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Buona la terza

Che bello, siamo arrivati preso, come previsto,  facciamo in tempo anche a fare il bagno prima di mangiare, sì, tiro fuori dal frigorifero la frittata e lo tzatziki,  così quando mangeremo non saranno troppo freddi. “Lella sei pronta? Siamo in porto!” “Arrivo”, bevo un po’ d’acqua e vengo”. Sul lato migliore dove ormeggiare c’è un solo posto libero, perfetto per noi. La manovra è un po’ complicata con il vento che ci  fa scarrocciare, dalla barca a fianco, dove dovremmo ormeggiarci ci fanno gesti molto eloquenti: le braccia alzate e incrociate vogliono dire: stai incrociando la tua ancora con la mia. Non è possibile, Enrico è sicuro, arriviamo sul molo e un signore anziano che io ho salutato in greco kalimera mi risponde in un italiano un po’ stentato: “ben venuti”. Il  bulgaro continua a lamentarsi e a insistere, noi proseguiamo il nostro attracco, compresa la verifica della tenuta dell’ancora, dei 60 metri di catena che abbiamo mollato ne tiriamo su prima 10, 20, 30… fino ad arrivare…”L’àncora non tiene, molla gli ormeggi Lella, rifacciamo”. Il bulgaro è sempre di vedetta sulla prua della sua barca e ci indica dove buttare l’ancora, come se noi non lo sapessimo e come se fosse facile con il vento che è aumentato. Stiamo di nuovo lentamente  arrivando  all’ormeggio,  il bulgaro si lamenta. Enrico gli fa vedere dove ha buttato l’ancora e lo informa  che ha lasciato 70 metri di catena. Già al primo ormeggio è stato chiaro che non gli avessimo incrociato l’àncora. Enrico non ha voglia di discutere, per la seconda volta togliamo gli ormeggi e rifacciamo la manovra. La terza volta, sempre col vento a trascinarci, in retromarcia, ci infiliamo  dritto fra le due barche manovrando con l’elica di prua e avendo mollato la catena a una giusta distanza e nella giusta posizione. Attracchiamo in banchina, di nuovo lancio di cime. Il bulgaro soddisfatto dice in continuazione ok ok. Ok un cavolo, devo controllare che la nostra ancora tenga e a furia di spostarmi mi sa che sono sull’ancora della barca alla nostra dritta, il proprietario non c’è. In tutto questo tempo il signore greco, quello  anziano è sempre stato sul molo ad aspettarci e a prenderci le cime, è sconcertato e anche lui scrolla la testa per dire: non c’è mai stato un incrocio di àncore. La maglietta che indosso sopra al costume  è madida di sudore, la gola e la bocca sono secche, Enrico è nervoso e scocciato. Non litigare costa molta fatica. Se l’ancora avesse tenuto al primo ormeggio sarebbe stata buona la prima, così  invece dopo un’ora di su e giù dell’ancora è  stata buona la terza. È l’una e mezza, dietro il molo c’è la spiaggia, non vedo l’ora di buttarmi in mare. Enrico con un secchio di acqua di mare sta pulendo in zona àncora, che è un accrocchio di fango e rigoli di acqua nera, l’ombrinale nel  pozzetto che contiene la catena si è tappato col fango, questo ormeggio non finisce mai, non possiamo lasciare che il fango si secchi, bisogna levarlo subito. A lavoro terminato cerchiamo di cancellare tutto con una bella nuotata, e in parte ci riusciamo. Il bulgaro ci sorride ogni volta che incontra i nostri sguardi, noi facciamo altrettanto. Quando finalmente, dopo il bagno, la doccia ecc… ecc… mangiamo, la frittata è quasi calda e lo tzatziki un po’ troppo molle.

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