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E adesso che ho finito di leggere questo bel libro, mi viene voglia di ricominciarlo, perché l’ho letto troppo in fretta. Più elegantemente si dovrebbe dire che la narrazione scorre e invoglia a proseguire. Quando in libreria mi hanno consegnato il libro scritto da Mauro Ballerini sono rimasta impressionata, 720 pagine, con tutto il suo peso fisico e… storico, visto il titolo: Raramente ho scritto Teatro senza la maiuscola. Uno spaccato di storia italiana attraverso la vita e la carriera di Ernesto Calindri e la plurisecolare tradizione familiare che lo precede. Nelle prime pagine l’autore ci tiene a spigare la fatica immane occorsagli al fine di reperire la documentazione necessaria per arrivare a scrivere la biografia di Ernesto Calindri. Ha fatto bene ad informarci, perché i progetti ben riusciti, lo sappiamo, non sono mai frutto del caso. Leggere questa biografia è stata una scoperta continua. Ripercorre i primi anni del Calindri ragazzino, scopre in che modo, nonostante tutto, anche Lui abbia preso la via del teatro, ne fa capire le motivazioni e spalanca anche una porta sul mondo dei comici, orgogliosi di esserlo anche se poveri, girovaghi istruiti ma senza fissa dimora, perennemente alla ricerca di nuove piazze, nuovi ingaggi e nuovi testi al fine di risolvere l’oneroso problema del mettere assieme il pranzo con la cena. Sono molte le compagnie di giro minori, dimenticate, che hanno affrontano questi problemi. A questo proposito scrive Ballerini: A dispetto di quanto qualvolta si possa credere, questi minori del teatro italiano, questi nessuno, per sempre cancellati dai manuali, che sono stati sconfitti in vita e dopo la morte, non provenivano in alcun modo da una degenerata e insignificante guittalemme germogliata nel dilettantismo sciatto o sconfinante nel nomadismo zingaro, ma possedevano al contrario una loro innegabile grandezza e un’autentica dignità attorica. La vita di Ernesto Calindri, si snoda attraversando l’Italia degli anni trenta, quando i teatri itineranti andavano alla grande, il periodo fascista e il dopo guerra, anni 80, 90, ecc.. ecc… in pratica per tutti i 70 anni della sua lunga, lunghissima carriera. Ballerini è incalzante nel procedere, con rigore professionale e metodo, lo immagino con la mole di documentazioni che si è procurato negli anni di ricerca: recensioni e critiche giornalistiche, fotografie, contratti, locandine. Tutto diviso con elenchi di spettacoli e autori. Ma non pensiate che la cosa possa disturbare il fluire della lettura, anzi, veniamo a conoscenza di nuovi autori stranieri che si avvicendavano ai nostri Pirandello, Nicodemi, Dannunzio. Conosceremo le trame degli spettacoli, gli aneddoti, le atmosfere, gli amici, la famiglia, i ricordi del Calindri. Il tutto si alterna sapientemente, tanto da rendere questa biografia un romanzo avvincente. Non mancano, nella seconda parte della biografia, rivelazioni e sorprese. Compagnie teatrali ottocentesche intrecciate con gli avi del nostro Calindri. Spionaggio politico e delatori. Tutto documentato. Se ai lettori avvezzi a questi fatti, penso agli attuali figli d’ arte, agli addetti ai lavori, gli attori o semplicemente agli amanti del teatro, il libro susciterà emozioni e ricordi. Per tutti gli altri, quelli a cui giunge nuovo: Il Carro di Tespi o non sanno dove collocare Melpomene e Talia, o pensano che i capo comici facciano ridere, soprattutto per loro, questo libro sarà una rivelazione del mondo passato, senza la quale sarà più difficile comprendere quello presente. Insomma, un libro appassionante, scritto con rigore ed eleganza uno di quei libri che ti viene subito voglia di telefonare alla tua amica per dirle: Ti mando la foto della copertina di un libro bellissimo che ho appena finito di leggere, te lo consiglio vivamente, poi ne parliamo, ci sono molti spunti che vorrei condividere con te. Il libro: Raramente ho scritto Teatro senza la maiuscola, pubblicato a gennaio del 2024 dalla Casa Editrice PHOTO TRAVEL di Marino Giovanni, riscatta finalmente Ernesto Calindri dall’oblio della dimenticanza e del disinteresse, grazie al suo autore Mauro Ballerini, appassionato e storico del teatro, nonché figlio d’arte, che nel 2020 crea un sito interamente dedicato agli artisti dimenticati di cui lui, con pazienza e amore, ha ricostruito vita e carriera.

Domani è la Befana, e oggi Paola mi ha inviato una bella foto: un parcheggio per molte scope, tutte in fila nella loro rastrelliera, pronte a prendere il volo con la propria befana. All’invito di Paola di prendere il volo con Lei ho risposto subito con entusiasmo: “Mi copro e arrivo subitooo”. Poi non ho resistito e ho inviato la stessa foto a tutte le altre mie amiche che non fanno parte del gruppo di Paola. Con la foto, anche la scritta era uguale per tutte: “Sto per partire, venite anche voi?”. Cinque invii per volta, ma subito dopo, ad ognuna aggiungevo un messaggio personale. Poi altri cinque invii selezionandoli dai miei contatti. Le più svelte non mi hanno lasciato il tempo di aggiungere nulla, e hanno subito risposto. Altre, hanno risposto mentre inviavo altri cinque messaggi. “Pin pin”, gli avvisi di notifiche arrivavano in continuazione, quasi a raffica. “Pin pin, pin pin”. Selezionavo indirizzi, scrivevo, inviavo e… “Pin pin”. La cosa è andata avanti per parecchio tempo ed è stato molto bello leggere le loro risposte: mai uguali fra loro. Alcune hanno continuato la battuta e risposta, con molto piacere da parte mia che così ho potuto informarmi delle loro novità. Una ha declinato l’invito preferendo la sua moto alla scopa. Un paio avevano già impegni nella loro zona! Ad altre, vista la distanza di cui si lamentavano, proponevo un bel giro di fantasia, e ancora chi pretendeva un itinerario di evasione totale. “Pin pin, pin pin”, è un continuo, leggere le loro risposte mi ha fatto sorridere piacevolmente, le mie amiche sono fantastiche, piene di fantasia e autoironia. Anche propositive, al posto della befana, consigliavano ( con tanto di foto) un bel maschione, nipote della Befana naturalmente. “Pin pin”, mi sono arrivate in risposta un interessante corollario di strane befane, un’ altra amica ha prenotato la prima scopa a destra, e apprezzato il parcheggio “ Fico”. Poi chi mi ha informata di essere prontissima… Sono appena andata dal parrucchiere. “Pin pin”: Ok ok, domani arrivo. “Pin pin”: Ti stavo pensando proprio adesso. “Pin pin”: Vengo volentieri, che simpatico invito. “Pin pin”: Declino l’invito, ma se hai tante streghe attorno sei molto ben accompagnata, sono le migliori. La più prudente si raccomandava la puntualità, non voleva rimanere intrappolata nel gran traffico che ci sarà domani. La più positiva: Certamente, verso l’infinito ed oltre. La più sfortunata: arrivo ma… con le stampelle. “Pin pin, pin pin, pin pin”. Sono andata avanti un bel po’ con gli auguri della Befana quest’anno, a tutte ho risposto che sarò felice di rivederle, appuntamento al parcheggio e le ho rassicurate che saremo in tante. Non avevo altro da fare di più interessante? Forse, però a me è piaciuta molto la vivacità delle mie amiche. Per più di un’ora ho sorriso, riso con loro… ed è stato bello. P.s. “Pin pin”, l’ultimo sul tardi: Non esco più alla sera, sai, la vecchiaia, ma domani mattina presto farò il giro.

Quando vai per mare ed è in arrivo un uragano, lo sai con anticipo: i bollettini del mare, le previsioni del tempo, i siti che anticipano i movimenti dei venti e delle onde sono ormai precisi e monitorano anche in tempo reale la situazione nel suo divenire. Basta non sottovalutare, prestare attenzione e ti puoi preparare, hai il tempo di trovare un ormeggio sicuro, oppure puoi aggiungere un’altra ancora alla catena, puoi rinforzare gli ormeggi, aggiungergli delle molle che attutiscono gli strattoni. Controlli i tuoi parabordi e quelli del tuo vicino, se non sei presuntuoso ti confronti con gli altri per capire se si possa fare di più o meglio. Si controlla che gli oblò siano ben chiusi, che all’interno della barca non ci sia niente in giro che possa cadere, a volte si accende il motore per essere pronti ad aiutare l’ancora a tenere e a contrastare la violenza degli elementi che possono spingerti rovinosamente contro la banchina o sugli scogli. Se sei in baia indosserai i giubbotti di salvataggio e molte altre precauzioni. Poi si aspetta e solitamente arriva prima un vento forte, poi ancora più forte, monta il mare, il rumore è in crescendo e il cielo è già incupito da un po’. Ti sei preparato a tutto ciò, e anche se avrai paura, anche se dovrai agire e prendere delle decisioni, sai con che cosa avrai a che fare, e prima o poi… anche dopo una tempesta arriva il sereno. Più tranquillo indubbiamente rimanere a casa, io amo dire che le case non arano, come invece fanno le ancore, e decreto anche che casa mia sia il porto che preferisco, il più confortevole, sicuro ed affidabile di tutti. Ho dovuto ricredermi. L’uragano che ha colpito Enrico, e di conseguenza anche me, pochi giorni dopo essere rientrati a casa dalla Grecia, questa volta non ha dato nessun preavviso, un fulmine a ciel sereno, anche se a dire la verità, pioveva di brutto. Enrico è scivolato alle undici del mattino sulla rizzata scivolosa che porta da casa nostra, in discesa e in repentine curve e tornanti al piazzale del borgo, dove si parcheggiano le auto. Una scivolata stupida, ma con conseguenze gravi: Malleolo peroneale fratturato in malo modo. Quel giorno, dal pronto soccorso lo hanno dimesso alle 22, perché hanno detto che quello che potevano fare lo avevano fatto: gamba steccata, lastra, eparina e bontà loro anche della tachipirina dopo che l’ortopedico ha visto le lastre alle 8 di sera e sentenziato: “Brutta frattura, va operata al più presto.” Nonostante abbia implorato che lo tenessero in ospedale fino al mattino seguente, non c’è stato verso e alle undici di sera, quando è arrivata l’ambulanza lo hanno rispedito a casa, per poi richiamarlo alle sette del mattino seguente. Pensavamo lo operassero, ma no, non si poteva, il piede era ormai troppo gonfio. Ritornate giovedì e valuteremo, nel frattempo è stato fatto tutto il necessario per il futuro intervento che hanno programmato per il lunedì successivo. Un day hospital: operato al mattino e dimesso in giornata. Day hospital? Siamo sconcertati ma fiduciosi che sappiano quello che fanno. I primi giorni sono stati veramente duri, scendere da casa nostra fino al piazzale forse è stata la cosa più semplice avvalendoci della disponibilità dell’amico Ilio che caricava Enrico sul trattorino cingolato e lo portava fino al fianco della macchina, giù al parcheggio, poi io lo portavo in ospedale. Tutto il resto invece è stato allucinante a cominciare dalla burocrazia: medico di famiglia per ricette rosse, CUP per i pagamenti, ore e ore di code. Farmacia dove devi sempre ritornare per avere dei farmaci, ospedale senza parcheggi e con portinai fortunatamente non sempre inflessibili, ricerca spasmodica di ambulanze. Per non parlare delle litigate con infermiere per presunti accaparramenti di sedie a rotelle. Il capitolo della maleducazione e onnipotenza di alcuni medici sarebbe troppo complicato visto che per fortuna alcuni si sono salvati, ma per il resto… pur non essendo di indole violenta ho cominciato a capire le motivazioni per cui alcune persone menano i medici. Io Invece ho gridato: ” Ma quanto deve soffrire ancora mio marito, prima che qualcuno si decida a fare qualcosa” Ho pianto, e ho dovuto insistere perché un medico vedesse Enrico, che dopo l’intervento e due sacche di antidolorifico e 4 ore di sofferenze atroci si aggrappava alla maniglia, non sapendo più a che santo rivolgersi, soffriva come una bestia e nessuno faceva niente. Lo hanno chiamato finalmente, un medico, che dopo averlo visto si è informato telefonando al collega e subito dopo si è scusato con Enrico, perché il dosaggio di antidolorifico che lui ha programmato era per un day hospital, non era stato informato del tipo di intervento che prevedeva placca metallica e viti. Dopo la morfina Enrico è rinato e il day hospital è saltato. Ha passato la notte in ospedale e il giorno dopo veniva dimesso, senza ricette per le medicine e il giorno dopo era festa. Un angelo ha provveduto, e non posso dire altro. L’ambulanza è arrivata con un ora di ritardo per il traffico e con solo due persone anziché 4 che sarebbero servite per trasportare Enrico in casa. Dopo un intervento pensavo che sarebbe stato meno traumatico del trattorino, mi sbagliavo, povero Enrico, tutto traballante veniva issato sulla strada di sassi fino ad arrivare a casa dove sul divano avrebbe passato le prossime tre settimane sempre con il piede per aria. Poi si è avventurato col sedere sui gradini che portano in camera e… ha potuto finalmente dormire nel letto. E’ stata una faccenda lunga, dal 23 ottobre in pronto soccorso, all’intervento dopo una settimana, poi medicazioni, controlli, lastre, e quando all’ultimo controllo il 30 novembre hanno tolto la stecca e consigliato un tutore e fisioterapia abbiamo tirato un sospiro di sollievo, ci speravamo ma non ne eravamo sicuri, finalmente ne venivamo a capo. Ma 5 giorni dopo ci telefonano dall’ospedale per sapere da noi se nessuno ci avesse informato che c’era da togliere una vite dal piede di Enrico. NO, nessuno ci ha informato. “Controlliamo e le faremo sapere”, la loro risposta. Due giorni dopo siamo di nuovo in ospedale per il prericovero e cinque giorni dopo per un nuovo intervento vero e proprio: anestesia, taglio, e ricucitura. Enrico è SVITATO, così l’abbiamo raccontata agli amici mentre noi, con Ilio sempre al nostro fianco, andavamo avanti e indietro da casa al piazzale, dal piazzale in ospedale, sempre a caccia di un parcheggio. Avanti e indietro tutto in giornata, anche questo intervento sarà un day hospital, molto meno traumatico ma Enrico ne avrebbe volentieri fatto a meno. Per andare al controllo successivo Enrico prova col tutore e stampella a scendere la rizzata tenendosi anche al corrimano, ce la fa. Per più di due mesi Ilio è stato il nostro angelo custode trasportatore, al mattino presto per gli interventi, al buio e sotto la pioggia; per controlli, lastre e medicazioni sempre in orari pasto, sempre pronto, sempre allegro, con una leggerezza che ci ha fatto bene in momenti veramente difficili. Ma di angeli in questa bufera ne abbiamo incontrati molti a cominciare da Ambra che ha caricato Enrico in macchina e lo ha portato al pronto soccorso, sarei andata anch’io ma lei si preoccupava anche per me: ”E’ meglio di no, piove e si scivola”. Il mio piede già dolorante, in quei giorni stava peggiorando, ma non sapevo che fosse rotto, l’avrei scoperto dopo 15 giorni facendo una lastra. Poi suo padre Giovanni che da subito ci ha assistito facendoci da tassista i primi giorni fino a che non ho ricominciato a guidare cosa che non facevo più da tempo. Rita, sua moglie, che non ha esitato ad offrirci un letto da loro la prima notte in cui dal pronto soccorso hanno rispedito a casa Enrico alle 11 di sera. Pinuccio che incrociandomi lungo la rizzata mi prendeva le borse della spesa e me le portava fino in casa. Fabio che vedendo l’ambulanza è venuto ad aiutare. Annamaria, Cristina, Alessandra, Monica, che non mancavano di chiedermi se mi servisse qualcosa. Anna che ci ha fatto recapitare la sua mitica crostata, Francesca che al mattino si presentava con le brioche calde, e… le visite, tante visite, soprattutto il sabato e la domenica in cui il piccolo borgo si rianima ospitando i non indigeni. Sono arrivati con pasticcini, fiori. E ancora: La piccola Iris di 5 anni, su consiglio del padre, mi ha aiutata portando un pacco di carta igienica grande quanto lei, e quando è arrivata in casa ha detto ad Enrico “ Se l’osso non si aggiusta con le viti puoi provare con lo scotch”. Suo padre intanto portava il resto della spesa. Iris l’angelo più piccolo del borgo. Nei primi giorni, i più difficili, un altro giovane angelo è volato dalla Brianza fino a noi, ha fatto la spesa, cucinato, guidato e soprattutto ha riempito di gioia le nostre giornate. Dove abitiamo è bellissimo: vista lago e monti, boschi, ruscelli e sentieri, uccellini, fiori e aria profumata. Certo non mancano le difficoltà ma è il prezzo da pagare. Che abitassimo in un paradiso lo sapevamo, che i nostri vicini di casa fossero delle brave persone anche, ma questa volta ci siamo sentiti circondati da Angeli. Grazie infinite a tutti

Domenica 15-10-2023 Lissone. Lo spettacolo teatrale, dal titolo “Impossibile!! del senno di poi ne son piene le fosse” è stato una piacevole sorpresa. Il testo e la regia di Irene Carossia ci fanno conoscere un Alessandro Manzoni inedito, direttamente nel suo studio, alle prese con sua madre. Una casa oramai museo dove madre e figlio esistono come fantasmi. Tre visitatrici non troppo convinte seguono la loro guida in casa Manzoni. Mi ha molto colpita, al di là della bravura recitativa, un sottotesto mimico sorprendente, i personaggi in visita si sentono fisicamente addosso i fantasmi, recitano di fronte a loro e si capisce benissimo che non li vedono, inseguono penne d’oca che volano, e in tutto questo gioco ironico, emergono le realtà di Manzoni bambino, frustrato dai compagni di scuola, un Manzoni che anche adulto non riesce ad uscire di casa da solo. Un Manzoni pieno di problemi, e la madre li sottolinea tutti, non gli dà tregua, lo mette di fronte alle sue debolezze, ma la guida, innamorata di Manzoni… allora succede che… Un riassunto facile da scrivere ma è solo da seduti in poltrona che si apprezza la bravura di Irene Carossia nei panni di Giulia Beccaria quando recita, nel suo incalzare o modulare diversamente il tono di voce, quando volteggia nell’ abito elegante, e nella gestualità precisa. È sempre dalla platea che vediamo Danilo Duroni, Alessandro Manzoni, che mano a mano che gli cadono addosso rimproveri si rimpicciolisce, si chiude, china il capo fino a sprofondare sulla scrivania. È osservando il palcoscenico che notiamo le altre attrici: Giulia Leoni, Eleonora Pozzi e Stefania Venezian, visitatrici del museo, che occupano metà della scena a volte senza dire una battuta o semplicemente frapponendosi agli altri attori. Poi Luisa Caglio, che esprime il suo amore per Alessandro Manzoni con naturalezza disarmante. È sul palcoscenico che il variare delle luci ci guida, è la musica che si diffonde in sala che ci accompagna per tutta la pièce teatrale nella magia del teatro. Uno spettacolo particolare che è piaciuto molto, anche ai giovani presenti in sala. E… anche il povero Alessandro Manzoni, alla fine ha avuto la sua rivincita. Complimenti a tutti. IMPOSSIBILE!!… del senno di poi ne sono piene le fosse. Testo e regia Irene Carossia Compagnia Stabile Carossia Costumi: Anna Maria Mazzoni. Audio e luci: Lorenzo Rivolta. Art: Marina Ferrari

Alla domanda: “Il rientro tutto bene?” E’ stato imbarazzante rispondere. Passi, ancora in Grecia, la deviazione obbligata per una frana a causa dell’alluvione del mese scorso, con il nuovo percorso non segnalato e su strada particolarmente tortuosa che ha richiesto 40 minuti in più del previsto. Passino pure le 4 ore e 30 di ritardo sulla partenza da Patrasso per Ancona della Hellenic Spirit, nave traghetto della compagnia di navigazione greca Anek Lines, ormai siamo quasi assuefatti dalla loro mancanza di puntualità. Passi anche, che di conseguenza, gli amici che ci aspettavano a Ravenna per cena ci abbiano visti arrivare alle 23,30. Comunque quando dalla Anek Lines, quattro ore prima della partenza ci hanno avvisati del ritardo li abbiamo chiamati invitandoli a non aspettarci per cena, saremmo arrivati decisamente fuori orario. Fino a quel momento diciamo che è andato quasi tutto bene. Terminare le ferie incontrando a Ravenna Clo e Roberto è stato un piacere, nonostante l’orario del nostro arrivo, siamo andati avanti a chiacchierare fino a notte fonda. La mattina seguente partiamo con comodo, abbiamo davanti tutta la giornata per arrivare a casa. Dovrei guidare io perché ad Enrico è scaduta la patente a settembre, ma decidiamo che in autostrada guiderà lui, poi da Varese guiderò io. Dopo aver mangiato la Quiche lorraine che la sera precedente ci aveva preparato Clo ci siamo fermati in un autogrill nei pressi di Somalia per prendere un caffè, e mentre ci accingevamo ad uscire, per immetterci in autostrada, dall’auto della polizia stradale è sceso un agente e ci ha informati che dovevano controllare i documenti perchè con la telecamera, inquadrando la nostra targa, risultava che non avessimo effettuato la revisione del’ auto. Anche la patente era scaduta, ma come glielo spieghi alla Polizia Stradale che prima di partire abbiamo, tramite l’ ACI, cercato di rinnovarla la patente, ma ci hanno spiegato che sarebbe stato possibile rinnovarla non prima di quattro mesi, cosa per noi non fattibile perchè la prenotazione per la partenza era fissata al primo maggio. Ci siamo detti che non sarebbe stato un problema, al ritorno avrei guidato io. A chiacchiere, però, nei fatti Enrico ha voluto risparmiarmi la tensione di un lungo viaggio, tanto, ha detto: “In autostrada non ti fermano”. Appunto! Dopo aver preso una bella sgridata da uno dei due poliziotti, abbiamo spiegato, ma la cosa più grave era il ritiro del libretto di circolazione con conseguente fermo macchina e mille altre difficoltà burocratiche ed economiche. Quella della revisione è stata una nostra dimenticanza e l’avviso della scadenza è arrivato per posta quando eravamo in Grecia. Eravamo sopraffatti dalle conseguenze che si profilavano davanti a noi. Senza macchina sarebbero saltati più appuntamenti che avevamo preso in precedenza. Abbiamo cercato una soluzione possibile ed è stato il poliziotto a suggerircela: “Certo, se aveste già la prenotazione della revisione entro domani, potremmo non ritirarvi il libretto di circolazione”. Enrico chiama subito l’officina che fa difficoltà per l’urgenza, a questo punto il poliziotto chiede di parlare direttamente col responsabile: ” Pronto Polizia! mi serve un appuntamento entro domani per una revisione e mi serve anche che mi mandi la conferma dell’appuntamento via E-mail ” Risposta: ” Va bene, domani alle 14,30″. Non finiamo più di ringraziare, siamo salvi. Ci è voluto un bel po’ per tutte le scartoffie, una delle quali ci permetteva di guidare fino a casa, e il giorno dopo fino dal meccanico in officina, un altro foglio per il rinnovo patente. Ripartiamo mogi, che sfiga, ci siamo fermati solo per un caffè e ci hanno beccato subito. Guida Enrico, ora può farlo, strada facendo ci rendiamo conto che l’ ufficio dell’ACI è di strada e ci siamo anche con gli orari, ma l’impiegata pretende la patente che ci è stata ritirata, non c’è verso, le diamo il foglio che ci ha rilasciato la polizia che ha trattenuto la patente, niente, irremovibile. Passiamo dalla scuola guida, chiediamo, spieghiamo, mostriamo il foglio della polizia e ci fissano l’appuntamento con l’oculista per le ore 20 della stessa giornata, il medico c’è due volte alla settimana: il martedì e il venerdì e oggi è martedì, un po’ di fortuna non guasta. Oggi è stata una giornata molto tesa, la macchina è carica, noi siano stravolti, sono le 18 e fa ancora caldo, possiamo solo andare a casa, e non possiamo più usare la macchina fino a domani per la revisione. Prima ancora di arrivare a destinazione chiamiamo Ilio, il nostro vicino di casa, gli raccontiamo tutto, chiedendogli anche se può accompagnarci all’autoscuola per le 20, non ci sono problemi, anzi, ci accompagnerà Annamaria, e poi andremo assieme a mangiare una pizza. Alle 20,30 dello stesso giorno in cui hanno ritirato la patente ad Enrico, dopo la visita oculistica, aveva già in tasca il foglio che lo autorizzava a guidare. Il telefono suonerà più volte: Clo e Roberto chiedono se siamo arrivati, e… gli raccontiamo tutto. Gli amici di Methana vogliono sapere della deviazione, e… gli raccontiamo tutto. Valentina chiede se ce la sentiamo di andare da loro, sabato per la consueta riunione di famiglia annuale, e… le raccontiamo tutto. Nostra nipote sapendo che avrei dovuto guidare io per tutto il viaggio, vuole sapere come va e… le raccontiamo tutto. Ad altre chiamate risponderemo dopo. Il giorno dopo, puntuali, siamo dal meccanico e passata la revisione tiriamo un sospiro di sollievo. Patente a posto, revisione a posto, ma… fra le varie scartoffie che la Polizia Stradale ci ha consegnato ci sono due bollettini postali già compilati per due belle multe da pagare entro 5 giorni. Faremo anche quello. Non andiamo fieri delle nostre mancanze e non avremmo avuto voglia di raccontarle, ma…oramai lo sapevano tutti, tanto valeva rendere pubblica questa storia, magari, leggendola, potrà essere utile a qualche automobilista.

Methana. Sabato 30-9-2023. E’ quasi sera  sul lungomare, il cielo è così terso che si distingue a una ventina di miglia ( circa 40 km)  l’isola di S. Giorgio, punteggiata di lucine rosse che indicano la presenza di molte pale eoliche. L’isola di Poros, invece, a 5 miglia di fronte a noi, è illuminata a giorno, le luci la circondano dalla base, stringendosi a spirale sempre di più, fino ad arrivare alla vetta. Dietro, sullo sfondo, molto più scuro, parte della costa del Peloponneso. Si è fatto tardi, e nel frattempo, la palla di luna rossa che stava sorgendo dal mare si è alzata e la sua luce disegna sulla superficie del mare una lunga scia di luce sfavillante. Cammino, guardo, ascolto, annuso,  come se questa passeggiata fosse una novità e forse lo è perché a Maggio quando siamo arrivati faceva più freddo, molti ristoranti erano chiusi, c’era meno gente e anche la vegetazione non è più la stessa. Cammino consapevole di questa ultima serata e mi soffermo sui profumi, se seguo la loro scia arrivo,  come ad una caccia al tesoro,  a scoprire  ancora gelsomini fioriti, gialli o bianchi, i fiori non sono più numerosi, ora, ma sono comunque profumatissimi. Gli oleandri invece, come cespugli o alberelli  sono ovunque e di molteplici colori, il loro profumo é  facilmente distinguibile: intenso,  penetrante,  forte e può  anche non piacere ma fa parte dell’ampio sentore  che inebria il lungomare di Methana, in alcuni punti mi sono ritrovata col naso all’insù, alla ricerca della sorgente di un profumo particolarmente  inebriante, dolce, che non avevo mai sentito prima, non è  stato facile identificarne la fonte perché la pianta della Plumeria, comunemente chiamata frangipane ha delle grandi  foglie  lanceolate, verde scuro,  mentre i suoi fiori sono piccoli e  raggruppati a mazzetti, che certe volte non si vedono,  ma emanano un profumo molto particolare. Avvicinandomi non ho potuto fare a meno di ammirare questi piccoli fiori dai cinque petali carnosi, al centro gialli che sfumano fino al bianco. E’ passata una settimana da questa ultima passeggiata, della  carrellata di profumi  ricordo anche che avvicinandomi ai ristoranti non sono mancati altri odori come quello del pesce fritto o  le mussache fumanti nei piatti dei turisti seduti all’aperto. Anche qui sul lago Maggiore, dove l’aria è buona e profumata  ritrovo il piacere delle passeggiate circondata  da prati verdi ben tenuti e ovunque vasi di fiori vari. Ma evidentemente il nostro non è un  clima adatto alla crescita  del frangipane e non sarà qui che  potrò ritrovare  il suo profumo. Rimarrà invece  per sempre  legato alla passeggiata del  lungomare di Methana

Methana. Giovedì  28-9-2023. Sono gli ultimi giorni  qui in Grecia, il tempo non é  speciale ma riusciamo con Roberta a fare il bagno qui vicino a Lourdes, specifico con Roberta, altrimenti da sola non lo avrei fatto, ma lei,  senza insistere,  domanda: “ facciamo il bagno oggi? “, con il suo accento romagnolo,  al quale mi sono adeguata anch’io. Mi sorprendo a volte nel dire come lei: “a… però”. Methana non è  grande,  ci sono due vie parallele oltre al lungo mare e… non so come,  ci incontriamo spessissimo,  come se ci dessimo un appuntamento. In questo ultimo mese ci siamo fatte compagnia, scambiati libri e ricette, io con lei ho arricchito il mio vocabolario di greco e Lei… non so,  forse qualche detto milanese e la ricetta della cazzeula. Sarà  dura lasciare lei,  il marito e tutti gli altri amici italiani, e greci,  francesi, spagnoli. Sarà  dura lasciare la Grecia. Oggi sono andata a passeggiare attorno alla piccola penisola,  consapevole che fosse l’ultima volta per quest’anno, ma domani ci ritorno perché con la pioggia di questi giorni sono spuntati dappertutto tappetini di ciclamini, niente foglie,  solo ciclamini su steli belli dritti o obliqui quando sbucano dalle fessure delle rocce o dei gradini, un vero piacere scoprirli ovunque, ci sono anche molte Drimie marine, che non sono altro che i fiori di cipolle selvatiche, molto coreografiche, spuntano a gruppi con una moltitudine di fiorellini bianchi che sbocciano gradualmente su di una specie di pannocchia che si innalza elegante. Lavori da fare  non ce ne sono più, già  svuotato e asciugato il serbatoio dell’aqua, ammainate le vele, piegate e messe nel sacco. Ammainate le bandiere: quella europea e quella di rispetto greca. Per ammainate quella italiana bisogna aspettare che il capitano non sia più a bordo. Preparata la borsa da portare in cabina in nave e,  farmacia e creme saranno le ultime cose assieme alla borsa dei viveri “importantissima”. Importantissimo anche consegnare alla Capitaneria di Porto la licenza di navigazione, che ci restituiranno l’anno prossimo dopo aver pagato il Tepai che é  la tassa da pagare per poter navigare in acque greche. Siamo in quella fase in cui sei pronto ma devi aspettare,  vorresti chiudere,  ma non puoi, perché per i pochi giorni che restano ti serve ancora tutto, siamo sospesi, e la testa é  già  agli appuntamenti di ottobre,  al rinnovo della patente,  ai controlli medici,  ai parenti  che ci aspettano,  agli amici che verrano a trovarci,  alla nipote,  che abbiamo una gran voglia di riabbracciare. Primo maggio la partenza, primo ottobre il rientro,  cinque mesi intensi che mi ha fatto piacere documentare giornalmente, e che ritroverò  sempre, anche se la memoria é  sempre più  labile.

Methana. Sabato 23-9-2023. Non ho  notato se  avessero un giorno  o  un orario preciso, li  vedevo, li sentivo,  e mi  fermavo  a  guardarli: sempre  giovani e anche piccoli, impegnati a vogare con le pagaie, seduti  nei loro kayak colorati. Il  Porto di Methana il loro specchio di  mare  per gli allenamenti. La  prua di Felicità,  il  punto di osservazione  migliore, andata  e  ritorno,  a volte solitari  a volte due  kayak affiancati, poche chiacchiere e tante remate  poderose,  eppure,  una voce acuta  era sempre presente,  quella  dell’allenatrice: attenta, incalzante e continua. Da  terra li seguiva in bicicletta, sulla strata che conduce  alla piccola penisola, senza  perderli  mai  d’occhio, non le scappava mai niente, per ognuno dei  ragazzi o ragazze un suggerimento,  una correzione,  un incitamento, una costanza quasi  ossessiva che  però  ha dato buoni frutti: le sue ragazze/i hanno  partecipato alle  ultime olimpiadi. Cosí mi  ha detto Filomena. Gli stessi  ragazzi/e li vedo camminando sulla strada, alla  fine degli  allenamenti che lavano i kayak e si prendono cura  di rimettere tutto a posto,  l’allenatrice é  presente,  ma il rimessaggio si svolge con una  routine ben collaudata. Uno sport che come  gli altri  richiedono impegno,  fatica, dedizione, volontà e piacere, una miscela vincente. Oggi, qui  a Methana si é  svolta la Competizione Internazionale di Kayak, la città gremita  di gente , bar  super  affollati, parcheggi pieni e un mondo provvisorio ha invaso  lungomare e spiaggia. Alle 11 avranno  inizio le 40 gare con più  di 100 partecipatanti. Le 10 società  hanno  furgoni sponsorizzatI e carrelli di traino  per i Kayak. Ma quello che fa  impressione é il gran numero di giovani vocianti. Fanno esercizi, controllano  pagaie, sono a crocchi e confabulano  fra di  loro, gruppetti in magliette gialle, arancioni,  rosse,  azzurre e  blù, gli adulti  gli sono intorno per  aiutarli e rassicurarli,  l’ombra dei Tamerici ancora li protegge. Manca  poco  alle 11, dalla  spiaggia  si muovono i  primi 7 kayak,  si dirigono al campo di  regata e alla loro  partenza esplode un boato di incitamenti, tutto il loro  entourage li  segue, sciamano  compatti sul lungomare con  le magliette colorate  della loro squadra: gridano bravo ( in  greco é  come  in  italiano ) il  loro allenatore  non  ha  bisogno  di  megafono,  la voce possente arriva  e  oltrepassa  il campo di gara. É  Cosí per ognuna delle 40 gare che si succedono. Fa molto caldo,  non tira  un filo di vento, la confusione é totale come l’eccitazione, le urla e il tifo saturano  l’aria che è già   piena di energia e il lungomare  é  pista per i tifosi  super  colorati. Difficile distinguere le persone, nella  folla cerco Filomena, mi aiuterebbe a capire, non  la trovo, ci rinuncio. Le geometrie di ombre scure  sono  occupate,  me  ne ritaglio un angolo  e da lì  guardo  ragazzi e ragazze super impegnati a vogare in mare, a terra i genitori,  gli amici,  gli allenatori i tifosi anche loro in  perpetuo  movimento. Poi la sento,  é  lei,  é vicino all’ ombrellone  della giuria,  non l’ho  mai vista,  se  non da lontano, ma la sua voce  é  inconfondibile: l’allenatrice della squadra di kayak di Methana incita le sue ragazze/i, e corre con loro,  questa  volta  senza bicicletta. Sembra poco più  grande di loro, capello corto,  portamento veloce,  voce chiara. Oggi la vedo da vicino,  mi piace, é  una tipina molto decisa. Faccio il tifo per la sua squadra. Però per conoscere i risultati  della  competizione Internazionale di  Kayak, bisognerà  attendere.

Ecco i risultati molto parziali che riguardano solo la squadra Nireas  di Methana. Otto primi posti di cui due vinti da Pantelí Evanghelia, uno da Pantelí Maria, uno da Menie Apollonas, uno da Dritsa Gheorghia, uno da Attanasiou Marousa, uno da Papanikolaou Cristina. E altri molti secondi e terzi posti. Sarà contenta la loro allenatrice Caterina Lambru.

Grazie a Filomena per avermi aiutata con la classifica

Methana. Lunedi18-9-2023. Fra  una nuvola e molto sole, oggi  continuano i lavori in barca, ieri che era domenica, invece, abbiamo fatto i  turisti e in macchina  abbiamo raggiunto la localitá Metamorfosi, attrezzati con borsa da  mare e seggioline,  ci  siamo piazzati sotto ad un bell’albero frondoso con delle bacche rosse. La spiaggia abbraccia tutto un ampio golfo ed é profonda, a tratti attrezzata con ombrelloni e sdraiette, c’é  poi uno scivolo a mare per permettere alle persone disabili di fare il bagno,  lì vicino anche uno spogliatoio e un wc per loro. La giornata non é delle migliori, il  mare  é  mosso e la riva  é  piena di detriti, plastica e schifezze varie,  in piú, sotto questo bellissimo albero una moltitudine  di moscerini  ci stà  mangiando vivi. Decidiamo per una passeggiata alla ricerca degli  ulivi tagliati,  quelli che secondo Aurora sembrano delle  sculture. Li  vediamo vicini ad un canneto, sono sei, perfettamente in fila  che fiancheggiano la strata, anche tagliati sembrano ancora vivi,  proprio come certe sculture e proprio come diceva  Aurora. Un tronco sembra che cammini senza testa, un altro che si allunghi ampio sul terreno con vari tentacoli, uno massiccio sembra una capanna mimetizzata e altri due, secchi secchi gli fanno da  sentinelle, l’ultimo é  sradicato e posato sul fianco e a me é  parso che volesse riposarsi, alle loro spalle una collina  coltivata ad  olivi: i loro discendenti. Rientriamo e il  bagno lo faremo a Lourdes dove in pochissimo  spazio c’é  comunque una cabina per cambiarsi e due ombrelloni. Lunedi, Enrico vernicia la sentina della cabina, io  prima la vuoto e la pulisco, la vernice é  ad acqua, asciuga velocemente, non puzza e non inquina,  anche il  mio detersivo per i   piatti non  inquina,  c’é sul  flacone la  fotografia  di  una tartaruga che nuota tranquilla ( non conoscendo il greco) spero sia  una garanzia. Oggi abbiamo anche ammainato  la bandiera italiana per sostituirla, c’è un pó dispiaciuto,  é  qualche anno  che viaggia con noi, ma  ormai la  parte  rossa era inesistente, il colpo  di  grazia  é  stato il  Meltemi furioso di  questi mesi, ne abbiamo issata una  nuova della marina mercantile, quella  che nello  spazio bianca ha gli stemmi  delle repubbliche  marinare italiana: Venezia, Geneva, Amalfi e Pisa. Guardandola mi sembrava più bella e quando Nicola é  passato davanti  alla nostra barca  mi  ha fatto capire il perché: la  nuova bandiera ha  sopra gli stemmi delle  repubbliche marinate anche  una corona, quella della  Marina Miliare: corona navale,  turrita e rostrata. Indubbiamente  una bella bandiera,  ma  sará meglio non navigate in acqua italiane perché non siamo  in regola.

 

Methana. Sabato 16-9-2023. Trentadue gradi in cabina,  siamo di nuovo in piena  estate, il Meltemi fresco é un  ricordo  lontano, I cumuli di detriti sulle strade e sui marciapiedi che fino ad ieri ci ricordavano l’ alluvione, oggi finalmente sono stati rimossi. Resta una  strada interrotta,  ma per ripristinarla ci vorrà molto tempo. Di tempo a noi non ne resta molto e gli ultimi lavori da fare in barca sembrano i  più  pesanti,  per l’esattezza quello di questi ultimi due giorni era di 110 kg, spostati metro per metro da prua a poppa e da poppa sul molo. La catena dell’ancora, lunga 75 mt é  quella dell’8 mm e un solo metro pesa circa kg 1,50. Non si può  semplicemente tirarla a terra perché  rovinerebbe la barca per cui,  io ed Enrico, metro per metro,  in tre tappe l’abbiamo portata a terra per poterla colorare. Dopo 10 mt  dall’ancora di blú per mezzo metro, poi bianco a 20 mt,  poi azzurro a 30 mt, e via di seguito fino ai 60 mt. Tutto questo lavoro per sapere quanta ancora é stata calata negli ormeggi. Enrico ha fatto proprio un buon lavoro, ha steso la catena in modo che il mezzo metro da colorare cadesse di volta in volta sullo stesso cartone: prima il blù, poi sotto il bianco, la terza riga ancora mezzo metro di azzurro, poi giallo, poi verde e a 60 mt rosso. Una volta  seccato il colore e tolta la catena il risultato è  stato un cartone che sembrava un quarto astratto, tanto bello che lo abbiamo fotografato.  Per riportare la catena a prua ci siamo avvalsi di amici con i quali abbiamo formato una catena di persone che metro per metro se la sono passata fino all’imboccatura del suo gavone. Qualcuno potrebbe obbiettare che esistono i contacatena e penso che per la prossima volta,  quando i colori non si distingueranno piú, lo compreremo  anche perché Enrico era molto  stanco e il dorso delle mie mani, quella sera erano blú. Per terminare i lavori ci manca solo togliere le vele. Altre novità  non c’è ne sono, lavori permettendo ci stiamo godendo questo ultimo scampolo di estate.