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È un libro interessante quello di Jarka kusova dal titolo: “La palude delle streghe”. Due vite di donne che si intrecciano nello stesso luogo ma in epoche diverse, la prima Abelk-Bleken è proprietaria di una fattoria ereditata dai suoi genitori e nel 1560 circa lei la porta avanti egregiamente senza un marito ma con l’aiuto di braccianti e serve che lei paga regolarmente. La seconda, la  Dott.ssa Britta Stoever, nei giorni nostri si trasferisce con marito e figli nelle stessa zona, a pochi Km da Amburgo, vicino le rive del fiume Elba, una zona paludosa resa rigogliosa dal lavoro dei contadini che nei secoli hanno domato e rinforzato  gli argini dell’ Elba. Se le difficoltà di Abelk la porteranno… quelle di Britta… Le due si incontano attraverso una targa stradale che  è  stata dedicata alla Abelk, grazie all’interessamento di Ruth, altro personaggio femminile importante sia per le ricerche che Britta svolgerà su Abelk sia per l’appoggio concreto che darà, quando anche Ruth si troverà in difficoltà. I capitoli si alternano con lo svolgersi del lavoro contadino del 1570, in cui sul fiume Elba venivano trasportate verso Amburgo le derrate alimentari provenienti dalla campagna, e in particolare sulle vicende di Abelk accusata di stregoneria. Ruth invece, nello stesso luogo, ma ai tempi nostri è alle prese col trasloco da Amburgo ad Ochsenwerder, in una campagna che le piace ma la turba, è alle prese col bullismo che colpisce sua figlia nelle nuove scuole e con l’incomprensione del marito che comunque non capendola, o per egoismo la lascia sola.

Giovedidì 5- 9-2024 porto di Orei. Gli ultimi giorni sono stati intensi e pieni di contatti, arrivi, partenze, aggiornamenti,  bucato, spesa, chiacchiere, ho poi trovato la pescheria per cui anche la cucina ha preteso il suo tempo, si chiacchiera, ci informiamo sui cantieri in zona, perché mi sa che lasceremo da queste parti la barca. Per cui… il mio bel libro sulle streghe che stavo leggendo  ha subito un arresto involontario. Giovedì mattina Katy e Oliviero ripartono, noi che dovevamo proseguire con loro restiamo, Enrico va meglio con la sua tosse, ma non vogliamo approfittatene. Alle 10 siamo in tre sul pontile a salutari, alle 11 telefona Katy che sono in avaria e devono rientrare in porto, si informa se c’è posto sul nostro lato, mi do da fare, e siamo tutti in attesa del loro arrivo, nel frattempo arriva un due alberi e occupa un posto, quando Lady Blues è all’imboccatura del porto dal lato opposto si stacca una barca e sembra dirigersi verso di noi. Il pensiero è unico” Dai muovetevi altrimenti vi prendono il posto”. Finalmente ormeggiano. Nel pomeriggio è un pellegrinaggio unico per capire, per aiutare, per risolvere, solo Olaf, che scopriamo ora essere un esperto di motori riesce a trovare il guasto, poi cercano in cantiere il pezzo nuovo, lo trovano, lo cambiamo, ma le batterie continuano a non caricarsi. Io sono in ballo col pesce, 1 kg di calamari che scopro esse totani, troppo duri da fare alla piastra. Faccio una pentolata di sugo con i totani e per cena saremo tutti qui nel pozzetto di Felicità, anche per tirare su un po’ di morale Oliviero e Katy, sarà dei nostri anche Flavio che ha portato degli stuzzichini e un sacchetto di ghiaccio che non guasta mai. Sono le 17, riprendo in mano il libro e subito dopo Enrico mi chiama “Guarda chi c’è!”. È arrivato Giovanni e Patrizia. Anche loro con problemi di tempo per il rientro a Roma. Domani ripartono per tirare in secca la barca in cantiere, con urgenza perché sabato e domenica è prevista acqua. Penso alla cena di stasera, in 5 si può fare, in 7 no! Ma Patrizia mi risolve il problema, siamo già invitati su di un’altra barca. Riprendo la lettura, mancavano poche pagine alla fine. Una lettura piacevole e interessante soprattutto la postfazione, nelle ultime pagine, sempre scritte dall’autrice, molto interessanti che spero di raccontarvi domani.

Fine prima parte.

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È la terza sera che ceniamo al Mam mam, le prime sere soli e ieri con Katy e Oliviero, dopo cena si è aggiunto Flavio, un loro amico del lago Maggiore, ma, della sponda piemontese, quella ricca e su questo fatto ci abbiamo ricamato sopra per un po’ sfottendoci a vicenda. Mentre chiacchieriamo,  passa a salutare Olaf e Coni, marito e moglie tedeschi, nostri vicini di barca per molto tempo nel porto di Limnos, con loro non c’è stato molto dialogo per via della lingua, ma cordialità sì e anche qualche birra insieme. Orei è una tappa di passaggio per molti velisti che da queste parti trovano i cantieri per tirare su le loro barche a fine ferie. Infatti sul pontile si piegano vele, si lavano canotti e c’è un bel via vai. Qui stiamo aspettando Patrizia e Giovanni e stiamo aspettando anche che passi la tosse ad Enrico, prima ha cominciato con infiniti starnuti e poi è arrivata la tosse. Motivo per cui non proseguiremo il viaggio con Katy e Oliviero. Ci ripromettiamo di visitare quella zona l’anno prossimo. In porto ci sono amici di Patrizia e Giovanni, anche loro di Roma e poi c’è Anna e Clive del Sud Africa. Due chiacchiere qua, due chiacchiera là e questa mattina, dopo che la capitana spagnola ha tolto gli ormeggi abbiamo avvisato Flavio che è arrivato affianco a noi. Non sappiamo molto di lui, a parte la simpatia percepita subito ieri sera. La sua barca si chiama Africa e scopriremo non a caso. I rapporti con i vicini di barca sono a volte fugaci o addirittura inesistenti, altre volte diventano vere e proprie amicizie. Flavio, la  new entry è con noi questa mattina nel pozzetto di Felicità, con Katy e Oliviero, che ci intrattengono con le loro storie riguardanti il Giappone, la Cina e Taiwan. Ci raccontano, di passaggi storici, e di attuale economia. Sempre interessante ascoltarli. Flavio è un buon ascoltatore, le sue domande sono pertinenti, e ci parla di un libro interessante che ha letto dal titolo Cina, di Henry Chissinger. Ci piace questa new entry, peccato che sia della sponda ricca del lago Maggiore!

Il bulgaro se n’è andato lunedì  mattina, sul presto. Katy Wu e Oliviero arrivano domani, guardo il buco vuoto rimasto vicino a noi e penso che non ci vorrà  molto per essere occupato di nuovo. Infatti puntuale come un orologio, mentre stiamo mangiando si affianca a noi un 12 metti, meno male che l’insalata greca non si raffredda ma vista l’interruzione per aiutare all’ormeggio si potrebbe scaldare. Il capitano è una capitana, naviga da sola ed è più vecchia di noi, È spagnola e sta tornando ad Alicante, tanto di cappello. Martedì mattina un’altra partenza, tre barche più in là dalla nostra, penso di mettere il nostro gommone come per dire che è occupato, ma Enrico giustamente mi ricorda che non si può, questo è un porto comunale e chi arriva prima prende il posto. Sono rammaricata e intanto un greco prende il suo gomme e fa quello che avrei voluto fare io, è al telefono e probabilmente starà informando chi di dovere che gli ha riservato un posto. Sono arrabbiata, allora potevamo farlo anche noi per la Katy. Di lì a cinque minuti entra in porto una barca spagnola, punta all’ormeggio occupato  dal canotto e il greco è costretto a toglierlo. Il pontile davanti a noi in una posizione più esposta è vuoto dalla parte dei charter e sull’altro lato è abbastanza vuoto, informiamo  per telefono Katy, loro stanno arrivando e noi li aspettiamo al pontile che nel giro di 10 minuti si è riempito su un lato di barche ormeggiate all’inglese ed è fortunatamente ancora libero sull’altro lato, quello che prende più onde. Non si dovrebbe ormeggiare all’inglese, non capiamo, ci avviciniamo e la prima barca ci informa: ” andiamo via fra mezz’ora” chiedo al capitano che parla italiano: “Mezz’ora italiana o mezz’ora Svizzera?” ” Svizzera, Svizzera”, informiamo Katy ma Oliviero preferisce ormeggiare sull’altro lato, manovra perfetta se non fosse per il vicino che si lamenta per l’incrocio di àncore, Katy è esasperata, nessun incrocio, incita Oliviero a proseguire in retromarcia verso il pontile, ne seguono imprecazioni e urla varie, in italiano e in inglese. Stento a riconoscere la dolce Katy, oggi  è una furia, ha ragione e non vuole sentire storie. Sul pontile sono tutti solidali con lei. Di fronte, la barca all’inglese se ne va. Oliviero visto che si balla su questo lato molla gli ormeggi e passa sull’ altro lato, la barca a vela che se ne era andata torna ad ormeggiarsi, vedo Katy esasperata  ” Ma cosa fa?”  Mi avvicino e chiedo di nuovo spiegazioni: sono una barca scuola e stanno provando gli ormeggi! Ora se ne vanno sul serio. Oliviero ormeggia e finalmente tutti a terra ci abbracciamo. Sono sfiniti, accaldati e stanchi, si sono mossi presto questa mattina  dall’isola di Skiathos, e l’ormeggio  è solo la fase finale di un lungo tragitto.

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Ci siamo spostati a sud ovest anche per sfuggirla, l’abbiamo vista scrosciare in lontananza, e qualche goccia ci ha raggiunto in navigazione. La pioggia anche qui ad Orei non è mai arrivata sul serio, venerdì sera si vedevano lontani i lampi ma non arrivava il tuono, durante la notte qualche goccia, e il giorno dopo solo grigio in giro. Se lavassimo la barca, che ne ha bisogno,  sono certa che pioverebbe sul serio, come quando lavi la macchina o pulisci i vetri di casa. Infatti sabato mattina dopo aver lavato la barca  ha piovuto un po’, giusto per doverla ripassare di nuovo col mocio. È gionata di riordino e pulizie: cambio biancheria dei letti, cambio coperture in dinette, lavaggio pavimento. Enrico lavora fuori, io dentro, alla fine Felicità, che era ancora un po’  infangata è tornata bianca e con  gli acciai  lucidi, i pannelli solari: perfetti,  l’interno di Felicità profuma di pulito e c’è un borsone di biancheria sporca che Enrico porta in lavanderia verso le 10. Alle 12 sarà pronta per il ritiro: lavata asciugata e piegata. La poca pioggia nel frattempo si è già seccata perché il sole splende di nuovo tra una nuvola e l’altra e noi stanchi morti andiamo a buttarci in mare, non è un’acqua cristallina ma è comunque pulita e trasparente, la spiaggia è semi deserta e in acqua, per tutta l’ampiezza del golfo, siamo in 4 a nuotano e tre donne col cappello in testa chiacchierano ferme, quasi a riva. Orei ci piace molto, peccato non aver trovato ancora la pescheria. Per avere informazioni in merito  ci rivolgiamo al signore anziano che ci ha preso le cime al nostro arrivo, la sua risposta è lapidaria “Pesce? Lo trovate al ristorante”. Va bè, come non detto!  A questo punto gli chiediamo quale ristorante sia meglio, ce ne  indica due, poi più tardi  si ferma davanti a Felicità e in italiano ci dice: Se volete possiamo andarci insieme, se volete! E io pagherò la mia parte” È una buona proposta, accettiamo anche perché con lui è possibile dialogare, oltre a un poco di italiano parla anche il francese come noi. Al ristorante dove ci porta lo conoscono, abbiamo mangiato bene e anche chiacchierato un po’. Filippe è  greco, ha 85 anni, portati benissimo, vive ad Atene con la moglie che al momento non c’è per problemi in famiglia. Tutto il periodo estivo lo  passa  qui a Orei sulla sua barca, poi la tira su in un cantiere qui vicino e torna ad Atene. Filippe è persona gradevole ed educata, del resto si era già  capito da subito dopo il suo benvenuto e l’aiuto all’ormeggio. Il sabato sera incalza, i bar sono affollati e diffondono musica moderna,  i ristoranti sono meno pieni del solito anche se sono già le 22,30. La strada pedonale è piena di bambini e ragazzine pieni di vitalità ed energia, sfrecciano monopattini, biciclette e tricicli. Ci dirigiamo verso il molo, e anche qui bande di ragazzini rumoreggiano seduti sul muretto che divide il molo dalla spiaggia. È sempre più evidente che sia sabato sera, tutta la gente che oggi non era in spiaggia ora è in giro a godersi il fresco. Fiduciosi di poter comunque dormire ci ritiriamo su Felicità. Un taratazum taratazum  molto lontano ci raggiunge quando siamo già a letto, ma non ci impedirà di prendere sonno. Appoggiata in dinette è  rimasta la borsona con la biancheria pulita. La metterò a posto domani.

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Questa mattina sono proprio tanti i gabbiani che schiamazzano qui intorno, il loro garrito è insistente e continuo, come il loro volarci a prua per poi virare a destra,  un volo in tondo che termina davanti al peschereccio ormeggiato nell’angolo del porto, tre barche dopo la nostra. È caduta in mare una cassetta di sarde, fra una barca e l’altra sembra che ci sia stata una moria di pesci,  le sarde galleggiano muovendosi al ritmo della risacca,  i gabbiani banchettano ma non si infilano tra una barca e l’altra, continuano a volare in tondo fino a lambire l’acqua per  recuperare le sardine, il loro stridio terminerà solo quando attorno al peschereccio non galleggerà  più nessun pesce. Ora i gabbiani  sono tutti silenziosi, appollaiati  in fila  sugli scogli della diga foranea, a  prendere il sole e a digerire. Il pick-up che ieri ha consegnato ai pescatori del peschereccio le scatole vuote di espanso, è ripassato  davanti a noi  in retromarcia, il molo è troppo stretto per fare manovra. E anche oggi,  il camion che gli ha  portato il ghiaccio e quello che è venuto a  prendersi il pesce, ripassano  lentamente in retromarcia, fino alla fine del molo. Abbiamo provato a comprare il pesce, recandoci anche noi all’ormeggio del peschereccio, ma il capitano si è scusato: “Non posso vendere il pesce in porto”. Peccato, in paese, per il momento, non abbiamo trovato nessuna pescheria. Continua  il  traffico sul molo, un camion con la gru, il cui braccio sporge su di una barca, ne solleva il motore in avaria  per portarlo in officina, e subito dopo arriva un autobotte per rifornire di carburante le barche, Anche noi ne avremmo bisogno ma l’autista ci informa che non ne ha più, ritornerà in porto domani mattina. Venerdì 30 agosto il cielo è sempre minaccioso e tendente al grigio, uno spiraglio di azzurro verso mezzogiorno ci permette di fare il bagno e nel pomeriggio, dopo il riposino, visto che non c’è sole ci portiamo verso il paese per passeggiare ma soprattutto per cercare una pescheria, un panificio e un super market. Parallela al lungo mare, dopo giardini e ristoranti, in un’altra via pedonale incrociamo un toro, non uno vero! Uno in marmo, molto bello, è stato ritrovato sulla spiaggia nel 1965. Ora  è  esposto nel giardino  vicino alla chiesetta, è protetto da una struttura in vetro che ne permette la completa visuale da diverse angolazioni e ci si può anche avvicinare per osservarne i particolari. È una scultura possente, del IV secolo a.C. Ha  il capo chino verso il basso e,  le pieghe del collo, i riccioli sulla testa, le piccole orecchie e tutti gli altri piccoli  particolari  sottolineano la plasticità  di questo monumento funebre scolpito in un marmo a grana fine. Penso che la  bellezza della natura greca abbia  influenzato i suoi abitanti che nei secoli ci hanno tramandato storia e cultura anche attraverso le loro capacità artistiche che ancora ci stupiscono e ci affascinano. Prima di ripartire tornerò a riguardare il toro di Orei, anche se il suo muso è  già registrato e custodito in un cassettino della memoria, assieme all’enigmatico sorriso del leone di Kea, ai riccioli dei bronzi di Riace e al volteggiare del Satiro di Mazara del Vallo. Se voglio rivederli, non c’è ne stanno tanti, e  neanche per intero. Solo i particolari più affascinati, come il muso del Toro di Orei.

Che bello, siamo arrivati preso, come previsto,  facciamo in tempo anche a fare il bagno prima di mangiare, sì, tiro fuori dal frigorifero la frittata e lo tzatziki,  così quando mangeremo non saranno troppo freddi. “Lella sei pronta? Siamo in porto!” “Arrivo”, bevo un po’ d’acqua e vengo”. Sul lato migliore dove ormeggiare c’è un solo posto libero, perfetto per noi. La manovra è un po’ complicata con il vento che ci  fa scarrocciare, dalla barca a fianco, dove dovremmo ormeggiarci ci fanno gesti molto eloquenti: le braccia alzate e incrociate vogliono dire: stai incrociando la tua ancora con la mia. Non è possibile, Enrico è sicuro, arriviamo sul molo e un signore anziano che io ho salutato in greco kalimera mi risponde in un italiano un po’ stentato: “ben venuti”. Il  bulgaro continua a lamentarsi e a insistere, noi proseguiamo il nostro attracco, compresa la verifica della tenuta dell’ancora, dei 60 metri di catena che abbiamo mollato ne tiriamo su prima 10, 20, 30… fino ad arrivare…”L’àncora non tiene, molla gli ormeggi Lella, rifacciamo”. Il bulgaro è sempre di vedetta sulla prua della sua barca e ci indica dove buttare l’ancora, come se noi non lo sapessimo e come se fosse facile con il vento che è aumentato. Stiamo di nuovo lentamente  arrivando  all’ormeggio,  il bulgaro si lamenta. Enrico gli fa vedere dove ha buttato l’ancora e lo informa  che ha lasciato 70 metri di catena. Già al primo ormeggio è stato chiaro che non gli avessimo incrociato l’àncora. Enrico non ha voglia di discutere, per la seconda volta togliamo gli ormeggi e rifacciamo la manovra. La terza volta, sempre col vento a trascinarci, in retromarcia, ci infiliamo  dritto fra le due barche manovrando con l’elica di prua e avendo mollato la catena a una giusta distanza e nella giusta posizione. Attracchiamo in banchina, di nuovo lancio di cime. Il bulgaro soddisfatto dice in continuazione ok ok. Ok un cavolo, devo controllare che la nostra ancora tenga e a furia di spostarmi mi sa che sono sull’ancora della barca alla nostra dritta, il proprietario non c’è. In tutto questo tempo il signore greco, quello  anziano è sempre stato sul molo ad aspettarci e a prenderci le cime, è sconcertato e anche lui scrolla la testa per dire: non c’è mai stato un incrocio di àncore. La maglietta che indosso sopra al costume  è madida di sudore, la gola e la bocca sono secche, Enrico è nervoso e scocciato. Non litigare costa molta fatica. Se l’ancora avesse tenuto al primo ormeggio sarebbe stata buona la prima, così  invece dopo un’ora di su e giù dell’ancora è  stata buona la terza. È l’una e mezza, dietro il molo c’è la spiaggia, non vedo l’ora di buttarmi in mare. Enrico con un secchio di acqua di mare sta pulendo in zona àncora, che è un accrocchio di fango e rigoli di acqua nera, l’ombrinale nel  pozzetto che contiene la catena si è tappato col fango, questo ormeggio non finisce mai, non possiamo lasciare che il fango si secchi, bisogna levarlo subito. A lavoro terminato cerchiamo di cancellare tutto con una bella nuotata, e in parte ci riusciamo. Il bulgaro ci sorride ogni volta che incontra i nostri sguardi, noi facciamo altrettanto. Quando finalmente, dopo il bagno, la doccia ecc… ecc… mangiamo, la frittata è quasi calda e lo tzatziki un po’ troppo molle.

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Non è giusto però, stavamo  dormendo così bene, e la sveglia, alle 6 mi ha fatto saltare.  Alle 22  già dormivamo, ma poi  alle due abbiamo dato la caccia a un paio di zanzare, che abbiamo fatte secche dopo averle scovate con la pila. “Buona notte” “buona notte” e siamo tornati a dormire di botto. “Sono le sei” dico ad Enrico “No, non ci posso credere!” “Dai, dai, andiamo che devo fare un paio di foto con la luce giusta”. Giovedì 29-8-2024, Sporadi, isola di Skopelos, porto di Neo Klima, ore 7,15, molliamo gli ormeggi, salpiamo l’àncora, e ci dirigiamo a sud ovest. Sulla nostra dritta l’isola di Skiathos è già illuminata e il suo verde è nitido, i due isolotti davanti a lei nella parte bassa sono scoscesi, brulli e tendenti al marrone, le sommità invece di un bel verde. Fuori dal porto  scatto qualche foto e dopo un ora di navigazione il cielo si intristisce, le nuvole grigie coprono l’azzurro che rimane a piccoli sprazzi, comincia a piovigginare, non era prevista acqua per oggi, solo da domani, l’umidità in cabina è alta e la temperatura si è abbassata a 27 gradi, come quella dell’acqua del mare. Fuori a prua, davanti a noi, confusa e avvolta nella nebbia si vede l’isola Eubea. Orario d’arrivo previsto dopo 30 miglia: h 12,30. Il motore rumoreggia a duemila giri e la vela lo aiuta con il poco vento che c’è,  procediamo tra i 5 e i 6 nodi, il mare di un grigio opaco  è come  una gelatina tremolante, nessuno in giro, la  barca a vela uscita dal porto dopo di noi ha preso un’altra direzione, lontani in cielo, alla nostra sinistra,  degli  scrosci di acqua  velano l’orizzonte come una tendina. Qui non pioviggina più. Mentre io scruto davanti a noi che nessuna cima galleggiante ci procuri gli stessi problemi capitati a Giovanni, Enrico si  riposata  per ben 10 minuti per poi riprende il controllo della situazione spostando di due gradi il pilota automatico per metterlo perfettamente in rotta. Lasciamo alle nostre spalle le Sporadi e verso le 11 quando siamo già entrati nel canale delimitato dalla costa greca con l’isola   Eubea, quel rimasuglio di mare s’ infila di poppa sotto Felicità, vento non c’è né più, e ammainando la vela si vedono buchi di azzurro che si fanno largo fra il grigiastro del cielo. In giro non vediamo ancora anima viva Questa non è una zona ambita per i turisti o per i charter, come le Sporadi, è però una zona protetta, perfetta per aspettare che qualche giorno di pioggia rinfreschi l’aria. Eccole le barche: un catamarano e due monoscafi, sono usciti dal porto, tra un poco ci siamo. Sul tavolo da carteggio il portolano è aperto sulla pagina  di Orei. I parabordi sono giù, le cime di poppa al loro posto, pronte per il lancio,  l’ancora è  sganciata e l’elica di prua è accesa. Entriamo in porto, alle h 12,30, c’è il sole e si è alzato il vento.

Dopo la chiacchierata per telefono con Katy e Oliviero abbiamo deciso che domani partiremo per il porto di Orei sull’isola Eubea, trenta miglia con poco vento favorevole, in  assenza di onde. Per cui sto già cucinando una frittata con le zucchina da mangiare domani in navigazione. Loro, Katy e Oliviero, si fermano a riposarsi dopo aver  avuto a bordo figlio e futura nuora, per una settimana, in più non hanno dormito per i motorini che hanno scorrazzato sul loro molo per tutta la notte. Speriamo di rincontrarci. Enrico sta facendo il pieno d’acqua nel serbatoio, io andrò a comprare un po’ di pomodori e frutta. E siamo pronti. Non lo sapevo questa mattina che sarebbe stato l’ultimo bagno qui, avevo guardato la grossa boa gialla molto a largo pensando forse domani nuoterò di nuovo fino lì come avevo fatto qualche giorno prima, forse è meglio che non possa più rifarlo, ci ero arrivata, ma era stata una bella fatica, nuotavo e nuotavo ma non arrivavo mai, quando finalmente avevo agguantato la boa ci sono rimasta appesa per un bel po’ a riprendere fiato. Era una boa molto grande ma dalla spiaggia sembrava piccola, come tutte le altre che delimitano la zona per nuotare. Questa, affiancata ad un’altra poco distante invece, segnava l’ingresso riservato alle motorette d’acqua. Me ne sono accorta solo il giorno dopo. Ieri, martedì 27, procedendo in salita per raggiungere la panetteria, sul lato ombreggiato della strada, sul marciapiede si apre una porta di legno dalla quale esce il fresco dell’aria condizionata, una signora è seduta alla scrivania e sta leggendo. Penso ad un uffiio, e quando in discesa ripasso di lì il punto di vista è diverso: c’è sempre la signora seduta alla scrivania ma si apre un’altra prospettiva su di un tavolo di legno con appoggiati sopra diversi tipi di coltelli, dietro una porta in acciaio di una cella frigorifera. È una macelleria! Sarò passata di qui una quindicina di volte e non me ne ero mai accorta. Ci accordiamo per l’acquisto di due fette di carne da cucinare sulla piastra, sono secoli che non mangiamo manzo, qui in Grecia la carne di manzo e di vitello sono considerati generi di lusso e hanno di conseguenza una tassazione più  alta, non è un caso che nei ristoranti si trovi in prevalenza carne di maiale e di pollo. Non riesco a capire perché non mi serva,  bisogna aspettare… avrio (domani alle 8,30) mi scrive sulla carta. E vada per domani! Infatti oggi, bistecche alla piastra con insalata di pomodori, la carne e un po’ dura ma buona, i pomodori sempre buonissimi, anche senza sale hanno un gusto intenso.

Si è fatto il vuoto in porto, la decina di barche a vela della flottiglia di charter che ieri si è infilata a forza tra una barca e l’altra, oggi se n’è andata. Sul tempo non dico niente perché è di nuovo prevista pioggia ma per venerdì. Noi facciamo vita di porto: Enrico controlla che chi arriva e chi va, non ci spedi l’ancora, io faccio le mie cose e poi, dopo il bagno e le altre faccende, vado sotto un tamericio a leggere. Per i nostri vicini di barca  non faccio in tempo a capire chi si è affiancato che già se ne sono andati,  fanno il pieno di acqua, fanno la spesa, il bagno, vanno al ristorante, dormono una notte e poi se ne vanno Davanti all’isolotto qui di fronte al porto ieri si è fermata  una barca a vela, posto non sicuro per passare la notte, infatti, questa mattina lo vediamo entrare in porto al traino del peschereccio, è in avaria, qualche problema all’elica o al timone, neanche 10 minuti e arriva il Guardia Coste, difficile capire cosa stia succedendo anche se una mezza idea noi ce l’abbiamo. Infatti nel tardo pomeriggio arriva un sub  ad ispezionare lo scafo Speriamo non lo tengano bloccato per molto, vedremo. Sistemati i loro problemi e accertato che l’imbarcazione non abbia falle o perdita di carburante, per il momento la barca è ormeggiata in porto, è un charter con a bordo tre coppie e un capitano, fermarsi qui a  Neo Klima non è poi così disdicevole. Enrico tra un ormeggio alla nostra dritta e uno a sinistra è preoccupato perché dice: “Le batterie non si caricano bene”, forse sono un po’  vecchie, poi a furia di controllare scopre che uno stacca batteria,  che ne esclude due su quattro, non è collegato. Sistema tutto ed è più tranquillo. Oggi dovremmo decidere quando partire e per dove, A Skiathos Enrico proprio non ci vuole andare, l’abbiamo saltata in andata e mi sa che la salteremo al ritorno, dice che c’è troppo casino. Potremmo fare una tirata di 30 miglia e raggiungere Orei sull’Ubea. Però… stiamo aspettando che arrivi Katy e Oliviero. Ma anche loro dovranno tenere conto delle pioggie che dureranno da venerdì fino a domenica. Insomma idee poche ma confuse. Rimanderemo le decisioni nel pomeriggio dopo una telefonata chiarificatrice con Katy e Oliviero, fino ad ora solo una raffica di messaggi. Anche dal gruppo che è rimasto a  Methana arrivano messaggi: “Ma dove siete tutti quanti? Attenti che se tardate ancora  la Marina chiude per voi.” Rispondiamo tutti lasciando il punto barca e un arrivederci a presto. Arriva un battello in porto, scarica  turisti, non sono i soliti turisti giornalieri, questi oltre al cappello e la borsa hanno  anche valige e trolley, scendono dal battello e salgono sul pullman che li aspetta sul molo, saranno una quarantina: accaldati, stralunati e stanchi. Il pullman li porterà finalmente a destinazione. È dura fare le ferie in Grecia, specialmente raggiungere le isole.

Il forte vento di ieri ha portato via la minaccia di temporali. Oggi, le previsioni non parlano più di pioggia e nel cielo non si  vedono nuvole, la temperatura è sempre sui trenta gradi e l’acqua del mare è calda: 27 gradi. È martedì mattina e col pensiero sono collegata alla mia amica Clo, già prima di fare colazione penso a lei perché una volta alla settimana, il  martedì, assumiamo lo stesso farmaco con le stesse modalità, non c’è bisogno di messaggini sul telefono: buon giorno, buon martedì, ecc… ecc… noi ci pensiamo reciprocamente e basta, poi quando ci sentiamo per telefono, magari, ridiamo del fatto che… martedì ti ho pensata. Con gli  amici barcaioli i contatti scattano tramite whatsapp per inviarci la posizione della barca quando siamo a destinazione, dopo essere salpati da qualche isola o baia. Chi è a sud, chi a nord, chi si ritrova nella stessa isola, in baie diverse o come ieri: “Tutti a Leros”. Tutti: Mari e Mauro, Andrea e Roberta, Katia e Tommaso, c’è anche Helen e Cyril. Invece Katy Wu e Oliviero arriveranno qui da noi giovedì. Con Patrizia e  Giovanni  che si è rimesso  ci ritroveremo in giro più tardi. Gli amici di casa li sentiamo per telefono e poi ci sono altri gruppi, le nipoti, i fratelli, insomma tenersi in contatto con tutti è un bell’ impegno. Le foto le invio con parsimonia per non suscitare invidie e Monica mi ha chiesto espressamente: “Mi raccomando le foto mandamele con moderazione”. Mia nipote invece mi esorta “Manda manda”. Le foto non sempre rendono l’idea, la luce non corrisponde, i colori non sono altrettanto brillanti, l’ immagine è più lontana di quanto non sembri nella realtà, il momento migliore ti scappa perché non hai a portata di mano il telefono e quando sei pronta per scattare il delfino si allontana e la tartaruga immerge la testa in acqua. Nelle  immagini preferisco trovarmici in  mezzo, raccontarle, desciverle, mi piace poi rileggendo, chiudere gli occhi e verificare di aver le stesse sensazioni, a volte sempre ad occhi chiusi mi ritrovo a sorridere, e spero che attraverso le parole, anche chi leggerà il blog si senta lì con noi. Comunico così, non solo per chi conosco ma per tutti. Per quanto riguarda alcune foto, certo,  scattate da professionisti sono molto più eloquenti, anche a me è capitato di suggerire di guardare il sito “Grecia mia”. Diciamo che il mio contatto principe resta sempre il blog, nel quale, in piena libertà racconto di tutto: dalla recensione di libri che leggo a impressioni lasciatami dopo uno spettacolo o una visita ad un museo. In questi mesi è il diario di bordo a farla da padrone anche se i lunghi periodi attaccati ai vari moli ne stanno cambiando i connotati.