Dopo cinque giorni fermi in porto, la navigazione di sabato ci ha impegnati per le prime tre miglia, il mare fuori dal porto non sembrava granché ma si ballava lo stesso, lo sapevamo e in barca tutto era sistemato per bene. Parliamo poco, cambio spesso postazione mentre Enrico, fisso al timone cerca di prendere al meglio le onde, un’ora di sballottamenti che si sono tradotti in mal di mare, sparito immediatamente quando doppiamo la punta dell’isola. Il mare è ora calmo e il vento non ci porta più gli scarichi del motore in barca. La costa dell’isola è di un verde compatto, salvo alcune frane precipitate in mare che le lasciano un’ampia ferita rocciosa e grigiastra, in contrasto con tutto il resto: il verde, l’azzurro e il blu del mare. Le successive tredici miglia saranno molto piacevoli e già pregustavamo il bagno che avremmo fatto in spiaggia vicino al porto. Siamo salpati alle 9,30 e arrivati alle 13,30. All’ormeggio in porto ci prendono le cime degli italiani di Roma, ci chiedono da dove arriviamo ” Da qua dietro rispondo” riferendomi al lato nord dell’isola” ma non intendevano sapere l’ultimo tratto, per cui specifico dal porto di Methana, siamo in mare da 12 giorni. ” Ne avete fatta di strada, da Methana! Abbiamo un amico lì, un medico di Napoli””Chi? Enzo? Lo conosciamo! È anche amico nostro”. Il mondo è proprio piccolo, fra velisti che girano ancora di più. Ad Enzo porteremo i saluti di Roberto specificando oltre il nome anche e soprattutto il suo tipo di barca: un carter 33. I velisti si riconoscono così per mare. Roberta incalza “Facciamo il bagno Lella?” “Arrivooo”. Abbandono Enrico al suo destino di capitano che deve finire l’ormeggio e con Roberta ci buttiamo in acqua, poco dopo ci raggiungeranno i relativi capitani. In spiaggia non c’è quasi nessuno, altrettanto in acqua che è inutile descrivere tanto è trasparente come le altre, forse in più c’è il fondo completamente sabbioso. Ma… non possiamo fermarci qui a finire le ferie, dove lo troviamo un’altro posto così bello e comodo per noi. Domani, domenica, non sarà più così.
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Il rovescio della medaglia
Non c’è fretta questa mattina per salpare verso il porto di Neo Klima a 16 miglia da qui, dobbiamo aspettare che calino le onde provocate dal vento forte di questi ultimi due giorni. Alle 9,30 accendiamo il motore, molliamo gli ormeggi di poppa e salpiamo l’ancora, il vento favorevole agevola le manovre, mentre io timono per uscire dal porto e poi seguire la rotta, Enrico sistema le cime, ritira i parabordi, e pulisce con una spugna la zona dove la catena ha sporcato. Sono impaziente di mollargli il timone perché voglio immortalare la città con la luce giusta. Le foto che ho già scattato ieri sera sono particolari, ma non rendono l’insieme del paese. Ripenso a ieri sera, prima dello spettacolo, mentre i musicisti provavano, i bulgari hanno improvvisano un ballo greco sul molo vicino alla nostra barca, sono in tre, sono bravi, e una di loro deve essere la maestra, per un po’ li accompagna nella danza, poi la coppia prosegue da sola, sempre al ritmo della musica in sottofondo, sono ben sincronizzati e visibilmente felici, lui balla a piedi scalzi, lei con ciabatte, e non so come non inciampi sul molo pieno di asperità. Dalle barche siamo in tanti ad osservarli, al termine della musica riceveranno un sacco di applausi, dagli italiani, dai bulgari, dai turchi, dai tedeschi, c’è mezzo mondo su questo molo. Capita anche che durante la manifestazione folcloristica di canto e balli, dal pubblico si presenti di fronte al palco chi ha voglia di ballare, sono sempre bravi ed ispirati: si muovono con ritmo ed eleganza, la signora di ieri sera in particolare, mentre ballava sembrava rapita nel suo mondo fatto di passi e figure, volteggiando e inclinandosi accompagnata dai movimenti delle braccia, come in trans. Sul palco, per suonare, si sono alternati gruppi di persone anziane e gruppi di giovanissimi, anche i balli sono molto seguiti dai giovanissimi che allacciati gli uni agli altri con le mani sulle spalle si muovono in tondo. Lasciamo la manifestazione e proseguiamo sul lungo mare. Ad un angolo un tipo un po’ originale con capelli lunghi bianchi, codino e cuffie sulle orecchie gestisce una consolle e spara musica a tutto volume, ieri sera, per strada, davanti a lui una coppia ballava, difficile non fermarsi a guardare, non sono più giovani ma agili e bravi. È tutto musica, qui in Grecia, tutto balli, tutto ristoranti e bar, tutto artigianato e moda. Ma non crediate che sia il paradiso, c’è sempre il rovescio della medaglia: per un lungo tratto sul lungomare dove si alternano bar e ristoranti c’è un notevole tanfo di fogna, che ci affrettiamo sempre a superare velocemente. Il gelato da passeggio che stava poco in equilibrio sul conto viene spinto con il pollice, ora tocca a me ordinare: ochi efkaristo’ pagoto’ ” no grazie, non voglio più il gelato! In porto quando arrivano i traghetti riempiono la baia di fumo nero puzzolente, al mattino presto, sul molo un camion viene a ritirare la spazzatura con gran fragore, c’è un solo enorme contenitore che raccoglie tutto: vetro, plastica, umido, lattine, indifferenziata, mi viene male quando anch’io butto tutto lì dentro, ma non ho alternativa. Fortunatamente non è così in tutti porti. La Grecia è bella, ma non so quanto ancora potrà durare. Il rovescio della medaglia è già in agguato.
Sempre scusa per il mio greco impossibile
La gibigiana
Sull’altro lato dell’ isola, abbiamo lasciato perdere una deviazione per Agios Ioannis in Kastri, le descrizioni e le foto di questa chiesetta su di un roccione a picco sul mare sono a dir poco invitanti, la pubblicità data dal film “Mamma mia” ne fa un luogo di pellegrinaggio, ma i 200 gradini necessari per raggiungerla ci hanno fatto proseguire tranquillamente fino al porto Neo Klima. Un luogo minimo, non affollato, con tutto il necessario: spiaggia libera con doccia e sul fondo: panchine in ombra sotto enormi liquidambare, il tutto vicino al porto, oltre la strada: taverna e supermercato. È perfetto per noi, proseguiamo per il secondo porto, Loutraki, ci arriviamo verso le 11,30 anche questo fa al caso nostro, mentre ci informiamo il sole picchia, lo stomaco reclama e abbiamo sete, qualcuno finisce in bagno un’ altro ritorna con una bottiglietta, io propongo una bella bugassa ma subito mi contraddico perché prima voglio fare il bagno. Dove lo facciamo? Qui? Torniamo a Klima? Ma no, ci sono più giù altre spiagge belle! Dove vogliamo andare? Fate voi, io mi accodo. Insomma poche idee e confuse, menomale che siamo solo in 4. Decidiamo per Limnonari e prima di raggiungerla dalla macchina vedremo altre belle spiagge: Panormis, Mila. C’è anche Hovolo ma è raggiungibile in discesa a piedi e… non c’è taverna. Ce ne sarebbe un’altra con degli scavi romani, ma, dai commenti sembra che non valga la pena. La spiaggia di Limnonari è perfetta. Ci siamo arrivati da una deviazione e fino a che non l’abbiamo vista eravamo tutti preoccupati: ma non vedo spiaggia, e poi, non c’è la doccia, c’è solo una taverna! La cosa migliore da fare, siamo d’accordissimo tutti è buttarsi in acqua che è a dire poco trasparente, con riflessi color smeraldo e verso il mare aperto di un blu intenso, l’acqua è un cristallo con vista pesci e rocce, e sulla superficie la gibigiana, un balenio di luce disegna un’intricata trama sempre in movimento. La baia è ampia, circondata dal verde, la sabbia è dorata e sottile. Solo ora, dopo esserci rinfrescati, siamo pronti per la taverna con pranzo a base di pesce, poi riposino, lungooo riposino e si riparte, tutti in macchina che è un forno. Altre fermate, altra ricerca di panorami esclusivi, di inquadrature perfette che escludano cassoni dell’immondizia e pali della luce, sempre comunque in ombra, come se il sole mordesse. Accaldati ma soddisfatti rientriamo a Skopelos dopo aver fatto il pieno dell’auto presa a noleggio. La transenna è ancora abbassata ma noi ormai a piedi abbiamo solo la borsa da spiaggia. Il palco e le sedie sono ancora lì, questa sera torneremo a sentire la musica greca e a vedere i loro balli classici: lenti e melodiosi, con picchi di virtuosismi e molti passi di danza diversi, che si ripetono ritmati.
I numeri arabi
È da ieri che lo stanno montando, qui in fondo al porto, sul lato più vicino alla città, e non promette niente di buono. È un palco, e temo che fra un po’ vedremo spuntare ai suoi lati anche delle enormi casse acustiche. Vorrebbe dire molte cose: balli folcloristici con musica greca e andrebbe bene, o peggio, taratazum – taratazum. Mercoledì, nel tardo pomeriggio, davanti al palco ci sono già allineate una quindicina di file di sedie bianche ben in ordine, una ventina per fila e sotto il palco una locandina. Leggo, o meglio, cerco di leggere ma mi sono chiari solo i numeri arabi: 19,30 sulla prima riga poi a seguire 21,30 e in fondo 1. Un po’ pochino, ma vedremo questa sera. Andiamo per il momento a ritirare la macchina a noleggio per girare l’isola domani: i porti a sud, due per l’esattezza e le spiagge tanto decantate nei siti vari. Con la macchina ci allontaniamo fino a trovare un supermercato serio dove facciamo una bella spesa pesante, compresi 8 pacchi di acqua. Si è fatto tardi, arriviamo in paese verso le 20 e li capiamo immediatamente cosa volessero dire le parole dopo il numero 19,30 : L’accesso al porto è interdetto a tutti mezzi per manifestazione canora che inizierà alle 21,30 e terminerà all’1. Una sbarra abbassata ci impedisce di proseguire e noi abbiamo un bagagliaio stracarico. La prima reazione è stata di panico, nella seconda abbiamo cercato una soluzione: andiamo a piedi in porto, prendiamo il canotto, raggiungiamo la macchina e con due viaggi risolviamo. Diamo un’occhiata dove dovremmo arrivare col canotto e costatiamo che il molo è troppo alto, soluzione scartata. A piedi raggiungeremo il porto con le poche cose che richiedono il frigo, Enrico torna alla macchina con la bici e riporta in porto altre due borse. Domani mattina porteremo la macchina davanti alle barche e scaricheremo il resto. Non sapere il greco può diventare un problema. Giovedì mattina dopo aver stivato la spesa e l’acqua partiamo, senza aver trovato una cartina o un ente del turismo per organizzare l’itinerario. Faremo col telefonino.Prima tappa Nea Clima, un porto che ci interessa visitare perché potrebbe essere la nostra tappa successiva. La strada che imbocchiamo, seguendo la segnaletica è terribilmente stretta e sale a suon di curve in mezzo agli alberi, per tutto il tragitto abbiamo attraversato una fitta vegetazione lussureggiante, deve piovere moto da queste parti, vediamo molti pini marittimi e dal profumo intenso di resina suppongo anche altre conifere. Fermi su di uno slargo respiriamo un’aria fresca e profumata, sotto di noi il lato est dell’isola di Skopelos, il mare è calmo, il cielo sereno, il panorama è incantevole: punteggiato da isole e isolotti, incorniciato da rami di pino marittimo verde brillante su di un mare blu e barche a vela che giocano col poco vento. Manca poco per raggiungere la prima tappa che è proprio qua sotto.
Un buon inizio
Mercoledi mattina esco assonnata in pozzetto, la prima persona che vedo è l’incaricato per il porto del comune, sta già controllando se le barche all’ormeggio hanno già pagato. Ci siamo già visti ieri, l’altro ieri e Domenica al nostro arrivo, per cui lo saluto con un sonoro Kalimera, lui risponde: “kalimera Felicità”, mi sembra un buon inizio. Menomale che scrivo altrimenti mi dimenticherei: è ieri che siamo saliti nella città vecchia? Si, mi pare di sì, perché il pomeriggio precedente siamo andati a caccia di lavanderie. Allora è ieri che ho fotografato il vecchio pope ( un po’ scalcinato) su nel paesino con un sacco di chiese, a momenti più chiese che case, strane anche, con i tetti in pietra, come in montagna e i balconi in legno delle case, tutti di colori diversi. In ogni dove: vasi, giare, traboccanti di fiori, piante grasse o piante verdi abbelliscono ogni ingresso e ogni angolo, impreziosendo queste strette stradine che si inerpicano con alti gadoni o ridiscendono in curve repentine, mostrando all’ improvviso bouganville eccezionali. Il continuo delle case bianchissime così vicine fra di loro, fa si che l’ombra rinfreschi l’aria. In alcuni punti la visuale si apre sul mare, con panorami azzurri e blu da cartolina, in altri si chiude in piazzetta dove alcune donne, o in piedi o sedute sul muretto, davanti ad una chiesetta aperta, lucidano gli argenti, altre scrostano dalla cera dei grandi candelabri, un’altra ancora setaccia la sabbia di un ampio contenitore che solitamente accoglie le candeline votive. Queste donne laboriose formano un bel gruppetto affiatato che guardano noi turisti con benevola non curanza. Più scendiamo e più ci viene incontro la civiltà vacanziera con i suoi locali particolari, i suoni, gli odori, le merci e i cuscini che appoggiati ovunque ti invitano a sederti. Di fronte ad una porta d’ingresso spalancata una finestra col telaio colorato, mostra il panorama come in un quadro incorniciato: mare, roccioni e cielo. Si è fatto tardi, con le ginocchia un po’ doloranti rientriamo in porto. La giornata iniziata bene è finita ancora meglio con questa lunga camminata sulla città vecchia di Skopelos, molto ampia e particolareggiata.
I fantasmi dell’asilo
Sapere dove sarà possibile fare il bagno è una delle nostre priorità, per cui già da domenica, al nostro arrivo, con il canotto siamo usciti dal porto di Skopelos e ci siamo diretti a destra verso la spiaggia. Nel tragitto ho preso confidenza con il nuovo motore elettrico che non avevo ancora avuto modo di provare, Enrico è insofferente, non gli va bene come manovro, non gli va bene dove mi dirigo, non gli va bene niente, mi innervosisco e come al solito gli restituisco il nuovo giocattolo. Proverò un’altra volta, quando saremo meno stanchi e più disponibili l’uno verso l’altro. La spiaggia dove issiamo il canotto è sassosa, scivolosa e in salita, il canotto per fortuna è leggerissimo. È una spiaggia libera senza ombrelloni, solo una cabina mozzata per cambiarsi, sul ghiaione purtroppo ci sono molti frammenti di plastica mentre l’acqua è invitante e pulita, nuotando rifreschiamo anche i bollenti spiriti. Il rientro è risultato problematico, uno scavafango ci ha completamente ignorato tagliandoci la strada, abbiamo gridato, cambiato direzione per non farci investire, insultato il conducente e in fine, mentre ballavamo di brutto per le onde che aveva provocato con la sua velocità, gli abbiamo battute le mani ironicamente, niente, il conducente non ha fatto un plissé, come se fosse tutto normale. Il giorno dopo, montata la bici, Enrico raggiunge l’altra estremità del porto, dove, 6 gradini a salire e 4 a scendere si apre una piccola baia a picco sul mare, acqua cristallina, faraglioni, e niente plastica in spiaggia. Ieri ci sono andata da sola lì, a fare il bagno. Erano tutti impegnati: gli uomini manco a dirlo con problemi di elettricità, Roberta forse rintanata in barca, non la vedevo. Verso le sei usciamo tutti in perlustrazione per capire dove acquistare della frutta, dove prenotare un’auto per poter fare nei giorni successivi un giro dell’isola, individuare una panetteria e trovare un ristorante un po’ lontano che i locali ci hanno consigliato. Fin qui tutto bene, poi Enrico controlla sul telefono dove trovare una lavanderia, e… cammina cammina, Roberta e Andrea vedendo che oramai siamo in aperta campagna si fermano, io seguo Enrico per un po’ e poi, mi fermo anch’io, la strada svolta a sinistra ed Enrico sparisce per altri venti minuti. Non posso più aspettare, gli vado incontro e finalmente lo vedo arrivare ancora con passo veloce e ben deciso, chiedo: “La lavanderia?”. “Si, si c’è la lavanderia ma è di quelle industriali per gli alberghi, la tua borsa di roba non la guardano nemmeno”. Esausti, accaldati ed Enrico col piede gonfio, ritorniamo sui nostri passi, Andrea e Roberta ci aspettano all’ombra, seduti su di una panchina, spieghiamo tutto e riprendiamo la strada del rientro, Enrico in testa, sempre veloce, che non vede l’ ora di mettere il piede in acqua fresca di mare, poi distanziate io e Roberta, dietro Andrea. In prossimita’ del porto Roberta vuole comprare della pizza al trancio, ricorda che molti anni prima l’aveva già presa in questo piccolo negozio, sono scettica sulla pizza in Grecia ma ho fame e mi fido di Roberta. Lei se la fa impacchettare, io ne mangio metà subito, e l’altra metà la darò ad Enrico che è seduto sulla spiaggetta di Felicità col piede a mollo. La pizza era buonissima. Abbiamo tutti bisogno di riposarci, cena leggera in pozzetto ma il ricordo dei Loukumades che ci aspettano ci danno la sveglia. Per l’occasione Roberta indossa l’abito nuovo acquistato alla Cora di Kymi, era stata una scelta ponderata e attenta: il colore, il modello, la prova, i dubbi e i ripensamenti, alla fine aveva deciso. Ora, sul molo Roberta fa una giravolta e le punte dell’abito si allargano. “Vai sotto la luce del lampione che ti fotografo” suggerisce il marito. Lei si mette in posa, allarga la gonna con entrambe le mani e sorride, non è un sorriso forzato per la foto, è un sorriso allegro e gioioso. È bellissima.
Arriviamo in zona Loukumades, non ne abbiamo prese 4 porzioni solo 2, ma sono state più che sufficienti. Oggi abbiamo camminato veramente molto, e quando al rientro Roberta comincia a raccontarci dei fantasmi che c’erano nell’ asilo, la interrompo: “fermiamoci su questa panchina, la storia mi sembra lunga e interessante”.
Loukumades x 4
Il mare ha su tutta la superficie delle puntine che si agitano, piano, come fiammelle color argento che luccicano, un piacere guardare l’insieme di tutto questo armonioso movimento sfavillante. Ci aspettavamo onde ancora agitate invece domenica mattina è festa anche per il mare, il poco vento è fresco e dal sole ci difendiamo col tendalino fisso e la vela. Navigando, dopo poche miglia è chiaro che percorrerne poche di più per arrivare al porto, anziché nella baia sul lato sud, non sarà un problema. Contattiamo per telefono Andrea e Roberta, sono d’accordissimo. Nuova rotta per limani ( porto) di Skopelos. Domenica navigheremo per un totale di 42 miglia e circa 8 ore, l’ormeggio in porto è da manuale, con molti posti liberi, in assenza di vento, e un baldo giovane all’ormeggio che ci prende le cime. Nemmeno il tempo di appoggiare la passerella in banchina che Sisila si affianca a Felicità. Il baldo giovane, quando capisce dalle bandiere italiane che navighiamo insieme chiede conferma: “you are Friends?” “Yes” rispondo, lui sorride e se ne va, lasciando per noi le cime di Sisila che Roberta ci lancia. In banchina troviamo la colonnina dell’acqua e corrente, un grosso bidone della spazzatura e un dipendente comunale che ci chiede i documenti per stabilire la tariffa da pagare, che non è uguale in tutti i porti. A Kymi, per ormeggiare due notti ci hanno chiesto € 6, 30. Qui in porto per 5 giorni ci hanno chiesto € 25. Nel porto dei pescatori a Apostoli, non hanno voluto nulla. È carina la cittadina di Skopelos, scenderemo più tardi col fresco per gironzolare sulle vie in salita che si incrociano da farti perdere la bussola, nei piccoli negozi straripano oggettini vari, cappelli e vestiti, sembra che i turisti non abbiano bisogno di altro. Al ristorante ci rifaremo del pasto frugale consumato in navigazione e nell’attesa del conto costatiamo che girano già parecchi turisti stranieri e greci, chissà, ci chiediamo, cosa ci sarà qui in Agosto. Sulle guide e siti vari che ho consultato parlano di spiagge paradisiache e di una chiesa in cui hanno girato il film “Mamma mia”, penso di essere l’unica a non averlo visto. Domani faremo i turisti. Prima di rientrare il profumino di una piccola pasticceria ci attrae, siamo già sazi ma Andrea insiste e ci fermiamo a degustare i loukumades: dolci tipici, troppo buoni. Una sola porzione in 4, per stasera. Domani però, cena leggera a bordo e poi… Loukumades per quattro.
Briefing
La cena del sabato sera consumata nel pozzetto di Felicità, è stata leggerissima: yogurt di capra e verdure lessate, e non è previsto neanche il gelatino serale perché il pasto precedente consumato su, alla Cora di Kymi, è stata più che completo, il gestore che ci ha tenuto ad informarci che il pane lo produce lui ci ha anche portato a fine pasto, visto che eravamo italiani, del Moscato di Asti! Comunque, dopo cena, la passeggiata serale con Andrea e Roberta è d’obbligo. Anche se ci siamo risentiti dopo aver messo a posto la spesa, e ancora, dopo aver fatto entrambi carburante. Solitamente ci si ritira ognuno sulla propria barca per un riposino ma… Roberta si presenta con fare curioso e chiede se è possibile fare un briefing. Pensiamo: ci pare tutto a posto e tutto fatto, siamo arrivati dove volevamo nei tempi stabiliti e la prossima tappa e relativa rotta sono già fissati. Domani è domenica e avevamo deciso insieme di aspettare che il vento calasse, anche se… una giornata ancora qui… non so… è sprecata e poi… cosa facciamo che non si può nemmeno fare il bagno. Mentre salgono su Felicità, sul tavolo è già aperto il portolano con in bella vista le isole Sporadi, Roberta si accomoda e ci prospetta quello che anche noi avevamo pensato: anziché partire lunedì anticipiamo a domenica, guadagnando così un giorno di anticipo sul meltemi che è previsto per martedì. Ci sta bene, ragioniamo su dove sarà meglio ormeggiate a Skopelos: baia o città? Noi abbiamo voglia di bai, loro, forse, opterebbero per la città che comunque raggiungeremo il giorno dopo, prima del meltemi. Ok tutti d’accordo per la baia. Ma non andrà così. Domenica salpiamo alle otto del mattino, il vento leggero al traverso fa subito gonfiare il genoa che aiuta il motore, il mare è più calmo del previsto e il sole splende. Arrivo previsto alle sedici e trenta. La costa est dell’Eubea si allontana e noi ci avviciniamo a Skopelos. In una vaschetta sono già pronti i pomodori tagliati a pezzettini con basilico, sale e olio da mettere sul pane carasau, alternando poi di nuovo pomodori con aggiunta di fettine di feta e qualche oliva. Il caffè è già pronto nel thermos.
Una faccia una razza
Il porto di Kymi è molto grande, con tanto di avan porto e cantiere, quando arriviamo alle 14,30, ci sono molti pescherecci e nessuna barca a vela tranne Sisila che è arrivata prima di noi ed ha ormeggiato all’inglese, il vento è fresco ma in porto è moderato, ci sistemiamo in angolo a Sisila. Scendendo a terra ci aspettavamo una città ampia e ben fornita perché sarà qui che aspetteremo qualche giorno che cali il vento per poi proseguire verso le Sporadi, precisamente sull’isola di Skopelos. Il piccolo supermercato è grande come due volte il mio soggiorno e non c’è frutta e verdura. Il restante dei locali sono bar, ristoranti e due negozi di abbigliamento, pezzo forte del paese la panetteria: ampia e ben fornita, se lo desideri ti serve anche la spremuta di arance fuori dalla bakery, all’ombra di grandi alberi di gelso. Ok, evidentemente in zona porto non c’è nulla, alla spesa ci penseremo domani. Oggi, sabato 15 di giugno, raggiungiamo la cora di Kymi in taxi, sono passati i tempi in cui ci incamminavamo a piedi in ogni dove, o facevamo l’autostop. Ora siamo passati anche dai bus al taxi, per la modica cifra di €8, per 4 km di strada stretta e tutta curve in salita. Il tassista chiacchiera con Andrea che parla molto bene il greco, noi dietro ammutoliamo ad ogni sorpasso in curva con doppia striscia. La cora ci sorprende non poco, dopo averne viste tante, scendere dal taxi e trovarsi in una qualsiasi strada con chiesa ortodossa ci ha fatto pensare di non essere ancora arrivati. Invece la città vecchia non è assolutamente vecchia, case ben tenute, molte attività tipo banche, posta, macellerie, fruttivendoli, mini market neanche tanto mini, insomma quando siamo tornati in porto nel tardo pomeriggio, il bagagliaio del taxi traboccava della nostra spesa. La Cora di Kymi è stata una sorpresa in un modo che non ci aspettavamo. Dopo aver visitato la bella chiesa ortodossa abbiamo girovagato un po’ e seduti all’ombra di un bar abbiamo familiarizzato con un medico greco che neanche a dirlo aveva studiato a Roma. Ci salutiamo e se passerà dal lago Maggiore, lo aspettiamo. “Una faccia una razza”.
Il porto dei pescatori
Ieri sera dal porto dei pescatori di Apostoloi abbiamo camminato fino alla prima taverna che abbiamo visto un po’ frequentata, il criterio di scelta ha funzionato: pesci buoni, insalata fresca, patatine abbondanti e scordalia’ ben condita, prezzo adeguato. Per arrivarci non abbiamo percorso molta strada, Sisila e Felicità sono ben in vista di fronte a noi che sotto la tettoia della taverna consumiamo la nostra cena in compagnia di altri turisti ma soprattutto di greci. Rientriamo presto, abbiamo sonno e prevedo una bella dormita, ma non abbiamo fatto i conti con le zanzare, le prime che incontriamo e ci hanno preso alla sprovvista. Dopo la caccia grossa notturna con pila, una decina di zanzare sono passate a miglior vita, ma le altre si sono vendicate sulle mie mani e sui piedi di Enrico. Pur non avendo premura, il giorno seguente, venerdì, alle 7 del mattino siamo già in piedi, il tempo è pessimo, il grigio è il colore dominante: il cielo, il mare, perfino il panorama circostante si è adeguato. C’è vento e piccole onde anche in porto, salpare ora, incastrati come siamo, sarebbe pericoloso, si decide di aspettare che cali il vento, come del resto è previsto. Alle 9 Andrea molla gli ormeggi, Enrico dalla poppa della nostra barca gli spinge a largo la prua, il motore e il vento fanno il resto, mentre Roberta controlla che la poppa non sbatta contro il molo. Noi ora siamo liberi, sarà sufficiente manovrare verso l’uscita del porto. Questo porto che certo non rimpiangeremo, che abbiamo anche criticato con aggettivi poco lusinghieri, ci ha comunque consentito un approdo e un ormeggio sicuro, con il consenso dei pescatori locali, non cosa da poco, e ne siamo consapevoli. Fuori già si balla, ma il vento è caldo, niente felpina questa mattina. Il lato est dell’isola Eubea continua ad essere squallido, le rocce dal rosso virano al verde, niente baie, niente approdi, sulle colline pochissima vegetazione, pochissime case sparse. In compenso, come già viste nel tratto precedente, ci sono un’infinità di pale eoliche, mai viste così tante, da fare pensate ad un altro pianeta con queste entità imponenti e onnipresenti ben collocate sui crinali in file precise, o come vedette sui versanti più alti. Una vera invasione, non fanno paura solo perché non camminano, ma le pale, girano parecchio. Arriviamo presto a Kymi, sono solo 18 miglia, ma sono state comunque 18 miglia toste: il mare contro e il fischio del vento nelle orecchie ci hanno accompagnato per 5 ore, fino all’imboccatura del grande porto di Kymi.