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Si immagina che un libro il cui contenuto tratti di argomenti storici debba essere: noioso e pesante.Personalmente ho letto molto della Bellonci e mi ha sempre stupito la sua capacità di rendere la storia con la esse maiuscola così fruibile.

Leggere il romanzo storico di Luciana Benotto: L’arme e gli amori io canto, è stata una vera rivelazione, un piacere iniziato fin dalle prime pagine, mai un momento in cui ti venisse voglia di interrompere la lettura. La ricostruzione storica è precisa, dei personaggi non è stato tralasciato nulla: l’aspetto fisico, i malanni, le ambizioni, i desideri, i dubbi le paure, le miserie, le passioni e gli amori. L’intreccio è incalzante e ricco di particolari interessanti, le azioni, a tratti cruente possono svolgersi in momenti di dolcezza e  l’autrice facendoci partecipi della sua storia ci regala anche momenti di poesia. Passeggiamo con lei per le calli di Venezia, e ci stupisce mettendoci al corrente dei rimedi che già gli speziali veneziani proponevano ai loro clienti. Ci racconta della manualità degli artigiani,  della bravura degli artisti. Non mancano le  difficoltà degli spostamenti, e la  vita dura che si alterna con lo splendore  e la raffinatezza dei doni, delle feste e delle corti del rinascimento.

Il romanzo: L’arme e gli amori io canto è un libro colto senza essere pedante, a piè pagina ci sono tutte le indicazioni storiche che permetteranno al lettore di approfondire la lettura se lo desidera.

E a questo punto io desidero leggere gli altri libri che ha scritto  Luciana Benotto, nella speranza che mi facciano volare lontana come è successo con questo bel romanzo.


Chissà come sarà questa ginnastica dolce? Per una golosa come me dovrebbe andare bene! Bisogna provare, così mi ritrovo in palestra con altre donne che corrono in tondo, con al centro l’insegnate.

Stabilito che la ginnastica dolce fa al caso mio che sono alquanto arrugginita, il lunedì successivo, nella sala professori che funge da spogliatoio mi unisco alle altre: chiacchiere, presentazioni, cambio di scarpe e abiti.

L’insegnante ci aspetta in palestra ed ha già selezionato un cd con musica degli anni sessanta. Quel che ci vuole per noi che veniamo catapultate nella passata gioventù, il volume del lettore cd non funziona ed è decisamente alto, due asciugamani come copertura ne attenueranno l’intensità.

Inizia il riscaldamento: nonostante siamo un po’ lente e scoordinate, sudiamo, sbuffiamo, ci lamentiamo ma riusciamo lo stesso a chiacchierare; l’insegnante ci incalza e quando è soddisfatta dopo averci lodate ci informa che siamo come un motore diesel: un po’ lente all’inizio ma quando partiamo non ci ferma più nessuno!Continuiamo con entusiasmo, la palestra è luminosa, il pavimento in legno lucido è confortevole, ma quando l’insegnante pronuncia la frase: fronte allo specchio, alcune di noi si lamentano: “Questo specchio è impietoso, guarda li che roba”. Sei metri di specchio ci riflettono: una ventina di donne, chi più chi meno vestite sportivamente, alcune ben pettinate e truccate, altre hanno già i capelli davanti agli occhi e lo sguardo sconvolto per la fatica, chi ansima e chi continua a chiacchierare.“ Sembriamo anche più basse, non è valido”! Ma la nostra insegnante ci rassicura:“ E’ lo specchio che deforma, non preoccupatevi.”

Mercoledì, l’insegnante ci aspetta in palestra e come al solito è sorridente, noi arriviamo alla spicciolata, le novità non mancano, fra di noi c’è una nuova nonna, ma… il paese è piccole e alcune di noi già lo sapevano.

Gli esercizi di riscaldamento non sono sempre gli stessi, le sequenze dei movimenti ci impegnano e finalmente nessuna chiacchiera.

Dopo il riscaldamento, il momento più atteso, tutte sdraiate a terra su di un materassino: vengono spente le luci artificiali e nella penombra il lettore cd che è stato sostituito da uno nuovo diffonde musiche rilassanti, qualche sospiro, qualche respiro profondo, ci godiamo qualche attimo di tregua e poi si ricomincia: “Gamba sinistra piegata a terra, gamba destra tesa in avanti, poi in alto.” Lei spiega a noi come fare gli esercizi mentre li esegue, ci controlla e ci corregge, ma come farà a fare tutto assieme?

Gli esercizi si susseguono, gli addominali sono tosti e ci lasciano ammutolite, altri esercizi apparentemente leggeri li sentiremo un paio di giorni dopo. Lei continua scandendo ad alta voce:“ Insieme, insieme, ancora quattro, ancora tre, due, uno”. Le contestatrici non mancano: “Ma ne abbiamo fatti già 10”, lei sempre sorridendo ma inesorabile prosegue: “Insieme, insieme! Ancora due, ancora uno.”

Il rituale dello snocciolamento della spina dorsale e i due respironi profondi abbinati alla flessione del busto segnano il termine della lezione e…ci giunge sempre gradito un “Brave”, con l’aggiunta di un sorriso e di un battito di mani protese verso l’alto.

E’ la prima ad arrivare ed è l’ultima a chiudere la porta, noi davanti a lei ancora chiacchieriamo!Questa ginnastica dolce non è riuscita a spomparci del tutto. Ci salutiamo dandoci appuntamento per la prossima lezione.

Dolce la ginnastica e dolce anche l’insegnante.

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Presentare i propri libri in una cartolibreria è un’occasione interessante, se questa cartolibreria si chiama :”Sole e Luna” e vende anche fiori, l’occasione diventa fantastica.

Il titolo dato all’iniziativa da Luciana Benotto non poteva essere più appropriato: Fioriscono libri.

Era tanto tempo che non parlavo più dei miei libri: La quinta barca è Magica e Strettamente Personale. Ne ho proprio voglia. Perché li ho scritti? Chi mi ha ispirato? Chi me li ha corretti? Chi ha insistito perché continuassi? Di cosa parlano? Già, di cosa parlano? Forse per un autore è la cosa più difficile; come riassumere una fatica che è durata (per me) un anno in poche righe senza tradire l’impegno e la meticolosità con cui si è scritto. Come non banalizzare una storia dovendo scrivere: Mio marito ha costruito anche un catamarano e poi siamo partiti… E’ forse in quell’ anche che sta la chiave: i retroscena, il lavoro, la fatica, la soddisfazione e il premio finale: Il viaggio in barca a vela che non è sempre come fanno credere in TV: tutto rose e fiori! Ma la nostra quinta barca e’ Magica di nome e di fatto. Un’avventura tutta vera fin nei minimi particolari, complice il diario di bordo che ne ha fornito la traccia. “La quinta barca è Magica” libro per sognare.

Altra storia Strettamente personale, scritto perché volevo parlare di emozioni, paure, sogni e attenzione. Inventare è stato più difficile, una vera sfida; in più i nove racconti che compongono il libro hanno un comun denominatore: il compleanno. Ma anche per questo libro ci sono i retroscena: Uno dei compleanni è proprio vero! Ed è quello che ha dato il via a tutti gli altri: storie di biglietti, e di regali, racconto che evoca un Natale passato, racconto che non indica solo la nascita biologica. “Strettamente personale” libro per pensare.

Se volete saperne di più, vi aspetto sabato 21 aprile alle ore 17,30.

L’iniziativa proseguirà Aperitivi con l’autore

Lella Mascia Leoni: Sabato 21 aprile 2012

Elvio Ravasio e Marta Leandra Mandelli:

Sabato 28 aprile 2012

Elisabetta Galli: Sabato 5 maggio 2012

Chiara Panzuti: Sabato 12 maggio 2012

In Via Roma al n:2 di Bernate Ticino la mano felice di Silvana ha trasformato un cortile anonimo in un giardino fiorito. L’interno dove gli autori presenteranno i loro libri e offriranno l’aperitivo mi hanno detto essere ampio! Per cui vi aspettiamo numerosi.


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Roberto  Benigni è un attore, un  comico, un regista e sceneggiatore. Nel 1991 nelle università, nei teatri e alla televisione ha entusiasmato le folle raccontando la Divina Commedia.

Che le sue conversazioni sui canti della Divina Commedia fossero state seguite (o come dice lui intercettate) dalla Einaudi l’ho scoperto leggendo il libro: IL MIO DANTE di Roberto Benigni.

Mentre leggevo  ho avuto l’impressione di vederlo saltellare, parlare con cadenza toscana e  il  tono, l’enfasi e la sua  passione mi hanno portata direttamente all’inferno e in altri luoghi,  a visitare personaggi che la  memoria scolastica aveva dimenticati. Quando comprendi ti viene voglia di rileggere e in questo libro  ci sono anche i canti citati da Benigni. Non entro di proposito nei dettagli perché è Dante il maestro, perché è Benigni  il fine raccontatore.

La quarta di copertina  comincia così: Un libro scanzonato, leggero e dottissimo per chi ama la poesia…

E’ un libro che consiglio vivamente.

Il libro di Dominique Lapierre : Un arcobaleno nella notte, è una vera e appassionante lezione di storia. Il giovane chirurgo Jan van Riebeeck viene spedito dai governatori olandesi, gli Heren, sulla punta del capo di Buona Speranza il 6 aprile del 1652. Non per conquistare territori, invadere e sottomettere gli africani, bensì per piantare insalata. La questione e terribilmente seria: bisogna debellare lo scorbuto che decima gli equipaggi della flotta della prima marina nel mondo. La famosissima Compagnia delle Indie orientali rischia il fallimento. Sbarcano così i primi coloni olandesi in Sudafrica, che ancora non esisteva, come non esistevano gli Afrikaner, loro discendenti, e la loro nuova lingua l’Afrikaans. Una storia nata per salvare dallo scorbuto i marinai e di conseguenza salvare gli interessi delle società olandesi. Sono infatti queste società che hanno permesso negli anni precedenti di far diventare Amsterdam il centro commerciale, finanziario e culturale d’Europa. Rembrandt ed altri artisti saranno contemporanei di quei tempi in cui la chiesa riformata olandese recita i salmi della bibbia “Beati gli uomini le cui offese saranno perdonate”. Una storia che sfocerà ai tempi nostri con la terribile realtà dell’apartheid. Per concludersi dando agli africani un nuovo Sudafrica. E’ una lunga storia di bianchi e di neri, di uomini e di donne, di atti eroici, meschinità e atrocità inaudite. Naturalmente la religione viene usata come scusa, e diamanti e oro saranno la causa di molti mali. Leggendo questo libro ho ritrovato nella memoria molti nomi, molti episodi, molti pezzi di giornali radio che pur avendomi scioccata nel periodo in cui accadevano, non erano riusciti a darmi quella completezza che ho trovato in questo memorabile romanzo. Una parola però non ricordavo: Verità e Riconciliazione. Alla cerimonia della sua investitura, Nelson Mandela si rendeva conto della volontà di vendetta di tante vittime dell’oppressione razziale. Si legge a pag. 313: IL presidente doveva trovare urgentemente il modo per impedire che quella volontà immergesse il paese in un bagno di sangue. Si rivolse ad uno dei più emblematici sopravvissuti al terrore bianco. Invece di un tribunale che avrebbe giudicato i colpevoli come era accaduto per i criminali nazisti al processo di Norimberga, l’arcivescovo Desmond Tutu propose di istituire una commissione che avrebbe offerto il perdono della nazione a tutti coloro che avessero accettato di rivelare i crimini commessi in nome dell’apartheid. Una sfida rivoluzionaria che Nelson Mandela accetto con entusiasmo. Verità e Riconciliazione: sarà questo il suo nome. Furono più di settemila i colpevoli che accettarono la sfida e presentarono la domanda di amnistia. Questa pagina per me è stata la più illuminante. Il germe della riconciliazione come voleva l’arcivescovo Desmon Tutu era stato piantato attraverso la pubblica ammissione dei crimini. E anche quel versetto della Bibbia che viene usato da Dominique Lapierre come… fatale appuntamento: “Beati gli uomini le cui offese saranno perdonate”. Mi sono domandata come mai del dramma del Sudafrica siano passate solo ingiustizie e atrocità. Forse il pubblico vuole questo e l’informazione si adegua. Forse però, il pubblico andrebbe educato a capire. Il concetto sempre attuale di: Verità e riconciliazione trova spazio di applicazione: ovunque e sempre. Dominique Lapierre ce lo insegna nel suo libro: Un arcobaleno nella notte. P.s. Sono io che sono ingenua oppure pensate anche voi che l’informazione dovrebbe anche darci buone notizie?

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Passeggiando per Vigevano in questi giorni è impossibile non accorgersi dell’offerta culturale allestita nelle Scuderie Ducali del suo famoso Castello Sforzesco. La mostra dedicata al capolavoro di Leonardo: DENTRO L’ULTIMA CENA: il tredicesimo testimone. E’ un’esperienza artistica decisamente nuova ed allettante. Il pieghevole che ti consegnano in biglietteria, ben congegnato ed illustrato, recita tra le altre informazioni:L’allestimento privilegia il canale emozionale rispetto a quello informativo, senza dimenticare gli aspetti di approfondimento e quelli storici filologici: è un percorso multimediale e interattivo, nel quale la tecnologia oltre ad essere un valido strumento divulgativo, permette di trasformare la mostra in un luogo dove conoscenza scientifica ed emozioni personali si fondono così da generare e diffondere cultura, grazie al sapere degli esperti e alla partecipazione attiva del pubblico. Questo è il nocciolo della novità: l’interazione attiva del visitatore che per antonomasia è sempre stato considerato solo spettatore. In biglietteria non ti consegnano solo il pieghevole e il biglietto che ti accompagna nel seguire la mostra tradizionalmente, ma anche una card che ti permette di interagire nelle ampie offerte di approfondimento. Se per caso non capisci come utilizzarla, niente paura, non fai in tempo ad accorgertene che il personale, gentilissimo e competente ti viene incontro: spiegandoti e seguendoti, in questa nuova esperienza che ti permetterà veramente di diventare il tredicesimo testimone sulla scena del capolavoro vinciano conservato nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano. Il percorso espositivo di sei sale è abbastanza buio per permettere alla tecnologia di emergere con immagini evocative di quei tempi e di quei personaggi che ne animavano la storia. Avrei voglia di raccontarvi sala per sala, postazione per postazione cosa succede e cosa potreste far succedere, ma… vi assicuro è meglio scoprirlo da soli. Ah…nell’ultima sala, mi raccomando, prima di uscire, aprite gli armadi!! Cigolano un po’ ma forse l’hanno fatto apposta!! Per me: emozione è l’aggettivo più consono da abbinare a questa mostra. Il Cenacolo Vinciano l’ho visto dal vero quando avevo sei anni e non era ancora stato restaurato. Ne ho un ricordo di refettorio immenso e freddo con un dipinto grandioso. Da adulta ne ho seguite le vicende e viste le varie immagini dei restauri. In seguito avrei voluto rivederlo ma la difficoltà della prenotazione mi ha bloccata. Ritrovarla ora a Vigevano è stata per me una gioia immensa. Ho scoperto particolari di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza: quella brocca di vetro per metà piena d’acqua, il bicchiere che fa vedere in trasparenza il piatto dietro di lui. Approfondire:la luce, la prospettiva, la tecnica dei colori, rileggere la storia degli evangelisti e… quella tavola imbandita con il vino che si muove nel bicchiere…..Non dico altro. Vigevano:con la sua bellissima Piazza Ducale ideata dal Bramante, il Castello, la Torre, il Duomo e le altre innumerevoli chiese, merita di sicuro di essere visitata. Ora poi, potreste decidere anche di essere il tredicesimo testimone alla mostra in allestimento fino al 1 maggio 2011 dedicata all’ultima cena di Leonardo da vinci.

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Il rispetto che ho per i libri mi ha sempre indotta a parlarne bene se mi piacevano e a… tacerne se proprio non mi convincevano. Perché parlarne male? magari ad altri possono interessare. Questa volta però, gli aggettivi che sono scaturiti dalla lettura del libro: VELA BIANCA di Sergio Bambarén sono talmente negativi che non posso fare a meno di commentarlo negativamente. La cosa peggiore che può capitare ad un lettore è quella di sapere già, prima di girare la pagina successiva del suo libro, cosa succederà. La lettura diventa in questo modo noiosa. La trama punta alla felicità per cui il romanzo è infarcito di citazioni pontificanti. I luoghi sono splendidi, le persone impareggiabili, gli incontri fantastici. Solo alla fine del libro i protagonisti affrontano un vero problema, e manco a dirlo, con l’aiuto di un fantasma riusciranno a superarlo. Naturalmente! Non si chiede certo ad un romanzo di essere veritiero ma tutto questo miele alla fine mi ha nauseata.

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A proposito dell’articolo: Amore a prima vista.

E’ molto più facile criticare che accorgersi che tutto proceda per il meglio.

Quando tutto funziona lo diamo per scontato e normale.  Ancora più difficile sembra essere ringraziare.

Questa volta però gli abitanti di Orascio  hanno riconosciuto e ringraziato  subito lo sforzo, la fatica, e  il risultato di un lavoro ben fatto che ha riportato al valor del mondo il nostro torrentello “Valec”.

Tutti noi supponiamo che i lavori siano opera del Comune e se così fosse mi  piacerebbe averne conferma, così da poter ringraziare, sempre pubblicamente il Sindaco di Maccagno.

Intravedo in questi ultimi e nuovi  interventi, a partire dalle pattumiere a continuare con la pulizia dei corsi d’acqua, una nuova  attenzione nei confronti di Orascio, piccola frazione di Maccagno che sta molto a cuore dei suoi  residenti e villeggianti occasionali e non, che la scelgono per la sua bellezza, pace e tranquillità.

Ciao a tutti!

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Io non sapevo, e con me penso molti altri, perché la camorra non ha mai amato la pubblicità sul suo conto. Così gli arresti, i morti, i sequestri, finivano nel calderone delle brutte notizie che tutti i giorni imperversavano e imperversano nelle nostre orecchie e si accaniscono sui nostri occhi. Anche volendo non si capisce mai quale famiglia abbia prevaricato su di un’altra, visto la velocità con cui si sostituiscono. Si perde il conto dei morti come se si trattasse di birilli caduti: birilli camorristi, birilli imprenditori, birilli politici, birilli rosa sciolti nell’acido, birilli bambini, caduti in un gioco crudele a cui non avrebbero mai dovuto giocare. E ancora: soldi, droga, appalti forzati, lavoro nero, smaltimenti illeciti. Un mondo che sembrerebbe a parte, lontano, un mondo che pensiamo non ci riguardi, che non conosciamo e che crediamo sia gestito da pecorai ignoranti. Quando in televisione sentiamo parlare i pentiti, noi comuni mortali, ci chiediamo come gente del genere tenga in scacco la polizia, faccia affari con il mondo intero, semini terrore e morte. In GOMORRA , Roberto Saviano ci spiga tutto in undici capitoli . Viaggio nell’impero economico e nel sogno di domini della camorra, è il sottotitolo di questo libro. Leggendolo si capisce quanto sia stato difficile e penoso per Saviano percorrere tutte le vie possibili in questo viaggio nella sua terra. Vivendo personalmente fra lavoratori in nero, scaricando merce di contrabbando, assistendo a processi, funerali e raccogliendo confidenze. Comincia con un punto chiave: Il porto, da dove arriva di tutto e riparte di tutto. La scrittura sembra incredula ma quello che vede Saviano è di sicuro impatto: un container si apre per sbaglio e a terra finiscono cadaveri umani congelati. Di cinesi che non muoiono mai, se ne sente parlare ma… le realtà che ci racconta Saviano fanno ricongiungere i vari tasselli. Prosegue con l’alta moda, e qui i tasselli a me mancavano tutti! un capitolo che a differenza degli altri potrebbe sembrare più innocente ma… innocente non è: aste camorristiche, morti, minacce, sparatorie, sfruttamento, lavoro nero. E Angelina Jolie, ignara di tutto, indossa la notte degli Oscar un abito confezionato ad Arzano da Pasquale che guadagna seicento euro al mese. A seguire: come funziona il sistema, la guerra di Secondigliano, e le donne dei camorristi, ma anche le donne camorriste con le loro guardie del corpo in abiti che scimmiottano la camorra raccontata nei film. Non tralascia niente Saviano, si è informato, ha sentito, ha letto, ha studiato, riordinato luoghi, date, incontri, nomi, ha visto, ha vissuto e partecipato. Il suo libro trasuda di tutto questo. E’ con umanità toccante che parla di Don Peppino Diana, è con una tristezza infinita che nell’ultimo capitolo cammina nella terra dei fuochi: Avevo i piedi immersi nel pantano. L’acqua era salita fino alle cosce. Sentivo i talloni sprofondare. Davanti ai miei occhi galleggiava un enorme frigo. Mi ci lanciai sopra, lo avvinghiai stringendolo forte con le braccia . Seguono i suoi pensieri che con rabbia e speranza concludono il libro. Io so. Nel capitolo: Cemento armato, Saviano ripete con insistenza: Io so, come se fosse un mantra che lo aiuta a denunciare, a spiegare, a far capire. La forza delle sue parole non fanno sconti a nessuno e per essere chiaro termina così questo capitolo: Io so in che misura ogni pilastro è il sangue degli altri. Io so e ho le prove. Non faccio prigionieri. Lui sa e adesso anche noi sappiamo. Grazie Roberto Saviano, per il coraggio e la forza , grazie per averci portato con te a vedere e sentire. Il contenuto di questo libro è talmente alto che il fatto che sia scritto benissimo sembrerebbe passare in secondo piano invece la sua capacità di scrittore porta il lettore passo passo con chiarezza nelle terribili vicende del sud e non solo.

Il libro di Maria Fedele e Mary Nicole si presenta egregiamente: prima e quarta di copertina riportano graziosi e variopinti disegni eseguiti da Claudia Mesa e Michele Finelli , per rappresentare le fiabe descritte al suo interno. I fogli sono di carta patinata in una rilegatura impeccabile. La grandezza del carattere usato è particolarmente grande e…. per una nonna che debba leggere queste storie ai nipotini è piacevole. Penso anche che sarà perfetta per quei bambini che già leggono da soli. Ma si farebbe un torto alle due autrici se si riducesse questo libro ad un’utenza così limitata. E’ infatti chiaro fin dal titolo del libro: “Piccole fiabe crescono ” che i racconti hanno diverse chiavi di lettura, per cui il libro di Maria Fedele e Mary Nicole è destinato a tutto quel pubblico che pensa ci possa essere sempre un’occasione per Crescere. Per la presentazione di questo libro le due autrici si sono affidate alle parole di un autore di eccezione e… non vi dirò nulla, a voi il piacere di scoprirle.

Si dividono il libro le due autrici: sei racconti per Mary Nicole e cinque per Maria Fedele.

La prima le intitola: Fiabe dal recinto, e già questo recinto io l’ho interpretato come un abbraccio, un abbraccio amorevole che protegge, consola ma insegna anche ad affrontare le diversità, come in: “Un gradevole intruso” e “La vita scorre”. Dove la mamma scrofa salva ed accudisce un piccolo riccio. Dove allontanarsi dal recinto vuol dire anche crescere ed allargare la famiglia. Mary Nicole affronta con garbo anche il tema dell’emigrazione dal punto di vista dei bambini, descrive la nostalgia di Al per la sua terra d’Africa e il suo integrarsi in: “Si parte” e in: “100”. Altre storie, come quella della gattina Minù che dovrà vedersela con un cagnolino, mettono in evidenza problematiche come l’egoismo e l’incapacità di capire gli altri. La scrittura di Mary Nicole è scorrevole, chiara, piacevole, i suoi racconti sono come la sua biografia: pieni di persone care, amici e amore. Ha cominciato a scrivere poesie a 6 anni e a 15 vinceva concorsi letterari, ha pubblicato diversi libri tra cui: “Padparadshah. Rosa D’asfalto” edito da Arcipelago Edizioni nel novembre 2004. Membro dell’Antologia “IncastRIMEtrici vol.1edito nel 2006 e autrice del libro “Ultima cena di Mary Nicol, in download gratuito su www.lulu.com/content/2282314.

Per Maria Fedele  è:”La prima volta che pubblica dei racconti” e se non ci avessero informati nella biografia non ce ne saremmo accorti perché la sua scrittura è diretta, espressiva e priva di fronzoli. Anche i sui racconti parlano di animali e danno il titolo a questo libro “Piccole fiabe crescono”. L’ippopotamo Gelsomino, la cui mole gli procurerà non pochi problemi, si troverà alla fine della fiaba ad essere leggero come una farfalla e…solo leggendo il racconto si capirà come sia potuto succedere. L’autrice descrive puntigliosamente la caparbietà della tartaruga Eloisa che vuole assolutamente raggiungere la cima della montagna. Sembra solo una fatica, affrontata in solitudine, gli amici vorrebbero aiutarla ma lei vuole la sua libertà. E’ una dura Eloisa, come il suo carapace. L’autrice ad un certo punto la descrive così: “Ma Eloisa era la testuggine più testarda del pianeta, quindi impettita non tornò indietro, avrebbe perso del tempo prezioso e poi oramai la meta era lì a portata di mano. Non fece però i conti con il freddo glaciale che la costrinse sempre più spesso a rifugiarsi in se stessa, nella sua armatura, così consueta, conosciuta, così solita e familiare, da cui poteva ricevere protezione, sicurezza e sopravvivenza”. Riuscirà Eloisa a raggiungere la vetta? e poi? I finali delle fiabe di Maria Fedele sono sempre ben studiati. Altri animali popolano le sue fantasiose fiabe: La lucciola Caterina che scopre di essere una veggente e il topo Ernesto che dopo aver raggiunto la luna, tornerà coi piedi per terra. Pagine piene di dolcezza sono quelle dedicate alla favola “Brava Giulia”. La protagonista interpreta il desiderio di volare, comune a molti bambini e l’autrice risolve il problema con maestria. Anche qui il finale è pirotecnico! Fra le righe, anche nei racconti di Maria Fedele, troviamo ineguatezza e accettazione, incapacità di ascolto ed egoismo, paure e felicità.

“Piccole fiabe crescono” Maria Fedele & Mary Nicole

Ma siamo sicuri che siano solo fiabe?