dato un affetto così speciale che ancora oggi il ricordo e vivo e nostalgico. Tu hai avuto la nonna Tina ,donna forte ma amorevole che ti ha aiutato a crescere. Sai sempre cogliere nei personaggi del racconto ,le sensibilità ,i caratteri in un modo così umano che nel leggere le loro storie sembra di conoscerli personalmente. Brava Lella continua così. Ciao

  15. Ambrosetta Volpi

    Ciao Lella,
    Ieri sera tornando a casa, mentre ero in macchina mi sono ricordata della mail, sono entrato in internet ed ho letto il tuo ultimo pezzo! Molto bella ed avvincente la storia della tua nascita! All’inizio non avevo capito xe nn mi risultava tu avessi una nonna con la passione del teatro, poi man mano che procedevo nella lettura ho come visto a riconoscervi tutti! Non sono riuscita a smettere di leggere anche se trovandomi in macchina e leggendo dal cellulare non era il massimo! Ti faccio quindi i miei più sinceri complimenti! Sei stata proprio BRAVISSIMA!!!!!!

  16. lella

    Ciao Graziella, forse riesco a cogliere i vari personaggi perchè li sento veramente miei anche in altre storie decisamente inventate.Se non riesco a..sentire, non riesco nemmeno a scrivere. Speriamo, come mi auguri tu di riprendere spedita. Un abbraccio

  17. lella

    Ciao Ambrosetta, leggere dal telefonino è sempre difficile, grazie per la costanza.Grazie per i complimenti che oltre ad aumentare la mia autostima finiranno per farmi aumentare anche in altezza, visto il mio metro e53!! ereditato dalla bisnonna Adalgisa!!
    un bacio

  18. luciano

    Carissima Lella, grazie per il tuo articolo!
    Hai riaperto una finestra su un mondo sconosciuto alle nuove generazioni e dimenticato, almeno parzialmente, da noi vecchietti. Grazie!
    Ti invidio il rapporto privilegiato che hai successivamente avuto con nonna Tina. Con me , maschietto, non era così.
    In compenso ho altri ricordi, che mi hai riportato alla memoria: quando, durante le ferie di papàandavamo a trovare nonna Tina nelle varie”piazze” in cui si trovava, vedevamo sempre località nuove … le torri di San Gimignano, e poi Calenzano, Dicomano e i brigidini , quei dolcettini piatti friabiluissimi!Buoni!!!!
    Ricordo che con il cuginetto Mario accompagnavo l’attrezzista/trovarobe zio Osvaldo nei suoi giri mattutini … e lo aiutavamo pure! …e poi c’era la pulizia mattutina del teatro: passavamo tra le file di sedie e raccoglievamo le carte di caramella e i mozziconi di sigaretta, ma non era un lavoro! Era una caccia al tesoro! Perchè spessissimo tra le file di sedie capitava di trovare monetine cadute dalle tasche degli spettatori sull’erba che le aveva nascoste dopo aver attutito il suono della caduta.
    Tanti ricordi …anche di quando Elettra ed io avevamo mancato di poco la tua cicogna. E ancora il vagone (dall’esterno! Non ci hanno fatto entrare!) : era di fronte a quella che a me, bimbetto di sei anni era sembrata una grande collina erbosa …ma i ricordi si sfumano…..
    GRAZIE!

  19. Lella

    Ma pensa un po’ se dovevo venire a sapere, solo ora,che quando sono nata, con Elettra c’eri anche tu a voler vedere la cicogna.Giuro,mi avevano parlato solo e sempre di lei.
    Di sicuro alla luce dei fatti avrei dovuto intervistarti prima di pubblicare questo pezzo.
    Per me scrivere è un piacere e anche questa volta l’ho fatto sull’onda delle emozioni e attingendo ai miei ricordi. Non me ne volere se ho tralasciato molto e molto avrei potuto scrivere in più.
    Grazie per il commento, ti voglio bene
    Ps:La collina c’è. L’ho vista!

  20. luciano

    P.S. Te lo confermo, perchè malgrado gli anni passati me lo ricordo: QUEL GIORNO C’ERA IL SOLE !!!!!!

  21. Mac of BIOnighT

    Con un certo ritardo, ma riesco finalmente a porre la domanda che mi sono fatto tutto il tempo mentre leggevo questo tuo bellissimo racconto: quanto di tutto questo è storia reale e quanto inventato?

  22. lella

    Carissimo Mac, ti ringrazio di avermi riproposto questa domanda pubblicamente sul blog così da soddisfare la curiosità di altri.
    Si è tutto vero, non c’è assolutamente nulla di inventato. Dalla pipì di Elettra sul palcoscenico alla giornata di sole quando sono nata.
    Questa volta ho raccontato, mi piace raccontare, mi piace condividete e moltissimo mi è piaciuto leggere i vostri commenti, così diversi e così personali.ognuno di voi ha dato al racconto un punto in piu….neorealismo, finestra aperta, rimpianto, e…tantissimo altro.
    Grazie Mac

  23. Marisa Pecchenini

    Carissima Lella, che piacere leggere questo racconto! E’cosi scorrevole, leggero ma intenso..raccontato con il tuo stile, brillante e molto simpatico. È bello che lo scrivere attivi questi ricordi e la necessità di metterli sulla carta imponga di riordinarli, di colmare i buchi, di studiare, come dici tu. Hai sicuramente un talento e il metterlo a disposizione degli altri offrendo una bella storia ti fa onore. Io mi sono divertita e sono venuta a conoscenza di una parte della tua biografia che ignoravo. Ne consiglierò la lettura e lo farò leggere a mio marito. Ti abbraccio. Marisa

  24. lella

    Grazie Marisa, sei sempre così precisa e carina.
    Scrivere trovo sia utilissimo anche per me, sotto tanti punti di vista, soprattutto questa volta che la storia è personale.
    Grazie anche per la pubblicità che mi farai.
    Un abbraccio

  25. LORIS

    complimenti per l’articolo, bello il ricordo dei nostri avi che non bisognerebbe mai dimenticare delle fatiche di un tempo e delle diverse difficoltà che la maggior parte delle famiglie italiane hanno dovuto affrontare, ognuna a suo modo; molto simpatica la seconda parte sulla ricerca del “vagone” di nascita. Tanti saluti e un arrivederci a presto. Loris, Cami, Ali

  26. lella

    Ciao Loris, hai fatto bene a scrivermi dei sacrifici dei nostri avi, nel racconto forse non se ne parla abbastanza, accenno alla fame, anche se in realtà ne ho sentito parlare molto. C’è sempre un velo di ritrosia o vergogna a parlarne.
    Forse sarebbe stato giusto approfondire di più, in modo da informare i giovani che quello che hanno non è poi così scontato e non è nemmeno detto che ci sarà in seguito.
    Grazie per avermici fatto pensare.

  27. Mariateresa

    Cara Lella, io ho conosciuto nonna Tina quasi ottantenne e sono rimasta affascinata dai suoi occhi azzurri e dal suo portamento gentile e aristocratico: lei e le sue sorelle Cesarina e Jolanda formavano un trio splendido malgrado l’età.
    Che bello il ritratto che hai fatto di lei! I nostri figli e nipoti ne andranno fieri….

  28. lella

    Ciao Mariateresa, effettivamente nonna Tina ha conservato il suo fascino anche da anziana.A riprova che alcune persone anche invecchiando continuano ad essere quello che sono sempre state.Non è il corpo, che con gli anni fa testo, ma l’essenza stessa della persona.
    Spero proprio, come scrivi tu, che i nostri figli e nipoti ne andranno fieri.
    Anche perchè, per me, scriverne è stato un piacere, ma resta sempre la sensazione di aver impegnato del tempo inutilmente. Ancor più se si raccontano fatti personali.
    Grazie per aver trovato un motivo valido alla mia scrittura.
    Un abbraccio

  29. Mario Mascia

    I racconti di Lella Mascia Leoni, segnatamente quello su Nonna Tina, sono caratterizzati da una prosa gustosa, fresca e di piacevole lettura. Ma devo anche notare che lo spumeggiante stile, solo apparentemente didascalico, è in realtà intenso e ricco di spunti sparpagliati ad arte, a mio parere, qua e là dall’Autrice, come finestre aperte nello spazioso orizzonte della fantasia, per consentire ai lettori di completare il suggestivo quadro narrativo suggerito dalla propria esperienza o immaginazione. Il linguaggio di Lella consente in tal modo nel lettore la formazione di un processo interagente o di piacevole immedesimazione. Questa particolare attitudine partecipativa è attiva sia nei lettori giovani e d media età più versati per l’immediatezza delle forme espressive di fatti ed immagini, sia in quelli di avanzata età (in cui versa chi scrive queste poche righe) giacché la naturale assenza di proiezione nel futuro lascia il posto alla contemplazione e alla capacità di vivere più intensamente il passato e il presente anche attraverso le esperienze altrui.
    La tua agile opera merita prolifico seguito nella fierezza del ricordo del carattere roccioso e spericolato di Nonna Tina.
    Complimenti, Lella, continua, per il tuo e il nostro piacere, il tuo dilettevole dialogo con carta e penna!
    Mario M.

  30. Lella

    Carissimo Mario,difficile risponderti. Un solo grazie non è sufficiente. La tua analisi del testo molto puntuale e profonda mi ha fatto molto piacere anche perché è vero quello che scrivi
    ” Il linguaggio di Lella consente in tal modo nel lettore la formazione di un processo interagente o di piacevole immedesimazione”. In alcuni dei commenti questo emerge chiaramente e per me è fondamentale, come è fondamentale che la lettura sia “gustosa e di piacevole lettura. Ti sono grata anche per tutte le altre puntualizzazioni. Se per molte di esse ne ero consapevole
    “Durante la stesura della scrittura” per altre le ho scoperte dal tuo commento.
    Grazie infinite, è sempre un piacere scoprire cosa può scaturire da un breve racconto

  31. Paola

    Che bella storia vera, zia, franca ed emotivamente impressionistica allo stesso tempo! Grazie per la ricostruzione, certo in questo modo me la porterò dietro negli anni! Un abbraccio

  32. Lella

    Rimettere insieme i ricordi è stato per me gratificante.Sapere che in questo modo anche voi ve li porterete dietro negli anni è un vero piacere.Bacione zia Lella

  33. adelaide ziccardi

    Scritta in maniera scorrevole ed accattivante.è una storia strana, curiosa con un finale sereno senza apparenti malinconie. Brava alla prossima

  34. lella

    Ciao Adelaide, ben venuta sul blog.
    Anche il tuo commento è: accattivante, conciso, preciso e gratificante.Grazie anche per la fiducia accordatami con quel tuo: “alla prossima”. Aspetterò altri tuoi commenti.E… alla prossima!!

  35. mauro

    Salve Signora,

    sono uno storico del teatro e mi occupo da anni della famiglia Bonvini Croce Carani.

    Sono anch’io figlio d’arte: discendo dai NISTRI.

    Mi piacerebbe moltissimo conoscerla e condividere con lei molte cose.

    mauro.ballerini@libero.it

  36. Lella

    Carissimo Mauro, ben venuto sul blog.È un onore per me ospitare uno storico del teatro e sapere che si occupa da diversi anni della famiglia Bonvini Croce Carani mi riempie di gioia.
    Direi proprio che dobbiamo assolutissimamente incontrarci e….parlare di nonna Tina.
    Un caro saluto

  37. mauro

    Gentilissima,
    le ho risposto tramite mail… mi è più comodo.
    Spero di non crearle disturbo

  38. Sandra

    Mi sono commossa!
    Grazie e mi scuso per non essere stata molto loquace ma era una giornata molto particolare.
    Quando vuole passare dal suo paese natale è sempre la benvenuta.
    Sandra

  39. Lella

    Ben arrivata sul blog Sandra. La sua presenza nei commenti (oltre che nel racconto)è come la ciliegina sulla torta.Grazie e…spero di rivederla presto.
    Un abbraccio

  40. Giulia

    Il ricordo di Nonna Tina é solo un ricordo, ma é talmente vivido che é come se fosse ancora qui con noi a leggere questo avvincente racconto. Anch’io ho una Nonna Speciale. Un bacio.Giulia

  41. Lella

    Ciao Giulia, bene arrivata sul blog, il tuo commento mi ha fatto immensamente piacere e… visto che sono la tua nonna, mi è scappata anche la lacrimuccia!
    Un abbraccio forte forte e un bacio anche da parte mia.
    Nonna Lella

  42. Sergio

    Mi piace il tuo scrivere agile, moderno e colmo di annotazioni divertenti che lo rendono gradevolissimo. Direi che nei tuoi ricordi vi e’ sempre una dolce poesia di fondo che e’ bello assaporare. Le mie parole sono sincere.

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