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Lunedì 8 luglio, quando salpiamo l’ancora alle 6,30, il sole non è ancora spuntato da dietro la collina, è tutto calmo, solo molti gabbiani appollaiati su un grande scoglio che abbiamo a poppa, fanno baccano. Ieri sera la cena con gli amici è andata bene, ho cucinato i naselli e Mari ha portato l’insalata che si è  sposata bene, lei avrebbe voluto preparare una torta ma preferiamo rimanere leggeri per andare a letto presto. Loro partiranno domani per la stessa nostra destinazione perché aspettano che il vento aumenti, il loro Amel è una barca a vela molto più veloce della nostra. Noi che abbiamo un motosailer preferiamo partire con poco vento e di conseguenza poche onde, speriamo così di affrontare più agevolmente queste 57 miglia. Abbiamo chiacchierato fino al tramonto, anche se il sole col suo calore, ci ha tormentati fino a ché non è scomparso in mare, sono stati inutili teli, e asciugamani per ripararsi perché ormeggiati all’ancora la barca gira di continuo. Il mare sotto costa è calmo e il vento pochino, issiamo comunque la vela e ci teniamo  a  tre miglia dalla costa. Ho già fatto di tutto questa mattina in navigazione: ginnastica, pulizia del bagno e i letti, sbucciato le uova sode, mangiato la frutta, ricevuto e inviato messaggi, ho letto il libro e iniziato a scrivere questo pezzo e aimé  abbiamo già bevuto anche il secondo caffè e… sono solo le 10. Dalla baia Ammouliani in cui eravamo,fino alla fine della penisola kersonisos Athos ( il terzo dito)  è proibito avvicinarsi alla costa, sostare e sbarcare. È proprietà privata dei frati e non ci vogliono. Solo per questo motivo mi sono già antipatici, figuriamoci dopo che ho saputo che è  proibito l’accesso alle donne sulla loro proprietà. La scrittrice Oriana Fallaci c’è stata ma travestita da uomo. I barconi dei turisti, invece,  che pagano possono avvicinarsi e fotografare. Solo i maschi dopo una lunga procedura e attesa, possono visitare i vari monasteri e se lo desiderano  anche soggiornarvi, pagando s’intende. Ed è  solo da pochi anni che i frati accettano sul loro territorio animali femmine. Pazzesco!  Monte Atos è imponente, e impressionante, ricoperto in buona parte di un verde muschio,  inframezzato da rocce spioventi. Mantenendo le tre miglia di distanza e in controluce i molti  monasteri appaiono  offuscati. Siamo quasi alla fine della penisola, al capo, come sapevamo il mare si è ingrossato e anche il vento aumenta, la vela stabilizza l’andatura ma balliamo lo stesso,  procedendo a est verso l’isola di Limnos abbiamo il vento favorevole, ma le onde no. Siamo riuscì a mangiare in qualche modo  solo alle 14. Che le  onde calino è  una pia illusione. Siamo ora in mezzo al mare, dietro di noi, a poppa,  la sagoma del Monte Athos non è più nitida, i colori sono spariti e appare di un grigio uniforme che si confonde col grigio del cielo che l’avvolge, sta diventando sempre più evanescente. Ha perso la sua possanza. Davanti a noi, a prua, l’isola di Limnos come una promessa. Lunga, bassa, senza pretese, anche lei  non ancora ben delineata, la sua parte più bassa si confonde col mare. Alle 18, solo a quattro miglia dal porto di Limnos il mare si quieterà . Riguardo a poppa, Il Monte Athos è un fantasma.

Vista la confusione di venerdì qui in baia Roberta e Andrea, oggi, sabato 6, decidono di portarsi avanti e salpare verso la baia di Ammouliani sul terzo dito che si presume meno frequentata, per poi proseguire il giorno dopo verso l’isola di Thasos dove contano di incontrare un vecchio amico greco. Noi invece con Mari e Mauro  passeremo il sabato  tra taratazum, bagni e casini vari. Finalmente nella pace serale, su Bricole, davanti ad un bicchiere di rum fissiamo la rotta per domani. Oggi Domenica 7, sapendo di doverci fermare a fare un po’ di spesa prima di proseguire anche noi per la baia di Ammouliani salpiamo presto l’ancora, l’Ammel Bricole ci seguirà più tardi. Tutta questa fretta perché in realtà vorrei comprare dei pesci da cucinare in baia questa sera e mangiarli con  gli amici Mauro e Mari. Ho trovato dei naselli e delle aguglie  che non ho mai cucinato ma che ho mangiato qui in Grecia. L’attracco al molo non è dei migliori, infatti quando  abbiamo dovuto togliere gli ormeggi il vento ci ributtava sul molo. Me siamo comunque usciti senza danni. La navigazione di 11 miglia è stata piacevole: un vento fresco, purtroppo contrario e poche onde, che comunque mi hanno impedito di scendere in barca e pulire il pesce, e anche scrivere o leggere non è stato possibile. Per entrare in baia c’è un corridoio da seguire altrimenti si va a scogli. Già  prima di arrivarci alcuni roccioni sembrano avvisare del pericolo e la schiuma bianca ne segnala altri  non visibili. L’ecoscandaglio da la profondità dell’acqua. Bisogna comunque stare molto attenti. Non vediamo più Labricole, supponiamo sia già in baia. Di fronte a noi esce una barca a vela,  è da lì  che dobbiamo entrare. Navighiamo  guardando attentamente la mappa  del navigatore satellitare, io vado a prua per controllare i fondali e Enrico mentre timona tiene sott’occhio l’ecoscandaglio. Ieri Roberta ci aveva raccontato per telefono tutti i suoi timori percorrendo questo corridoio d’acqua in mezzo al mare. Siamo sulle corde ma è tutto chiaro, seguiamo la rotta. Improvvisamente ci sorpassa un piccolo peschereccio e ci fa capire di seguirlo, poi, oltrepassato il punto critico ci indica la baia aperta e ci saluta. Senza satellite, senza mappa, abbiamo trovato il miglior ecoscandaglio. Anche noi lo salutiamo e ringraziamo. Sempre gentili questi Greci. La baia è ampia con molte rocce. Vediamo  Labricole che sta allontanandosi dalla riva perché la sua ancora finita sulle alghe non tiene, noi puntiamo in una zona azzurra col fondale di sabbia lontana dalla riva, ci sembra un buon posto, lontano dal chiasso della spiaggia, peccato che sia la rotta di passaggio di tutti i barconi che portano in giro i turisti, in andata, essendo noi  arrivati alle 14, ne abbiamo beccati pochi, ma quelli del ritorno  li stiamo prendendo tutti con le  onde che provocano e l’immancabile  taratazum che sembra non voglia abbandonarci. Arriva la Amell con gli amici, siamo contenti, questa sera ristorante da Lella nel pozzetto di Felicità.

Svegliarsi in una baia è molto rilassante, sapere che non dovrai salpare l’ancora per raggiungere un altro posto, ancora di più. I programmi più recenti saranno raggiungere più a est l’isola di Limnos, facendo tappa intermedia   nella baia di Ammouliani, sul terzo dito, dove c’è il  monte Atos. I trasferimenti come questi che prevedono: parti, arrivi, dormi- riparti e arrivi a destinazione, richiedono una particolare attenzione al meteo e ai luoghi di sosta. Il meltemi è sempre in agguato, e osservando le sue evoluzioni, il giorno migliore per raggiungere l’isola di Limnos sarà martedì 9, le 57 miglia da percorrere  dovrebbero essere con vento al traverso, buono per la nostra rotta. Fino a quel  momento resteremo qui. È ancora presto, uscendo in pozzetto l’aria è fresca, col cambio di luce la baia assume colori diversi, l’acqua sembra ancora più trasparente, e molti pesci ci girano attorno. Più tardi, invece, ci gireranno attorno una moltitudine di piccoli motoscafi. Arrivano con la musica taratazum- taratazum che sconquassa il silenzio, arrivano facendo lo slalom fra le nostre tre barche a vela, provocando onde che stravolgono la superficie di questo mare incantato. Buttando  le loro ancora le onde si acquietano, il taratazum no. Ma poi, più tardi ne arrivano altri in continuazione, da saturare la baia. Qualche taratazum si quieta ed emergono grida di bimbi e di ragazzi, si sentono tuffi e risate, cori di adulti e il taratazum è un sottofondo costante ma attenuato. Girano pad, materassini e nuotatori, è  spuntato, non so da dove anche un pedalò verde mela. La baia è  multicolore,  multilingue: bulgare, turche, greche, tedesche, italiane, anche di bandiere sulle imbarcazioni ce n’è  un vasto assortimento. Una baia come un microcosmo, non più contemplativa ma una baia piena di vita, di gioia e anche di casino. La baia di tutti, tornerà ad essere nostra solo più  tardi, verso sera, quando tutte le altre piccole imbarcazioni torneranno in porto e i loro proprietari nelle loro case. Siamo soli, ma non restiamo soli, Mari ci invita per un apericena, nessuno rifiuta, ci ritroveremo nel pozzetto del loro Amel. Ancora una volta manco il tramonto ma riesco a fotografare il cielo rosso che si riflette nel mare. L’apericena di Mari promosso a pieni voti: riso Venere con verdure e naturalmente tante altre cose. Per scherzare a fine pasto chiediamo del rum che salta fuori accompagnato da pezzi di cioccolato  a forma di sigaro. Ci sentiamo  privilegiati, ne siamo tutti consapevoli.

Quella stessa notte, alle tre ha cominciato a piovere e per buona parte  della giornata il tempo è stato pessimo. Il vento da sud porta sempre pioggia. Già la sera precedente, mercoledì, mentre eravamo su Sisila per un aperitivo anche con i nuovi amici : Mauro e Marilena, improvvisamente dal telefonino è partito l’allarme meteo: un suono lungo di sirena che si  ripete a intervalli più volte, è improvviso e inquietante, ma lo riconosciamo per averlo già sentito prima degli uragani subìti nello Ionio, qualche anno fa. Anche le previsioni che controlliamo noi ci avevano avvisato ma siamo tranquilli, dove abbiamo ormeggiato  è una zona protetta, le ancore tengono e i metri di catena filati  sono tanti. I nuovi amici conoscono la zona in cui siamo e insieme parliamo di possibilità di nuove rotte. Ci dormiremo sopra e poi decideremo. Cosa possa uscire dalla cambusa di una barca per un aperitivo  ha quasi dell’incredibile: patè di fegato, patè di olive, crostini, patatine, noccioline, cracker, olive e da bere: prosecco, analcolici, birra ed acqua. Mangiare insieme è il modo migliore per conoscerci, con Mauro e Marilena c’era già stata la cena alla taverna, dove abbiamo scoperto che siamo quasi vicini di casa, anche loro a sette km dal confine Svizzero. Il giorno dopo giovedì, tutti rintanati in barca, continua a piovere ma il brutto tempo previsto si risolve con un temporale di cui vediamo i lampi ma non percepiamo i tuoni, addirittura verso le sedici cerca di uscire il sole. Mauro telefona: “andiamo qui vicino, a Dimitraki, è una bellissima baia chiamata anche le piscine, a quest’ora dovrebbe essere vuota, ci ormeggiamo comodi e  rimaniamo lì un po”. Salpiamo  le ancore e seguiamo Mauro. Alle sei di sera, circa,  ci ritroviamo da soli in una baia con acqua cristallina, soprattutto a riva e vicino ai vari scogli. E anche oggi, nonostante i brutti scherzi del vento da  sud facciamo il bagno in acqua a  27 gradi. Quella sera,  giovedì, ci siamo  riuniti  su  Felicità  per un dopo cena, oltre a noi sei ci saranno  anche le zanzare che teniamo lontane con un fumosissimo zampirone. Intorno a noi alberi lussureggianti sono padroni delle basse collinette che ci circondano, il mare luccica di rosso, e il silenzio è palpabile, la baia in  questa luce è un vero spettacolo. Ci siamo persi il tramonto, peccato, ma domani rimedieremo. Intanto nel pozzetto Andrea ci  racconta di quando per lavoro è andato in un allevamento di polli: cose incredibili!

Me la sono presa comoda a dormire fino a tardi, alle 10,30 siamo partiti senza che avessi fatto niente in barca, e durante il tragitto il panorama era così affascinante che quando siamo arrivati in porto su Felicità era ancora tutto per aria: i letti, la dinette, il bagno e le tazze della colazione. Roberta mi propone di andare con lei per la spesa ma non posso, dove metterei la spesa in questo caos. Mi metto di corsa a sistemare ma sudo moltissimo, i crampi al polpaccio sono in agguato, mi sento uno straccio e il caffè l’ho già bevuto, un bicchiere d’acqua col magnesio mi rimetterà a nuovo. Gli uomini sono già in pista col carburante, Roberta quando rientra mi informa subito che c’è il banco del pesce, esco di corsa, compro: un pesce Pargo, dei gamberi, un bel calamaro e non resisto e compro anche delle alici freschissime. Dal panettiere solo il pane,  anche se la tentazione per tutte le buone cose è grande, al supermercato: frutta e verdura. Rientrando penso a tutto il lavoro nuovo che mi sono procurata, da lontano Andrea sta lavando la barca, che bello abbiamo anche l’acqua. Pulisco subito il pesce ma i gamberi una volta puliti sono pochi, incarico Enrico di prendermene altri mentre andrà al super col carrellino per acquistare tre pacchi di acqua in bottiglia. C’è però da caricare l’acqua nel serbatoio perché Andrea nel frattempo ha finito di lavare la sua barca. Pianto lì i pesci da pulire e carico l’acqua nel serbatoio, scendendo ogni tanto in bagno per controllare il manometro che segna il livello dell’acqua. I pesci sono per metà ancora in giro, Enrico arriva con quelli nuovi e i pacchi di acqua da togliere dal sole. Fra su e giù il serbatoio si riempie ed Enrico lava Felicità. C’è nell’aria un profumino di pesce delizioso, e non lo sento solo io, sarà l’orario, sarà la fame. Ridiscendo a sistemare definitivamente i pesci, anche le acciughe con sale e aceto finiranno in frigo. Quando esco di nuovo una moltitudine di gabbiani è al seguito del pescivendolo che butta in porto una secchiata di scarti di pesce, sono tantissimi e non so come facciano a non urtarsi, d’attorno ne arrivano altri, il loro garrito è assordante. Lì fuori il profumo di pesce arrosto è  sempre più intenso.Quando Andrea ha chiesto l’acqua ai pescatori del grande peschereccio ormeggiato vicino a noi, in un primo tempo gli hanno risposto: “no, non è buona”, poi sono tornati con la canna spiegando che se ci serviva per lavare la brca andava bene. L’ acqua è preziosa, sono molto generosi i pescatori, propongo di ringraziarli con un cambio merce, Andrea va a prendere un pacchetto di caffè dalla sua dispensa e quando la da ai pescatori riceve nelle mani  tre grosse sarde cotte sulla brace, non sono bollenti ma molto cade, rientra esterrefatto. Enrico intanto finisce di lavare la barca e restituisce la canna, anche lui tornerà indietro con tre grosse sarde  nel palmo delle mani. Le gustiamo al volo, così dove siamo, io nel passo avanti sporta sul mare , Enrico e Andrea sul molo, Roberta è dentro Sisila, il sapore supera in bontà il profumo che sentivamo. Scendo in barca e preparo un sacchetto con: banane arance, pesche e dopo averci pensato un po’ sacrifico metà delle nostre ciliege e le aggiungo in un sacchetto a parte, se lo meritano! Quando Enrico gli porge il sacchetto viene invitato a bordo e gli fanno vedere la loro cucina: un barbecue con sopra una lamiera cosparsa di sale, dove appoggiano le sarde, lo esortano a tornare con un piatto che riempiranno con altre sarde e una bella dose di riso in bianco. Pranzo speciale oggi. Sisila molla gli ormeggi e rientra in baia, noi ci attardiamo per farci un caffè, poi lasciamo il molo libero, qui non si può sostare. Questa giornata molto intensa  si concluderà  con un aperitivo su Sisila e lì, in piacevole compagnia mi è venuto  da pensare: “Ma… oggi è lo stesso giorno di questa mattina?

Andrea e Roberta hanno un appuntamento con dei loro amici, davanti a questa piccola isola di Diaporos, con loro hanno concordato una cena tutti insieme per questa sera in taverna, così, scendendo a terra faremo anche la spesa e riempiremo una tanica d’acqua. Dove siamo ormeggiati all’ancora è particolarmente lontano dalla zona abitata, per cui, verso sera, salpiamo l’ancora e con Felicità ci avviciniamo di più a terra per raggiungerla poi più  facilmente col canotto, i Benini arriveranno con il canotto dei loro amici. Anche in questa taverna non servono il pane ma le pite, e le posate, avvolte nei 6 tovaglioli sono infilate in una lattina vuota di pomodoro, che una volta distribuito il contenuto, abbiamo deciso di far sparire perché era sporca. Al termine della cena seguo Mauro con la mia tanica da 15 lt. fino ad una fontanella e lì, mentre le stavamo riempendo comincia a diluviare per bene: prima grossi goccioloni, poi una forte pioggia battente, tanto che rifugiarci al supermercato, li vicino, non è servito a molto. Appena possiamo torniamo alla taverna, cedo la tanica piena  ad Enrico e prendo io il motore elettrico (più leggero, solo 6,5 kg) che ci siamo portati alla taverna( per non lasciarlo incustodito in spiaggia). Niente spesa, sono tutta grondante e il tragitto in canotto di sera anche se breve mi preoccupa un po’. Prima di scendere avevamo chiuso il passo d’uomo sopra la camera da letto, ma alcuni oblò in dinette erano rimasti aperti per cui, al rientro,  il resto della serata lo abbiamo passato ad asciugare in giro un po’ di tutto. Quando finalmente anche i miei capelli sono stati asciutti, (niente phon in baia) siamo andati a letto. Mercoledì 3 luglio. Ci sono delle giornate in cui parti, arrivi, fai, vedi e senti un mucchio di cose, te ne succedono altre e quando è sera ti domandi: ma…oggi è lo stesso giorno di questa mattina?  E dire che oggi era cominciato tutto nella tranquillità più assoluta a partire dalla sveglia alle 9 del mattino, poi alle 10 Andrea telefona per informarci che potremo fare carburante a un miglio di distanza dalla baia in cui ci troviamo ” andiamo e torniamo dice, devo solo telefonare quando arriviamo in porto, non prima delle 11 però, perché il molo è occupato dai kayik( barche turche)”. “Ok”  rispondiamo, “veniamo anche noi”. Navigare verso il porto di Panagia è tutto un susseguirsi di isolette, rientranze, fiordi, insenature e piccole baie, a volte tanto piccole da poter ospitare una sola barca. Le  rocce sono a volte levigate dal mare e dal vento che le hanno rese tondeggianti, quasi morbide, colore sabbia, si ha l’impressione che soffiando si possano sgretolare, altre sono di tonalità diverse di grigio, dove, non si sa come spuntano pino marittimi. L’acqua che circonda queste rocce o che lambisce le rive che incontriamo nel nostro navigare verso  nord sono macchie intense di colore ben distinte fra di loro. In porto il pontile è vuoto, i kayik sono partiti, c’è solo un grosso peschereccio ormeggiato all’inglese.

Siamo sottocosta della penisola Calcidica, su  Sinthonia, il dito centrale per capirci. La meta di arrivo si presenta abbastanza impressionante: una quinta scenica in cui la  roccia si apre a strapiombo sul mare,  come due montagne di guardia all’ingresso. Oltrepassate le quali, un golfo ampio e pacifico si allarga ai nostri occhi. Ci dirigiamo a nord, in fondo alla baia. Lì, Porto Koufo sembra già pieno di barche, ci avviciniamo per capire meglio: sul molo mancano le bitte, alcune barche sono ormeggiate in doppia fila all’inglese, il molo è fatiscente, boe vaganti impediscono l’attracco e capiamo a quel punto perché davanti al porto molte barche siano ormeggiate all’ancora. Ci dirigiamo al lato sud, dove c’è meno ressa, ma non c’è il paese con i negozi e le taverne. Il porto Koufo è stata una delusione. Dopo esserci assicurati che l’ancora tenga, col gommone andiamo a terra per cercare dove mangiare e dove buttare la pattumiera che nel frattempo, da una baia all’altra si era accumulata in vari sacchetti che tenevamo chiusi in un gavone con la canna dell’acqua. Cassone trovato, taverna anche, non vicina ma si può fare. Io torno sulla barca  a nuoto, Enrico col gommone. La taverna sarà un disastro: tavolo di fronte al sole che sembrava non tramontasse mai, portano il contorno senza apparecchiare, tovagliette e posate arriveranno dopo, il pane  richiesto non c’è , solo pita, un bicchiere è rotto e gli altri per la birra sono caldi, il cibo appena passabile, con patatine mosce e bistechi (che è un hamburger ) mezzo crudo, ma,  abbiamo mangiato lo stesso. Siamo stanchi, ma Andrea e Roberta partono in passeggiata verso il paese. Enrico ritira dal gestore della taverna il motore elettrico del canotto che è rimasto in carica durante la cena. Forse è stata l’unica cosa che abbia funzionato ieri sera alla taverna greca. Oggi, martedì due giugno alle otto salpiamo le ancore dal golfo di koufo diretti all’isola Diaporos, a est della penisola,  approfittiamo del vento favorevole ma il mare sarà mosso e le ventisette miglia che ci separano non saranno proprio piacevoli, in  compenso quando arriviamo verso le tre il posto è incantevole. Troppo stanchi per fare subito  il bagno, più tardi si vedrà.

A nanna presto ieri sera, ho solo letto le prime pagine di un nuovo romanzo “Il profumo delle foglie di limone” mi è piaciuto da subito ma la stanchezza della giornata intensa me lo ha fatto chiudere. E oggi ci svegliamo molto presto, è lunedì, primo di luglio e  salperemo l’ancora in questa bellissima baia alle 7, sono previste quaranta miglia a nord verso le Calcidiche, sul dito centrale che si chiama Sinthonia, la bussola segna trecentocinquantadue gradi, procediamo a motore a cinque nodi. Usciti dalla baia il mare era un’olio appena ondulato, dello stesso colore grigio del cielo, con un sole offuscato che rifletteva sulla superficie del mare impressioni di rosso. Nonostante l’atmosfera fosca i duemila mt. del Monte Atos sono  già visibili, e anche Sinthonia. Il mare continua ad essere un tutt’uno col cielo ancora un po’ grigio. Più tardi  un venticello piacevole ha spazzato via la nebbiolina e il sole ha di nuovo preso possesso della  posizione dominante, la sua luce  brilla sulle punte in lieve movimento  del mare ora blu  e l’azzurro è di nuovo all’orizzonte, occupando tutto il cielo. Con molto piacere apriamo il Genoa che si gonfia all’istante, l’andatura aumenta, l’ombra aumenta, e noi ci sentiamo velisti, nonostante il motore continui a girare, se volessimo fare i puri, e procedere solo a vela, forse, arriveremo a destinazione domani mattina, e non è il caso. Quando si naviga, si osservano particolari che solitamente sfuggono: l’ avvicinarsi di un gabbiano che plana sulla superficie, un gruppo di pesciolini che increspano l’acqua per sfuggire al predatore. Si sente la direzione del vento sul viso, anche quello apparente, come questa mattina sul presto che era assente. Si viene attratti dai minimi rumori, o dagli odori che provengono da terra se si naviga sotto costa. Tutto il corpo è in allerta, tutti i sensi sono più sensibili, si acquisisce un sesto senso che ti riporta nella  natura. Questa mattina facendo colazione ho avuto la sensazione di sentire  odore di capra, siamo usciti e in spiaggia abbiamo visto arrivare da un sentiero una decina di capre, altre erano già abbarbicate sugli scogli che,  chinate in avanti, bevevano acqua di mare, erano nere e color nocciola. Il naso non aveva sbagliato, era proprio odore di capra. All’ora del pranzo, come al solito, il vento aumenta,  da est, e va bene, speriamo che non aumentino le onde che avremo al traverso. In mezzo al mare ci siamo solo noi,  Sisila procede alla dritta di Felicità  ha entrambe le vele spiegate, la distanza fra noi ci impedisce di vederne l’equipaggio ma è un piacere averla al nostro fianco.

Domenica 30 giugno, ore 7,30 del mattino, la baia è silenziosa, solo un po’ di vento che questa notte ha fatto girare Felicità ed ora la sua ancora si trova vicino a  noi, sotto sei metri di mare, sembra di poterla prendere con le mani tanto l’acqua è trasparente, la fotografo, inghiottita dalla sabbia , piena di pescetti che gli girano in torno. Fotografo anche la barca di Patrizia e Giovanni che stanno uscendo dalla baia, come da un anello con una piccola apertura, il mare  blu, le colline circostanti verdi e il cielo azzurro, nel mezzo la loro barca galleggia sulla linea di confine fra acqua e cielo. Purtroppo non verranno con noi sull’isola di Kyria  Panagia: hanno un problema al motore e si dirigono a vela verso Oreri, sull’isola Eubea, speriamo di rincontrarci presto per mare. Il sole non è ancora alto, è spuntato da poco dietro la collina, i suoi raggi giocano sul pelo dell’acqua e sotto i pesci si sono moltiplicati da quando ho buttato del pane, i pezzetti più grossi vengono spinti dal basso in alto, pessima mossa: un gabbiano lo porta via al volo, arriva anche uno svasso, va dentro e fuori dall’acqua con la testa ma non ha il coraggio di avvicinarsi. Ci prepariamo a muoverci dall’isola di Peristeria all’isola di Panagia, solo dodici miglia. Il telefono è morto, fa solo le foto, niente telefono, niente internet, spedisco comunque quello che devo e se arriverà campo partirà da solo. Per le previsioni non c’è niente da fare, bisogna attenersi a quelle vecchie, che dicevano che il meltemi, dove siamo noi, sarebbe stato in attenuazione. Balle. Troviamo un mare gonfio e agitato, un vento che gli va a braccetto, naturalmente a nostro sfavore. Noi mugugnamo perché è una tortura, procediamo dai  due ai tre nodi col motore a duemila giri, Felicità fa quello che può, la prua sale e scende come in altalena, le onde la schiaffeggiano in continuazione sul fianco, noi siamo in altalena con lei, ci arrivano gli spruzzi e non ci divertiamo neanche un po’. Ci vorranno quattro  ore di navigazione che non vorrei più ripete, se possibile, per raggiungere questo piccolo paradiso: la baia Petros con al centro un’isoletta, protetta da nord, da est e da ovest  da un’abbraccio di colline in parte rocciose con piccoli cespugli e qualche albero. Il mare al suo interno è un lago calmo, il vento oltrepassa le colline alte e fa muovere le poche barche ormeggiate all’ancora, oggi siamo in tre: noi il Benini e una barca tedesca. Ritrovarci è stata una festa, loro sono partiti prima e da più vicini, ma il mare rabbioso lo hanno trovato anche loro. Ci hanno aspettato per fare il bagno. Dopo l’ormeggio, io  vado a nuoto a riva, Enrico passa col canotto a prendere Roberta, Andrea ci raggiunge a riva con pinne e maschera. Questo posto è davvero incantevole: è una baia molto ampia e l’acqua ha delle sfumature dal verde smeraldo all’azzurro, dal blu intenso a macchie scure  allungate  di alghe, l’isoletta al centro sembra messa lì da un regista per girarci un film. Mangeremo gli avanzi della pasta alla Norma cucinati ieri sera nell’altra baia: sono freddi, compattati, la provola sciolta e indurita fa da collante alla pasta ormai scotta ma… sono buonissimi. Forse perché sono le tre del pomeriggio.

Nel porto di Patitiri ci siamo stati due notti, la prima per fermarci e riposare, e la seconda dopo aver sbrigato le pratiche per poter ormeggiare una notte sull’isola Kyra Panagia che è un parco marino protetto e necessita quindi di prenotazione a pagamento: per la barca e per  i passeggeri. Prima di raggiungerla, domenica, ci fermeremo una notte in baia sull’isola di Peristeria. Il meltemi, che per due giorni ha rovinato le ferie a molti, ha anche anticipato la sua ultima sfuriata a ieri sera. Così questa mattina si parte. Il vicino di barca greco vuole sapere dove andremo e ci consiglia una baia migliore. Cambio repentino di programma, avvisiamo Andrea che resta in porto per aspettare di fare rifornimento di carburante. Il mare mosso si vede già dal porto prima di uscire, il vento fischia subito dopo. Mare e vento contro. Sono solo cinque miglia ma sono toste, in prossimità dell’isola il mare si calma, la baia in cui ci infiliamo è piccola, come una bella bomboniera ma è già occupata, forse potremmo starci con le cime a terra, ma solo noi. Decidiamo di raggiungere un’altra baia vicinissima a questa dove ci sono già gli amici romani. Gli telefoniamo per capire se c’è posto, e subito dopo chiamiamo Andrea per avvisarlo che la prima baia non va bene, ci troviamo a quella subito dopo dove c’è Patrizia e Giovanni, lui chiede conferma: “quella che avevamo deciso ieri sera?” “Si” rispondo io,  ma gli dico anche di nuovo quella dove ci sono i romani. Conclusione non ci siamo capiti e loro ormeggeranno nella  baia stabilita dalla sera precedente,  con nostro grande dispiacere che li stavamo aspettando con Patrizia e Giovanni in un’ altra baia. Ci assicuriamo che tutto sia andato bene e che siano ben ormeggiati  dopo di ché ci diamo appuntamento per domani, domenica, sull’isola di Kyra Panagia. Dove sappiamo già non ci sarà campo per le previsioni e tutto il resto. Il fiordo in cui siamo ormeggiati all’ancora è ben protetto, ma il vento si sente eccome. L’acqua è chiarissima vicino alla riva, da fare vedere le rocce sottostanti, in contrasto  alcune macchie scure ondeggianti di alghe, il resto è sabbia, quando ci avviciniamo di più a riva col gommone vediamo ancora rocce e sparpagliate in ogni dove  un’infinità di ricci neri. Cambio immediato di direzione, scendiamo col gommone in una zona più  avanti, su del ghiaione, e poi in acqua neanche tanto fredda a riva, come c’è la aspettavamo, più avanti ci sono dei pesci con una striscia nera prima della coda che nuotano intorno a noi, scappano, ma ne arrivano altri. Cerchiamo in questa acqua limpidissima   la catena della nostra ancora, la troviamo, la seguiamo fino all’ancora che è  ben piantata nella sabbia. Siamo tranquilli. Torniamo in barca, Enrico col gommone io a nuoto. Ci voleva proprio una bella nuotata, ho fatto pace col mare mosso di questa mattina.