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Mercoledi mattina esco assonnata in pozzetto, la prima persona che vedo è l’incaricato per il porto del comune, sta già  controllando se le barche all’ormeggio hanno già pagato. Ci  siamo già visti ieri,  l’altro ieri e Domenica al nostro arrivo, per cui lo saluto con un sonoro Kalimera, lui risponde: “kalimera Felicità”, mi sembra un buon inizio. Menomale che scrivo altrimenti mi dimenticherei:  è ieri che siamo saliti nella città vecchia? Si, mi pare di sì,  perché il pomeriggio precedente siamo andati a caccia  di lavanderie. Allora è ieri che ho fotografato il vecchio pope ( un po’ scalcinato) su nel paesino con un sacco di chiese, a momenti più chiese che case, strane anche, con i tetti in pietra, come in montagna e i balconi in legno delle case, tutti di colori diversi. In  ogni dove: vasi, giare, traboccanti di fiori, piante grasse o  piante verdi abbelliscono ogni ingresso e ogni angolo, impreziosendo queste strette stradine che si inerpicano con alti gadoni o ridiscendono in curve repentine, mostrando all’ improvviso bouganville eccezionali. Il continuo delle case bianchissime così vicine fra di loro, fa si che l’ombra  rinfreschi l’aria. In alcuni punti la visuale si apre sul mare, con panorami azzurri e blu da cartolina, in altri si chiude in piazzetta dove alcune donne, o in piedi o sedute sul muretto, davanti ad una chiesetta aperta, lucidano gli argenti, altre scrostano dalla cera dei grandi  candelabri, un’altra ancora setaccia la sabbia di un ampio contenitore che solitamente accoglie le candeline votive. Queste donne laboriose formano un bel gruppetto affiatato che guardano noi turisti con benevola non curanza. Più scendiamo e più ci viene incontro la civiltà vacanziera con i suoi locali particolari, i suoni, gli odori, le merci e i cuscini che appoggiati ovunque  ti invitano a sederti. Di fronte ad una porta d’ingresso spalancata una finestra col telaio colorato, mostra il panorama come in  un quadro incorniciato: mare, roccioni e cielo. Si è fatto tardi, con le ginocchia un po’ doloranti rientriamo in porto. La giornata iniziata bene è finita ancora meglio con questa lunga camminata sulla città vecchia di Skopelos, molto ampia e particolareggiata.

Sapere dove sarà possibile fare il bagno  è una delle nostre priorità, per cui già da domenica, al nostro arrivo, con il canotto siamo usciti dal porto di Skopelos e ci siamo diretti a destra verso la spiaggia. Nel tragitto ho preso confidenza con il nuovo motore elettrico che non avevo ancora avuto modo di provare, Enrico è insofferente, non gli va bene come manovro, non gli va bene dove mi dirigo, non gli va bene niente, mi innervosisco e come al solito gli restituisco il nuovo giocattolo. Proverò un’altra volta, quando saremo meno stanchi e più disponibili  l’uno verso l’altro. La spiaggia dove issiamo il canotto è sassosa, scivolosa e in salita,  il canotto per fortuna è leggerissimo. È una spiaggia libera senza ombrelloni, solo una cabina mozzata per cambiarsi, sul ghiaione purtroppo ci sono molti frammenti di plastica mentre  l’acqua è invitante e pulita, nuotando rifreschiamo anche i bollenti spiriti. Il rientro è risultato problematico, uno scavafango ci ha completamente ignorato tagliandoci la strada, abbiamo gridato, cambiato direzione per non farci investire,  insultato il conducente e in fine, mentre ballavamo di brutto per le onde che aveva provocato con la sua velocità, gli abbiamo battute  le mani ironicamente, niente, il conducente non ha fatto un plissé, come se fosse tutto normale. Il giorno dopo, montata la bici, Enrico raggiunge l’altra estremità del porto, dove, 6 gradini a salire e 4 a scendere si apre una piccola baia a picco sul mare, acqua cristallina, faraglioni, e niente plastica in spiaggia. Ieri ci sono andata da sola lì, a fare il bagno. Erano tutti impegnati: gli uomini manco a dirlo con problemi di elettricità, Roberta forse rintanata in barca, non la vedevo. Verso le sei usciamo tutti  in perlustrazione per capire dove acquistare della frutta, dove prenotare un’auto per poter fare nei giorni successivi un giro dell’isola, individuare una panetteria e trovare un ristorante un po’ lontano che i locali ci hanno consigliato. Fin qui tutto bene, poi Enrico controlla sul telefono dove trovare una lavanderia, e… cammina cammina, Roberta e Andrea vedendo che oramai siamo in aperta campagna si fermano, io seguo Enrico per un po’ e poi, mi fermo anch’io, la strada svolta a sinistra ed Enrico sparisce per altri venti minuti. Non posso più aspettare, gli vado incontro e finalmente lo vedo arrivare ancora con passo veloce e ben deciso, chiedo: “La lavanderia?”. “Si, si c’è la lavanderia ma è di quelle industriali per gli alberghi, la tua borsa di roba non la guardano nemmeno”. Esausti, accaldati ed Enrico col piede gonfio, ritorniamo sui nostri passi, Andrea e Roberta ci aspettano all’ombra, seduti su di una panchina, spieghiamo tutto e riprendiamo la strada del rientro, Enrico in testa, sempre veloce, che non vede l’ ora di mettere il piede in acqua fresca di mare, poi distanziate io e  Roberta,  dietro Andrea. In prossimita’ del porto Roberta vuole comprare della pizza al trancio, ricorda che molti anni prima l’aveva già presa in questo piccolo negozio, sono scettica sulla pizza in Grecia ma ho fame e mi fido di Roberta. Lei se la fa impacchettare, io ne mangio metà subito, e l’altra metà la darò ad Enrico che è seduto sulla spiaggetta di Felicità col piede a mollo. La pizza era buonissima. Abbiamo tutti bisogno di riposarci, cena leggera in pozzetto ma il ricordo dei Loukumades che ci aspettano ci danno la sveglia. Per l’occasione Roberta indossa l’abito nuovo acquistato alla Cora di Kymi, era stata una scelta ponderata e attenta: il colore, il modello, la prova, i dubbi e i ripensamenti, alla fine aveva deciso. Ora, sul molo Roberta fa una giravolta e le punte dell’abito si allargano. “Vai sotto la luce del lampione che ti fotografo” suggerisce il marito. Lei si mette in posa, allarga la gonna con entrambe le mani e  sorride, non è un sorriso forzato per la foto, è  un sorriso allegro e gioioso. È bellissima. 

Arriviamo in zona Loukumades, non ne abbiamo prese  4 porzioni solo 2, ma sono state più che sufficienti. Oggi abbiamo camminato veramente  molto, e quando al rientro  Roberta comincia a raccontarci dei fantasmi che c’erano nell’ asilo, la interrompo: “fermiamoci su questa panchina, la storia mi sembra lunga e interessante”.

Il mare ha su tutta la superficie delle puntine che si agitano, piano, come fiammelle color argento che luccicano, un piacere guardare l’insieme di  tutto questo  armonioso movimento sfavillante. Ci aspettavamo onde  ancora agitate invece domenica mattina è  festa anche per il mare, il poco vento è fresco e dal sole ci difendiamo col tendalino fisso e la vela. Navigando, dopo  poche miglia è chiaro che percorrerne poche  di più per arrivare al porto, anziché  nella baia sul lato sud, non sarà un problema. Contattiamo per telefono Andrea e Roberta, sono d’accordissimo. Nuova rotta per limani ( porto) di Skopelos. Domenica  navigheremo per un totale di 42 miglia e circa  8 ore,  l’ormeggio in porto è da manuale, con molti posti liberi, in assenza di vento, e un baldo giovane all’ormeggio che ci prende le cime. Nemmeno il tempo di appoggiare la passerella in banchina che Sisila si affianca a Felicità. Il baldo giovane, quando capisce dalle bandiere italiane  che navighiamo insieme  chiede conferma: “you are Friends?” “Yes” rispondo, lui sorride e se ne va, lasciando per  noi le cime di Sisila  che  Roberta ci lancia. In banchina troviamo la colonnina dell’acqua e corrente, un grosso bidone della spazzatura e un dipendente comunale che ci chiede i documenti per stabilire la tariffa da pagare, che non è  uguale in tutti i porti. A Kymi,  per ormeggiare due notti ci hanno chiesto € 6, 30. Qui in porto per 5 giorni ci hanno chiesto € 25. Nel porto dei pescatori a Apostoli, non hanno voluto nulla. È carina la cittadina di Skopelos, scenderemo più tardi col fresco per gironzolare sulle vie in salita che si incrociano da farti perdere la bussola, nei piccoli negozi straripano  oggettini vari, cappelli e vestiti, sembra che i turisti non abbiano bisogno di altro. Al ristorante ci rifaremo del pasto frugale consumato in navigazione e nell’attesa del conto costatiamo che  girano già  parecchi turisti stranieri e greci,   chissà, ci chiediamo, cosa ci sarà qui in Agosto. Sulle  guide e siti vari che ho consultato parlano di spiagge paradisiache e di una chiesa in cui hanno girato il film “Mamma mia”, penso di essere l’unica a non averlo visto. Domani faremo i turisti.  Prima di rientrare il  profumino  di una piccola pasticceria ci attrae, siamo già sazi ma Andrea insiste e ci fermiamo a degustare i loukumades: dolci tipici, troppo buoni. Una sola porzione in 4, per stasera. Domani però, cena leggera a bordo e poi… Loukumades per  quattro.

La cena del sabato sera consumata nel pozzetto di Felicità,  è stata leggerissima: yogurt di capra e verdure lessate, e non è previsto neanche il gelatino serale perché il pasto precedente consumato su, alla Cora di Kymi, è stata più che completo, il gestore che ci ha tenuto ad informarci che il pane lo produce lui ci ha anche portato a fine pasto, visto che eravamo italiani, del Moscato di Asti! Comunque, dopo cena, la passeggiata serale con Andrea e Roberta è d’obbligo.  Anche se ci siamo risentiti  dopo aver messo a posto la spesa, e ancora, dopo aver fatto entrambi carburante. Solitamente ci si ritira ognuno sulla propria barca per un riposino ma… Roberta si presenta con fare curioso e chiede se è possibile fare un briefing. Pensiamo: ci pare tutto a posto e tutto fatto, siamo arrivati dove volevamo  nei tempi stabiliti e la prossima tappa e relativa rotta sono già fissati. Domani è domenica e avevamo deciso insieme di aspettare che il vento calasse, anche se… una giornata ancora qui… non so… è sprecata e poi… cosa facciamo che non si può nemmeno fare il bagno. Mentre salgono su Felicità, sul tavolo è già aperto il portolano con in bella vista le isole Sporadi, Roberta si accomoda e ci prospetta quello che anche noi avevamo pensato: anziché partire lunedì anticipiamo a domenica, guadagnando così un giorno di anticipo sul meltemi che è previsto per martedì. Ci sta bene, ragioniamo su dove sarà meglio ormeggiate a Skopelos: baia o città? Noi abbiamo voglia di bai, loro, forse, opterebbero per la città che comunque raggiungeremo il giorno dopo, prima del meltemi. Ok tutti d’accordo per la baia. Ma non andrà così. Domenica salpiamo alle otto del mattino, il vento leggero al traverso fa subito gonfiare il genoa che aiuta il motore, il mare è più calmo del previsto e il sole splende. Arrivo previsto alle sedici e trenta. La costa est dell’Eubea si  allontana e noi ci avviciniamo a Skopelos. In una vaschetta sono già pronti i pomodori tagliati a pezzettini con basilico, sale e olio da mettere  sul pane carasau, alternando poi di nuovo pomodori  con aggiunta di  fettine di feta e qualche oliva. Il caffè è già pronto nel thermos.

Il porto di Kymi è molto grande, con tanto di avan porto e cantiere, quando arriviamo alle 14,30, ci sono molti pescherecci e nessuna barca a vela tranne Sisila che è arrivata prima di noi ed ha ormeggiato all’inglese, il vento è fresco ma in porto è moderato, ci sistemiamo in angolo a Sisila. Scendendo a terra ci aspettavamo una città ampia e ben fornita perché sarà qui che aspetteremo qualche giorno  che cali il vento per poi proseguire verso le Sporadi, precisamente sull’isola di Skopelos. Il piccolo supermercato è grande come due volte il mio soggiorno e non c’è frutta e verdura. Il restante dei locali sono bar,  ristoranti e due negozi di abbigliamento, pezzo forte del paese la panetteria: ampia e ben fornita, se lo desideri ti serve anche la spremuta di arance fuori dalla bakery, all’ombra di grandi alberi di gelso. Ok, evidentemente in zona porto non c’è nulla, alla spesa ci penseremo domani. Oggi, sabato 15 di giugno, raggiungiamo la cora di Kymi in taxi, sono passati i tempi in cui ci incamminavamo a piedi in ogni dove, o facevamo l’autostop. Ora siamo passati anche dai bus al taxi, per la modica cifra di €8, per  4 km di strada stretta e tutta curve in salita. Il tassista chiacchiera con Andrea che parla molto bene il greco, noi dietro ammutoliamo ad ogni sorpasso in curva con doppia striscia. La cora ci sorprende non poco, dopo averne viste tante, scendere dal taxi e trovarsi in una qualsiasi strada con chiesa ortodossa ci ha fatto pensare di non essere ancora arrivati. Invece la città vecchia non è assolutamente vecchia, case ben tenute, molte attività tipo banche, posta, macellerie, fruttivendoli, mini market neanche tanto mini, insomma quando siamo tornati in porto nel tardo pomeriggio, il bagagliaio del taxi traboccava della nostra spesa. La Cora di Kymi è stata una sorpresa in un modo che non ci aspettavamo. Dopo aver visitato la bella chiesa ortodossa abbiamo girovagato un po’ e seduti all’ombra di un bar abbiamo familiarizzato con un medico greco che neanche a dirlo aveva studiato a Roma. Ci salutiamo e se passerà dal lago Maggiore, lo aspettiamo. “Una faccia una razza”.

Ieri sera dal porto dei pescatori di Apostoloi abbiamo camminato fino alla prima taverna che abbiamo visto un po’ frequentata, il criterio di scelta ha funzionato: pesci buoni, insalata fresca, patatine abbondanti e scordalia’ ben condita, prezzo adeguato. Per arrivarci non abbiamo percorso molta strada, Sisila e Felicità sono ben in vista di fronte a noi che sotto la tettoia della taverna consumiamo la nostra cena in compagnia di altri turisti ma soprattutto di greci. Rientriamo presto, abbiamo sonno e prevedo una bella dormita, ma non abbiamo fatto i conti con le zanzare, le prime che incontriamo e ci hanno preso alla sprovvista. Dopo la caccia grossa notturna con pila, una decina di zanzare sono passate a miglior vita, ma le altre si sono vendicate sulle mie mani e sui piedi di Enrico. Pur non avendo premura, il giorno seguente, venerdì, alle 7 del mattino siamo già  in piedi, il tempo è pessimo, il grigio è il colore dominante: il cielo, il mare, perfino il panorama circostante si è adeguato. C’è vento e piccole onde anche in porto, salpare  ora, incastrati come siamo, sarebbe pericoloso, si decide di aspettare che cali il vento, come del resto è previsto. Alle 9 Andrea molla gli ormeggi, Enrico dalla poppa della nostra barca gli spinge a largo la prua, il motore e il vento fanno il resto, mentre Roberta controlla che la poppa non sbatta contro il molo. Noi ora siamo liberi, sarà sufficiente manovrare verso l’uscita del porto. Questo porto che certo non rimpiangeremo,  che abbiamo anche criticato con aggettivi poco lusinghieri, ci ha comunque consentito un approdo e un  ormeggio sicuro, con il consenso dei pescatori locali, non cosa da poco, e ne siamo consapevoli. Fuori già si balla, ma il vento è caldo, niente felpina questa mattina. Il lato est dell’isola Eubea continua ad essere squallido, le rocce dal rosso virano al verde, niente baie, niente approdi, sulle colline pochissima vegetazione, pochissime case sparse. In compenso, come già viste nel tratto precedente, ci sono un’infinità di pale eoliche, mai viste così tante, da fare pensate ad un altro pianeta  con queste entità imponenti e onnipresenti ben collocate sui crinali in file precise, o come vedette sui versanti più alti. Una vera invasione, non fanno paura solo perché  non camminano, ma le pale, girano parecchio. Arriviamo presto a Kymi, sono solo 18 miglia, ma sono state comunque 18 miglia toste: il mare contro e il fischio del vento  nelle orecchie ci hanno accompagnato per 5 ore,  fino all’imboccatura del grande porto di Kymi. 

Fa freschino appena usciti dal porto di Karystos, sono quasi le sette e cominciamo subito a coprirci, una felpa leggera io, un gilet Enrico. La rotta è già tracciata, procediamo a 6 nodi con mare calmo e a favore di vento. Il sole… forse è sotto le nuvole e il colore del mare è metallico con qualche luccichio, io aggiungo una felpa più pesante con cappuccio. La costa  ovest dell’isola Eubea è particolarmente brulla, con scogliere biancastre a picco sul mare, a salire  roccioni rossastri con pochi cespugli. Poi una lunga linea che sembra una ferita, la incide, facendo posto ad una strada che tagliare in due il panorama. Più  avanti il nulla, sempre roccioso e brullo. Il vento aumenta, si balla parecchio e una forte corrente a favore ci fa aumentare la velocità, aggiungo una giacca e i pantaloni lunghi, Enrico sempre col gilet. Oltre al freddo io ho anche un languorino, propongo un caffè, ma non è il momento, stiamo per doppiate il capo di kavodoro sulla nostra destra l’isola di Andros. In questo canale, con correnti forti, mare ingrossato il mio stomaco va in tilt, ho mangio ho vomito. Come capita spesso e come ci aspettavamo, doppiato il capo torna la calma del mare, spariscono le correnti e aimé anche il vento, io comincio a spogliarmi, un capo dopo l’altro arrivo al costume, anche Enrico che non ha mai mollato il timone ora mette il pilota automatico e si toglie il gilet. Ho sempre fame e anche di più se penso che la colazione l’abbiamo fatta alle 6. Preparo una zuppiera di insalata, pomodori, e cipollotti, con pezzettini di pane e olive, la divoriamo, siamo finalmente rifocillati e tranquilli, il sole a preso il posto di quella strana afa mista a foschia che era come una cappa opprimente, ora splende il sole, ma la poca aria è calda. In porto ad Apostoloi arriviamo prima del previsto dopo 10 ore circa di navigazione. André e Roberta sono già ormeggiati all’inglese, ci danno una mano per l’ormeggio e ci incastriamo fra loro e un peschereccio. Il molo è a dir poco terrificante, puzzolente di pattumiere che sembrano, anzi sono abbandonate con il loro carico, le reti dei pescatori ben raggruppate e coperte emanano miasmi di pesce marcio, gatti randagi si aggirano tutti attorno, i loro piccoli sono nascosti sotto piccole  barche capovolte.  Il caldo è torrido e non tira un filo di vento. Solo il solito bagno ci salverà da tanta bruttura e calura. L’ acqua, a differenza della terra ferma è pulita e cristallina anche in porto. Ci dirigiamo comunque  verso la spiaggia, purtroppo è piena di schifezze anche qui, nonostante la stagione sia iniziata e gli ombrelloni e straiette siano occupati. La nostra salvezza è sempre il mare: trasparente ed invitante che ci rinfrescherà fino a fare sparire anche la  stanchezza.

Le tappe che stiamo percorrendo in questi giorni sono un po’ forzate e si chiamano trasferimenti. Solitamente ci si ferma un po’ a curiosare, a riposarsi, a fare la spesa. Questa volta se vogliamo sfruttare il vento che sta venendo da sud, anche domani mattina dovremo ripartire da Karystos e navigare per raggiungere Apostoli. Riassumendo: martedì, Methana- Lavrio 35 miglia. Mercoledì Lavrio- Karystos 25 miglia. E domani ci spettano 50 miglia per raggiungere Apostoli. Il vento da sud durerà fino a venerdì, ultima finestra per sistemarci prima del brutto tempo, ancora più a nord, per 18 miglia fino a Kymi. E lì ci fermeremo. Naturalmente tutte le mattine controlliamo le previsioni e una volta in porto ci riposiamo. Oggi qui a Karystos siamo arrivati in porto alle 15,30, per cui, appena finiti gli ormeggi di entrambi le barche siamo andati insieme in una spiaggia e ci siamo buttati in acqua. Era un’acqua tipo Rimini non troppo limpida e sabbiosa, mezzo chilometro di camminata prima di poter nuotare, e di conseguenza era anche calda. Per la cena ci siamo organizzati e su Felicità abbiamo fatto un mezè come dicono in Grecia, è una specie di aperitivo, noi invece abbiamo messo assieme i nostri avanzi, e in buona compagnia abbiamo concluso la giornata con Andrea e Roberta. Ma con una cena leggera e consumata presto è stato d’obbligo un gelato consumato in uno dei mille locali che si susseguono lungo il mare. Poi, tutti a nanna presto. Alle 3 di questa mattina Enrico già si aggirava per la barca, poi è tornato a dormire ( lui) io sono rimasta sveglia. Alle 5 ci  alziamo: “Dai Lella, andiamo, 50 miglia sono tante, tanto siamo già svegli. Svegli si, ma addormentati. Ci vorrà una ricca colazione e un buon caffè per ritornare all’onor del mondo. Alle sei del mattino togliamo gli ormeggi di poppa, issiamo l’ancora, usciamo dal porto di karystos e ci dirigiamo a sud per passare poi sul lato est dell’isola.

Ieri arriviamo nel porto di Lavrio con un’ora di anticipo perché il vento in navigazione  è aumentato a nostro favore e le onde ci spingevano da poppa. I due posti barca prenotati anticipatamente da Andrea sono al pontile, ma quando arriviamo vediamo Sisila uscire dall’ormeggio e dirigersi al molo. Non capiamo, l’ormeggio era al pontile, aspettiamo girando in porto che loro terminino il loro ormeggio e poi ci affianchiamo senza problemi, in assenza di vento. Andrea ci spiegherà che per un malinteso tra i due soci del pontile, loro sono stati letteralmente scacciati dopo aver prenotato e dopo aver  fatto l’ormeggio. In Grecia queste cose sono possibilissime ed è sempre spiacevole. Andrea che solitamente prende fuoco, questa volta abbozza, e dice semplicemente ma con rammarico: “È la Grecia!”. Menomale che arrivando presto abbiamo trovato altrove  due posti liberi. Gli uffici per pagare sono chiusi, ci penseremo domani mattina. Lavrio è una città grande, a circa 60 km. da Atene e a 30 dal suo aeroporto. È di conseguenza molto trafficata. La zona migliore per trovare di tutto è un lungo viale alberato con doppia circolazione per le auto e una zona centrale perdonabile, ben attrezzata con panchine fontane e molto verde. Andrea sistema alla Vodafone i suoi problemi di telefono, Roberta cerca senza riuscirci un retino e poi ci rinfreschiamo con una birra prima di sederci ad un ristorante, fuori dal circuito turistico. Qui in Grecia usa così: chi vende carne, la sera la  cucina e la serve ai tavolini all’esterno. Lo stesso fanno i pescivendoli. Così ieri sera, fuori da una pescheria abbiamo mangiato pesce e sembrava di essere ancora in barca perché un grosso ventilatore ci ha investito come se navigassimo di bolina, in compenso il piccolo bagno situato al primo piano, sopra la cucina era letteralmente un forno, tutto caldo, dal pavimento ai sanitari.   “È la Grecia!” abbiamo commentato noi. Questa mattina, molto presto ci hanno svegliato i rumori di un cantiere qui in porto, forse è meglio, ho pensato, ho un po’ di cose da fare prima di ripartire. Nel frattempo  i capitani di Sisila e Felicità si presentano negli uffici con i documenti necessari per pagare l’ormeggio della notte. “Non si paga” Si sentono dire i due capitani, “Se siete arrivati ieri nel pomeriggio e ripartite questa mattina, non si paga”. I due si guardano e sembrano dire: “È la Grecia!”. Con questa bella notizia alle 9,30 riprendiamo il largo in direzione Karystos sull’isola Ubea.

Suona la sveglia martedì mattina, alle 7. Mentre facciamo colazione Andrea passa da noi e ci avvisa che: “Loro vanno”. Non facciamo in tempo a sederci che ci chiama  Helene, loro partiranno con comodo più tardi ma voleva augurarci buon vento, ricambiamo. Andremo inizialmente tutti verso Est, poi Chiril ed Helene proseguiranno per le Cicladi. Il tempo è buono, il mare anche, e il vento è proprio pochino ma isseremo lo stesso il genova. Il porto è silenzioso quando molliamo gli ormeggi verso le 8, i parabordi si imbrogliano con quelli della barca vicina a noi, perché siamo proprio stretti stretti in porto. Prendere il largo, aprire le vele è stato davvero un piacere, l’aria è fresca e accolgo con piacere persino il rumore del motore che con l’aiuto della vela ci porterà a Lavrio, rotta 83 gradi ad est, procedendo alla velocità di quattro nodi e mezzo l’arrivo in porto è  previsto per le sedici e trenta. Il pilota automatico, appena fuori dal porto va già alla grande, Enrico issa la vela e la mette a punto io sistemo le cime di ormeggio e isso a bordo i parabordi, sono nuovi di pacca, bianchissimi e senza copertura in stoffa, quelli vecchi sono rimasti sotto il nostro tavolo vecchio in porto protetto dall’ ombra del tamericio. Li riprenderemo al ritorno per sostituiti a quelli nuovi che stiveremo in barca.  Dopo due ore di navigazione siamo in vista dell’isola di S. Giorgio, nostra vecchia conoscenza che ci riporta col pensiero al termine delle vacanze precedenti. Enzo ieri è arrivato nel momento più caldo della giornata alle 14, con un ritardo non previsto di due ore perché avevano dimenticato un tablet in nave per cui, quando se ne sono accorti, sono dovuti tornare indietro e per fortuna lo hanno ritrovato. Gli ha fatto piacere sapere che lo abbiamo aspettato e a noi ha fatto piacere rivedere Lui e gli altri, ma domani scappiamo letteralmente da un caldo che non si può proprio reggere, in cabina il termometro segna 34 gradi, fuori non lo so, ma non tira un alito di vento. Impossibile rimanere in porto,  la nostra pressione ha un calo impressionante.