Autore: Lella
Non solo prevedibile
Ringraziamenti pubblici
A proposito dell’articolo: Amore a prima vista.
E’ molto più facile criticare che accorgersi che tutto proceda per il meglio.
Quando tutto funziona lo diamo per scontato e normale. Ancora più difficile sembra essere ringraziare.
Questa volta però gli abitanti di Orascio hanno riconosciuto e ringraziato subito lo sforzo, la fatica, e il risultato di un lavoro ben fatto che ha riportato al valor del mondo il nostro torrentello “Valec”.
Tutti noi supponiamo che i lavori siano opera del Comune e se così fosse mi piacerebbe averne conferma, così da poter ringraziare, sempre pubblicamente il Sindaco di Maccagno.
Intravedo in questi ultimi e nuovi interventi, a partire dalle pattumiere a continuare con la pulizia dei corsi d’acqua, una nuova attenzione nei confronti di Orascio, piccola frazione di Maccagno che sta molto a cuore dei suoi residenti e villeggianti occasionali e non, che la scelgono per la sua bellezza, pace e tranquillità.
Ciao a tutti!
Io so
Piccole fiabe?
Il libro di Maria Fedele e Mary Nicole si presenta egregiamente: prima e quarta di copertina riportano graziosi e variopinti disegni eseguiti da Claudia Mesa e Michele Finelli , per rappresentare le fiabe descritte al suo interno. I fogli sono di carta patinata in una rilegatura impeccabile. La grandezza del carattere usato è particolarmente grande e…. per una nonna che debba leggere queste storie ai nipotini è piacevole. Penso anche che sarà perfetta per quei bambini che già leggono da soli. Ma si farebbe un torto alle due autrici se si riducesse questo libro ad un’utenza così limitata. E’ infatti chiaro fin dal titolo del libro: “Piccole fiabe crescono ” che i racconti hanno diverse chiavi di lettura, per cui il libro di Maria Fedele e Mary Nicole è destinato a tutto quel pubblico che pensa ci possa essere sempre un’occasione per Crescere. Per la presentazione di questo libro le due autrici si sono affidate alle parole di un autore di eccezione e… non vi dirò nulla, a voi il piacere di scoprirle.
Si dividono il libro le due autrici: sei racconti per Mary Nicole e cinque per Maria Fedele.
La prima le intitola: Fiabe dal recinto, e già questo recinto io l’ho interpretato come un abbraccio, un abbraccio amorevole che protegge, consola ma insegna anche ad affrontare le diversità, come in: “Un gradevole intruso” e “La vita scorre”. Dove la mamma scrofa salva ed accudisce un piccolo riccio. Dove allontanarsi dal recinto vuol dire anche crescere ed allargare la famiglia. Mary Nicole affronta con garbo anche il tema dell’emigrazione dal punto di vista dei bambini, descrive la nostalgia di Al per la sua terra d’Africa e il suo integrarsi in: “Si parte” e in: “100”. Altre storie, come quella della gattina Minù che dovrà vedersela con un cagnolino, mettono in evidenza problematiche come l’egoismo e l’incapacità di capire gli altri. La scrittura di Mary Nicole è scorrevole, chiara, piacevole, i suoi racconti sono come la sua biografia: pieni di persone care, amici e amore. Ha cominciato a scrivere poesie a 6 anni e a 15 vinceva concorsi letterari, ha pubblicato diversi libri tra cui: “Padparadshah. Rosa D’asfalto” edito da Arcipelago Edizioni nel novembre 2004. Membro dell’Antologia “IncastRIMEtrici vol.1edito nel 2006 e autrice del libro “Ultima cena di Mary Nicol, in download gratuito su www.lulu.com/content/2282314.
Per Maria Fedele è:”La prima volta che pubblica dei racconti” e se non ci avessero informati nella biografia non ce ne saremmo accorti perché la sua scrittura è diretta, espressiva e priva di fronzoli. Anche i sui racconti parlano di animali e danno il titolo a questo libro “Piccole fiabe crescono”. L’ippopotamo Gelsomino, la cui mole gli procurerà non pochi problemi, si troverà alla fine della fiaba ad essere leggero come una farfalla e…solo leggendo il racconto si capirà come sia potuto succedere. L’autrice descrive puntigliosamente la caparbietà della tartaruga Eloisa che vuole assolutamente raggiungere la cima della montagna. Sembra solo una fatica, affrontata in solitudine, gli amici vorrebbero aiutarla ma lei vuole la sua libertà. E’ una dura Eloisa, come il suo carapace. L’autrice ad un certo punto la descrive così: “Ma Eloisa era la testuggine più testarda del pianeta, quindi impettita non tornò indietro, avrebbe perso del tempo prezioso e poi oramai la meta era lì a portata di mano. Non fece però i conti con il freddo glaciale che la costrinse sempre più spesso a rifugiarsi in se stessa, nella sua armatura, così consueta, conosciuta, così solita e familiare, da cui poteva ricevere protezione, sicurezza e sopravvivenza”. Riuscirà Eloisa a raggiungere la vetta? e poi? I finali delle fiabe di Maria Fedele sono sempre ben studiati. Altri animali popolano le sue fantasiose fiabe: La lucciola Caterina che scopre di essere una veggente e il topo Ernesto che dopo aver raggiunto la luna, tornerà coi piedi per terra. Pagine piene di dolcezza sono quelle dedicate alla favola “Brava Giulia”. La protagonista interpreta il desiderio di volare, comune a molti bambini e l’autrice risolve il problema con maestria. Anche qui il finale è pirotecnico! Fra le righe, anche nei racconti di Maria Fedele, troviamo ineguatezza e accettazione, incapacità di ascolto ed egoismo, paure e felicità.
“Piccole fiabe crescono” Maria Fedele & Mary Nicole
Ma siamo sicuri che siano solo fiabe?
Mirandolina in pantaloni rossi
Ammetto di essere un’ammiratrice di Mirandolina: non solo donna affascinante e piena di femminilità ma anche capace locandiera e pratica calcolatrice. Goldoni la circonda di uomini che la desiderano e lei li sfugge ma… accetta di buon grado i loro regali. E per quell’uomo che dice di ignorarla tesserà una sottile ragnatela nella quale resterà invischiato. Donna libera e scaltra, anche in amore dimostrerà coerenza, scegliendo come sposo il fedele servitore.
La Locandiera è una brillante commedia comica in cui gli attori parlano sinceramente rivolti al pubblico ma sulla scena, fra di loro, fingono, fanno la commedia! Come accade nella vita vera! Ed è per questo che i personaggi di Goldoni appaiono così umanamente genuini.
Una commedia così la si risente sempre volentieri.
Il 12 gennaio, a Magenta presso il Teatro Lirico, la produzione Teatripossibili ne ha offerta una versione moderna. Un tripudio di plastica e colori: Mirandolina portava i pantaloni rossi molto attillati, il conte squattrinato sfoggiava una giacca verde pisello e… il macio che odiava le donne indossava un giubbotto nero. Moderno anche l’arredamento della locanda e le musiche. La regia di Corrado D’Elia mi ha subito conquistata. Ed anche la bravura di Mirandolina interpretata da Monica Faggiani e di tutti gli altri attori: Edoardo Ribatto, Alessandro Castellucci, Gustavo la Volpe, Bruno Viola, Andrea Ribaldi, Andrea Coppone.
La commedia è veloce, incalzante, a tratti, e improvvisamente, un vuoto in palcoscenico, riempito dal buio e dalla musica in crescendo. Una mancanza per avere del tempo, il tempo in cui il pubblico è attivo nell’immaginare, proprio come nella lettura, quando una pagina con delle lettere nere riesce a trasportarti nel mondo dell’immaginazione.
E’ stata una Locandiera moderna e brillante in tutti i sensi. Da sentire, vedere, immaginare.
I regali di Natale e un extra terrestre
Fino a che non c’è nell’aria la frenesia del Natale, ad alcuni torna difficile pensare ai regali, così si riducono agli acquisti negli ultimi giorni intasando vie e negozi. I più previdenti invece, da un mese hanno i loro pacchetti già incartati e muniti di biglietto di auguri con tanto di destinatario. Altri risolvono il problema riciclando quelli ricevuti gli anni precedenti ed altri ancora decidono che loro, di regali di Natale non ne faranno più … salvo per i bambini e… per i nonni altrimenti ci restano male. C’è chi sceglie i regali con cura destinando ad ognuno un regalo consono e chi invece li compra in batteria: uno regalo uguale per tutti quanti. C’è chi a casa ne ha alcuni di scorta dall’anno precedente e chi invece si ritrova spiazzato senza poter contraccambiare.
Un capitolo separato andrebbe dedicato all’involucro del regalo Natalizio. Il modo di incartare un regalo rivela moltissimo. I più ligi alla natura hanno preso l’abitudine di incartarli con una carta da salumeria dei vecchi tempi color cartone e legarli con lo spago, il loro motto è: non sprechiamo. I tradizionalisti affogano i loro pacchetti in carte dorate con nuvole di ricciolini rossi. Poi ci sono i ricicloni e i loro regali sono avvolti da carte già stropicciate e coccarde mosce, i biglietti che li accompagnano presentano tagli di forbice e paesaggi mozzati. Ci sono quelli che aborriscono il rosso e dal profumiere scelgono per i loro regali sobrie carte color beige con nastro di stoffa in tinta. Per quelli che hanno scelto il regalo in batteria il pacchetto sarà rigorosamente uguale per tutti. In fine c’è il ritardatario, il suo pacchetto è sempre un po’ sghimbescio con abbondanza di scotch.
Quello dei regali di Natale, chi li dona, chi li riceve, è un affascinante sguardo sulla natura umana. Un Natale di molti anni fa, ricordo di essermi soffermata sul pianerottolo di casa ad origliare i gridolini di gioia e di sorpresa di una bimba intenta a scartare i suoi regali. Ma anche i grandi cedono volentieri alla magia della sorpresa. Tolgono con foga i nastri e strappano la carta. Alcuni mentre aprono il loro pacchetto restano sospesi guardando quello che sta uscendo dal pacchetto dei vicini, altri cercano di aiutare gli altri a togliere lo scotch . Chi non ha ancora in mano il suo pacchetto volge lo sguardo lontano come se dicesse: “Guardate, non dico niente sto aspettando buona buona”. Altri si affannano a cercare nel loro sacchetto il bigliettino che si è sganciato dal regalo che vogliono consegnare.
L’eccitazione è generale, la confusione regna sovrana, e le carte variopinte, i nastri e i fiocchi si disseminano ovunque. Quando sembra che la calma sia tornata arriva una nuova ondata di regali per tutti da parte di chi, fino ad allora non ne aveva ancora consegnato nessuno. E… poi c’è sempre un pacchetto che non si sa a chi sia destinato e un altro che viene perso.
Quando il regalo è spontaneo, rappresenta chi li dona: il suo modo di essere, di presentarsi, di accontentare o essere sbrigativo. Quando è forzato non è detto che sia brutto, anzi, può anche essere bello ma… suona… inaspettato e un poco stonato. Comunque siano i doni e lo spirito con cui vengono regalati, le reazioni di chi li riceve sono molteplici; e se un extra terrestre dovesse assistere di nascosto all’apertura dei regali di Natale si farebbe un’opinione molto variegata degli esseri umani.
Ho visto Ponyo
Il biglietto sincronizzato
Ci sperava poco: Assistere alla Turandot presentandosi alla cassa del Teatro Coccia poco prima dell’inizio dell’opera senza nemmeno una prenotazione, e invece…” E’ fortunata Signora, c’è stata una rinuncia ed è disponibile un biglietto in un palco centrale con un notevole sconto”.
La trama dell’opera la Signora Narrini la ricordava così: Una giovane badante di nome Liù accompagna un anziano signore (per altro cieco) a vedere la decapitazione del principe di Persia. La confusione quel giorno a Pechino è molta e quando la strana coppia viene travolta dalla folla il Principe Calaf (che dovrebbe essere in esilio e forse anche morto) aiuta l’anziano a rialzarsi e… guardandolo si accorge trattarsi di Timur, suo padre. La badante gli spiega che si era subito presa cura dell’anziano signore da quando era diventato cieco semplicemente perchè lui Calaf una volta le aveva sorriso.
Calaf invece si innamora a prima vista di Turandot, la cattivissima regina che condanna a morte tutti i principi che la vorrebbero sposare ma non sono in grado di svelare gli indovinelli che lei propone. Non che Turandot odiasse gli uomini o fosse lesbica, quella sua crudeltà era un modo per vendicare una sua antenata che era stata violentata ed ammazzata da un re barbaro.
Tutti mettono in guardia Calaf: Liù che lo ama perdutamente, il padre che lo ha appena ritrovato e teme di perderlo di nuovo e poi ci sono anche i tre ministri dell’imperatore: Ping, Pong, Pang.
Ma lui niente, non da retta a nessuno, nemmeno al papi di Turandot che lo scongiura di rinunciare alla figlia. Calaf non molla, accetta la sfida e per tranquillizzare tutti dice: VINCERÒ, VINCERÒ, VIINCEEROOÒ. E vince davvero, risolvendo i tre indovinelli. Turandot è spiazzata non vuole assolutamente sposare il principe ma e obbligata dal parde a mantenere il giuramento.
A questo punto il futuro sposo (che è un signore) propone a sua volta un indovinello a Turandot: Se riuscirà a scoprire il suo nome prima dell’alba, lui morirà; altrimenti dovrà accettarlo come sposo.
Turandot farà di tutto per estorcere il nome di quel principe e Liù sotto tortura pur di non tradire colui che ama si ucciderà! Questo fatto sconvolgerà Turandot che già attratta dal principe si farà baciare da lui che le sussurrerà il proprio nome. Lei annuncia di conoscere il nome dello straniero:” Amore”. E vissero felici e contenti.
La Signora Narrini si sta godendo l’opera, e il momento più commovente: Liù si è pugnalata e adesso sta morendo, la melodia pucciniana l’avvolge teneramente.
Cala il sipario e partono gli applausi.
No, no, l’opera non è finita, non finisce così, la Signora Narrini si agita sulla sua poltroncina, cerca disperatamente una conferma nel suo libretto e la trova: Nell’edizione proposta dal Teatro Coccia l’opera viene eseguita fino alla morte di Liù, ossia fino al punto in cui Puccini lasciò la stessa incompiuta, così come avvenne alla prima esecuzione presso il Teatro alla Scala con la direzione del Maestro Toscanini.”
A… ecco il motivo, adesso era tutto chiaro e Il biglietto scontato che si ritrovò nelle mani infilandole nel soprabito era in perfetta sincronia con l’opera incompiuta.
PS. I ricordi della Signora Narrini a proposito della trama del dramma sono incompleti e…Liù non è una badante ma… una schiava.
Sarà un lapsus?
Gli occhiali nuovi
L’ e-mail che aveva preceduto la telefonata era molto precisa e professionale. Ma sul pc, la signora Narrini leggeva solo il testo, non capiva di che umore fosse la sua amica Lorella, in quella sequenza di parole mancava il tono della voce, non si capiva se le avesse scritte battendo energicamente sulla tastiera oppure fosse rilassata, non percepiva l’affanno del respiro o il suo lento procedere, ma soprattutto trovava insopportabile che le e-mail nascondessero lo sguardo di chi le inviava. Del resto anche la successiva telefonata non l’aveva soddisfatta, era stata troppo veloce, e più che altro le era sembrata una semplice telefonata di servizio per informarla che i suoi occhiali nuovi erano pronti e sarebbe venuta lei personalmente a consegnarglieli.
Erano quattro mesi che non vedeva Lorella, che non l’ abbracciava, la baciava e stava a sentire le sue ultime novità. Si ricordava che l’ avesse informata su quel volo a cui teneva molto, delle passeggiate in montagna e di quella coppa vinta in una gara di corsa. Ora finalmente si sarebbero riviste e… fu una sorpresa per la Signora Narrini. Lorella era veramente in forma, anzi smagliante, come fosse un’altra persona. La vitalità che traspariva dalla pelle e il suo entusiasmo nel raccontare cosa le fosse successo emozionò la Signora Narrini.
La sua amica aveva volato. l’aria sottostante l’aveva avvolta facendole sentire per la prima volta quanto fosse consistente. Aveva ammirato il mondo sottostante come se dovesse rimanere sempre a quell’altezza ma poi lo stesso mondo si avvicinava a lei velocissimamente. A quel punto un colpo tremendo e il paracadute aprendosi sembrava volesse riportarla in alto, fino all’aereo dal quale si era lanciata! Lorella continuava a raccontare e la Signora Narrini leggeva nei suoi occhi: emozioni, adrenalina, sorpresa e felicità. Ma la cosa non finiva lì!
Ora Lorella, con i piedi per terra, si rendeva conto di quanto quell’esperienza l’avesse cambiata: come affrontava diversamente i vari problemi, come prendeva decisioni e iniziative senza tanti ripensamenti, come organizzava la giornata o semplicemente come guardava con occhi diversi un albero o un gruppo di persone.
Lei e il suo punto di vista erano cambiati.
La Signora Narrini già vedeva chiaramente questa sua nuova amica e si domandava: ” Sarà stato merito degli occhiali nuovi?”