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Parafrasando

Sabato 12 Agosto 2023 Livadi

Più che ormeggiati, a questo punto direi che siamo aggrappati al molo del porto di Livadi. La forza del vento è tale che oltre ad essere sempre tese le cime che ci ancorano al molo, anche la barca è inclinata. Quaranta nodi di vento non sono uno scherzo, corrispondono ad una velocità di ottanta chilometri all’ora. Ha cominciato a soffiare ieri sera, per calmarsi durante la notte e riprendere alla grande adesso. Altro che bagnetto in baia, per poter camminare, questa mattina, scegliamo una strada alta, parallela a quella del mare: pochissimi negozi, una cappella, il benzinaio e poi ci viene incontro un buon profumo e subito dopo un manifesto incollato al muro illustra leccornie salate e dolci, al centro un bicchierone di spremuta d’arancia. Ed ecco un piccolissimo locale, un bancone espone paste sfoglie ripiene di ogni ben di Dio: spinaci, formaggi, cioccolata, creme, e il resto è già finito ci spiega il venditore “avrio” domani, troverete anche altro. Noi la colazione l’abbiamo già fatta, ma con la scusa che magari… mangeremo di meno a mezzogiorno, ci sediamo nell’unico tavolino con due sedie e mangiando una buonissima bugassa, calda, coperta di zucchero al velo e cannella, già tagliata a misura di bocca e servita sul vassoio, aspettiamo che venga pronta la spremuta d’arancia, fatta al momento con almeno tre frutti a testa. Il venditore intanto continua a tagliare i pezzi grossi di pasta sfoglia ripiena, li prepara sui vassoi, pulisce i coltelli, il tagliere, il piano di lavoro, un lavoro preciso, meticoloso che riempie l’ unico momento in cui la gente non affluisce. Apre alle otto e alle due chiude. É un posto con prodotti buoni, e con giusti prezzi, immagino il lavoro notturno che c’è dietro e dal primo mattino il continuo affluire di gente, poi, quando tutto si esaurisce si chiude. Otto- quattordici, perfetto. Enrico mi propone un giro col motorino, bocciato, troppo vento, mi propone di tornare alla Chora, bocciato, è sabato e alla fermata c’è già gran folla. Ok, rientriamo, e quando le case non ci proteggono più, il vento ci assale, il molo è completamente bagnato e grossi schizzi ci costringono a correre. Salire in barca è sempre più difficile a causa della gamba corta e del altrettanto braccio corto, sporgendomi in avanti, dal bordo del molo, agguanto la battagliola che è bagnata e mi isso a bordo puntando i piedi sulla falchetta e con una mano mi afferro ad una sartia, poi, piano piano, per paura di scivolare raggiungo il pozzetto. Enrico sale e basta, non ha gambe e braccia corte, lui. Ulula il meltemi, non soffia, è un rumore continuo come un trapano che non si ferma mai, anzi a tratti accelera con le sue raffiche che ti sgomentano. Capita a volte, un attimo di silenzio, un attimo solo e ti domandi “oddio, cosa succede”, ma non è niente e subito riprende. In cabina va decisamente meglio, siamo protetti, ma ci accompagna incessante un sottofondo che alla fine ti snerva. In queste occasioni, quando siamo al telefono e ci chiedono “Ma cos’è questo rumore?”, mi verrebbe da rispondere: “ É il meltemi bellezza, il meltemi, e tu non ci puoi fare niente, niente!” Parafrasando l’ultima battuta recitata da Humphrey Bogard, nel film: L’ultima minaccia: “É la stampa bellezza, la stampa, e tu non ci puoi fare niente, niente!”

Kalimera.

 

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