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Ed, il mio carceriere” è il titolo del primo romanzo che Patrizia Baccarini pubblica, e sin dalle prime pagine emerge una scrittura fluida e pulita, capace di rendere elegante anche il movimento di un piccolo trattore al lavoro. La trama,  dall’andamento incalzante e con vari colpi di scena ti rapisce fino alle ultime pagine. Ma sono le descrizioni dei vari personaggi, a partire dai protagonisti: Prudencia e Ed, e poi man mano tutti gli altri che con il loro carattere e le varie sfaccettature e personalità, determinano la ricchezza di questo bel romanzo. Al di là della trama, che lascerò scoprire ai lettori, questa intricata storia è un giardino dove cogliere riflessioni e pensieri, dubbi e determinazione, un giardino dove niente è scontato e tutto va conquistato. Ho colto anche molta poesia, che spunta da luoghi e panorami dove la protagonista si muove suo malgrado per districarsi dalle difficoltà. Panorami che Patrizia Baccarin pennella con dovizia di particolari, con il   suo bel modo di scrivere, attingendo alla passione e all’amore che è il fondamento di questo romanzo. Complimenti Patrizia, proprio un bell’esordio e auguri per i prossimi romanzi.


Il ticchettio della pioggia sulla barca quasi mi emoziona, così lieve, delicato, proprio la calma dopo la tempesta, e pensare che solo 4 ore fa una signora tedesca mi affidava il suo zaino con gli effetti personali, era certa che la sua barca sarebbe affondata perché l’ ancora aveva mollato e le raffiche la spingevano verso le rocce in balia delle onde. E sì, anche le onde in porto, perché il vento aveva girato, e loro, gonfie di schiuma e potenza sono entrate prepotentemente. Se per i due giorni precedenti, i vari equipaggi delle barche ormeggiate al molo di Mitika avevano tenuto testa al ciclone Medicane, ora sarebbe stato molto più difficile, ma non lo sapevano, credevano che il peggio fosse passato e anche a noi è piaciuto illuderci.
Lo sapevamo che sarebbe arrivato, abbiamo valutato se cambiare porto e fatte le nostre considerazioni avevamo valutato che l’ancora, più i 50 metri di catena, sarebbero stati più che sufficienti per una buona tenuta, il porto è ben protetto e già due anni fa quasi nella stessa posizione avevamo preso 73 nodi di vento. Insomma eravamo tranquilli anche se già dalla notte di mercoledì a causa del gran vento e dello sfregare dei parabordi non eravamo riusciti a dormire. Giovedì siamo andati a letto prestissimo, alle 20 perché le previsioni davano peggioramento già dall’ una di venerdì.
Dal diario di bordo di Felicità
Giovedì 17-9-2020 Mitika
È l’una di notte, è impossibile dormire, balliamo tanto che i parabordi saltano all’interno del passo avanti della barca che vibra frenetica sulla catena dell’ancora, pur non formandosi mare in porto è il vento forte che ci spinge verso il molo. È tutto un correre per star dietro a cime e parabordi, sul molo gli uomini gridano, le donne aiutano, tutti hanno i loro problemi con questo ribollire di barche, i motori sono accesi per aiutare le ancore a contrastare il vento contrario, per fortuna non piove più ma tutto è ancora grondante. In cabina le ante dei mobiletti sbattono, le fermo con lo scotch, la Moka nel lavandino cade, ma il caffè è salvo nel thermos, butto la parte inferiore della tenda divisoria che ondeggia sulla dinette e incastro il bicchierino del dentifricio, tutto usando una mano sola, l’altra mi serve per tenermi aggrappata e non cadere. Non posso fare molto per aiutare Enrico. Ricomincia a piovere, all’improvviso la passerella ha un violento movimento in avanti, la sua cima è finita nell’elica del motore: motore in folle, marcia in dietro e con uno strattone Enrico recupera la cima tutta spelacchiata dall’elica del motore, col furore del vento era finita in mare. Ricomincia a piovere e a tutto l’ululare del vento si aggiunge lo scrosciare dell’acqua, sul molo le luci si spengono, è saltata la corrente. È come se mancando la luce ti mancasse anche l’aria, è veramente buio e tutto è più difficile. Un’ancora non tiene più, la barca sta andando a scogli, tutti cercano di aiutare, anche Enrico salta sul molo. Le raffiche arrivano ad intervalli e sembrava che prima non ci fosse vento, poi passano, ma il loro susseguirsi si accumula generando panico. Non c’è un attimo di pace, raffica, le barche si scontrano fra di loro, bisogna tenersi ben stretti per non cadere. Le tre del mattino, raffica, paura, guardo le previsioni del vento, fino alle 8 non migliorerà. Raffica, paura, è un crescendo di frastuono: acqua vento, CRAC, la barca vicino alla nostra, la cui ancora non tiene più, ci monta sopra con la sua falchetta distruggendo due candelieri, il crac che sento all’interno della barca è terribile, esco, la pioggia battente che mi ha subito colpito la faccia sembra una manciata di sassolini, sistemo i parabordi, raffica, mi aggrappo mentre Enrico sistema le cime, scoppia un parabordo, il vicino di barca urla e piange. Ora sono due le barche senza ancora, entrambi appoggiate sulla nostra dritta, con questo carico non so se la nostra ancora terrà.
Raffica, la nostra ancora tiene, sono le 3,45, durerà fino alle 8, il tempo non passa, raffica, paura, e io scrivo, non so fare altro. Alle sei del mattino aspetto con ansia le 8 perché il ciclone è previsto si debba spostare a sud est. È un continuo guardare l’ora ma il tempo non passa e le raffiche aumentano di intensità. Sono le sei, controllo per la milionesima volta le previsioni sulla App di Windy: Il ciclone, anziché spostarsi a sud, come previsto, ci raggiunge diretto a est: potente, ululante come una bestia feroce che porta rumori agghiaccianti, quasi muggitti, mi spaventano, non li conosco, non li ho mai sentiti prima. Distrutta più che altro dallo stress, visto che sta facendo tutto Enrico, mi butto sulla dinette e chiudo gli occhi…vedo, luminoso il movimento del vento che ruota e raggiunge il ciclone. Devo smetterla di guardare in continuazione Windy.
Venerdì 18-9-2020 Mitica
Ma ci ricasco e alle 8 ho la conferma che il ciclone si sposterà a sud nelle prime ore del pomeriggio. Le telefonate degli amici c’è lo confermano, aspettiamo fiduciosi, e pur continuando a piovere, verso le 15 il vento cala all’improvviso. Uno stano silenzio dopo tre giorni di incessante frastuono. La barca della Signora tedesca non è affondata e lei sorridente reclama il suo prezioso zaino. Sono certa che se non ci fosse stato di mezzo il corona virus, ci saremmo abbracciate e baciate.
Sabato 19-9-2020 Mitika
C’ è poco vento e non piove più, il cielo è grigio ma degli squarcio di azzurro fanno ben sperare, un azzurro particolare, molto bello, quello del mare, del cielo e della bandiera della Grecia. Domani salperemo per……….

Tutte le mattine, aprendo la porta della chiesetta di Orascio, l’intenso profumo del cero che arde mi sorprende sempre e mi avvolge piacevolmente. Fa anche freddo e l’umidità è palpabile, saluto S. Giuseppe e il resto della sacra famiglia, poi ritorno verso casa. La porta aperta è un invito ad entrare, è un passaggio preferenziale e diretto per raggiungere una zona mistica. È accoglienza. I tre gradini che precedono il dentro dal fuori non sono ostacolo ma danno il senso alla volontà di entrare, è un attimo, si curiosa da fuori, poi bisogna decidere se salire e entrare, oppure restare fuori e proseguire la passeggiata. S. Giuseppe, comunque, dalla sua postazione fissa: sopraelevata e centrale rispetto all’altare maggiore, osserva chi passa fuori e accoglie chi entra. Non fa distinzioni fra residenti e villeggianti, ascolta persone di diverse nazioni e religioni. Ha visto affacciarsi nella chiesa testimoni di Geova e, seguaci di Padre Pio lasciare delle immaginette del Santo sulle panche. Si sentono tutti liberi di entrare in questa zona franca. Chi supplica, chi ringrazia, chi piange, chi prega, chi canta, tutti si confidano con S. Giuseppe, protettore del piccolo borgo di Orascio. Si fidano, certamente potrà capire, anche lui è stato su questa terra e conosce i problemi. Tutti si aspettano molto e Lui, penso, faccia quello che può. Anche i non credenti oltrepassano la porta il cui riquadro di serizzo sottolinea l’importanza del passaggio, lasciano un’offerta, accendono una candela, fanno considerazioni, rievocano ricordi, osservano, e in questo luogo ritrovano l’atmosfera dei tempi passati, magari quando erano chierichetti o partecipavano alle processioni Tutte le sere, andando verso la chiesetta di Orascio, è sempre la luce tremula del cero che mi guida nell’ oscurità, poi, in prossimità dei gradini, scatta la fotocellula e la luce elettrica rende impercettibile la fiammella del cero, e il suo profumo si è ormai stemperato all’esterno, ma il freddo e l’umidità sono rimasti. Quando richiudo la porta, saluto di nuovo S. Giuseppe e siccome mi dispiace chiuderlo dentro aggiungo: “Ci vediamo domani”. E sei io non potrò farlo lo faranno altre donne, come già tengono acceso sempre il cero e risistemano fiori freschi nei vasi, sostituiscono pile e tengono pulito tutto. Gli uomini sistemano cardini, aggiustano panche, cambiano tegole e regolano il battere delle ore della campana che è sempre un po’ in anticipo. La chiesetta di Orascio, per rimanere viva, necessita di attenzioni, amore, fatica, pazienza, dedizione e di una porta sempre aperta. Un po’ quello che servirebbe a tutti noi: attenzione, amore, dedizione e con un po’ di fatica e pazienza, potremmo sperare di trovare sempre una porta aperta che ci accolga, e che possa accogliere.

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Quando Vittorio Zucconi, al termine della cerimonia, ha dichiarato a Colui Che Aiuta il “ medicina men” Marvin di non aver capito niente, e di conseguenza non sapere ancora se avesse o no ricevuto il permesso dallo spirito, di scrivere la storia di Cavallo pazzo, Marvin gli risponde così: “Sì ma ti ha ordinato di tornare qui per una cerimonia di ringraziamento e di purificazione, quando lo avrai finito. Ricordatelo, perché loro, gli spiriti, non dimenticano.” Ed questo il titolo che Zucconi ha dato al suo libro: “GLI SPIRITI NON DIMENTICANO. Vittorio Zucconi non si addentra subito nella storia di Cavallo Pazzo, ha, come dire, la necessità di spiegarci i suoi primi approcci con Lui e le letture che lo hanno riguardato, ci parla del viaggio intrapreso nella terra dei Lakota per meglio approfondire e documentarsi. Da questo punto in poi il suo coinvolgimento sarà totale, fino alla fine della stesura di questo bel libro di Storia. Ricco di aneddoti, date, resoconti, documentazioni che finalmente rendono giustizia agli indiani e come scrive Zucconi nell’ introduzione: “l’immagine di quei popoli e dei loro capi è sempre stata violentemente distorta dalla fantasia commerciale dei registi e dei produttori di Hollywood.” Scrive naturalmente molte altre cose che è bene leggere perché sono motivo di chiarimenti e riflessioni. Non vorrei però darvi l’immagine di un libro polpettone, al contrario, è un avvincente romanzo. Seguendo non solo il suo protagonista ma tutto il suo popolo: come vive, come dorme, come caccia il bisonte e come lo cacciava prima di conoscere il cavallo. Scrive del rispetto e dell’ importanza di ogni membro della tribù: le donne, con le loro capacità, gli uomini cacciatori, i bambini, che come leggeremo vengono ascoltati e presi sul serio anche in decisioni importanti. I vecchi, le vedove i malati e gli omosessuali che vengono mantenuti da tutta la tribù. Per ognuno di loro ci viene svelato un mondo a noi sconosciuto, come per esempio, fare la fila con gli altri contendenti, fuori da un tipì, per poter corteggiare una ragazza seduti accanto a lei, sotto una coperta. Oppure come ottenere della colla dagli zoccoli di un bisonte o costruire un giocattolo, sempre ricavandolo dal bisonte. È all’interno di questo mondo, e precisamente in un villaggio di Lakota Brulé, alle porte di Fort Laramie che la tragedia degli indiani ebbe inizio, a causa della mucca impaurita di un pioniere mormone. L’autore, dopo aver descritto per bene tutta la storia, così conclude il capitolo: “ La guerra fra gli Stati Uniti d’America e gli indiani delle Grandi Praterie – che sarebbe durata più di vent’anni e sarebbe finita con lo sterminio dei Sioux – era cominciata formalmente, in quel 1854. Per colpa di una mucca lessata.” Le grandi Praterie appartenevano agli indiani. L’uomo bianco, chiamato dagli indiani Uas’ichu (Colui che ruba il grasso), gli ha rubato anche la terra, non mantenendo i trattati, perpetrando ruberie, imbrogli, umiliazioni e massacri. Ci informa Zucconi “ Alla fine del secolo quando il West fu vinto dagli emigrati europei, erano rimasti 1000 bisonti e 237.000 indiani. In 90anni erano morti in guerra o di malattia, il 75 percento degli indiani e il 100 Percento dei bisonti, che erano alla base della loro civiltà e della loro esistenza.” In queste 308 pagine sono ben spiegati tutti i meccanismi che hanno portato a questa tragica conclusione: tutti i personaggi (nomi e cognomi ) tutte le categorie di ingordi affaristi e piccoli commercianti, dallo sfruttamento minerario, ai grandi interessi della linea ferroviaria della Northern Pacific Railroad che avrebbe collegato le due coste dell’America. E non manca nemmeno il segreto finale che ci svela Scialle Nero. Ho apprezzato molte cose in questo libro, prima di tutto l’ imparzialità dell’autore quando racconta degli indiani: che rubavano i cavalli alle altre tribù, o altre loro malefatte. Ho apprezzato la chiarezza della sua scrittura nel destreggiarsi fra: conflitti e tattiche di guerra. La fluidità con cui ha saputo intrecciare tenerezze, spiritualità, con l’invidia e la meschinità. Ho molto gradito la cartina geografica Della Grande Prateria del Nord, sulla quale ho seguito la battaglia del Little Bighorn del 25 giugno 1876, tifando per Cavallo Pazzo e gioiendo per la sconfitta del generale Custer. E condivido a pieno la quarta di copertina, in particolare la frase: racconto struggente e meraviglioso, che nessun “ viso pallido” potrà leggere senza un brivido di tenerezza e di Vergogna. Non so quando l’autore abbia partecipato alla cerimonia di ringraziamento è purificazione, ma sono certa che oggi, lo spirito di Cavallo Pazzo abbia tratto giovamento da questo bel libro, non solo per se ma per tutti gli indiani. Grazie all’autore per aver dato luce a questo pezzo di storia e grazie a mia nipote che me lo ha regalato, centrando a pieno le mie preferenze, anche le nonne non dimenticano😁

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Non assunta in cielo, come la Vergine Maria, ma assunta a tempo indeterminato, che di questi tempi è comunque quasi un miracolo. Si dice che i concorsi o si vincono o si perdono, come se fossero una lotteria che il più delle volte risulta truccata perché il vincitore o la vincitrice sarà il raccomandato di turno. Ma le cose sembrano stiano cambiando. Non importa sapere di che concorso si stia parlando, non importa sapere che oltre al solito raccomandato ci sono altri ragazzi o ragazze che dall’ estero vorrebbero rientrare in Italia.Concorrenza sleale e leale, dunque.Per assurdo non servirebbe nemmeno sapere il nome del vincitore o della vincitrice. La competizione è feroce e proprio perché non è una lotteria sarebbe interessante sapere con che criterio è stato scelto il migliore o la migliore. Non lo sapremo mai. Ma conosciamo Claudia che è risultata la più preparata e competente in assoluto, tanto da meritarsi l’assunzione a tempo indeterminato per l’unico posto disponibile in Italia per la sua specializzazione. Laureata con 110 e lode, 9 mesi di borsa di studio, 2 anni di dottorato di ricerca, altri 8 con assegno di ricerca e innumerevoli pubblicazioni. Purtroppo, nonostante tutto, non sono mancati 3 anni di disoccupazione. Ma oggi, finalmente, a 40 anni, Claudia raccoglie il frutto del suo lavoro ottenuto con: perseveranza, impegno, fatica, dedizione, pazienza e fiducia nel futuro. Una breve storia per sottolineare la frase che i colleghi e amici di Claudia le hanno comunicato appena raggiunti dalla bella notizia: “ Sei la nostra speranza per il futuro “. Si, siamo sulla buona strada, l’impegno paga, i nostri giovani hanno una nuova speranza. Complimenti a Claudia e auguri a tutti i giovani per un mondo migliore.

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Giusto per non lasciare vuoto il blog ci metto il link ai miei due libri. STRETTAMENTE PERSONALE La quinta barca è Magica Segnalo e ringrazio uno dei primi acquirenti del libro: Carlo Beccaria che nei commenti al post dice che ha preferito acquistare il PDF piuttosto che scaricarlo dai circuiti P2P.