Mercoledì è stato perfetto per salpare, perfetto per navigare e perfetto per attraccare alla boa verso le 15 davanti al cantiere di Limni, con calma di mare e di venti. Il capitano ha fatto bene i compiti e ha infilato proprio le uniche 10 ore di bonaccia. Meno perfetto è stato non poter alare subito Felicità. Rimanere alla boa tutta la notte è stata un’esperienza purtroppo già vissuta, in altri luoghi e in altri tempi ma la modalità è la stessa: la barca è al vento, ma le onde, questa volta molto alte, sono al traverso della barca e ti colpiscono ripetutamente sul fianco, è come una violenta altalena, devi stare puntellato anche se sei sdraiato a letto e tutto, proprio tutto sulla barca sbatte furiosamente, non cade quasi niente perché ogni cosa è vincolata. Verso le due di notte si quieta tutto, compresi i nostri stomaci, che con il resto del corpo si rilassano e si addormentano. La sveglia comunque suona presto perché siamo d’accordo che ci tirino su la barca alle 7, e bisogna prepararsi. È tutto ancora calmo, il sole splende ma siamo circondati da nuvole, la perturbazione incombe, e già da domani non sarà più lo stesso. Anche Katy e Oliviero ci telefonano per informarci che hanno passato il ponte di Khalkis e ora sono già in cantiere. Andrea e Roberta sono rientrati da qualche giorno nel porto di partenza a Menthana, Giovanni e Patrizia, tranquilli a Roma, Flavio parte in macchina domenica per il lago Maggiore. Mauro e Mary li abbiamo persi di vista, e gli unici ancora in giro sono Katia e Tommaso che proprio oggi ci hanno informato che aspettano la finestra giusta per passare il Canale di Corinto e rientrare. Le perturbazioni di fine stagione sono le più pericolose, sono quelle che alimentano il Medicane: uragano mediterraneo. L’ultimo bagno che ho fatto ad Orei era quasi preoccupante, l’acqua era caldissima e quando è troppo calda poi succedono i guai. Di qui la decisione, fra le altre, di rientrare prima. Di uragani nello Ionio ne abbiamo subiti già due, e ci è bastato. Al momento siamo impegnati: primo a rimetterci in salute. Secondo affrontare un viaggio coi mezzi pubblici per riappropriarci della nostra macchina che è rimasta al nostro porto di partenza a Methana. Terzo sistemare e chiudere la barca. Quarto sentire la compagnia marittima per capire se possiamo anticipare il rientro. Nel frattempo, è strano qui dall’appartamento del cantiere sentire le onde abbattersi contro la spiaggia e il vento fischiate tra le sartie delle barche a terra. Ho i piedi ben piantati nel mono locale e penso: “Meno male che non sono più in barca!”