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Iraklia Lunedì 3-7-2023 E’ girato il vento nel porto di Agios Georgios, quello da sud, che ieri aveva portato umidità non c’è più, oggi ci siamo svegliati con un Meltemi fresco e dei grossi nuvoloni neri che sono andati in seguito ad attenuarsi. Giornata ideale per camminare sui diversi sentieri che offre Iraklia. C’è solo da scegliere e optiamo per un percorso breve che porta alla spiaggia di Livadi. La strada è agevole, in cemento e sassi, ma la salita è tosta, poche chiacchiere dunque ma tanto guardarsi in torno: colline rocciose, brulle e arse dal sole e dal vento ma il Timo, rigoglioso e nel pieno della fioritura, fa bella mostra di se lungo tutto un bordo della strada, se non fosse impolverato sarebbe perfetto per una foto artistica. Mentre, sull’altro lato sono stati piantati dei piccoli oleandri rosa che combattono quotidianamente col vento. Quando arriviamo in cima alla collina ci blocchiamo. La spiaggia semi circolare di Livadi è ampia e abbraccia il mare con la sua sabbia dorata in contrasto con l’azzurro dell’acqua che diventa blù più a largo, è quasi deserta la spiaggia e questo la rende ancora più invitante. Tutto il panorama è un vero spettacolo, in più il vento ci porta odore di salsedine e fiori. Vediamo l’isola di Schoinousa, e barche a vela, piccole piccole che si stanno allontanando dalla baia. Le nuvole, sopra di noi, corrono e hanno lasciato il posto al sole, per oggi non proseguiamo oltre, ci basta l’incanto del panorama. La spiaggia di Livadi la raggiungeremo via mare, forse. La discesa al sole, nonostante il vento è altrettanto tosta ma fortunatamente breve. In discesa, di nuovo verso il porto, cambiando il punto di vista ci accorgiamo di molte arnie che in salita erano passate inosservate. Penso al miele di Timo acquistato in Grecia, che mangiamo al mattino e… mi piace immaginare che lo abbiano prodotto le api di Iraklia. Sul sito di “Grecia mia” si parla anche di 7 sentieri che portano fra gli altri alla spiaggia di Alimia dove un relitto sommerso attira gli amanti di snorkeling, e poi ci sono le cave Agios Ioannis e poi, e poi… bisogna camminare su e giù in continuazione. Li guardiamo sulla cartina i vari sentieri, li guardiamo e basta. E’ già faticoso fare i marinai, ci manca solo che ci mettiamo a fare gli escursionisti in luglio su di un’ isola che per quanto affascinante ed ospitale è in prevalenza rocciosa, soleggiata, con percorsi sali scendi. Se possiamo scegliere, visto l’orario meglio una nuotata. Il pomeriggio passa senza intoppi o imprevisti e verso sera ci arrampichiamo di nuovo in collina dove oggi passando abbiamo sentito un buon profumino, ci sono i tavolini sulla ghiaia, coperti da una tettoia in legno, dei vasi con petunie dai vari colori delimitano la terrazza affacciata al mare. Sono le 20,40, il sole sta tramontando sul mare suscitando sempre emozione.

Iraklia, 2-7-2023. Al risveglio, togliendo la tendina che oscura il passo d’uomo, lo vediamo bagnato, eppure non ha piovuto questa notte, usciamo ed è la forte umidità che ha bagnato completamente la barca. In questo caso, di solito, passiamo il mocio ed oltre ad asciugare la barca togliamo anche la salsedine, magari il pozzetto lo puliamo un po’ meglio, con uno straccio e… togliamo anche l’umido dal parabrezza che comincia a gocciolare. Alla fine Felicità è bella pulita e noi siamo già sudati. La giornata è limpida, l’acqua cristallina è di una trasparenza tale che vediamo la catena dell’ancora fino ai tre metri e mezzo di profondità che ci indica l’ecoscandaglio. Sul fondo della spiaggia di fronte a noi una fila di vecchi Tamerici già procura ombra alle panchine sottostanti, un’ombra che si allungherà lentamente verso il mare. E’ domenica, col passare del tempo arrivano i bagnanti, i salvagenti, i bambini e qualche persona è già in acqua a rinfrescarsi, le donne col cappellino in testa, sono ferme a chiacchierare, altri giocano e qualcuno nuota. Anche noi ci buttiamo in acqua, che è un po’ freschina, ma dopo il primo impatto ci godiamo questo fiordo poco popolato e tranquillo. Quasi tranquillo, arrivano in seguito e in continuazione barchette, gommoni, grandi catamarani, barche a vela, e un grosso yacht. Tutti trovano posto, affiancati ad altre barche, buttando l’ancora e fissando la poppa a terra con delle cime, lo yacht sparisce in una rientranza del fiordo, i due catamarani hanno preso il posto del traghetto che se ne è appena andato, colmando il fiordo all’ orizzonte. La barca a vela invece si è incastrata in uno spazio che non c’era! Il vento da sud che aspettavamo si è affievolito, e nelle piccole Cicladi non è arrivato, si è sfogato più a ovest, dove i nostri amici sono ora. Li abbiamo sentiti e dicono che sono ben ormeggiati, devono solo aspettare 6 ore che la buriana passi. Cose che capitano per mare. E’ stata una bella giornata, immersi in una natura selvaggia. Già nel giretto che abbiamo fatto ieri sera ce ne eravamo resi conto. Camminando in salita, in ogni dove terreni scoscesi, rocciosi e selvaggi, e nel nulla, stradine sterrate che portano a casette bianche cubiche, qua e là disseminate a gruppetti armoniosi, isole bianche circondate da alberi e fiori, con imposte e porte dipinte di blù. Ci si sente bene guardandosi in torno, la veduta è ampia e nonostante le rocce , molti arbusti hanno trovato il loro abitat. Scendendo, lungo la strada in cemento, il panorama cambia, sempre case ma più fitte, più numerose che si stendono fino al mare, qui ci sono ristoranti caratteristici e ben curati, piccoli negozi con molti oggetti di artigianato locale, coloratissimi ed eleganti. Anche le case private fanno a gara a chi è più bella. Iraklia ha un suo fascino tutto particolare: selvaggio ed accogliente, non è un caso che sulle rocce, a picco sul porto ci sia una scritta molto grande in bianco: WELCOME che incorpora al suo interno in azzurro, il nome di questa piccola isola.

1-7-2023. Si riparte, rotta a sud verso l’isola di Iraklia, nelle piccole Cicladi. Lasciamo alle spalle, senza rimpianto, il porto di Naxos, osserviamo con occhio più consapevole la porta del tempio di Apollo, e riguardiamo con nostalgia la Cora di origine veneziana. E’ presto, la navigazione inizia con una lunga telefonata mattutina, siamo entrambe sveglie e il contatto con persone care per me è sempre un balsamo, spiego che siamo in navigazione a motore, che non c’è vento e nemmeno onde, vorrei parlare con lei di altro, ma la nostra posizione di naviganti crea sempre curiosità, poi però chiacchieriamo a lungo di altro. Siamo di nuovo soli e in più non c’è campo per usare internet, potremo sopravvivere? Forse… Si! Delle piccole onde ci rincorrono di poppa, infilandosi sotto lo scafo e spingendoci un po’, anche il vento che è arrivato fa la sua parte gonfiando il fiocco. La navigazione è lenta e piacevole però… ci siamo alzati presto e fatta colazione altrettanto presto. Ho fame! E guardare l’ orologio non serve quando si ha fame, anche se sono le 11 preparo delle bruschettine condite con pomodoro olio e olive, e anche chi non aveva fame ha mangiato tutto di gusto. Il caffè lo faremo quando saremo arrivati nel porticciolo di Iraklia. Sempre che si trovi posto, l’alternativa è subito fuori in rada all’ancora. Un’alternativa poco allettante ma altrettanto sicura perché la baia è giusto protetta dai venti provenienti da sud e Domenica ne sono previsti in arrivo parecchi. Le onde ci hanno preso gusto a spingerci, si ingrossano, il vento che ci potrebbe anche andare bene, ora non ci serve più, siamo in prossimità del porto: giù le vele, giù i parabordi, preparare le cime di ormeggio e l’ancora. Come capita spesso, anche questa volta , chi prima era dietro di noi, accelera per accaparrarsi l’eventuale posto libero, “ipomoni” pazienza. Noi siamo lenti e pesanti, non ci mettiamo mai in competizione, in questo caso il sorpassatore butta l’ancora in mezzo al porto perché non sa dove può ormeggiare. Noi dopo aver chiesto ormeggiamo al pontile buttando l’ancora. Il porticciolo ha solo 2 posti per il diporto, gli altri sono riservati ai pescatori. Nemmeno il tempo di tirare il fiato dopo il nostro ormeggio che, chi va per mare lo sa, che è un momento delicato ed ecco il sorpassatore fiondarsi affianco a noi. La differenza è che noi abbiamo ormeggiato da soli scendendo al volo sul pontile uno, e l’altra manovrando a bordo col motore, con l’elica di prua e tenendo d’occhio la lunghezza della catena dell’ancora. Loro, invece, hanno trovato noi che gli abbiamo preso le cime, lo facciamo sempre quando possiamo, anche con i sorpassatori.

Naxos venerdì 30-6-2023. Sembra più calma questa mattina la baia, ma è deciso, proviamo ad entrare in porto, aspettiamo nell’avan porto il nostro turno e dopo mezz’ora finalmente l’ormeggiatore ci indica il posto libero che dobbiamo occupare, ci aspetta sul pontile, ci prende le cime, ci prende i documenti e ci prende 20€ per una notte, la cifra è data dalla lunghezza della barca, meno male che la nostra è piccola. La pia illusione che in porto non avremmo ballato svanisce subito al sopraggiungere del primo traghetto, onde, risacca e tironi ci fanno tornare agli anni 60 quando andavamo sulle auto scontro, qui in porto è il barca scontro e anziché un’ unica gomma come nelle auto, qui ci sono i parabordi sulle fiancate delle barche. In entrambi casi si paga, va a capire come si diverte la gente. Forse forse era meglio in baia. No, dai, qui faremo il pieno del serbatoio dell’acqua e scenderemo a terra per fare la spesa senza bagnarci le chiappe e più tardi scenderemo di nuovo per visitare la Cora. C’è movimento sul pontile, una piccola autobotte carica gasolio alla barca di fronte a noi, poi arriva un catamarano e scarica i passeggieri immagino della settimana perché i loro trolley ingombrano il pontile. Barche che escono, barche che entrano. Fra puzze,traffico e rumori siamo messi bene e in fine devo affrettarmi ha chiudere oblò e passo d’uomo per evitare che il nostro vicino di ormeggio che sta lavando la sua barca ci bagni dinette e cuccette, il problema è sempre lo stesso: siamo piccoli, e anche facendo attenzione è difficile non bagnare la barca affiancata. Fa caldo, su alla Cora decidiamo di andarci più tardi ed è stato un errore perché abbiamo trovato il museo archeologico chiuso, ipomoni, “pazienza”. Camminiamo nelle piccole strade della Cora con stupore per la rara bellezza e per i particolari, l’aria è fresca il percorso ombreggiato e ad ogni angolo ci fermiamo ad osservare le pietre in marmo, a volte lavorate che emergono dagli angoli dei muri o fanno parte di gradinate. Fiori e vasi sono ovunque e dall’alto il panorama è a tuttotondo. Anche questa Cora, ha antiche origini veneziane e se amate i particolari storici ecco il link. Lo specchio di mare che divide il pontile dalla strada è di pochi metri, se verso sera il caos del porto si è acquietato, la città comincia a vivere, la strada è chiusa al traffico e i pedoni la invadono completamente, il loro chiacchierio si confonde con le varie musiche, è un sottofondo che conosciamo. Quando si dice: Un vero porto di mare .

Naousa giovedì 29-6-2023 rotta per l’isola di Naxos, prima di mollare gli ormeggi, scendo a terra per acquistare il pane fresco, fondamentale se rimarremo in baia questa sera. Alle 9 circa, quando usciamo dal porto il mare è calmo e il vento assente, il motore va alla grande: 5 nodi a 2000 giri. Il tragitto sarà breve, 10 miglia, per cui non ho preparato il caffè nel thermos, e nemmeno organizzato il pranzo che consumeremo comodamente in baia. Il vento nel frattempo fa finta di arrivare e noi faremo sul serio ad issare il fiocco, dopo un po’, sventa e lo riavvolgiamo. Siamo muniti di tutto ciò che ci occorre per navigare e arrivare a destinazione, ma i traghetti che vediamo entrare e uscire in lontananza dal porto di Naxos ci tracciano il percorso e ci fanno capire che la meta è vicina e se non bastasse, poco dopo, di fronte a noi, dal promontorio di Palatia si staglia imponente, tutta di marmo bianco La Porta del sole, detta anche Portara, quello che resta del tempi di Apollo. In baia, all’ancora nel primo pomeriggio il vento comincia a soffiare ed entra poco mare. Siamo indecisi se scendere a terra col gommone perché è garantito che ci bagneremo. Così sarà ma dalle foto che ci faremo scattare da altri turisti, non si vede! E’ quasi il tramonto, il momento clou, la Portara è orientata ad ovest e il sole, lentamente, tramonta nel mare, una palla infuocata dipinge di rosso tutt’attorno, e zittisce tutti. Emozionante. Col canotto, ci ribagnamo e raggiungiamo Felicità che è sempre più agitata, e non penso proprio per la nostra assenza. I traghetti contribuiscono notevolmente allo sballottamento, e ne arrivano molti e fanno onda anche quando se ne vanno. Traghetti enormi che buttano fuori e ingoiano centinaia di persone. Domani sarà meglio cercarci un posto in porto. La città merita una visita e… il frigor è vuoto. kalimera


Ogni tanto, curiosando in posti dove i libri sono ammassati senza alcun criterio, se non per la lingua in cui sono scritti, mi capitano fra le mani dei romanzi di autori nati il secolo scorso. E’ il caso del libro di Thomas Hardy, nato nel 1840, intitolato: “Il ritorno alla brughiera” e pubblicato in prima edizione in tre volumi nel 1878. Un tomo di 470 pagine. Più che la voglia di leggerlo è stata la curiosità che mi ha spinto ad iniziare una lettura che da subito si e presentata particolareggiata, minuziosa, dall’andamento lento, però a mano a mano che leggevo mi addentravo in una brughiera che non avevo mai conosciuta prima. Costretta a tenermi il telefonino a fianco per consultare Google su nomi di uccelli che non avevo mai sentito nominare, e lo stesso per fiori ed altro. Thomas scrive della brughiera per pagine e pagine, senza mai ripetersi. Ne torna a parlare durante lo svolgersi del romanzo e la vedo battuta dal vento o infuocata dal sole. Ci sono piccoli villaggi disseminati sulle colline, case isolate o anfratti che fanno da rifugio ad animali vari. I personaggi sono ben caratterizzati come l’uomo dell’ocra, Venne, intriso di rosso vivido che gira col suo carrozzone. Una donna assennata, Mrs.Yeobright, tutta d’un pezzo che cresce nipote e figlio da sola. C’è il capitano che racconta le sue avventure. Il giovane Christian, ingenuo e fifone, il vecchio arzillo, i raccoglitori di torba e i raccoglitori di ginestre, lavori umili e antichi. Non manca la bella e sfortunata Eustacia che sogna Parigi, e Clym che da Parigi è venuto via. C’è l’amante e il giocatore d’azzardo. Un’umanità variegata che saprà unirsi compatta nelle necessità e anche riunirsi per ballare intorno ai fuochi. C’è il dramma che si dipanerà sempre nella brughiera, fra colline e sentieri scoscesi, fra lanterne accese nella notte e temporali tremendi che ingrossano fiumi. La trama che emerge fino ad essere incalzante sarebbe semplice da riassumere, gli ingredienti sono semplici: amori, passioni, buon senso, intrighi, eredità e malefici che si compiono nella brughiera, fra poggi, creste e soprattutto sulla montagnola di Rainbarrow. Questo romanzo è scritto talmente bene che conoscerne prima la trama non è fondamentale. Sono le peculiarità dei personaggi che si muovono in una terra selvaggia di rovi, ginestre ed erica, da molti amata e da pochi detestata che ne fanno un buon romanzo da leggere. Magari, lentamente e senza fretta, altrimenti potrebbe essere scambiato per un mattone. Insomma, a me è piaciuto, ma consigliarlo potrebbe essere un azzardo.

Siamo fermi in porto da 9 giorni, prima in previsione del forte Meltemi, poi perché il Meltemi non c’era più e ci siamo immersi nelle ferie più tranquille possibili: spiaggia, bagni, riposini, giri turistici e passeggiate. Ci abbiamo talmente preso gusto che la finestra di calma è passata e il Meltemi ha fatto in tempo a  tornare di nuovo. Adesso abbiamo anche una scusa valida per rimanere qualche altro giorno. Nel frattempo abbiamo trovato una pescheria e cucinato molte volte a bordo, ma abbiamo anche sperimentato qualche ristorante, con  esiti nefasti al primo tentativo e molto soddisfacenti nel secondo. Per quello che ho capito dei ristoranti greci in questi ultimi 5 anni è che… come tutto, anche loro cambiano. I primi anni si mangiava in due con 15€ e oggi 15€ ti bastano per un secondo. C’è  da dire che anche l’offerta è cambiata. E se nelle Taverne trovi i soliti Pitaghiros,  Kalamaki e suflaki con dei grossi piatti di verdura cotta o patatine fritte, o la classica Mussaka e insalata greca, nei vari ristoranti, oltre agli stessi cibi  ti servono anche gli Emistà  (pomodoro e peperone al forno ripieno di riso condito) e ancora scordalià o Taramo salata, la prima un purè molto agliato la seconda una crema a base di uova di pesce e patate. Prima era normale sedersi a un tavolo non apparecchiato  e vedersi portare un cestino di pane, con sotto i tovaglioli e le posate contate che dovevamo distribuire noi; mano a mano che le portate arrivavano, nessuno toglieva i piatti sporchi e alla fine, nel casino generale chiedevi ( logariasmò paracalò) il conto per favore, che veniva  elencato e sommato sull’angolo della tovaglia di carta, a volte questa operazione si svolgeva col proprietario che si sedeva a tavola con noi e ci chiedeva cosa avessimo ordinato. In una taverna ci siamo seduti e dopo poco ci hanno servito quello che avevano senza che ancora avessimo ordinato. In un’altra non c’è  il menù, quando arrivi, scendi in cucina e ti fanno vedere cosa c’è  nelle teglie e poi… scaldano nel microonde. Diciamo che le cose sono cominciate a cambiare da quando abbiamo cominciato a vedere in giro le tavole già apparecchiate per benino, da quando nel menù era elencato il coperto e da quando una birra ha cominciato a costare 4,50. Non mancano i ristoranti col pesce che costa 60€ al kg o anche di più, e i primi piatti a non meno di 20€ . E questi non sono ancora i ristoranti di lusso, a questi non ci siamo avvicinati se non per leggere il menù. Diciamo che la scelta del ristorante va presa con molta attenzione. L’ offerta è talmente ampia da potercisi perdere letteralmente e fisicamente: piazzette gremite di tavolini blu e sedie impagliate, lungomare con sequenza infinita di ristoranti con poltrone e poltroncine in vimini, porto stipato fino all’ inverosimile tanto da rendere pericolosa la camminata a bordo mare. Viuzze con cuscini colorati appoggiati sui muretti e tavolini tanto piccoli da contenere a stento due piatti, terrazze illuminate,  con divanetti  e tavolini bassi, terrazze a sbalzo, ballatoi, sotto arcate, angoli sperduti tutti apparecchiati. Insomma  Naoussa è  tutta un ristorante. Dopo la prima fregatura, abbiamo girato un po’  prima di accomodarci  all’aperto, sotto un pergolato carico di bouganville, in piazza Naousa’s Square  (come stampato sul biglietto da visita). I tavolini sono in parte occupati, una signorina ci  si destreggia veloce, è vestita in lungo e il suo grembiule è impeccabile, con in mano il vassoio o china a parlare con i clienti è sempre sorridente, sparecchia, apparecchia, e ci viene incontro, ci fa vedere due tavoli liberi e subito dopo ci porta il menù, in greco e inglese, come al solito cerchiamo di capirci qual cosa col traduttore e lei ci si accosta e ci aiuta. Il cibo è buono, ben cucinato e ben servito senza aspettare molto, mangiamo finalmente cose diverse: carpaccio di lavraki ( spigola), seppie con spinaci. Due sere dopo ci torniamo con amici, lei è sempre sorridente, ci porta un piccolo antipasto, ascoltiamo musica in sottofondo e aspettando la cena chiediamo cosa significhi il nome del locale “Takimi” squadra affiatata, risponde lei sempre disponibile e con un  vassoio in  mano.  A noi pare che questo nome ben si addica alla bella atmosfera che si respira. La cena è buono, il rapporto qualità prezzo anche. Ci ritorneremo volentieri e speriamo che non cambi. Non ho trovato un loro link ma sul  biglietto da visita c’è  tutto per trovarli: tel 0030 22840 55095. Non pubblicizzo mai nessun locale, ma questo, in 5 anni di Grecia, per noi è il migliore. Kalī ørexi ( buon appetito)
P.s. mi scuseranno i greci se alcune parole le ho scritte come le so pronunciare.

Porto di Naoussa
Probabilmente era già lì quando siamo entrati in porto, qualche giorno fa. Ed era già lì anche il giorno dopo quando eravamo in faccende affaccendati. Poi, finalmente, ho notato che sulla scogliera si ergeva una specie di fortino in pietra. E tutto si è chiarito solo quando ho letto di cosa si trattasse su internet. Il castello veneziano o meglio, quello che resta del castello veneziano è lì, a dire il vero dal 14/15°secolo. Si capisce così perché sia ridotto maluccio, ma il suo aspetto tondeggiante, il lungo corridoio in cemento che occorre percorrere per raggiungerlo mi hanno incuriosita. Ci sono andata una mattina sul presto, ho percorso il corridoio e sono scesa nella sua parte sommersa, la prima sensazione è stata di fresco, data l’ombra e lo spessore dei muri in pietra, la seconda sensazione è stato di puro fastidio per la spazzatura lasciata ovunque. Ho voluto sorvolare e guardare altro, dal castello infatti si possono ammirare panorami di Naoussa, e scorci di mare incantevoli perché ci sono delle rientranze con feritoie che sembrano lì apposta per fotografare fuori. I tempi cambiano e anche questo castello veneziano voluto dalla famiglia Sommaripa, per proteggere il villaggio di Naoussa dagli invasori oggi ha cambiato la sua funzione d’uso, diventando una attrazione turistica, secondo me tenuta male e poco valorizzata. Potrebbe diventare un sito archeologico di notevole pregio, molto di più di tanti muretti che abbiamo visto in giro. Le eventuali descrizioni del luogo o dei panorami non sarebbero all’altezza delle belle fotografie che vi invito a guardare qui. Kalinicta

La centesima porta
Sempre sabato a Paroikia e in giro per spiagge
Il complesso paleocristiano della Katapoliani è una delle più famose mete di pellegrinaggio ortodosso nell’Egeo, è composto dalla grande e maestosa basilica a croce con cupola. Ci arriviamo verso mezzogiorno, il chiostro antistante l’ingresso è ben ombreggiato e sotto i portici delle panche di marmo accolgono i pellegrini stanchi. Si chiama delle 100 porte anche se al momento se ne contano solo 99 ma leggenda vuole che al ritrovamento della centesima porta, Costantinopoli tornerà ad essere greca. Siamo fortunati, la basilica ha subito da poco un restauro che ha messo a nudo i marmi policromi, accentuandone un gradevole effetto decorativo, fino a poco tempo fa nascosto da una pesante imbiancatura. Il suo interno è molto diverso dalle altre chiese ortodosse già visitate. Questa è maestosa ed elegante allo stesso tempo. Noi, col naso all’insù, al centro della basilica, non ci stanchiamo di ammirare la cupola, le colonne, il grandioso lampadario e mille altri particolari. Dall’esterno entriamo al museo bizantino e passando poi da una scaletta accediamo nel matroneo della basilica. Sono emozionata di trovarmi per la prima volta in un luogo riservato solo alle donne, un luogo che avevo osservato molte volte dal basso, come nella basilica di S. Ambrogio a Milano, o in altre chiese di cui non ricordo il nome. Sono qui e immagino la loro intesa e complicità, ascolto le confidenze, le vedo scambiarsi consigli e cosmetici, muoversi in questo spazio protetto in piena libertà, le osservo scoprirsi con naturalezza il seno per allattare i loro piccoli o elargire segreti utili su come ammaliare i mariti. Oggi, qui nel matroneo non ci sono donne, ma io sento lo stesso la loro presenza e il loro profumo. Questa basilica ci è piaciuta molto e abbiamo goduto anche di un piacevole fresco. Non basta però, abbiamo anche fame, e dopo aver scartato qualche bar, ne troviamo uno piccolissimo che soddisfa le nostre molteplici esigenze. Rifocillati e riposati torniamo alla macchina, i capitani di Felicità e Nihili hanno declinato la responsabilità della guida, così Italo riprende il comando del volante e ci porterà nelle spiagge più belle dell’isola di Paros. A Glifa, dalla sabbia dorata e dai Tamerici che la ombreggiano, ognuno di noi si riposa come crede: Enrico sdraiato sull’asciugamano dorme sulla sabbia, Giuliana legge sulla panchina, io scrivo appoggiata al tronco di un albero, Franco cerca di dormire anche lui sulla panchina, siamo tutti rigorosamente all’ombra tranne Italo che ha nuotato per tutto il tempo. La particolarità’ di questa spiaggia è data da una fila di altri Tamerici che crescono quasi a lambire le onde del mare. Seguirà una fermata a Piso Livadi e nell’ultima spiaggia a Lagheri, faremo anche noi il bagno. Salati, impolverati, stanchi ma soddisfatti riconsegneremo la macchina al noleggio di Naoussa. Le abbondanti penne con il tonno per cena, e la giornata intensa ci faranno dormire profondamente. Kalinicta.

Sabato 24-6:2023  è la sveglia a tirarci giù dal letto alle 7,30. Abbiamo. Un appuntamento con gli amici di Roma: Franco e Giuliana e Italo, loro amico Italiano, che vive con la famiglia  e lavora in  Australia ma per il momento è a bordo di Nihili e si sta godendo  una settimana di vacanza in Grecia. Noleggiare un auto per girare l’ isola di Paros risulta una faccenda lunga e complicata, ma alla fine riusciamo ad infilarci tutti e 5 nella Chevrolet Spark e seguiamo le indicazioni per raggiungere gli scavi archeologici di Kolybithres, li vediamo, quasi, dalla macchina e decidiamo che non vale la pena di scendere: quattro muretti il cui unico pregio è di essere molto antichi. Il panorama tutto intorno è notevole, rocce arrotondate, mulino in lontananza e anche una chiesetta su di un’isola poco distante e sorpresa… file di ombrelloni, sdraio e materassi, bar e ristorante come se fossimo a  Rimini. La baia dove è situato questo complesso denominato Monastir è comunque incantevole. Proseguiamo, ma i due capitani del nostro gruppo vogliono fermarsi in un cantiere sperduto per vedere, capire, chiedere, torneranno alla macchina sapendone come prima ma la bai su cui è affacciato questo cantiere è  spettacolare  e  dietro la spiaggia c’è il nulla. Un paradiso nell’isolamento più assoluto. Prossima tappa tempio di Apollo; per un bel tratto la strada appena asfaltata fa constatare a Franco che le strade sono meglio che a Roma, poi girando per seguire le indicazioni, la strada si farà sterrata e… poi proseguiremo a piedi in salita, su di un sentiero impervio e sassoso, arriviamo in cima alle 11 vediamo un gran numero di muretti e solo una piccola stanza sotto il livello di calpestio, il tutto in un ampio spazio assolato e battuto dal vento. Il tempio in pratica non c’è più ma si capisce perché abbiano scelto questo posto per costruirlo, la vista e fantastica: dalla baia di Paros all’isola di Siros, di Tinos e Mikonos, la costa e’ frastagliata e il mare azzurro si perde nel cielo. Fra scatti di foto e filmati, in un luogo dedicato ad Apollo, capo delle muse, in quanto dio delle arti, restiamo scioccati dalle notizie che ci arrivano tramite telefonino: il capo della Wagner Prigozhin marcia verso Mosca. La notizia inaspettata ci sorprende e ridiscendendo il pendio commentiamo e facciamo congetture sul futuro di questo conflitto.Giunti alla macchina dopo una piccola merenda a base di banane offerte da Giuliana, facciamo il punto della situazione decidiamo di portarci a Paroikia per visitare la chiesa dalle 100 porte.Siamo a metà della giornata, la storia continua. Kalimera