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In mare

Lunedì, 19 agosto, alle sette del mattino siamo già svegli, l’aria è freschina, il sole splende e il porto è già in movimento: molti se ne sono già andati e non sono mancati gli incroci di ancore con relative manovre per liberarsi. Sulla banchina vicino al faro è rimasto solo il peschereccio e la motovedetta del guardia coste. Il mega yacht non c’è più, in effetti, molto presto, nel dormiveglia avevamo sentito rombare i motori e avevamo capito che se ne stava andando. In rada ci sono solo poche barche. Dopo i rituali mattutini scendo a terra per comprare il pane fresco, non resisto e di strada mi fermo dalla fruttivendola che è già aperta, prendo altri pomodori, questa volta maturi, pensando a una pastasciutta al sugo da mangiare questa sera in rada se non trovassimo posto in banchina. La saluto, avvisandola che partiamo e la ringrazio per la sua gentilezza, si e sempre rivolta a me in italiano consigliandomi al meglio, anche lei si congeda, sempre in italiano. Per la strada i molti cestini della spazzatura sono ancora stracolmi, la spazzina non è ancora passata. Di persone, macchine o moto non se ne vedono in giro e camminare nelle lunghe ombre delle case e delle piante è un vero piacere. Alle 8,30 salpiamo dopo aver salutato Patrizia e Giovanni che si è affacciato dal tambuccio, l’augurio che ci scambiamo è quello di rivederci per mare, possibilmente entro questa stagione, che vorrebbe dire che stiamo tutti bene, Giovanni compreso. Lasciamo l’isola di Limnos dopo 42 giorni, nessun rimpianto, ci siamo stati molto bene, l’abbiamo girata in lungo e in largo, a piedi e in macchina, abbiamo fatto bagni e goduto della tranquillità dell’ormeggio in porto. Ci abbiamo incontrato vecchi amici e ne abbiamo conosciuti di nuovi. Siamo pronti per riprendere il viaggio di ritorno, la prima tappa sarà breve, come già detto solo venti miglia. Quella che lasciamo alle spalle è un’isola particolarmente rocciosa e brulla, la riguardo e penso che anche quando siamo arrivati avevo avuto la stessa impressione, però proprio in questo ambiente dove crescono solo erbe aromatiche, le api sono molto laboriose e non si fanno scappare nemmeno un fiorellino di timo. In navigazione, dietro di noi a poppa una bava di schiuma bianca lascia per pochi metri la traccia del nostro allontanarci. Sulla sinistra di Felicità a est, sotto i raggi del sole, un fitto scintillio argenteo ci viene incontro dall’ orizzonte, diradandosi e allargandosi verso di noi in   infinite stelle danzanti. Issiamo la vela, l’andatura si stabilizza e la velocità aumenta, dietro di noi prima un delfino, poi altri in gruppo che però si allontanano, non abbiamo avuto il piacere di vederceli saltare in torno, o come fanno di solito che ci precedono con nuotate e salti possenti. La navigazione procede, il rumore del motore purtroppo è dominante, il vento che gonfia la vela è fresco e piacevole, le postazioni in ombra sono le più ambite, mentre il pilota automatico continua a lavorare per noi. Faccio ginnastica, leggo, scrivo e sono arrivate le 11,30, il nostro arrivo è previsto per le 12,30. Solo dopo poche miglia dall’uscita del porto, quando il mare era ancora ondulato e senza increspature, dalla prua di Felicità,  a sud, l’isola di Efstratios era già in vista: sagoma sbiadita all’orizzonte, quasi impercettibile. Ora è qui davanti a noi, con le sue curve nette, il suo colore scuro. Chissà se troveremo posto in porto.

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