Fa freschino appena usciti dal porto di Karystos, sono quasi le sette e cominciamo subito a coprirci, una felpa leggera io, un gilet Enrico. La rotta è già tracciata, procediamo a 6 nodi con mare calmo e a favore di vento. Il sole… forse è sotto le nuvole e il colore del mare è metallico con qualche luccichio, io aggiungo una felpa più pesante con cappuccio. La costa ovest dell’isola Eubea è particolarmente brulla, con scogliere biancastre a picco sul mare, a salire roccioni rossastri con pochi cespugli. Poi una lunga linea che sembra una ferita, la incide, facendo posto ad una strada che tagliare in due il panorama. Più avanti il nulla, sempre roccioso e brullo. Il vento aumenta, si balla parecchio e una forte corrente a favore ci fa aumentare la velocità, aggiungo una giacca e i pantaloni lunghi, Enrico sempre col gilet. Oltre al freddo io ho anche un languorino, propongo un caffè, ma non è il momento, stiamo per doppiate il capo di kavodoro sulla nostra destra l’isola di Andros. In questo canale, con correnti forti, mare ingrossato il mio stomaco va in tilt, ho mangio ho vomito. Come capita spesso e come ci aspettavamo, doppiato il capo torna la calma del mare, spariscono le correnti e aimé anche il vento, io comincio a spogliarmi, un capo dopo l’altro arrivo al costume, anche Enrico che non ha mai mollato il timone ora mette il pilota automatico e si toglie il gilet. Ho sempre fame e anche di più se penso che la colazione l’abbiamo fatta alle 6. Preparo una zuppiera di insalata, pomodori, e cipollotti, con pezzettini di pane e olive, la divoriamo, siamo finalmente rifocillati e tranquilli, il sole a preso il posto di quella strana afa mista a foschia che era come una cappa opprimente, ora splende il sole, ma la poca aria è calda. In porto ad Apostoloi arriviamo prima del previsto dopo 10 ore circa di navigazione. André e Roberta sono già ormeggiati all’inglese, ci danno una mano per l’ormeggio e ci incastriamo fra loro e un peschereccio. Il molo è a dir poco terrificante, puzzolente di pattumiere che sembrano, anzi sono abbandonate con il loro carico, le reti dei pescatori ben raggruppate e coperte emanano miasmi di pesce marcio, gatti randagi si aggirano tutti attorno, i loro piccoli sono nascosti sotto piccole barche capovolte. Il caldo è torrido e non tira un filo di vento. Solo il solito bagno ci salverà da tanta bruttura e calura. L’ acqua, a differenza della terra ferma è pulita e cristallina anche in porto. Ci dirigiamo comunque verso la spiaggia, purtroppo è piena di schifezze anche qui, nonostante la stagione sia iniziata e gli ombrelloni e straiette siano occupati. La nostra salvezza è sempre il mare: trasparente ed invitante che ci rinfrescherà fino a fare sparire anche la stanchezza.
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I trasferimenti
Le tappe che stiamo percorrendo in questi giorni sono un po’ forzate e si chiamano trasferimenti. Solitamente ci si ferma un po’ a curiosare, a riposarsi, a fare la spesa. Questa volta se vogliamo sfruttare il vento che sta venendo da sud, anche domani mattina dovremo ripartire da Karystos e navigare per raggiungere Apostoli. Riassumendo: martedì, Methana- Lavrio 35 miglia. Mercoledì Lavrio- Karystos 25 miglia. E domani ci spettano 50 miglia per raggiungere Apostoli. Il vento da sud durerà fino a venerdì, ultima finestra per sistemarci prima del brutto tempo, ancora più a nord, per 18 miglia fino a Kymi. E lì ci fermeremo. Naturalmente tutte le mattine controlliamo le previsioni e una volta in porto ci riposiamo. Oggi qui a Karystos siamo arrivati in porto alle 15,30, per cui, appena finiti gli ormeggi di entrambi le barche siamo andati insieme in una spiaggia e ci siamo buttati in acqua. Era un’acqua tipo Rimini non troppo limpida e sabbiosa, mezzo chilometro di camminata prima di poter nuotare, e di conseguenza era anche calda. Per la cena ci siamo organizzati e su Felicità abbiamo fatto un mezè come dicono in Grecia, è una specie di aperitivo, noi invece abbiamo messo assieme i nostri avanzi, e in buona compagnia abbiamo concluso la giornata con Andrea e Roberta. Ma con una cena leggera e consumata presto è stato d’obbligo un gelato consumato in uno dei mille locali che si susseguono lungo il mare. Poi, tutti a nanna presto. Alle 3 di questa mattina Enrico già si aggirava per la barca, poi è tornato a dormire ( lui) io sono rimasta sveglia. Alle 5 ci alziamo: “Dai Lella, andiamo, 50 miglia sono tante, tanto siamo già svegli. Svegli si, ma addormentati. Ci vorrà una ricca colazione e un buon caffè per ritornare all’onor del mondo. Alle sei del mattino togliamo gli ormeggi di poppa, issiamo l’ancora, usciamo dal porto di karystos e ci dirigiamo a sud per passare poi sul lato est dell’isola.
“È la Grecia!”
Ieri arriviamo nel porto di Lavrio con un’ora di anticipo perché il vento in navigazione è aumentato a nostro favore e le onde ci spingevano da poppa. I due posti barca prenotati anticipatamente da Andrea sono al pontile, ma quando arriviamo vediamo Sisila uscire dall’ormeggio e dirigersi al molo. Non capiamo, l’ormeggio era al pontile, aspettiamo girando in porto che loro terminino il loro ormeggio e poi ci affianchiamo senza problemi, in assenza di vento. Andrea ci spiegherà che per un malinteso tra i due soci del pontile, loro sono stati letteralmente scacciati dopo aver prenotato e dopo aver fatto l’ormeggio. In Grecia queste cose sono possibilissime ed è sempre spiacevole. Andrea che solitamente prende fuoco, questa volta abbozza, e dice semplicemente ma con rammarico: “È la Grecia!”. Menomale che arrivando presto abbiamo trovato altrove due posti liberi. Gli uffici per pagare sono chiusi, ci penseremo domani mattina. Lavrio è una città grande, a circa 60 km. da Atene e a 30 dal suo aeroporto. È di conseguenza molto trafficata. La zona migliore per trovare di tutto è un lungo viale alberato con doppia circolazione per le auto e una zona centrale perdonabile, ben attrezzata con panchine fontane e molto verde. Andrea sistema alla Vodafone i suoi problemi di telefono, Roberta cerca senza riuscirci un retino e poi ci rinfreschiamo con una birra prima di sederci ad un ristorante, fuori dal circuito turistico. Qui in Grecia usa così: chi vende carne, la sera la cucina e la serve ai tavolini all’esterno. Lo stesso fanno i pescivendoli. Così ieri sera, fuori da una pescheria abbiamo mangiato pesce e sembrava di essere ancora in barca perché un grosso ventilatore ci ha investito come se navigassimo di bolina, in compenso il piccolo bagno situato al primo piano, sopra la cucina era letteralmente un forno, tutto caldo, dal pavimento ai sanitari. “È la Grecia!” abbiamo commentato noi. Questa mattina, molto presto ci hanno svegliato i rumori di un cantiere qui in porto, forse è meglio, ho pensato, ho un po’ di cose da fare prima di ripartire. Nel frattempo i capitani di Sisila e Felicità si presentano negli uffici con i documenti necessari per pagare l’ormeggio della notte. “Non si paga” Si sentono dire i due capitani, “Se siete arrivati ieri nel pomeriggio e ripartite questa mattina, non si paga”. I due si guardano e sembrano dire: “È la Grecia!”. Con questa bella notizia alle 9,30 riprendiamo il largo in direzione Karystos sull’isola Ubea.
Salpiamo
Suona la sveglia martedì mattina, alle 7. Mentre facciamo colazione Andrea passa da noi e ci avvisa che: “Loro vanno”. Non facciamo in tempo a sederci che ci chiama Helene, loro partiranno con comodo più tardi ma voleva augurarci buon vento, ricambiamo. Andremo inizialmente tutti verso Est, poi Chiril ed Helene proseguiranno per le Cicladi. Il tempo è buono, il mare anche, e il vento è proprio pochino ma isseremo lo stesso il genova. Il porto è silenzioso quando molliamo gli ormeggi verso le 8, i parabordi si imbrogliano con quelli della barca vicina a noi, perché siamo proprio stretti stretti in porto. Prendere il largo, aprire le vele è stato davvero un piacere, l’aria è fresca e accolgo con piacere persino il rumore del motore che con l’aiuto della vela ci porterà a Lavrio, rotta 83 gradi ad est, procedendo alla velocità di quattro nodi e mezzo l’arrivo in porto è previsto per le sedici e trenta. Il pilota automatico, appena fuori dal porto va già alla grande, Enrico issa la vela e la mette a punto io sistemo le cime di ormeggio e isso a bordo i parabordi, sono nuovi di pacca, bianchissimi e senza copertura in stoffa, quelli vecchi sono rimasti sotto il nostro tavolo vecchio in porto protetto dall’ ombra del tamericio. Li riprenderemo al ritorno per sostituiti a quelli nuovi che stiveremo in barca. Dopo due ore di navigazione siamo in vista dell’isola di S. Giorgio, nostra vecchia conoscenza che ci riporta col pensiero al termine delle vacanze precedenti. Enzo ieri è arrivato nel momento più caldo della giornata alle 14, con un ritardo non previsto di due ore perché avevano dimenticato un tablet in nave per cui, quando se ne sono accorti, sono dovuti tornare indietro e per fortuna lo hanno ritrovato. Gli ha fatto piacere sapere che lo abbiamo aspettato e a noi ha fatto piacere rivedere Lui e gli altri, ma domani scappiamo letteralmente da un caldo che non si può proprio reggere, in cabina il termometro segna 34 gradi, fuori non lo so, ma non tira un alito di vento. Impossibile rimanere in porto, la nostra pressione ha un calo impressionante.
Aspettiamo
Anche le luci sono a posto. Dopo aver rivisto tutto l’impianto, dopo aver sudato e aver imprecato per molto tempo, Enrico e Andrea hanno identificato un fusibile… fuso, tutto qui, un fusibile, un fottutissimo fusibile che li ha fatti dannare per tutto un pomeriggio, la dinette disfatta, con cuscineria dapertutto per accedere al quadro comandi, cassette di attrezzi in tutto il pozzetto, fili penzolanti, viti perse, insomma una cosa incredibile, conclusasi quasi in sordina perché un fusibile… sarebbe una delle prime cose da controllare. Sabato di nuovo Poros, una ventina di km in auto, tutta curve, salite e discese, l’ultimo tratto lo hanno appena asfaltato, meno male, c’erano dei buchi mostruosi e in un tratto dei grossi sassi continuano a delimitare la corsia, al di là della quale c’è un profondo canale, dove l’anno scorso è stata lasciata, forse a monito una motocicletta capovolta. Ora su questa striscia nerissima che serpeggia tra campi di olivi e sterpaglie, fra aranceti e limoni si corre che è un piacere. A Galata è d’obbligo il cappuccino alla Frianderi, il bar dove tutto è buonissimo, con poltroncine sul mare e un bel giardino di piante grasse che sono già in fiore.Aspettiamo poi all’ombra di un grande eucalipto che parta il taxi boat per Poros dove io, nel mercato coperto comprerò: un branzino, dei gamberi e delle alici, Enrico farà un giro da Spiros e ne uscirà con un nuovo portolano, indispensabile per navigare nelle Sporadi. Saremo pronti per salpare, il tempo è buono, il vento anche, Chiril è rientrato, Helene è più tranquilla, e anche i nostri amici Greci Filomeno e Costantino sono arrivati da Atene, ma aspettiamo, lunedì arriva Enzo da Napoli, con l’immancabile figlioccio Claudio. Enzo è il capitano più anziano, è stato il primo a scoprire Methana venti anni fa’. Ha 89 anni e noi lo guardiamo come esempio. Dobbiamo per forza aspettarlo, per salutarlo ed abbracciarlo.
In terra straniera
Uno dei primi lavori che Enrico ha fatto quando siamo arrivati è stato montate la bicicletta pieghevole che teniamo in barca. Oggi la inforco con molto piacere per andare al mercatino, penso di acquistare: meloni, arance, patate, cipolle, e non so cos’altro, di sicuro tutta roba pesante, il manubrio della bicicletta al ritorno sarà prezioso. La strada lungomare è semi deserta, da lontano, in senso contrario arriva una moto e il conducente porta il casco, è il nostro amico Gart, neo zelandese, parla: inglese, tedesco, greco, italiano, riconoscendoci a vicenda ci salutiamo già da lontano sbracciandoci, senza bisogno di fermarci vicini, senza bisogno di parlare. Mi è piaciuto molto, lontana da casa incontrare sempre amici è una bella sensazione. A lato della strada nei divanetti del bar, una famigliola indubbiamente tedesca fa colazione, o meglio aspetta che gli portino la colazione, tre bimbi di cui uno sul passeggino, altri due, lui di sei anni e lei di tre circa, e i genitori, tutti biondo platino. Dopo averli sorpassati mi viene in mente che in borsetta tengo sempre delle rane di carta, torno indietro, mi affianco al tavolino, senza scendere dalla bici, dopo aver sorriso alla madre per chiedere il permesso, estraggo le rane, le appoggio sul tavolino e le le faccio saltare, una grande in direzione del maschietto e una più piccola verso la femminuccia, ridono entrambi, li lascio senza dire una parola mentre loro felici fanno saltare le rane. Rientro dalla spesa un po’ traballante, come previsto il carico è notevole, in porto dove la strada in cemento è sconnessa devo appoggiare i piedi e mi fermo anche. Sul fondo del molo un campanello di gente si sta sbracciano e nonostante le note molto alte dell’inno alla gioia sovrastino il porto, le loro grida emergono chiare. Cosa succede? Chiedo avvicinandomi. Partono, la risposta, prendono il largo e rientrano fra tre mesi. Chi parte sono dei francesi che non conosco, chi li saluta sono anche italiani e greci, mi unisco a loro e poi vado a sistemare la mia spesa in barca. Fra qualche giorno partiremo anche noi. Non faremo in tempo a vedere gli spagnoli, trattenuti a casa per dei controlli di routine che danno problemi. Manca Aurora che aspetta fra un po’ di andare in pensione e mancano anche i romani Margherita e Claudio, e speriamo di trovare per mare Franco, ci piacerebbe proprio. Non siamo gli unici in terra straniera ma i Greci accolgono tutti nelle loro splendide acque
I primi bagni
Faceva proprio caldo ieri, dopo i lavori di routine in barca organizzo la borsa per andare al mare, prima però, visto che non c’è un filo di vento armiamo il genoa. Oggi mercoledì è più ventilato, giornata ideale per verniciare il pozzetto e la spiaggetta, il legno ha bisogno di una manutenzione costante, lo verniciamo appena arrivati e prima di rientrare in Italia così che possa affrontare meglio le intemperie invernali della Grecia, che anche se le temperature sono miti è molto piovosa d’inverno. Ora però torniamo al mare, ieri è stato proprio bello. La verniciatura può aspettare, ci ripenseremo nel pomeriggio. Ho preparato la borsa da mare in fretta e furia: cuffia, l’occorrente per la doccia compreso cambio, asciugamano e… il vestito largo, il solito. Ma dov’è il vestito? Lo cerco dapertutto, non salta fuori, Roberta mi sta aspettando, riguardo dove dovrebbe essere ma, non c’è. Ipomoni, metterò un asciugamano sulle spalle, non ho voglia di prenderne uno pulito, salterà fuori. Ed era al mare, agganciato ad un ferro, dove lo avevo lasciato ieri. Eccolo il vestito, grido felice, e un signore greco mi guarda e capisce, lui ride e Andrea invece sghignazza proprio ” ah, non sono solo io a fare le cazzate”. L’acqua sulfurea è biancastra e freddina, c’è pochissima gente, i grossi massi a pelo d’acqua appena si intravedono, ci nuotiamo attorno e poi raggiungiamo, un po’ a largo una specie di boa che è la nostra meta di andata e ritorno. Si rientra in porto che è quasi l’una e dopo la doccia si pranza, quasi sempre insalata Greca: pomodori, cetrioli, peperoni, cipolla, olive, olio sale e sopra una fetta di feta spolverata di un composto di aromi secchi profumati. Oltre alla verniciatura , oggi niente di che, salvo il pieno di gasolio al motore della barca tramite un camioncino che ogni tanto passa in porto. Giovedì è probabile che sarà il nostro ultimo mercatino qui a Methana, fra qualche giorno pensiamo di salpare, quasi tutti i lavori di manutenzione sono finiti, bisogna solo controllare le luci. Ed è con l’impianto elettrico che Enrico ed Andrea, il giorno dopo avranno uno scontro che durerà tutto il pomeriggio. E io, dopo il bagno lascerò di nuovo l’abito appeso al ferro sporgente, me ne accorgo solo dopo la doccia, lo dico sottovoce ad Enrico, ma Andrea uscendo dalla doccia grida” Ho sentito sai! Ho sentito benissimo, hai dimenticato di nuovo il vestito. Non mi lascerà in pace per un paio di giorni.
Tanto per provare
Domenica mattina siamo tutti avvisati, ci troviamo alle 12 da Tasso, il nuovo ristorante. Lunedì Helen e Chiril, gli amici francesi, iniziano la loro navigazione, sono qui a Methana dai primi di aprile e hanno avuto tempo di sistemare la barca e risolvere i vari problemi che manco a dirlo, non mancano mai. I Francesi sono sempre i primi del gruppo a partire e gli ultimi a rientrare, ma come sempre ci terremo in contatto per tutta la navigazione e anche finite le vacanze perché l’amicizia è una cosa seria. Niente chiacchiere al bar fra donne, Filomena la nostra guida in capo greca non è ancora arrivata. Per il momento la mattinata è libera ed Enrico, tanto per provare appoggia sul pagliolo una striscia del nuovo pavimento che dovrà ricoprire quello vecchio. Valutiamo dove sarà meglio cominciare, che linea tenere, e così tanto per provare fissiamo la prima striscia, poi gli affianchiamo la seconda dopo averla adattata, incidiamo sul nuovo materiale i buchi preesistenti per poter sollevare parte del pagliolo e già che ci siamo rifiniamo bene i lati. Una foto mette bene in evidenza il prima e il dopo, da legno rovinato e macchiato siamo passati al vero… finto tech, antiscivolo perfetto e morbido al contatto dei piedi, una goduria. Soddisfatti del lavoro ci ritroviamo con gli amici da Tasso che stava già apparecchiando un lungo tavolo per noi. Ma alcuni pensano che sia meglio altrove, una volta accomodati restano due posti al sole e… non va bene. Ognuno dice la sua, si scambiano le sedie ecc… ecc… ci siamo solo noi sotto l’ampia tettoia ma la confusione è totale. Tasso arriva sconsolato ” Bordello bordello” e vi lascio immaginare cosa significhi, quasi uguale all’italiano. Ci accomodiamo in fine dove Tasso ci aveva destinati, il posto migliore. Oltre festeggiare la partenza degli amici Chiril ed Helen, festeggiamo, da bravi italiani anche il 2 Giugno, festa della Repubblica. Lunedì però Chiril ed Helen non partono, nella tarda serata di domenica hanno ricevuto una telefonata da Parigi: il fratello di Chiril sta molto male. Mentre Chiril lunedì organizza il volo per Parigi e prepara la macchina per andare il giorno dopo all’aereoporto di Atene noi siamo molto addolorati. Chiril farà in tempo a salutare il fratello, ma il giorno dopo… est morte. È Helen che ci informa, lei è rimasta in barca e nonostante ognuno di noi l’abbia invitata in vari momenti ed occasioni lei è molto riservata, ma trova il tempo, il giorno dopo per fare un dolce per noi amici. Il popolo greco che io non smetterò mai di apprezzare ha un modo commovente per fare le condoglianze a chi deve sopportare il dolore di una perdita, la traduzione sarebbe: “Vivete bene per ricordarlo”. Chiril ha perso il fratello più piccolo di lui di cinque anni, sono dolori forti, non basteranno certo le condoglianze di tutti noi, le parole restano parole, ma i Greci, secondo me le esprimono con amore. La vita continua, oggi martedì Enrico termina la copertura del pavimento. Per domani sono previsti due appuntamenti con Janette la nostra parrucchiera di Methana. Ci accoglierà entrambi, dopo i saluti convenzionali, con un sonoro : “Calò calokeri”. Calò calokeri? Calò calokeri? Ma cosa vuol dire Calò calokeri, eppure lo sapevo! E dopo aver controllato sul mio libretto delle parole greche esclamo tutta contenta “Calò calokeri, buona estate anche a te Janette”.
Venerdì nefasto
Il giorno dopo, Venerdi, mentre Enrico si procura una bella scottatura da sole nelle solite posizioni assurde e fisse mentre cercava di stringere i bulloni del motore del salpancore che aveva dovuto smontare, Andrea Benini, si immergeva nelle acque del porto per verificare che la sua elica fosse a posto e nel contempo perdeva il telefonino che aveva in tasca. Inutili i tentativi di recupero, ha provato subito con le mani, poi si è immerso con la bombola ma il fondo del porto è melmoso. Nel frattempo gli amici gli si sono fatti d’attorno, consci del dramma e pieni di rammarico. Lui più bravo di noi ci ha scherzato su, adducendo l’intera colpa alla data di nascita stampata sulla sua carta di identita’. E anche nelle serate seguenti quando eravamo tutti insieme aggiungeva “Ma se qui non ci fossi io, voi vi annoiereste”. La moglie Roberta nel frattempo, gli ha confezionato una piccola busta che porta al collo con dentro un vecchio telefonino. Quel venerdì pomeriggio un capannello di amici hanno cercato senza riuscirci di recuperare il telefonino con una lunga pertica agganciata ad un retino che ogni volta che veniva issato sbrodolava solo del gran fango, del telefonino nessuna traccia. Non contento, il Benini ha perso in acqua la parte superiore dell’idropulitrice che non voleva funzionare, questa volta però , non l’ha persa, gli è proprio schizzata in acqua lasciandolo senza parole e poi… anche una bella cima è finita nelle acque del porto, lo stesso venerdì nefasto. ” Ma basta Benini, basta per oggi di cazzate” Gli amici lo tengono d’occhi e non mancano a questo punto di sfotterlo un po’. Ma lui ha un’espressione da innocentino, con quegli occhietti azzurri e le braccia aperte verso il basso che sembrano dire ” Ma… non è colpa mia” . Il Sabato è andato meglio, il sensore nuovo è arrivato e bisogna andare a ritirarlo da Spiros. Da Galata, per raggiungere l’isola di Poros ci sono dei Taxi boat, più o meno in ordine, più o meno puliti e ce ne sono alcuni proprio ben tenuti con il colore delle tende che oscurano le grandi vetrate uguale al colore del tessuto che ricopre le spugne sulla lunga panca che ospita i passeggieri, non più di una decina, quello che hanno in comune questi taxi acquatici è il grande rumore che fa il motore posto nel mezzo della barca e anche la grande abilità di tutti i conduttori di taxi nel destreggiarsi all’attracco e alla partenza, dalla costa all’isola, vanno e vengono in continuazione, aiutano a salire e scendere, ti prendono il passeggino o la bici, prima del CV la corsa costava € 1 poi € 1,20, quest’anno siamo passati a € 1,50. Da Spiros non ci sono intoppi e nello stesso pomeriggio il contacatene con il nuovo sensore funziona perfettamente. La spalla di Enrico che era rimasta esposta al sole la mattina precedente, ora, nonostante la crema ha già le bolle. Ipomoni.
Il nuovo giocattolo
Mercoledì 29 maggio. Lasciamo finalmente il B&B. Sembra impossibile ma quando eravamo in camera mi servivano cose che erano in barca e quando eravamo in barca mi mancavano cose che lasciavo in camera. Enrico esce prima di me e carica in macchina le varie borse, io lo seguirò più tardi a piedi, fermandomi in panetteria . La strada è in parte ombreggiata dalle sagome delle case, il calore del sole che già si fa sentire esalta il profumo degli oleandri in fiore che occupano in fila parte del marciapiede, non sono cespugli voluminoso ma vecchi alberi con un tronco consistente. In prossimita’ del paese la panetteria è affollata, con il pane integrale avvolto nella carta proseguo fino a svoltare in zona porto, la più soleggiata, trafficata e rumoroso. La barca di Margherita, Forclo’, la prima all’ormeggio, è nascosta da altre due che sul piazzale adiacente stanno rifacendo la carena, nonostante i vari rumori, il tubare delle tortore dal collare è predominante, un “cuu cuu cuk- cuu cuu cuk” incessante che riporta il pensiero alle vacanze, quando a piedi puoi cogliere profumi, suoni, e altre impressioni. In barca il caos è totale, prima cosa però il caffè con la nostra moka, poi il resto sigà sigà. Il serbatoi dell’acqua è asciutto ma aspetterò fino a sera per chiuderlo e rifarci sopra il letto. I lavori proseguono, vanno cambiate le luci sono fioche e difficoltose da accendere, ne monteremo di nuove a led e accendibili al solo tocco, una meraviglia. Giovedì facciamo festa, giretto a Galata per acquistare Lavrachi “Branzino e grossi gamberi”, dall’ottico i cordini da applicare agli occhiali per non perderli in acqua che… è già successo anni fa’ nel porto di Bosa, in Sardegna. Nel pomeriggio Enrico sfoggia il suo nuovo giocattolo: un motore elettrico per il tender, Andrea monta il suo canotto, lo agganciano a poppa e poi filano per tutto il porto avanti e indietro, poi l’uscita in mare aperto, quando tornano vogliono una foto, sono entrambi contenti come due bambini. Non fa molto caldo, cucinare in barca è ancora possibile, per questa sera gamberoni con verdure appena scottate, il branzino domani, per pranzo e per cena perché è troppo grande.