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Il dono vincente

Narra la leggenda che Athena, Dea della sapienza e di tutte le arti, offrì in dono ai greci l’albero dell’olivo, e per questo la elessero protettrice della loro città. Poseidone, Dio del mare non la prese molto bene, quando si vide rifiutare i suoi doni: una sorgente di acqua salata o forse… un cavallo. Quando ho letto del mito di Athena e Poseidone, non ho potuto fare a meno di essere pienamente d’accordo con la scelta dei greci. Questo il mito, in realtà l’olivo ha origine in Asia minore 6.000 a.C., ed è ai Fenici e ai Babilonesi che va il merito di diffondere questa coltivazione sulle coste del Mediterraneo, che in seguito ha raggiunto il massimo prestigio con Greci e Romani che lo chiamarono nettare degli Dei i primi e oro verde i secondi. Gli antichi greci capirono tanto bene l’ importanza di questa pianta: bella, forte e generosa che promulgarono delle leggi per proteggerle: Se tagliate, abbattute o estirpate, sia di proprietà che pubbliche, le pene erano severissime, si poteva anche essere condannati a morte. La storia dell’ uomo e dell’ olivo si intreccia fra mito e realtà, con alti e bassi, a volte nel massimo dello splendore altre a rischio di estinzione. Con la caduta dell’impero romano, per esempio e l’avvento dei barbari, anche gli uliveti se la passarono male, fu grazie ad alcuni religiosi che queste piante continuarono ad essere coltivate e sono ora una risorsa indispensabile per l’uomo. Qui in Grecia l’albero di olivo è onnipresente: in ampie coltivazioni, in colline scoscese trattenute da muretti a secco in pietra, fra alberi di arance e limoni, nei giardini, lungo le strade, nelle aiuole pubbliche, ovunque. A volte la loro coltivazione è protetta con file di cipressi compatti fra loro, che si ergono alti come muri per attutire l’impatto del forte vento. Poi ci sono le sapienti potature, le irrigazioni. Ma è proprio il guardarli che affascina, e non solo le coltivazioni che riempiono la vista di un tondeggiare di chiome verdi, non solo i loro tronchi così particolari. É proprio che molti di loro hanno una spiccata personalità, difficile dimenticarli. Ne ricordo due, enormi, abbastanza vicini fra loro, tanto da formare un’ unica chioma, sotto la loro ombra stazionava un gregge di pecore, eravamo sull’isola di Cefalonia, e da Sami eravamo saliti a piedi, su in alto fino a raggiungere i resti della sua seconda acropoli di origine Micenea, massi ciclopici squadrati a formare muri molto impressionanti, ma le due grandi piante di olivo le rivedo sempre nei miei ricordi, come fossero una parte di un giardino speciale, le rivedo da un punto più alto, in una ampia piana, circondate dal belare delle pecore, affacciate sullo Ionio con vista su Itaca e l’aria calda stemperava l’odore di erba secca. I resti dell’acropoli sono passati in second’ordine. Le due piante di olivo sono andate ad arricchire i mie paesaggi preferiti. Ho letto che ci sono olivi secolari anche ad Ermione, e sull’ isola di Creta, nel villaggio Voves c’è il più antico, la cui età si aggira fra i 2.000 e i 4.000 anni. Io non me ne intendo molto di piante di olivo, ma se durano così a lungo ci sarà un motivo, sono davvero delle piante di tutto rispetto.

“A Metamorfosi, ci devi andare Lella” mi ha detto la mia amica Aurora “Li devi proprio vedere quei quattro tronchi di alberi di olivo, purtroppo tagliati, ma che con la loro eleganza e armonia, sembrano delle sculture. Appena la smette di piovere ci andremo.

Kalimera.

 

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