Per lunedì mattina abbiamo un appuntamento, Giovanni e Patrizia prenderanno il posto del nostro vicino di barca che oggi se ne va. Loro sono pronti, attendono in rada, noi siamo pronti, attendiamo sul molo, il vicino che pare sia andato a fare colazione e la spesa, non è ancora pronto. E quando rientrano ci sono ancora molte cose che devono fare: staccare il filo della corrente, togliere e riporre la canna dell’acqua dopo averla svuotata, togliere le cime di poppa, controllare se l’ancora sale, ecc… ecc… Un ecc… lungo ed esasperante. Il vento soffia forte e le raffiche si succedono veloci, non sarà un ormeggio facile, lo spazio fra le due barche è proprio risicato e il loro Solaris è bello largo. Nel frattempo visto che la faccenda si fa lunga Enrico mette mano al caos che regna nella nostra dinette da ieri sera. È un disastro, i pannelli che fungono da pavimento sono sollevati e accantonati, si cammina sui legni portanti, le bottiglie di acqua di scorta, una cinquantina che giacevano sdraiate in sentina, sono ora sotto il tavolo. Perché? Perché le sorprese non mancano mai. Ieri sera alle 23 prima di andare a letto ho sollevato un pannello del pavimento perché era finita l’acqua, le bottiglia erano per metà immerse in quindici cm. di acqua! Sgomento! Acqua? da dove arriva? E soprattutto è salata o dolce? È un tubo che perde o è acqua di mare? Non ci resta che assaggiarla: è dolce, meglio, è solo una perdita. C’è voluta un’ora ieri sera per spostare tutte le bottiglie, asciugarle e togliere l’acqua dalla sentina. Più difficile è stato trovare la causa della perdita, dopo aver asciugato seguivamo il rivolo d’acqua che si riformava, controllavamo i vari tubi , ma solo alla fine è stato chiaro che a perdere fosse l’autoclave. Dopo averla staccata abbiamo riempito un secchio di acqua dalla colonnina sul molo, ci siamo ripulì e finalmente a mezzanotte e mezza più tranquilli, siamo andati a dormire. Domani è un altro giorno. Ci ha svegliato presto il forte vento, balla tutto, fa rumore tutto, il primo pensiero è andato all’ormeggio del Solaris, il secondo a tutto il nostro casino in dinette. Durante la notte altra acqua ha formato piccole pozze, le abbiamo asciugate e ripristinato il pavimento che così era troppo pericoloso, le bottiglie restano lì a dare fastidio. Un’occhio al Solaris che gira qui davanti in attesa di ormeggiare, un occhio alle pompe dell’acqua di scorta per capire come è meglio procedere, un occhio al vicino che non se ne va e uno alla macchinetta del caffè che sta uscendo. Finalmente sentiamo il motore del vicino accendersi, ci siamo, beviamo il caffè e Enrico è già in banchina per prendere le cime, io sul nostro passo avanti con un grosso parabordo per attutire eventuali collisioni. Nonostante il vento Giovanni entra bene, prendiamo le cime e poi Enrico torna ad armeggiare con l’autoclave. Ora non solo la dinette è incasinata, anche il nostro pozzetto sembra un’ officina. Per mezzogiorno tutto sarà sistemato. La borsa per andare in spiaggia è già pronta, una bella nuotata non c’è la toglie nessuno, Patrizia sarà dei nostri, Giovanni dice che di bagni ne ha già fatti abbastanza.
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La cima di plastica galleggiante
Sabato 10 agosto, lo stesso giorno che Oliviero e Katy lasciano il porto di Miryna, altri amici italiani sono in arrivo su quest’isola. È un po’ che ci sentiamo: Dove siete? Quando arrivate? E loro: Siete ancora lì? Com’è quest’isola di Limnos, c’è posto in porto? Per il posto in porto sarà difficile, comunque in baia si sta bene. Nel pomeriggio di sabato arriva la prima telefonata: “Arriviamo”. ” Bene, vi aspettiamo”. Poi la seconda, preoccupante, che ci manda in crisi. Sono in avaria a 12 miglia dal porto, vento non c’è né e l’elica del motore è bloccata da una cima di plastica galleggiante che gli si è impigliata, Giovanni ha cercato di tagliarla ma le onde gli fanno sbattere la testa contro la barca, cerca un rimorchio fino al porto o avvisare il Guardia Coste. La seconda ipotesi viene subito scartata perché il Guardia Coste ti soccorre ma poi pretende tutti i controlli che richiedono una settimana di fermo per fare venire un sub per controllare l’elica e un funzionario RINA (Registro Italiano Navale) che verifichi che la barca sia in regola. Cerchiamo un pescatore che lo traini, lo troviamo ma non può portarlo in porto sempre per via del Guardia Coste che se vede il traino ti ferma, in più per il traino il pescatore chiede € 800. Riferiamo tutto a Giovanni che sapendo di avere l’opzione del traino è più tranquillo ma prima di dare conferma vuol provare di nuovo a tagliare la cima intorno all’elica, questa volta fermandosi in una baia, dove le acque sono calme. Per parecchio tempo non lo sentiamo, il telefono della moglie, scopriremo più tardi, non funziona, è morto! Verso le 19 finalmente si fa vivo Giovanni: dopo due ore di lavoro sotto la barca finalmente l’elica è libera. Lui è molto stanco e anche Patrizia è molto provata. Arriveranno nel porto di Myrina alle 21. È già bui, noi siamo ad aspettarli sul molo con una pila accesa per indicargli l’ormeggio che da altri non è stato preso in considerazione , ma che noi abbiamo già sperimentato: è sicuro. Sul molo ci sono i pescatori, li informiamo che sta arrivando una barca ma faticano a spostarsi, fino al momento di prendere le cime ancora ce li avevamo in torno con le loro canne, comunque l’ ormeggio all’inglese è da manuale, dopo aver preso le cime di dritta, a poppa e a prua che ci ha lanciato Patrizia e averle fissate, siamo tutti più rilassati, Giovanni riesce ad abbracciarci ancora prima di scendere dalla barca e Patrizia non finisce più di ringraziarci. Sono visibilmente distrutti, ma hanno ancora la forza di tirare fuori il sacco dove hanno messo tutta la cima recuperata, è un sacco pieno pieno di spezzoni di plastica sfilacciata. Dopo aver controllato di nuovo gli ormeggi, loro vanno direttamente a dormire, noi ci dirigiamo verso il centro e mangeremo una di quelle schifezze che non mangiamo mai: panino con hamburger, uovo, salsine varie e patatine fritte. Un massacro per il nostro fegato, ma oggi è una giornata particolare cominciata alle 5 con la partenza di Lady Blues e conclusasi con una cima di plastica galleggiante finalmente chiusa in un sacco dai nostri amici.
La foca
Come ogni mattina, sul presto passa il camion della spazzatura per vuotare i tre contenitori che sono qui nelle vicinanze, più avanti c’è un ampio e coreografico contenitore in legno solo per le bottiglie di plastica, vicino a questo un grande cuore alto circa un metro e mezzo, profondo 30 cm a piccole maglie metalliche che raccoglie solo tappi di plastica, c’è affianco una locandina che spiega, anche con la fotografia di una carrozzina per disabili, che il ricavato della vendita di questi tappi andrà in beneficenza. È impressionante la velocità in cui si riempie, l’ho visto svuotare più volte, c’è sempre gente che arriva con sacchetti pieni di tappi da rovesciargli dentro, famiglie con figli, ognuno col loro sacchetto, in punta di piedi alcuni o in braccio ai loro genitori per compiere quel gesto, che racconta molto della volontà di alcuni genitori di educare al meglio i propri figli. Commovente, una speranza per il loro futuro. In Lemnos ne ho visti altri di questi cuori coloratissimi, tanti sono i colori dei vari tappi. Più defilati, nella zona parcheggi ci sono i contenitori quelli grossi, per carta, bottiglie, e indifferenziata. Ci ho tenuto a specificare questi particolari sulla spazzatura perché in altre occasioni e in altri luoghi ne avevo parlato in modo non edificante, evidentemente anche la Grecia non è tutta uguale. Nel tardo pomeriggio il camion che raccoglie la spazzatura ripassa. Non male come servizio. La foca in porto non si è più vista, peccato, mi sarebbe piaciuto che diventasse una consuetudine, come veder rientrate verso le 19 il piccolo peschereccio con a bordo marito e moglie, lei al timone, lui che traffica con le reti. I camerieri, prima delle 20 che in piedi intorno ad un loro tavolino chiacchierano. La signora anziana che dopo cena porta il suo barboncino bianco a fare una passeggiata fino al faro. C’è poi un bimbetto di circa tre anni, con tanto di caschetto che tutte le sere sfreccia sul suo monopattino, con dietro il padre che lo rincorre. Consuetudini che dopo un mese fermi qui ci scandiscono anche i tempi. Un signore anziano che è tornato in Grecia dopo aver lavorato una vita in Australia, con il quale abbiamo familiarizzato grazie a Katy che parla benissimo l’inglese, non arriva mai al bar prima delle 18 e ci resta fino a tardi, sempre al solito posto, come del resto fa anche la zingara che siede sul marciapiede col suo piccolo in braccio solo dopo le 19, orario in cui aprono i negozi di abbigliamento qui a Limnos. E ancora il barcone dei turisti che fa due corse al giorno in orari fissi. La foca no, lei non si è più vista, si è fatta ammirare da tutti per un po’ una sola volta, con il dorso che usciva dall’acqua inarcandosi e poi si immergeva, col musetto che spuntava improvviso per poi scomparire sott’acqua e riapparire un po’ più la. Per il momento è stata una eccezione, speriamo che il rivederla spesso diventi una consuetudine.
Molto presto
Questa mattina molto presto c’era già movimento in rada, alcune barche a vela stavano uscendo a motore dallavanporto per prendere il largo. Lady Blues e un’altra barca mollavano gli ormeggi. Altre si muovevano nella nostra direzione per accaparrarsi i posti rimasti liberi. Lo specchio d’acqua davanti a noi era in gran fermento, con disappunto di Katy che doveva salpare l’ancora con un Moody che le veniva incontro. Comincia ad albeggiare ma c’è ancora poca luce per immortalare Lady Blues che si allontana dal molo. Noi, sulla prua di Felicità, spettatori per un ultimo saluto a Oliviero e Katy. In pochissimo tempo la luce si fa strada nel buio e le mura del castello, davanti a noi sembrano accendersi assumendo un colore dorato, il tempo per scattare una foto e il Moody si avvicina dopo aver buttato l’àncora, gli prendiamo le cime ma… dovrà rifare l’ormeggio perché sono troppo pochi 20 metri di catena, lo aspettiamo di nuovo sul molo, le cime questa volta saranno piene di acqua salata. Alle 6 il porto ritorna silenzioso, niente catene di ancore che salgono o scendono, niente motori accesi, niente imprecazioni per incroci vari, solo qualche piccione sul molo approfitta per bere un po’ d’acqua dolce vicino alla colonnina dove ci siamo lavati le mani dopo aver preso le cime del Moody. Poche macchine cominciano a passare lungo la strada e il camion della spazzatura già sta lavorando. Nellavanporto le altre barche sonnecchiano dondolando un po’ perché è arrivato il vento e con il vento arriva anche il profumo del pane della panetteria qui vicino. I nostri nuovi vicini di barca greci sono spariti in barca, suppongo siano tornati a dormire. Anche noi rientriamo e facciamo colazione, il caffè finisce di svegliarci definitivamente. La mattina è ancora lunga, sarà bene approfittarne e andare a comprare del pesce, meglio non andare al ristorante di sabato e domenica. Una settimana fa’ si è fermato un camion, sulla banchina, quasi vicino a noi. Ohhh no ho pensato casino in vista, poi però ho visto scaricare dei tavoli, li ho visti montare, allineare e ricoprire con lenzuola bianche, poi verso sera su quei tavoli un gruppo di persone hanno esposto molti libri, purtroppo tutti in greco, ma è stato interessante scoprire il nome di molti autori classici che conoscevo. È quasi una fermata obbligatoria per tutti quelli che passeggiano qui sul porto la sera per prendere il fresco. In molti si fermano, sfogliano, leggono, comprano. Poi verso mezzanotte tutti i libri vengono riposti in scatoloni e riportati in libreria, qui davanti restano durante il giorno solo una lunga fila di tavoli con lenzuoli svolazzanti ma ben fissati sui lati.
Nel frattempo
Ancora fermi a Limnos, ma molto è già cambiato. Fuori dal porto ormeggiano grandi navi del club mediterranee che con le scialuppe di salvataggio portano a terra i passeggieri, al loro sbarco una postazione doganale li attende sotto ad un ombrellone, con tavolino e sedia per il controllo documenti, le navette vanno e vengono per tutto il giorno, la città è sotto assedio, per le strade non si cammina, i ristoranti e i bar sono tutti pieni, davanti alle gelaterie c’è la coda, i siti archeologici sono saturi, le moto e le macchine a noleggio scarseggiano Pensavo di essere esonerata da questa invasione e invece: anche la lavanderia dove porto la mia borsa di panni sporchi, questa mattina mi ha informata che me la restituirà pulita dopo 5 giorni, ero abituata a portarla al mattino e ritirarla il giorno dopo. Anche l’avamporto conta più di una quindicina di barche tutte molto vicine fra loro e i grandi traghetti continuano a scaricare gente, ora il turismo non è solo greco, italiano, turco, e bulgaro, sono arrivati: francesi, tedeschi e anche gli inglesi si sono fatti vivi dopo due mesi che non se ne vedevano. Siamo blindati in barca nelle ore più calde, ma il vento, per fortuna attenua la temperatura che non ha mai superato i 30 gradi, ma soprattutto l’umidità, con tutto questo vento è sempre bassa. Si fa il bagno, si nuota e si legge e con Katy e Oliviero la sera facciamo lunghe passeggiate. Domani partono, senza di loro Limnos, per noi non sarà più la stessa. Siamo vicini di barca da quasi un mese, anche loro avevano bisogno di fermarsi. Ci siamo conosciuti quattro anni fa a Galaxidi nel golfo di Corinto, in seguito rivisti a casa nostra e poi a casa loro e quest’anno ci siamo rincontrati qui per caso ed è stato un vero piacere. Sono arrivati altri italiani, che conoscevano già Oliviero e Katy, la compagnia si allarga, il pozzetto di Felicità ci ospita tutti: Katia e Tommaso preparano una pasta alla matriciana, Katy un’insalata greca, io improvviso un dolce con yogurt e scorze di arance, e il nostro vino portato dall’Italia è molto gradito, è uno spumante rosato che il produttore: Formaggini e Peveri ci ha informato abbia vinto un premio. Ognuno porterà i propri piatti e posate, nessuno ha voglia di lavarli per tutti, me compresa. Con i nuovi arrivati si passano le informazioni: dov’è il super? Dove si ricarica la bombola del gas? Dov’è la lavanderia? Dove si compra la tessera per avere l’acqua e corrente dalla colonnina? Dove si mangia meglio . Nel frattempo, il mio blog si è bloccato per cinque giorni, una foca è entrata in porto, e Katy e Tommaso sono ripartiti per altre isole. Ci hanno lasciato il loro biglietto da visita speriamo di ritrovarci, è stato bello sentirli parlare di cose nuove e diverse. Nel frattempo aspettiamo il ferragosto, poi, ripartiremo anche noi.
“Sorry” un accidente
Mercoledì, prima di riconsegnare le auto siamo passati tutti dal supermercato a fare la spesa, fra giovedì e venerdì, a seconda delle previsioni del mare, sia Andrea e Roberta che Mauro e Mari salperanno per altre isole. Noi e Katy Wu con Oliviero resteremo su Limnos. La nostra spesa è poca e ci avviamo a piedi verso il faro. Impossibile non vederlo subito, tre piani di Yacht lungo 40 metri, per metà fuori dal molo, e quando ci avviciniamo è a 30 centimetri dalla nostra poppa! Troppo vicino, terribilmente vicino. A bordo, oltre al capitano 3 uomini e due donne di equipaggio. Ci accordiamo per spostarci tutti un po’ avanti per permettergli di arretrare. La distanza di sicurezza viene rispettata da tutti meno che dallo Yacht che ci si appiccica di nuovo a poppa. È troppo vicino ma pazienza. Hanno naturalmente il loro generatore di corrente che per il momento ronza e gli scarichi si perdono al largo. Verso sera il mega yacht si illumina a giorno, diventando l’attrazione del molo, in molti arrivano per ammirarlo, ha luci ovunque: dentro, fuori, e sott’acqua. Entrando in camera da noi sullo specchio si riflettono le sue luci, anche la mia camera è illuminata a giorno, il capitano sembra leggermi nel pensiero e mi chiede se è meglio che spenga le luci a poppa, certo, molto meglio se spegne. Ma la cosa che mi preoccupava non è successa subito, è cominciata ieri, quando è girato il vento, i fumi di scarico del loro generatore saturano la nostra poppa infilandosi poi in gabina. “Sorry” è la risposta. Che ho già sentito altre volte, Sorry un accidente, grandi, grossi, e prepotenti, non che inquinatori. I nostri 10 metri di barca hanno i pannelli solari, certo, non abbiamo l’aria condizionata e la Jacuzzi…noi. Non c’è scampo ci dobbiamo togliere di qui il più presto possibile, lui non se ne andrà di certo, il loro armatore arriverà fra 10 giorni. Il vento anche questa mattina gira a nostro sfavore, nausea e mal di testa assicurati, ma dobbiamo aspettare che Mauro lasci libero il suo ormeggio in porto. Siamo già d’accordo, ci muoveremo ad un suo segnale, in baia ci sono altre barche ormeggiate all’ancora, temiamo un assalto al posto in porto. Invece va tutto liscio, mentre Mauro salpa la sua ancora noi siamo già in posizione. Ora siamo ormeggiati in banchina a fianco di Katy Wu e Oliviero. Meglio di così non si poteva.
Le rocce di Faraklou
Con due macchine a noleggio, il gruppo completo di 8 amici italiani parte alla scoperta delle meraviglie di questa isola. Dopo la programmazione del viaggio, che ha richiesto due serate, dopo la prima prenotazione saltata a causa del forte vento, dopo aver rimandato la partenza dall’isola di Limnos per due dei nostri, finalmente mercoledì 24 luglio con due piccole auto ci dirigiamo al sito archeologico di Poliochni, sarà la prima tappa perché nel pomeriggio è chiusa e Mauro e Meri avevano già sperimentato la chiusura in un giro precedente. È ancora un colpo d’occhio di una città integra che dal promontorio si affaccia sul mare, naturalmente solo una ragnatela di mura basse che delimitano i vari locali, molto piccoli e zone più ampie per granaio o riunioni pubbliche. Fa impressione pensare che sia una città preistorica del quarto millennio a.C. Notevolmente impressionati lasciamo la città con i suoi sassi che hanno visto scorrere davanti a loro generazioni e generazioni di umani. La seconda tappa: Modruos, non ha niente di archeologico ma ci interessava vederne il porto. Nonostante il vento fa caldo e ci sediamo ad un bar per bere qualcosa di fresco. Forse ci siamo attardati troppo perché quando arriviamo nella piccola e vecchia città di Kontias è già mezzogiorno, ed è difficile apprezzare casette in pietra che si susseguono su stradine di cemento, in macchina, poco fuori il paesino ammiriamo i cinque mulini in pietra, ora trasformati in hotel. Per niente pimpanti, accaldati, nervosi ed affamati ci dirigiamo in macchina verso la zona montagnosa all’interno dell’isola, lì a Sardes abbiamo prenotato il pranzo in un un ristorante al quale preferirei non fare pubblicità perché ha deluso tutti noi. Il pezzo forte della gita viene ora, naturalmente scendendo dal paesino ci perdiamo come altre volte in questa giornata così piena di posti nuovi, senza cartelli che, se ci sono sono, sono scritti in greco e nascosti dalla vegetazione. Ci siamo anche persi di vista con l’altra macchina, ma Google Maps ci riunisce. Ci dirigiamo al Parco Geologico di Faraklou. Lungo la strada per raggiungerlo il panorama è brullo e i pochi campi di grano sono stati tagliati lasciando sul terreno solo giallo secco. Procediamo, la strada non è più asfaltata, un sali scendi fra buche e sassi appuntiti, strettoie e curve che costringono il guidatore a vere acrobazie quando incrocia altre macchine. Solo ora capisco perché noleggino solo vetture piccole. Quando dopo aver parcheggiato al sole scendiamo dalla macchina siamo frullati. Allo stordimento del viaggio seguirà un altro stordimento, ben più piacevole, un panorama davvero difficile da descrivere: rocce sedimentarie vulcaniche levigate, spettacolari, tondeggianti, o pieghettate come tessuto che scende morbido verso il mare, o ampi spazi in discesa lisci come piste da sci, funghi di roccia più scuri, sabbia color oro e una particolare vegetazione che copre fittamente il terreno. Niente di quello che vediamo può essere paragonato a qualcosa di già visto, dà l’impressione di essere su di un altro pianeta. In questa giornata molto movimentata e faticosa non abbiamo visto molte altre cose tipo le dune o i fenicotteri nei laghi, o altri parchi geologici. Ma se ripenso alle rocce di Faraklou mi ritengo molto soddisfatta, anche perché le ho vissute in buona compagnia. Meno soddisfatto, penso, il noleggiatore di auto al quale abbiamo riconsegnato delle macchine super impolverate.
Vince Roberta
In questi giorni ho fatto poco o niente, ma non ho ancora finito. Unica eccezione la gita al castello. Una bella salita su di una comoda scalinata in cemento bordata di pietre, ampi panorami si aprivano a secondo della posizione e dell’altezza. Era una settimana che pensavamo di salirci ma il caldo ci ha sempre fermati, poi è arrivato un vento veramente forte e già dal mattino ci siamo accordati con gli amici per affrontare la salita alle 19,30, in modo da poter vedere il tramonto. Per i cenni storici vi rimando al sito Grecia Mia, che meglio di me vi spiegherà tutto, io ne farei un riassunto. Le persone in passeggiata sono molte: famiglie, coppie, gruppi di giovani e meno giovani come noi. Il vento lassù è veramente forte ma non impedisce di arrampicarsi in tutti i vari sentieri che conducono al perimetro delle mura, fino al punto più alto dove svetta la grande bandiera greca, lì sotto c’è più gente che in altri punti ma noi non ci siamo arrivati. Le mura sono ben conservate e gli spazi sono ampi, solo due strettoie alla fine della scalinata per accedere alla cima, per impedire l’intrusione dei nemici, con tanto di archi molto coreografici. Un sali scendi continuo di turisti, tutti in posa per le foto o incantati e fermi per guardare i vari panorami. È arrivato dall’alto anche un caprone bianco, di corsa, verso i turisti che se la sono date a gambe schiamazzando e dirigendosi da tutte le parti per la paura e la sorpresa. Il forte vento spinge sulle gambe, ogni tanto ci afferriamo alle rocce o ci sediamo su qualche gradino di pietra. Aspettiamo il tramonto che sembra compromesso da nuvole che mutano forma e posizione in continuazione, il vento le ammassa o le stiracchia allungandole, infatti fotograferemo un tramonto diverso dal solito. La discesa risulterà più faticosa della salita, il vento cala e il caldo avanza assieme agli odori dei ristoranti, gli altri turisti sono già tutti giù, ad occupare tutti i posto attorno ai tavolini dei ristoranti. Roberta che non è potuta venire con noi ci chiede come sia andata. Le rispondo che le mura viste da terra, nel loro insieme, la sera, quando sono illuminate sono molto meglio che viste da vicino frammentate, quello che affascina da lassù sono i vari panorami: promontori, isolette, lingue di terra bassa fra una collina ed un’altra, la diga del porto, e il piccolo porto dei pescatori. Dopo la descrizione Roberta ci racconta che proprio quella mattina, alle 5, dal pozzetto di Sisila vedendo delle ombre strane, ha guardato sul molo ed è rimasta immobile nel vedere 4 cerbiatti che giravano indisturbati, poi è arrivata in strada una macchina e sono scappati. Vince Roberta: 4 cerbiatti contro 1 caprone.
Guardiacoste
È sempre ventilato qui in porto, pare che da queste parti il meltemi non abbia finestre, più o meno forte, per il momento non è mai stato un problema, anzi non oso pensare a cosa sarebbe la strada in cemento che percorriamo dalla barca alla spiaggia, senza vento. A volte però è già tardi, o siamo già usciti per la spesa, per cui per rinfrescarci, ed evitare molta strada, prima di mezzogiorno ci tuffiamo dalla barca e raggiungiamo, passando rasente la testa del molo degli scogli super popolati di pescetti. Ieri due guardiacoste che passeggiavano dalle nostre parti ci hanno visto in acqua e ci hanno detto che è proibito nuotare in porto, gli ho spiegato che andavamo lì dietro… ma avevano ragione loro, è pericoloso nuotare nei porti anche quando l’acqua è cristallina e più che nuotare sguazziamo in acqua, sempre attenti. Peccato, era particolarmente comodo, non lo faremo più. Ieri mercoledì 17 arrivano in rada con il il loro Amel Roberta ed Andrea, ci siamo sentiti per telefono fin da ieri ma la connessione non era il massimo, oggi invece a poche miglia dall’ingresso del porto ci informano: “Arriviamo!” In rada poche barche, il primo tentativo di buttare l’àncora fallisce, girano in giro un po’ e poi vedono un posto libero in porto, gli altri amici dormono e non sanno del loro arrivo, Enrico inforca la bicicletta e va a prendergli le cime. Un posto libero è stata proprio una fortuna, dopo di ché anche la rada si è riempita di altre barche in arrivo. Ora sono sfiniti, li lasciamo stare, ma più tardi ci racconteranno delle onde al traverso che li hanno fatti ballare e delle belle cascate che hanno visto sull’isola di Samothraki. Per festeggiare il loro arrivo, Mari ha pensato di acquistare una anguria, dividerla in due per farne entrare una metà nel frigo di Katy e poi, dopo cena piazzarci sulle panchine davanti alle loro imbarcazioni e mangiarla in compagnia. Noi porteremo il tavolo pieghevole e una sedia, per il resto ci penseranno Mauro e Mari. Il nostro occupare due panchine è stato un po’ forzato, mangiare l’anguria lì sul passeggio del porto non è passato inosservato, poi, si sa, gli italiani sono un po’ casinisti. Sul tardi Enrico, sempre con la bici, è andato al supermercato, che qui è aperto fino a tardi e ne è tornato con un grande sacchetto di ghiaccio in cubetti e una bottiglia di Ouzo. Le chiacchiere sono continuate, i cubetti di ghiaccio hanno rotto i bicchieri di plastica, causando gocciolamenti inaspettati anche sui piedi, altri cubetti sono serviti a rinfrescarci, e uno è finito nella schiena di Andrea! L’aria è fresca il passeggio ancora intenso ma, dopo aver diviso il ghiaccio restante un po’ per uno ci ritiriamo ognuno nella propria barca. Noi, torneremo all’estremità del porto dopo aver chiuso il tavolino, la sedia e ritirato quello che è rimasto dell’Ouzo. Oggi, giovedì 18 Luglio, al rientro dalla spiaggia dove alle 12 abbiamo fatto il bagno mentre ci prepariamo per mangiare sentiamo delle grida sul pontile, sono due Guardacoste che vogliono attirare l’attenzione di un surfista che con la sua tavola scorrazza sull’ingresso del porto. È proibito! E il surfista rientra con la tavola sul suo catamarano ormeggiato in rada. Per cui, ieri, i Guardacosta non passavano per caso sul molo, quando noi facevamo il bagno. Come oggi non sono arrivati per combinazione quando il surfista si divertiva. I Guardacosta lavorano. Anche per la nostra incolumità. Nello specchio d’acqua ora libero da intrusi, sta arrivando un traghetto
Il faro
Lunedì 15 ho sbrigato presto le mie faccende, così alle 11 ero già in spiaggia a camminare con un grosso cappello alla texana dalle tonalità sul giallo a disegno scozzese, un vecchio cappello che mai mi sarei sognata di mettere in luoghi dove mi conoscono. Mi calza e mi protegge bene dal sole, sapevo che prima o poi avrei avuto il coraggio di metterlo, non che passi inosservato, ma lo porto con tanta naturalezza che solo gli altri, se ne hanno voglia lo notano. Questa cosa fa parte della libertà che respiro in Grecia. Per il primo tratto, finché non trovo il posto giusto per lasciare borsa e ciabatte, indosso anche un abito in cotone leggero con maniche lunghe, il sole è già alto è non è certo l’orario più adatto per passeggiare al sole. I piedi a mollo nel bagno asciuga e il vento fanno dimenticare che sia quasi mezzogiorno. Lascio tutta la mia roba addossata ad un muretto nelle vicinanze di una cabina con vicino una doccia, metto un paio di occhialini e faccio una bella nuotata. Enrico non c’è, tutta la mattina è andato avanti e indietro con la bici per ritirare la biancheria in lavanderia, cercare di pagare il porto, acquistate la tessera per prendere l’acqua dalla colonnina e acquistare un poco di frutta, solo per oggi, domani faremo la spesa. Quando rientro in barca trovo Katy e Oliviero che ci sono venuti a trovare, dopo un po’ di chiacchiere propongo di mangiare insieme, katy va ha prendere la sua insalata Greca, io tiro fuori dal frigo gamberi e alici sott’olio e una bottiglia fresca di prosecco. È ventilato qui dove siamo ormeggiati noi, più che nel centro del porto. Katy mi elenca gli altri disagi: le macchine che passano, la polvere che entra in barca, il casino dei passanti. Sono sempre più contenta del nostro ormeggio all’inglese vicino al faro rosso, all’imboccatura del porto, molto bello, di nuova costruzione in pietra grigia, di base esagonale, per i primi 4mt. e turrita per la sua circonferenza, gli altri 4mt, sono divisi in due, di diametro diversi, il primo più ampio colorato di un rosso acceso, l’ultima parte bianca con in cima la luce rossa. La sua mole riesce sempre a proiettare nell’arco della giornata in uno dei suoi lati uno spazio di ombra, sempre frequentato grazie ad una seduta, sempre in pietra che la circonda alla base, certe volte ci vado anch’io a leggere il libro, è molto ventilato lì. Della partita di calcio di ieri sera: Inghilterra Spagna ne abbiamo sentito l’ultimo gol quando eravamo già a letto, un boato che ci ha fatto sorridere, chissà chi a segnato? E il primo messaggio, la mattina seguente c’è lo ha mandato Katy: Vinto Spagna, con tanto di disegnini di festeggiamenti. Già dal pomeriggio di domenica si prenotavano tavoli al bar vicino ai televisori, tutti gasati. Ci ha raccontato Oliviero che al bar, alle ore 23 avevano finito le birre, meno male che non sono andati ai rigori! Finito il campionato ci saranno le Olimpiadi, spettacolo garantito ancora per un po’ e consumi spropositati di birra anche! Noi quella sera, molto prima della partita, siamo andati sul lato ovest del promontorio a vedere il sole tramontate sul mare, ma, con tutto il mare che c’era, lui è tramontato dietro il Monte Athos che si è visto solo quando il sole gli è stato sopra. Sempre uno spettacolo, ed eravamo in molti ad ammirarlo.