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Pugno di scimmia

Niente sveglia questa mattina, nessunissimo rumore, il mare è una lastra di vetro trasparente, non un alito di vento, solo il belare di due capre che arrivano quasi a riva. La luce è ancora tenue, sono le sette e noi abbiamo dormito 9 ore filate. Siamo pronti per ripartire, qui però è talmente bello: siamo in una piccolissima baia, davanti a noi Alonisos, la vista spazia fra terre, mare e cielo, se il cielo e il mare sembrano parenti  per similitudini le terre assumono sembianze sempre diverse: terre rossicce o rocce grige, sulle coste spaccature a formare grotte e strapiombi a picco sul mare, il loro colore può assumere toni diversi a seconda delle ombre che le colgono solo per metà, lo strapiombo è inerte davanti a noi come una ferita, ha fermarne l’ulteriore caduta in mare sulla sua estremità,  una compatta macchia di verde la trattiene con le sue radici. C’è  molto verde su  queste isole. Mano a mano che ci allontaniamo, dietro di noi le colline perdono i loro colori brillanti. Lasciano il  posto a quella a cui stiamo andando incontro: Skopelos. Ci vorranno 25 miglia per raggiungerla, nel frattempo, vista la giornata di ieri ho un sacco di cose da sistemare in barca, in più  anche l’esterno ha i suoi problemi che ieri abbiamo tralasciato, Felicità è punteggiata da granulini neri e grassi, sono dapertutto, anche sui cuscini che alla fine andranno buttati perché nel tentativo di pulirli abbiamo peggiorato la situazione, meno male che erano già conciati ed era in programma di cambiarli. Sulla coperta è stato più facile eliminarli con acqua e poco sgrassatore, anche noi muovendoci e sedendoci ci siamo conciati. Alla fine è stata necessaria una doccia seria con acqua calda e sapone. La causa? Di sicuro il piccolo traghetto giornaliero che sostava vicino a noi al di là del molo, quando arrivava e quando ripartiva i suoi gas di scarico erano famelici e ci siamo accorti tardi di quanto inquinamento producesse anche con il generatore acceso tutto il giorno. Il giorno prima di partire, quando è arrivato, alle 5 del pomeriggio Enrico lo aspetta sul pontile, se non possiamo fare niente per l’inquinamento (se non andarcene)  possiamo evitare che il marinaio, durante le manovre di attraco ci   tiri di nuovo addosso (come successo il giorno prima), il pugno di scimmia, dopo il lancio dal traghetto aveva  preso in pieno il nostro boma, l’impatto  ha  prodotto come una fucilata, io ero lì sotto che leggevo, mi sono presa uno spavento e se il lancio fosse stato più basso mi avrebbe colpita. Il pugno di scimmia è una palla di corda pesante situata all’estremità di una cima leggera che a sua volta è legata alla vera e propria cima di ormeggio, che in questi traghetti sono decisamente grosse e pesanti, per questo viene lanciata la cima leggera che però  alla sua estremità deve avere  appunto qualcosa di pesante (pugno di scimmia) per essere ben indirizzata. Enrico è lì che aspetta di vedere il marinaio che  lancia  il pugno di scimmia, lo inquadra, si fa sentire e capire, le poche parole che sappiamo in greco sono eloquenti: “Sigà Sigà” il marinaio capisce e si giustifica dicendo che il giorno prima c’era vento forte, “Ok” risponde Enrico ma ribadisce: ” Sigà Sigà” .  Pulendo la barca questa mattina penso come al solito che c’è sempre il rovescio della medaglia, l’isola di Efstratios è stata una bellissima esperienza , ma come sempre non può essere un paradiso, anche lì magari ci saremo fermati di più restando per  la finestra del brutto tempo. E anche qui in baia oramai siamo a ridosso del temporale e non possiamo cincischiare, ci  sarebbe piaciuto rimanere in baia all’ancora, soli soletti, per almeno un paio di giorni, ma purtroppo il meteo comanda e noi vorremmo essere  già ormeggiati sicuri in porto. Magari ci torneremo, come dico sempre: “Queste isole sono qui da un po’ di tempo, micha se ne andranno l’anno prossimo!”

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