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È un libro interessante quello di Jarka kusova dal titolo: “La palude delle streghe”. Due vite di donne che si intrecciano nello stesso luogo ma in epoche diverse, la prima Abelk-Bleken è proprietaria di una fattoria ereditata dai suoi genitori e nel 1560 circa lei la porta avanti egregiamente senza un marito ma con l’aiuto di braccianti e serve che lei paga regolarmente. La seconda, la  Dott.ssa Britta Stoever, nei giorni nostri si trasferisce con marito e figli nelle stessa zona, a pochi Km da Amburgo, vicino le rive del fiume Elba, una zona paludosa resa rigogliosa dal lavoro dei contadini che nei secoli hanno domato e rinforzato  gli argini dell’ Elba. Se le difficoltà di Abelk la porteranno… quelle di Britta… Le due si incontano attraverso una targa stradale che  è  stata dedicata alla Abelk, grazie all’interessamento di Ruth, altro personaggio femminile importante sia per le ricerche che Britta svolgerà su Abelk sia per l’appoggio concreto che darà, quando anche Ruth si troverà in difficoltà. I capitoli si alternano con lo svolgersi del lavoro contadino del 1570, in cui sul fiume Elba venivano trasportate verso Amburgo le derrate alimentari provenienti dalla campagna, e in particolare sulle vicende di Abelk accusata di stregoneria. Ruth invece, nello stesso luogo, ma ai tempi nostri è alle prese col trasloco da Amburgo ad Ochsenwerder, in una campagna che le piace ma la turba, è alle prese col bullismo che colpisce sua figlia nelle nuove scuole e con l’incomprensione del marito che comunque non capendola, o per egoismo la lascia sola.

Giovedidì 5- 9-2024 porto di Orei. Gli ultimi giorni sono stati intensi e pieni di contatti, arrivi, partenze, aggiornamenti,  bucato, spesa, chiacchiere, ho poi trovato la pescheria per cui anche la cucina ha preteso il suo tempo, si chiacchiera, ci informiamo sui cantieri in zona, perché mi sa che lasceremo da queste parti la barca. Per cui… il mio bel libro sulle streghe che stavo leggendo  ha subito un arresto involontario. Giovedì mattina Katy e Oliviero ripartono, noi che dovevamo proseguire con loro restiamo, Enrico va meglio con la sua tosse, ma non vogliamo approfittatene. Alle 10 siamo in tre sul pontile a salutari, alle 11 telefona Katy che sono in avaria e devono rientrare in porto, si informa se c’è posto sul nostro lato, mi do da fare, e siamo tutti in attesa del loro arrivo, nel frattempo arriva un due alberi e occupa un posto, quando Lady Blues è all’imboccatura del porto dal lato opposto si stacca una barca e sembra dirigersi verso di noi. Il pensiero è unico” Dai muovetevi altrimenti vi prendono il posto”. Finalmente ormeggiano. Nel pomeriggio è un pellegrinaggio unico per capire, per aiutare, per risolvere, solo Olaf, che scopriamo ora essere un esperto di motori riesce a trovare il guasto, poi cercano in cantiere il pezzo nuovo, lo trovano, lo cambiamo, ma le batterie continuano a non caricarsi. Io sono in ballo col pesce, 1 kg di calamari che scopro esse totani, troppo duri da fare alla piastra. Faccio una pentolata di sugo con i totani e per cena saremo tutti qui nel pozzetto di Felicità, anche per tirare su un po’ di morale Oliviero e Katy, sarà dei nostri anche Flavio che ha portato degli stuzzichini e un sacchetto di ghiaccio che non guasta mai. Sono le 17, riprendo in mano il libro e subito dopo Enrico mi chiama “Guarda chi c’è!”. È arrivato Giovanni e Patrizia. Anche loro con problemi di tempo per il rientro a Roma. Domani ripartono per tirare in secca la barca in cantiere, con urgenza perché sabato e domenica è prevista acqua. Penso alla cena di stasera, in 5 si può fare, in 7 no! Ma Patrizia mi risolve il problema, siamo già invitati su di un’altra barca. Riprendo la lettura, mancavano poche pagine alla fine. Una lettura piacevole e interessante soprattutto la postfazione, nelle ultime pagine, sempre scritte dall’autrice, molto interessanti che spero di raccontarvi domani.

Fine prima parte.

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È la terza sera che ceniamo al Mam mam, le prime sere soli e ieri con Katy e Oliviero, dopo cena si è aggiunto Flavio, un loro amico del lago Maggiore, ma, della sponda piemontese, quella ricca e su questo fatto ci abbiamo ricamato sopra per un po’ sfottendoci a vicenda. Mentre chiacchieriamo,  passa a salutare Olaf e Coni, marito e moglie tedeschi, nostri vicini di barca per molto tempo nel porto di Limnos, con loro non c’è stato molto dialogo per via della lingua, ma cordialità sì e anche qualche birra insieme. Orei è una tappa di passaggio per molti velisti che da queste parti trovano i cantieri per tirare su le loro barche a fine ferie. Infatti sul pontile si piegano vele, si lavano canotti e c’è un bel via vai. Qui stiamo aspettando Patrizia e Giovanni e stiamo aspettando anche che passi la tosse ad Enrico, prima ha cominciato con infiniti starnuti e poi è arrivata la tosse. Motivo per cui non proseguiremo il viaggio con Katy e Oliviero. Ci ripromettiamo di visitare quella zona l’anno prossimo. In porto ci sono amici di Patrizia e Giovanni, anche loro di Roma e poi c’è Anna e Clive del Sud Africa. Due chiacchiere qua, due chiacchiera là e questa mattina, dopo che la capitana spagnola ha tolto gli ormeggi abbiamo avvisato Flavio che è arrivato affianco a noi. Non sappiamo molto di lui, a parte la simpatia percepita subito ieri sera. La sua barca si chiama Africa e scopriremo non a caso. I rapporti con i vicini di barca sono a volte fugaci o addirittura inesistenti, altre volte diventano vere e proprie amicizie. Flavio, la  new entry è con noi questa mattina nel pozzetto di Felicità, con Katy e Oliviero, che ci intrattengono con le loro storie riguardanti il Giappone, la Cina e Taiwan. Ci raccontano, di passaggi storici, e di attuale economia. Sempre interessante ascoltarli. Flavio è un buon ascoltatore, le sue domande sono pertinenti, e ci parla di un libro interessante che ha letto dal titolo Cina, di Henry Chissinger. Ci piace questa new entry, peccato che sia della sponda ricca del lago Maggiore!

Il bulgaro se n’è andato lunedì  mattina, sul presto. Katy Wu e Oliviero arrivano domani, guardo il buco vuoto rimasto vicino a noi e penso che non ci vorrà  molto per essere occupato di nuovo. Infatti puntuale come un orologio, mentre stiamo mangiando si affianca a noi un 12 metti, meno male che l’insalata greca non si raffredda ma vista l’interruzione per aiutare all’ormeggio si potrebbe scaldare. Il capitano è una capitana, naviga da sola ed è più vecchia di noi, È spagnola e sta tornando ad Alicante, tanto di cappello. Martedì mattina un’altra partenza, tre barche più in là dalla nostra, penso di mettere il nostro gommone come per dire che è occupato, ma Enrico giustamente mi ricorda che non si può, questo è un porto comunale e chi arriva prima prende il posto. Sono rammaricata e intanto un greco prende il suo gomme e fa quello che avrei voluto fare io, è al telefono e probabilmente starà informando chi di dovere che gli ha riservato un posto. Sono arrabbiata, allora potevamo farlo anche noi per la Katy. Di lì a cinque minuti entra in porto una barca spagnola, punta all’ormeggio occupato  dal canotto e il greco è costretto a toglierlo. Il pontile davanti a noi in una posizione più esposta è vuoto dalla parte dei charter e sull’altro lato è abbastanza vuoto, informiamo  per telefono Katy, loro stanno arrivando e noi li aspettiamo al pontile che nel giro di 10 minuti si è riempito su un lato di barche ormeggiate all’inglese ed è fortunatamente ancora libero sull’altro lato, quello che prende più onde. Non si dovrebbe ormeggiare all’inglese, non capiamo, ci avviciniamo e la prima barca ci informa: ” andiamo via fra mezz’ora” chiedo al capitano che parla italiano: “Mezz’ora italiana o mezz’ora Svizzera?” ” Svizzera, Svizzera”, informiamo Katy ma Oliviero preferisce ormeggiare sull’altro lato, manovra perfetta se non fosse per il vicino che si lamenta per l’incrocio di àncore, Katy è esasperata, nessun incrocio, incita Oliviero a proseguire in retromarcia verso il pontile, ne seguono imprecazioni e urla varie, in italiano e in inglese. Stento a riconoscere la dolce Katy, oggi  è una furia, ha ragione e non vuole sentire storie. Sul pontile sono tutti solidali con lei. Di fronte, la barca all’inglese se ne va. Oliviero visto che si balla su questo lato molla gli ormeggi e passa sull’ altro lato, la barca a vela che se ne era andata torna ad ormeggiarsi, vedo Katy esasperata  ” Ma cosa fa?”  Mi avvicino e chiedo di nuovo spiegazioni: sono una barca scuola e stanno provando gli ormeggi! Ora se ne vanno sul serio. Oliviero ormeggia e finalmente tutti a terra ci abbracciamo. Sono sfiniti, accaldati e stanchi, si sono mossi presto questa mattina  dall’isola di Skiathos, e l’ormeggio  è solo la fase finale di un lungo tragitto.

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Ci siamo spostati a sud ovest anche per sfuggirla, l’abbiamo vista scrosciare in lontananza, e qualche goccia ci ha raggiunto in navigazione. La pioggia anche qui ad Orei non è mai arrivata sul serio, venerdì sera si vedevano lontani i lampi ma non arrivava il tuono, durante la notte qualche goccia, e il giorno dopo solo grigio in giro. Se lavassimo la barca, che ne ha bisogno,  sono certa che pioverebbe sul serio, come quando lavi la macchina o pulisci i vetri di casa. Infatti sabato mattina dopo aver lavato la barca  ha piovuto un po’, giusto per doverla ripassare di nuovo col mocio. È gionata di riordino e pulizie: cambio biancheria dei letti, cambio coperture in dinette, lavaggio pavimento. Enrico lavora fuori, io dentro, alla fine Felicità, che era ancora un po’  infangata è tornata bianca e con  gli acciai  lucidi, i pannelli solari: perfetti,  l’interno di Felicità profuma di pulito e c’è un borsone di biancheria sporca che Enrico porta in lavanderia verso le 10. Alle 12 sarà pronta per il ritiro: lavata asciugata e piegata. La poca pioggia nel frattempo si è già seccata perché il sole splende di nuovo tra una nuvola e l’altra e noi stanchi morti andiamo a buttarci in mare, non è un’acqua cristallina ma è comunque pulita e trasparente, la spiaggia è semi deserta e in acqua, per tutta l’ampiezza del golfo, siamo in 4 a nuotano e tre donne col cappello in testa chiacchierano ferme, quasi a riva. Orei ci piace molto, peccato non aver trovato ancora la pescheria. Per avere informazioni in merito  ci rivolgiamo al signore anziano che ci ha preso le cime al nostro arrivo, la sua risposta è lapidaria “Pesce? Lo trovate al ristorante”. Va bè, come non detto!  A questo punto gli chiediamo quale ristorante sia meglio, ce ne  indica due, poi più tardi  si ferma davanti a Felicità e in italiano ci dice: Se volete possiamo andarci insieme, se volete! E io pagherò la mia parte” È una buona proposta, accettiamo anche perché con lui è possibile dialogare, oltre a un poco di italiano parla anche il francese come noi. Al ristorante dove ci porta lo conoscono, abbiamo mangiato bene e anche chiacchierato un po’. Filippe è  greco, ha 85 anni, portati benissimo, vive ad Atene con la moglie che al momento non c’è per problemi in famiglia. Tutto il periodo estivo lo  passa  qui a Orei sulla sua barca, poi la tira su in un cantiere qui vicino e torna ad Atene. Filippe è persona gradevole ed educata, del resto si era già  capito da subito dopo il suo benvenuto e l’aiuto all’ormeggio. Il sabato sera incalza, i bar sono affollati e diffondono musica moderna,  i ristoranti sono meno pieni del solito anche se sono già le 22,30. La strada pedonale è piena di bambini e ragazzine pieni di vitalità ed energia, sfrecciano monopattini, biciclette e tricicli. Ci dirigiamo verso il molo, e anche qui bande di ragazzini rumoreggiano seduti sul muretto che divide il molo dalla spiaggia. È sempre più evidente che sia sabato sera, tutta la gente che oggi non era in spiaggia ora è in giro a godersi il fresco. Fiduciosi di poter comunque dormire ci ritiriamo su Felicità. Un taratazum taratazum  molto lontano ci raggiunge quando siamo già a letto, ma non ci impedirà di prendere sonno. Appoggiata in dinette è  rimasta la borsona con la biancheria pulita. La metterò a posto domani.

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Questa mattina sono proprio tanti i gabbiani che schiamazzano qui intorno, il loro garrito è insistente e continuo, come il loro volarci a prua per poi virare a destra,  un volo in tondo che termina davanti al peschereccio ormeggiato nell’angolo del porto, tre barche dopo la nostra. È caduta in mare una cassetta di sarde, fra una barca e l’altra sembra che ci sia stata una moria di pesci,  le sarde galleggiano muovendosi al ritmo della risacca,  i gabbiani banchettano ma non si infilano tra una barca e l’altra, continuano a volare in tondo fino a lambire l’acqua per  recuperare le sardine, il loro stridio terminerà solo quando attorno al peschereccio non galleggerà  più nessun pesce. Ora i gabbiani  sono tutti silenziosi, appollaiati  in fila  sugli scogli della diga foranea, a  prendere il sole e a digerire. Il pick-up che ieri ha consegnato ai pescatori del peschereccio le scatole vuote di espanso, è ripassato  davanti a noi  in retromarcia, il molo è troppo stretto per fare manovra. E anche oggi,  il camion che gli ha  portato il ghiaccio e quello che è venuto a  prendersi il pesce, ripassano  lentamente in retromarcia, fino alla fine del molo. Abbiamo provato a comprare il pesce, recandoci anche noi all’ormeggio del peschereccio, ma il capitano si è scusato: “Non posso vendere il pesce in porto”. Peccato, in paese, per il momento, non abbiamo trovato nessuna pescheria. Continua  il  traffico sul molo, un camion con la gru, il cui braccio sporge su di una barca, ne solleva il motore in avaria  per portarlo in officina, e subito dopo arriva un autobotte per rifornire di carburante le barche, Anche noi ne avremmo bisogno ma l’autista ci informa che non ne ha più, ritornerà in porto domani mattina. Venerdì 30 agosto il cielo è sempre minaccioso e tendente al grigio, uno spiraglio di azzurro verso mezzogiorno ci permette di fare il bagno e nel pomeriggio, dopo il riposino, visto che non c’è sole ci portiamo verso il paese per passeggiare ma soprattutto per cercare una pescheria, un panificio e un super market. Parallela al lungo mare, dopo giardini e ristoranti, in un’altra via pedonale incrociamo un toro, non uno vero! Uno in marmo, molto bello, è stato ritrovato sulla spiaggia nel 1965. Ora  è  esposto nel giardino  vicino alla chiesetta, è protetto da una struttura in vetro che ne permette la completa visuale da diverse angolazioni e ci si può anche avvicinare per osservarne i particolari. È una scultura possente, del IV secolo a.C. Ha  il capo chino verso il basso e,  le pieghe del collo, i riccioli sulla testa, le piccole orecchie e tutti gli altri piccoli  particolari  sottolineano la plasticità  di questo monumento funebre scolpito in un marmo a grana fine. Penso che la  bellezza della natura greca abbia  influenzato i suoi abitanti che nei secoli ci hanno tramandato storia e cultura anche attraverso le loro capacità artistiche che ancora ci stupiscono e ci affascinano. Prima di ripartire tornerò a riguardare il toro di Orei, anche se il suo muso è  già registrato e custodito in un cassettino della memoria, assieme all’enigmatico sorriso del leone di Kea, ai riccioli dei bronzi di Riace e al volteggiare del Satiro di Mazara del Vallo. Se voglio rivederli, non c’è ne stanno tanti, e  neanche per intero. Solo i particolari più affascinati, come il muso del Toro di Orei.