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La nave Ariadne della compagnia Anek Lines Italia è partita in perfetto orario: 13,30 di giovedì 23-5-2024. Avvenimento per niente scontato, a volte abbiamo atteso, con altre compagnie, sugli ampi piazzali di imbarco anche 5 ore, e ti informano del  preavviso di ritardo  poche ore prima sulla partenza prevista. Per cui un buon libro è sempre a portata di mano. Già mi pregustavo la lettura di: “La portalettere”  di Francesca Giannone, invece… niente ritardo, non immaginavo che mi sarebbe quasi dispiaciuto! Comunque avrò molto tempo durante il viaggio. Negli uffici del porto di Ancona al check-in ci consegnano anche le chiavi della cabina n. 842, bene, penso, andiamo direttamente all’ottavo piano ma… la cabina non si apre. Scopriamo che bisogna comunque passare prima alla reception al settimo piano, Enrico scende, io rimango sola con i bagagli davanti alla porta, in un lunghissimo  e stretto corridoio, come nel film Shining. Finalmente entriamo, la cabina è stranamente ampia e confortevole. La borsa per la notte in  nave (cambio, pigiami, ciabatte, beauty) è ai piedi del letto, quella frigo sotto il tavolino, giacche e golf per uscire la sera in coperta già sistemate nell’ armadio. Usciamo in perlustrazione, da poppa,  al nono piano il panorama è ampio e lo stesso dell’anno scorso! Il monte Conero, l’arco di Traiano, il Duomo di S. Ciriaco ed altro, e giù all’imbarco gli uomini e i mezzi di trasporto sono piccoli piccoli, quasi formichine, il sole è alto ma qualche nuvola insiste. Le stesse nuvole che ci impediranno di vedere più  tardi il tramonto, a 130 miglia dalla costa  italiana navigando in direzione sud est riusciamo comunque a vedere l’isola di Pianosa e subito dietro le luci delle isole Tremiti e sul versate della Croazia l’isola di Vis. Siamo ancora in acque italiana ma in nave già primeggia il greco e una babilonia di lingue straniere ci accompagna ovunque. Alle 9 del mattino del giorno seguente una lunga fermata nel porto greco di Igoumenitsa, di fronte all’isola di Corfù, per sbarco passeggeri e merci, e altro imbarco passeggieri e merci diretti a Patrasso  rallenteranno di due ore il nostro arrivo a destinazione. Monte ore passate in nave 28    “ipomoni”. Alle due ore di ritardo sull’arrivo attacchiamoci altre tre ore di macchina per raggiungere Methana e si fanno le otto di sera. Ma l’accoglienza dell’amica Roberta che ci viene incontro sui gradini del B&B ci fa capire che siamo davvero arrivati.

Abbiamo fatto tutto. Il verbo fare è una panacea che risolve molte fatiche ed evita elenchi inutili: lasciare tutto pulito e in ordine, coprire mobili e divano, staccare corrente e gas, chiudere casa ecc… ecc… per fare tutto ci abbiamo messo molto tempo, ma  già dalla partenza per raggiungere la Grecia ci siamo organizzati in modo da non stressarci. Partenza senza levataccia e senza sveglia. La nave salpa da Ancona giovedì e noi siamo partiti di mercoledì, destinazione “Agriturismo dei Larici”. Durante il percorso in autostrada approfittando del largo anticipo le fermate per il caffè sono state doppie, e non sono state le sole, fra un pieno di gas e qualche pipì ci abbiamo infilato anche camminate in aree di sosta e ginnastica delle braccia, naturalmente sempre approfittando delle tregue tra uno scroscio di pioggia e l’altro. L’agriturismo è in collina, vicinissimo ad Ancona, davanti a noi il mar Adriatico. Codice per aprire il cancello, ricerca della palazzina B,  codice per entrarci, e senza codice entriamo in stanza con una chiave già infilata nella serratura. I gestori dell’agriturismo ai quali avevamo annunciato il nostro arrivo due giorni prima, li abbiamo visti solo il giorno successivo, nella palazzina A adibita a prima colazione, la porta era spalancata, niente codice per entrare, torte preparate da loro, anche tutto il resto molto buono in un ambiente ben illuminato e pulito.Come un quadro, dietro l’ampia finestra della camera n. 19,  incorniciato da basse colline, sul terreno in declivio,  una distesa di ulivi e vigneti, alla loro base linee continue di lavanda in fiore. Tutto questo verde ondulato e morbido, silenzioso e variegato, ci incanta, approfittiamo di questa pace per cancellare  la stanchezza di sette ore  di viaggio. Più tardi la cena marchigiana metterà  a tacere il brontolio dello stomaco e farà pace con i panini del viaggio. Come antipasto ci portano  delle conchiglie (le stesse che da bambina cercavo sotto la sabbia) ora me le ritrovo nel piatto nascoste dal  sugo di pomodoro, chiedo come mai tutte queste conchiglie e mi spiegano che: nel ristorante, giocano in casa avendo un parente pescatore con tanto di peschereccio. Ci è parso naturale  continuare la cena a base di pesce. Se passate da Ancona approfittatene anche voi, al Ristorante La Botte si magia proprio bene, e se come noi ci dimenticate l’ombrello, niente paura, il proprietario è gentilissimo,  ad ottobre, quando rientreremo in Italia ci ha assicurato che lo ritroveremo nel suo ristorante.

Ancora Grecia perchè è accogliente, bella, economica, con infiniti approdi, con molte isole e relativi porti, nei quali a volte puoi fare il bagno tanto l’acqua è  pulita, limpida, e puoi trovarti affiancata una tartaruga caretta caretta come a Monemvasia nel Peloponneso,  oppure nel porto di Methana dove si vedono i delfini e una foca girovaga tra le barche strusciandosi sulla loro  chiglia. Le acque greche sono azzurre come il cielo e come la sua bandiera. I panorami circostanti sono così vari da isola ad isola che viene da chiedersi se appartengano sempre alla Grecia: a volte colline coperte da pini marittimi, altre  formate da rocce rossastre sempre in procinto di sgretolarsi e franare, oppure formate da enormi roccioni di lava neri. Anche i suoi mari: lo Ionio e l’Egeo hanno caratteri diversi, il primo calmo,  il secondo agitato. Ancora Grecia perché i suoi abitanti sono cordiali in tutto il territorio che abbiamo visitato fino ad ora, sia nello Ionio che nell’Egeo, dove la natura è più selvaggia e violenta, i suoi abitanti mantengono le loro caratteristiche di popolo pacifico. Non è poco, penso io, quando sei lontano da casa tua i greci ti fanno sentire bene a casa loro. Ecco perché ancora Grecia. L’anno scorso dalla penisola di Methana siamo scesi a sud nelle isole Cicladi, quest’anno ci avventureremo nel nord verso Salonicco.

Giovedì 28 Settembre 2023.

Sono gli ultimi giorni qui in Grecia, il tempo non è speciale ma riusciamo con Roberta a fare il bagno qui vicino a Lourdes, specifico con Roberta, altrimenti da sola non lo avrei fatto, ma lei, senza insistere domanda: “facciamo il bagno oggi?” con il suo accento romagnolo, al quale mi sono adeguata anch’io e mi sorprendo a volte nel dire come lei: “Ahhh… però”. Methana non è grande, ci sono due vie parallele oltre al lungo mare e… non so come, ci incontriamo spessissimo, come se ci dessimo appuntamento. In questo ultimo mese ci siamo fatte compagnia, scambiati libri e ricette, io con lei ho arricchito il mio vocabolario di greco e Lei… non so, forse qualche detto milanese e la ricetta della cassoeula. Sarà dura lasciare lei, il marito e tutti gli altri amici italiani, e greci,  francesi, spagnoli. Sarà dura lasciare la Grecia. Oggi sono andata a passeggiare attorno alla piccola penisola, consapevole che fosse l’ultima volta per quest’anno, ma domani ci ritorno perché con la pioggia di questi giorni sono spuntati dappertutto tappetini di ciclamini, niente foglie, solo ciclamini su steli lunghi, belli dritti o obliqui quando sbucano dalle fessure delle rocce o dai gradini di pietra, un vero piacere scoprirli ovunque, ci sono anche molte Drimie marine, che non sono altro che i fiori di cipolle selvatiche, molto coreografiche, spuntano a gruppi con una moltitudine di fiorellini bianchi che sbocciano gradualmente su di una specie di pannocchia che si innalza elegante.

Lavori da fare non ce ne sono più, già svuotato e asciugato il serbatoio dell’acqua, ammainate le vele, piegate e messe nel sacco. Ammainate le bandiere: quella europea e quella di rispetto greca. Per ammainare quella italiana bisogna aspettare che il capitano non sia più a bordo, come vuole la regola. Preparata la borsa da portare in cabina in nave e, farmacia e creme saranno le ultime cose assieme alla borsa dei viveri “importantissima”. Importantissimo anche consegnare alla Capitaneria di Porto la licenza di navigazione, che ci restituiranno l’anno prossimo dopo aver pagato il Tepai che è la tassa da pagare per poter navigare in acque greche. Siamo in quella fase in cui sei pronto ma devi aspettare, vorresti chiudere, ma non puoi, perché per i pochi giorni che restano ti serve ancora tutto, siamo sospesi, e la testa è già agli appuntamenti di ottobre in Italia, al rinnovo della patente di Enrico, ai controlli medici per me, ai parenti che ci aspettano, agli amici che verranno a trovarci, alla nipote, che abbiamo una gran voglia di riabbracciare. Primo maggio la partenza, primo ottobre il rientro, cinque mesi intensi che mi ha fatto piacere documentare giornalmente, e che ritroverò sempre, anche quando la memoria sarà sempre più labile.

Kalimera.

 

Lunedi 18 Settembre 2023.

Fra una nuvola e molto sole, oggi continuano i lavori in barca, ieri che era domenica, invece, abbiamo fatto i turisti e in macchina abbiamo raggiunto la localitá Metamorfosi, attrezzati con borsa da mare e seggioline, ci siamo piazzati sotto ad un bell’albero frondoso con delle bacche rosse. La spiaggia abbraccia tutto un ampio golfo ed é profonda, a tratti attrezzata con ombrelloni e sdraio, uno scivolo a mare per permettere alle persone disabili di fare il bagno, lì vicino anche uno spogliatoio e un wc per loro. La giornata non è delle migliori, il mare è mosso e la spiaggia soprattutto a riva è piena di detriti, plastica e schifezze varie, in più, sotto questo bellissimo albero una moltitudine di pappataci ci sta mangiando vivi. Decidiamo per una passeggiata alla ricerca degli ulivi tagliati, quelli che secondo Aurora sembrano delle sculture. Li vediamo vicini ad un canneto, sono sei, perfettamente in fila a bordo strada, anche tagliati sembrano ancora vivi, proprio come certe sculture e proprio come descriveva Aurora. Un tronco sembra che cammini senza testa, un altro che si allunghi ampio sul terreno con vari tentacoli, uno massiccio sembra una capanna mimetizzata e altri due, secchi secchi gli fanno da sentinelle sui lati, l’ultimo è sradicato e posato sul fianco e a me è parso che volesse riposarsi, alle loro spalle una collina coltivata ad olivi: i loro discendenti. Rientriamo e il bagno lo faremo a Lourdes dove in pochissimo spazio c’è comunque una cabina per cambiarsi e due ombrelloni. Lunedì, Enrico vernicia la sentina della cabina, io prima la vuoto e la pulisco, la vernice è ad acqua, asciuga velocemente, non puzza e non inquina, anche il mio detersivo per i piatti non inquina, c’è sul flacone la fotografia di una tartaruga che nuota tranquilla ( non conoscendo il greco) spero sia una garanzia. Oggi abbiamo anche ammainato la bandiera italiana per sostituirla, c’è un po’ dispiaciuto, é qualche anno che naviga con noi, ma ormai la parte rossa era inesistente, il colpo di grazia è stato il meltemi furioso di questi ultimi mesi, ne abbiamo issata una nuova della marina mercantile, quella che nello spazio bianco espone gli stemmi delle repubbliche marinare italiana: Venezia, Genova, Amalfi e Pisa. Guardandola mi sembrava diversa della solita, più bella, forse solo perché nuova, e quando Nicola è passato davanti a Felicità mi ha fatto capire il perché: la nuova bandiera ha sopra gli stemmi delle repubbliche marinate anche una corona, quella della Marina Miliare: corona navale, turrita e rostrata. Indubbiamente più bella di quella mercantile ma sarà meglio non navigate in acqua italiane perché con questa bandiera non saremmo in regola.

Kalimera.

 

Sabato 16 Settembre 2023.

Trentadue gradi in cabina, siamo di nuovo in piena estate, il meltemi fresco è un ricordo lontano, i cumuli di detriti sulle strade e sui marciapiedi che fino ad ieri ci ricordavano l’alluvione, oggi finalmente sono stati rimossi. Resta una strada interrotta, ma per ripristinarla ci vorrà molto tempo. Di tempo a noi non ne resta molto e gli ultimi lavori da fare in barca sembrano i più pesanti, per l’esattezza quello di questi ultimi due giorni era di 110 kg, spostati metro per metro da prua a poppa e da poppa sul molo. La catena dell’ àncora, lunga 75 mt è quella del’ 8 mm e un solo metro pesa circa kg 1,50. Non si può semplicemente trascinarla a terra perché rovinerebbe la barca per cui, io ed Enrico, metro per metro, in quattro tappe l’abbiamo portata a terra per poterla colorare. Dopo 10 mt dall’àncora di blu per mezzo metro, poi bianco a 20 mt, poi azzurro a 30 mt, e via di seguito fino ai 60 mt. Tutto questo lavoro per sapere quanta àncora è stata calata negli ormeggi. Enrico ha fatto proprio un buon lavoro, ha steso la catena in modo che il mezzo metro da colorare cadesse di volta in volta sullo stesso cartone: prima il blu, poi sotto il bianco, la terza riga ancora mezzo metro di azzurro, poi giallo, poi verde e a 60 mt rosso. Una volta seccato il colore e tolta la catena il risultato è stato un cartone che sembrava un quarto astratto, tanto bello che lo abbiamo fotografato. Per riportare la catena a prua ci siamo avvalsi di amici con i quali abbiamo formato una catena di persone che metro per metro se la sono passata fino all’imboccatura del suo gavone. Qualcuno potrebbe obbiettare che esistono i contacatena e penso che per la prossima volta, quando i colori non si distingueranno più, lo compreremo anche perché Enrico era molto stanco e il dorso delle mie mani, quella sera erano blu. Per terminare i lavori ci manca solo togliere le vele. Altre novità non ce ne sono, lavori permettendo ci stiamo godendo questo ultimo scampolo di estate.

Kalimera.

 

Domenica 10 Settembre 2023 sempre Methana.

Il rumore ritmato del frangere delle onde in riva al mare è sempre presente in barca, perché la spiaggia, è davanti al porto, al di là della strada che porta alla piccola penisola, è un sottofondo consueto, come le oche selvatiche che nelle prime ore del pomeriggio passeggiano in fila indiana, dalla penisola ai giardinetti, sono sei, con portamento elegante anche se dondolano un po’, si muovono in piena libertà senza essere disturbate da nessuno, anzi… a volte sono loro che ci attaccano, per cui a terra ne stiamo alla larga, altro discorso se sono in acqua, basta chiamarle “ela ela ela” vieni vieni vieni, che arrivano velocissime per mangiare il pane che buttiamo dalla barca e, se non siamo veloci a lanciarlo fanno un baccano terribile. Ogni tanto invece, perlustrano spontaneamente il porto, di barca in barca, non si sa mai. Anche il vento sta diventando una costante fissa, non è forte come nelle Cicladi ma è insistente, logorante come il rumore di un trapano. Molti non se ne curano affatto e fanno lo stesso il bagno, quello termale, quello che per raggiungere l’accesso al mare devono passare obbligatoriamente sulla strada che divide, il porto dalla piscina con relativa struttura (fuori uso). Il loro peregrinare è costante: col sole o senza, se piove si tirano in testa l’asciugamano, se il sole è forte ho visto spuntare un ombrello. Uomini, donne, ragazzi, tutti speranzosi. Chi cammina col tripode accompagnato dal nipote, chi arriva solo, adagio adagio. C’è una coppia di anziani, mano nella mano dove lui sembra sorreggere lei, ma in realtà anche lui è traballante, le sistema la spallina del costume, l’avvisa del pericolo dei cumuli sul marciapiede, si fermano ad osservare quanto sia cresciuto il basilico, e tutti i giorni salutano, passano al mattino e anche al pomeriggio, sono molto teneri e molto innamorati. Vedo anche altri che in gruppo schiamazzano e sembra non abbiano bisogno di nulla, passano gli stranieri in villeggiatura, i locali, quelli di passaggio che vogliono provare. Che poi non è facile raggiungere il mare dove sfociano le acque sulfurea, prima bisogna salire, poi scendere su una strada sconnessa di terra battuta, poi, per entrare in acqua hanno messo due corrimani in acciaio, ma i gradini vecchi, in cemento grezzo che ti permettono di accedere in mare sono: sconnessi, scivolosi, di diverse altezze e pieni sempre di animaletti che sciamano via ad ogni passaggio. Insomma, se uno riesce ad arrivare in mare… è già un miracolo. Ma nonostante ciò c’ è un flusso continuo di gente dalla mattina alla sera. Li ha fermati solo l’ allagamento dei giorni scorsi, quando la piscina, la strada è il porto formavano un’ unico specchio d’acqua, è stato lo stesso giorno in cui noi siamo rimasti bloccati in barca.

Di solito, invece, lo specchio di mare inondato da acque sulfurea bianche dà il suo meglio visto dall’alto della strada, su di una curva, c’è sullo slargo un gazebo fatto apposta per ammirare questo angolo benedetto ed è sempre qui che l’odore dello zolfo comincia a farsi sentire. Si vede il mare azzurro con lunghe striature di bianco latte nella zona a largo, tutto bianco invece adiacente alla scaletta, con disseminati roccioni tondeggianti che sporgono raggruppati, più a destra una piccola isola verdeggiante (dimora delle oche) che fronteggia sull’altro lato il faro d’ingresso al porto e la piccola penisola impreziosita dalla chiesa bizantina. Questo è solo il punto di vista dalla strada. Se sei lì in acqua, invece, e guardi su, vedi alberi diversi: cipressi, pini marittimi, tamerici, eucalipti, che si contendono il bordo strada in un continuo alternarsi di forme e tonalità di verdi diversi. Mentre, sulla scarpata sono avvinghiati i fichi d’india carichi di frutti già violacei. Insomma chi va a Lourdes spera in un miracolo, ma a ben guardare, da ogni punto di vista, il miracolo è già lì.

Kalimera.

 

Sabato 9 Settembre 2023
La percentuale di umidità indicata dalla lancetta sull’igrometro é 80, molto meglio dell’altro ieri che diluviava e mancavano due tacche a toccare il 100. Oggi per fortuna c’è il sole e anche la temperatura è tornata ai 30 gradi, nonostante il forte vento. Strade in parte allagate e grosse pozzanghere permangono ancora in giro ma visto il caldo e il vento, prevedo spariranno presto. Per i cumuli di sporcizia varia che sono già stati ammucchiati in ogni dove, prevedo invece che ci vorrà più tempo. Riprendiamo i lavori in barca, Enrico col motore di Felicità io con i mobiletti interni, non vi tedio con i particolari. Alle 12 penso di riuscire a fare un bagno, qui vicino al porto, nella zona chiamata Lourdes, ma il mare è ancora troppo sporco di residui, così passiamo direttamente alla fase successiva, la doccia prima di pranzo. Camminando verso nord, si raggiunge una baia con una bella spiaggia chiamata Playa. Ci avevo già provato ieri ad andarci, ma arrivata all’altezza del molo, in fondo al paese, aveva cominciato a piovere, piano, una goccia, poi due, cosa faccio? Torno indietro? Pensando agli scroscioni dei giorni precedenti decido di rientrare e… quasi all’altezza della piccola penisola esce il sole, ok, vada per la passeggiata intorno alla penisola. Oggi ci ho riprovato, 5 km andata e ritorno, sempre spostandomi in cerca di ombra sul lungo mare del paese sotto palme e tettoie di ristoranti, fuori paese al riparo dei tamerici e tantissimi Eucalipti, il mare sempre alla mia destra. La schiuma bianca delle onde si rovescia a riva, trascinando nella sua ritirata, sassi che rotolano rumorosamente di nuovo in mare. A largo, altre onde montate dal vento si rincorrono, colorando di pennellate bianche un mare blu tutto increspato. La spiaggia finisce ed enormi rocce nere ne prendono il posto, il frastuono aumenta, davanti a me l’asfalto è bagnato, alcune onde dopo lo schianto contro gli scogli rimbalzano in alto e ricadono sulla strada schiaffeggiandola. Aspetto il mio turno per poter passare, ma comunque gli occhiali risentono dell’acqua salata che si nebulizza nell’aria. Per raggiungere la Playa da terra è stata realizzata la strada spaccando a metà una collinetta. Passarci, e guardare a destra e a sinistra, fa una bella impressione: due muri di roccia rossa, alti 10 metri circa a picco sulla strada, io, lì, non tengo mai la mia destra, cammino sempre al centro, ho una gran paura che crollino dei massi. In effetti, in questo punto, l’asfalto oggi è rosso e sono evidenti i segni lasciati dalla ruspa, che ha da poco spostato sui lati i detriti caduti. Affretto il passo e davanti a me già vedo delle auto parcheggiate, c’è gente alla Playa. Prima di vederli li sento, anche se il fragore del mare e il vento confondono. Parlano, ridono e i colpi secchi della palla da tennis sulle racchette di legno è abbastanza continuo, sono bravi i giocatori, non li vedo ancora, una lunga fila di tamerici fa da schermo e dovrò scendere molti gradini per osservarli palleggiare. Ci sono finalmente: una spiaggia semi circolare di sabbia scura, sdraio ed ombrellono ben chiusi, alle loro spalle terreno scosceso misto a rocce, con tamerici ed eucalipti. E’ la roccia tutt’attorno a farla da padrona in queso panorama, in mare ancora scogli a pennacchio a chiuderne una estremità. Il ritorno al porto sembra più lungo e anche i tratti soleggiati sono più fastidiosi nonostante il vento. E poi eccola la panchina, è vuota, è mia, mi ci siedo lentamente, con attenzione per fare aderire bene la schiena, è una vecchia panchina con le assi di legno e il telaio nero in ferro, è minuta e sembra fatta apposta per me che sono piccola. Sento l’impeto del mare, ma i soliti tamerici me ne impediscono la vista. Chiudo gli occhi e mi riposo. Il sole alle mie spalle si sta finalmente abbassando, un invito al riposo, così mi sdraio e riaprendo gli occhi da questa posizione, l’azzurro del cielo lo vedo a piccoli scampoli irregolari, un enorme Eucalipto apre sopra di me i suoi molteplici rami carichi di foglie che giocano col vento, coprendo la luce del sole o lasciando passare uno ritaglio di cielo. La Playa è una bella spiaggia, a me, però, è piaciuta di più la passeggiata per raggiungerla e il rientro, che come una meritata ricompensa mi ha regalato un punto di vista piacevolmente inaspettato.
Kalimera.