Con due macchine a noleggio, il gruppo completo di 8 amici italiani parte alla scoperta delle meraviglie di questa isola. Dopo la programmazione del viaggio, che ha richiesto due serate, dopo la prima prenotazione saltata a causa del forte vento, dopo aver rimandato la partenza dall’isola di Limnos per due dei nostri, finalmente mercoledì 24 luglio con due piccole auto ci dirigiamo al sito archeologico di Poliochni, sarà la prima tappa perché nel pomeriggio è chiusa e Mauro e Meri avevano già sperimentato la chiusura in un giro precedente. È ancora un colpo d’occhio di una città integra che dal promontorio si affaccia sul mare, naturalmente solo una ragnatela di mura basse che delimitano i vari locali, molto piccoli e zone più ampie per granaio o riunioni pubbliche. Fa impressione pensare che sia una città preistorica del quarto millennio a.C. Notevolmente impressionati lasciamo la città con i suoi sassi che hanno visto scorrere davanti a loro generazioni e generazioni di umani. La seconda tappa: Modruos, non ha niente di archeologico ma ci interessava vederne il porto. Nonostante il vento fa caldo e ci sediamo ad un bar per bere qualcosa di fresco. Forse ci siamo attardati troppo perché quando arriviamo nella piccola e vecchia città di Kontias è già mezzogiorno, ed è difficile apprezzare casette in pietra che si susseguono su stradine di cemento, in macchina, poco fuori il paesino ammiriamo i cinque mulini in pietra, ora trasformati in hotel. Per niente pimpanti, accaldati, nervosi ed affamati ci dirigiamo in macchina verso la zona montagnosa all’interno dell’isola, lì a Sardes abbiamo prenotato il pranzo in un un ristorante al quale preferirei non fare pubblicità perché ha deluso tutti noi. Il pezzo forte della gita viene ora, naturalmente scendendo dal paesino ci perdiamo come altre volte in questa giornata così piena di posti nuovi, senza cartelli che, se ci sono sono, sono scritti in greco e nascosti dalla vegetazione. Ci siamo anche persi di vista con l’altra macchina, ma Google Maps ci riunisce. Ci dirigiamo al Parco Geologico di Faraklou. Lungo la strada per raggiungerlo il panorama è brullo e i pochi campi di grano sono stati tagliati lasciando sul terreno solo giallo secco. Procediamo, la strada non è più asfaltata, un sali scendi fra buche e sassi appuntiti, strettoie e curve che costringono il guidatore a vere acrobazie quando incrocia altre macchine. Solo ora capisco perché noleggino solo vetture piccole. Quando dopo aver parcheggiato al sole scendiamo dalla macchina siamo frullati. Allo stordimento del viaggio seguirà un altro stordimento, ben più piacevole, un panorama davvero difficile da descrivere: rocce sedimentarie vulcaniche levigate, spettacolari, tondeggianti, o pieghettate come tessuto che scende morbido verso il mare, o ampi spazi in discesa lisci come piste da sci, funghi di roccia più scuri, sabbia color oro e una particolare vegetazione che copre fittamente il terreno. Niente di quello che vediamo può essere paragonato a qualcosa di già visto, dà l’impressione di essere su di un altro pianeta. In questa giornata molto movimentata e faticosa non abbiamo visto molte altre cose tipo le dune o i fenicotteri nei laghi, o altri parchi geologici. Ma se ripenso alle rocce di Faraklou mi ritengo molto soddisfatta, anche perché le ho vissute in buona compagnia. Meno soddisfatto, penso, il noleggiatore di auto al quale abbiamo riconsegnato delle macchine super impolverate.